IL QUASI CRISTIANOdi George Whitefield
Queste parole,
prese nel loro contesto, ci forniscono una vivida rappresentazione
del diverso modo di accogliere la dottrina presentata da ministri
di Cristo come Paolo, da parte degli uomini dei nostri giorni. Poiché
nonostante essi, come questo grande apostolo, pronunciano "parole
di verità e di buon senno", e con tale forza e potenza
che i loro avversari non possono contraddire o resistere, troppi sono
come il nobile Festo, o troppo pieni di sé per accettare degli
insegnamenti, o troppo sensuali, o troppo noncuranti, o hanno una
mente troppo carnale per accettare la dottrina, e dunque trovano scuse,
gridando come Festo: "tu vaneggi; la molta dottrina (o, ciò
che è più importante, la molta carità) ti mette
fuori di senno". Ma comunque, sia benedetto Dio! Non tutti rifiutano
di credere alla nostra testimonianza; eppure tra quelli che accettano
con allegrezza la parola e che confessano che abbiamo pronunciato
parole di verità e di buon senno, sono così pochi quelli
che arrivano a superare il grado di compunzione mostrato da Agrippa,
così pochi quelli che arrivano ad essere persuasi ad essere
più che "quasi Cristiani", che non posso fare a meno
di credere che sia assolutamente necessario avvertire le care persone
che mi ascoltano dei pericoli di una tale condizione. E perciò,
dalle parole del testo che stiamo considerando, considererò
queste tre cose: E dunque,
come prima cosa, considererò cosa significa essere quasi Cristiano. Se considerate questa persona rispetto ai suoi vicini, riconoscerete che si tratta di una persona che osserva la giustizia in tutto; ma ciò non procede dall'amore per Dio o per il prossimo, ma solo da un principio di amor proprio: egli sa che la disonestà può rovinare la sua reputazione, e di conseguenza i favori che riceve nel mondo. È una persona che dipende molto dall'essere giusto a modo suo, e si accontenta della coscienza di non aver fatto danno a nessuno, sebbene legga nel Vangelo che i servi inutili saranno gettati "nelle tenebre di fuori" (cfr. Matteo 25:30), e che il fico sterile fu maledetto e si seccò fin dalle radici (cfr. Marco 11:20-21), non per aver portato un cattivo frutto, ma per non averlo portato affatto. Non è avverso a fare opere di bene in pubblico, purché non debbano essere fatte troppo frequentemente: ma non è avvezzo alla pratica di visitare i malati e i carcerati, di vestire coloro che non hanno di che coprirsi, e di sfamare gli affamati senza mettersi in mostra. Pensa che tutte queste cose appartengono solo al clero, sebbene il suo cuore falso gli dica che nient'altro che l'orgoglio lo trattiene dal praticare questi atti di umiltà; e che Gesù Cristo, nel capitolo 25 del libro di Matteo, condanna le persone alle sofferenze eterne non soltanto perché siano fornicatori, ubriachi, o estorsori, ma per aver rifiutato di fare quelle opere di carità: "Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a sinistra: 'Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere, fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste'. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: 'Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?'. Allora egli risponderà loro dicendo: 'in verità vi dico: tutte le volte che non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me. E questi andranno nelle pene eterne'" (Matteo 25:41-46). Ho ritenuto opportuno citarvi l'intero passaggio della Scrittura, poiché il nostro Salvatore vi attribuisce particolare importanza; eppure viene preso in considerazione così poco spesso, che se dovessimo giudicare dalla pratica della maggior parte dei Cristiani, si sarebbe tentati di pensare che non esistono questi insegnamenti nella Bibbia. Ma procediamo a descrivere il carattere del QUASI CRISTIANO. Consideriamolo rispetto a se stesso: come abbiamo detto, se lo confrontiamo con i suoi vicini appare una persona onesta, ed è sobrio anche rispetto a se stesso; ma sia la sua onestà che la sua sobrietà procedono dallo stesso principio di un falso amor proprio. È vero, egli non corre negli eccessi di ribellione con gli altri uomini; ma non lo fa per ubbidienza alle leggi di Dio, bensì lo fa o perché per carattere non apprezza la smoderatezza, o per timore di perdere la propria reputazione, o di fare cose sconvenienti che possano danneggiare i propri affari materiali. Ma nonostante la sua prudenza nell'evitare la smoderatezza e gli eccessi, per le ragioni appena menzionate, costui si dirige sempre verso gli estremi di ciò che è ammesso. È vero, non è un ubriacone; ma non ha ABNEGAZIONE CRISTIANA. Non ammette il pensiero che il nostro Salvatore sia un Maestro tanto severo da negarci di poter indulgere in alcuni particolari: e per questo è privo di un senso della vera religione allo stesso modo di quelli che vivono nella depravazione o in altri crimini. Nel mettere in pratica i suoi principi egli è guidato più dal mondo che dalla Parola di Dio: da parte sua, non riesce a concepire che la via del paradiso sia poi così stretta; e quindi non segue tanto gli insegnamenti della Scrittura, quanto piuttosto cosa dicono e fanno gli uomini che si dicono giusti, o cosa si adatti maggiormente alle sue inclinazioni corrotte. Per questo, egli non è solo molto cauto verso se stesso, ma lo è anche verso i nuovi convertiti, i cui volti sono rivolti verso il cielo; e, parlando loro da parte del diavolo, cerca di convincerli a risparmiare se stessi, sebbene essi non facciano più di quello che la Scrittura chiede loro di fare. Come conseguenza, "non vi entrano loro, né lasciano entrare quelli che cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13). In questo modo vive il quasi Cristiano: non posso dire di avervelo descritto appieno; ma da questi esempi e descrizioni del suo carattere, se le vostre coscienze non sono addormentate e hanno applicato il discorso ai vostri cuori, temo che alcuni tra voi si riconoscano in alcuni dei tratti descritti, per quanto odiosi; e dunque non posso che sperare che vi unirete all'apostolo nelle parole da lui pronunciate nel verso immediatamente seguente, e preghiate che possiate diventare anche voi non solo in parte, ma Cristiani completi. Passerò
ora al secondo argomento proposto, cioè considerare le ragioni
per cui così tante persone non sono altro che quasi Cristiani. Un secondo motivo che è causa del fatto che molti non sono altro che quasi Cristiani è una servile paura degli uomini: ci sono state e ci sono moltitudini di persone qui che, risvegliate alla percezione della vita divina, hanno gustato e sentito la potenza del mondo a venire; ma per un peccaminoso timore di essere additati o condannati dagli uomini per questa fede, hanno lasciato svanire quella vita. È vero, hanno della stima per Gesù Cristo; ma, come Nicodemo, vanno a lui solo di notte, nell'ombra: vogliono servirlo, ma in segreto, per timore del giudizio degli uomini: hanno in cuore di vedere Gesù, ma non riescono a raggiungerlo a causa della folla, e per paura di essere derisi, e ridicolizzati da quelle stesse persone con le quali siedono a tavola per mangiare. Ben profetizzò il nostro Salvatore di tali persone, dicendo: Come potete amarmi, voi che prendete gloria gli uni dagli altri? Ahimè! Non hanno mai letto che "l'amicizia del mondo è inimicizia verso Dio?" (Giacomo 4:4) ? E che il nostro Signore stesso ha detto: "Perché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli" (Marco 8:38) ? Non c'è da meravigliarsi se così tante persone non sono altro che quasi Cristiani, dato che così tanti hanno preferito "la gloria degli uomini alla gloria di Dio" (Giovanni 12:43). Un terzo motivo per il quale molti sono nient'altro che quasi Cristiani è che nei loro cuori regna l'amore per il denaro. Questo era il caso pietoso di quel giovane di cui leggiamo nel Vangelo, che andò correndo verso il nostro benedetto Signore, e inginocchiatosi davanti a Lui, chiese: "cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" (Marco 10:17); al che il nostro benedetto Maestro rispose: "Tu conosci i comandamenti: 'Non commettere adulterio. Non uccidere. Non rubare. Non dire falsa testimonianza. Non frodare. Onora tuo padre e tua madre'" (verso 19). Allora il giovane rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia fanciullezza" (verso 20). Ma quando il nostro Signore gli disse: "Una cosa ti manca; va', vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri", "egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni" (versi 21-22). Povero giovane! Aveva in cuore di diventare un Cristiano, e di ereditare la vita eterna, ma reputò troppo caro il prezzo per riceverla, trattandosi di donare i suoi beni! E così oggigiorno molti, sia giovani che anziani, vengono correndo per adorare il nostro benedetto Signore in pubblico, e si inginocchiano davanti a Lui in privato, e chiedono al Suo Vangelo cosa devono fare per ereditare la vita eterna: ma quando comprendono che devono rinunciare a godere delle ricchezze, e che devono abbandonare tutte le cose cui sono affezionati, gridano: "Signore perdonami in questa cosa! Ti prego, abbimi per scusato". Il cielo è dunque una sciocchezza tanto piccola agli occhi degli uomini, da non valere più di un po' di terra dorata? La vita eterna è per essi un acquisto troppo costoso, da non meritare la rinuncia temporanea a poche ricchezze transitorie? Evidentemente è così. Ma per quanto tale comportamento sia inconsistente, questo amore smodato per il denaro è chiaramente la comune e fatale causa del fatto che molti siano solo quasi Cristiani. L'amore per i piaceri non è un motivo meno comune o meno fatale per cui molti sono nient'altro che quasi Cristiani. Migliaia, decine di migliaia sono coloro che disprezzano le ricchezze e vorrebbero volontariamente essere dei veri discepoli di Gesù Cristo, se abbandonare i propri averi li rendesse tali; ma quando viene loro ricordato che il nostro benedetto Signore ha detto: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso" (Matteo 16:24), essi, come il giovane di cui abbiamo parlato prima, se ne vanno dolenti, perché hanno un amore troppo grande per i piaceri dei sensi. Forse chiameranno dei ministri di Cristo, come Erode fece con Giovanni (cfr. Marco 6:20), e li ascolteranno volentieri: ma toglietegli la loro Erodiade, ditegli che devono lasciare quel piacere o quella passione cui sono così attaccati; e come il malvagio Acab grideranno: "Mi hai trovato, nemico mio?" (1 Re 21:20). Parlategli della necessità della mortificazione e dell'abnegazione, e sarà per loro difficile come se aveste detto loro "tagliati la mano destra, o cavati l'occhio destro". Essi non concepiscono che il nostro benedetto Signore possa chiederci tanto, sebbene un apostolo ispirato ci abbia comandato: "Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra" (cfr. Colossesi 3:5); e quello stesso apostolo, che aveva convertito migliaia di persone, ed era quasi giunto alla fine della corsa, dichiarò quale pratica seguisse quotidianamente: "disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato" (1 Corinzi 9:27). Ma alcuni uomini vorrebbero reputarsi più saggi di questo grande apostolo, e illustrarci quella che loro falsamente credono essere la via più facile per raggiungere la gioia. Vorrebbero adularci facendoci credere di poter andare in cielo senza rinunciare ai nostri appetiti sensuali, ed entrare per la porta stretta senza combattere contro le nostre inclinazioni carnali. E questo è un altro motivo per cui così tante persone sono solo quasi, ma non del tutto, Cristiani. Il quinto
e ultimo motivo che voglio illustrare, come causa del fatto che molti
sono solo quasi Cristiani, è una volubilità e instabilità
di temperamento. Ma io tremo nel pronunciarmi sul destino di questi Cristiani instabili che, dopo aver messo mano all'aratro, per mancanza di un po' più di determinazione, guardano indietro a loro vergogna (cfr. Luca 9:62). Come farò a ripetere loro quella terribile sentenza, "se si tira indietro l'anima mia non lo gradisce" (Ebrei 10:38), e ancora, "[quelli] che sono stati una volta illuminati, hanno gustato il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo, e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile riportarli un'altra volta al ravvedimento" (Ebrei 6:4-6). Ma nonostante il Vangelo sia tanto severo verso gli apostati, molti che hanno iniziato bene, per il loro carattere incostante (oh, che nessuno di coloro che sono qui presenti sia così) finiscono nel numero di quelli che si tirano indietro a loro perdizione. E questo è il quinto ed ultimo motivo che elencherò per cui così tanti sono solo quasi, ma non del tutto, Cristiani. Procederemo
ora ad esaminare il terzo punto proposto: considereremo cioè
la follia di essere solo quasi Cristiani. Le persone possono giocare a fare gli ipocriti, ma Dio nel gran giorno del giudizio li abbatterà con la morte, come fece ad Anania e a Saffira (cfr. Atti 5:1-11) per bocca del Suo servitore Pietro; poiché fingono di offrirgli tutto il loro cuore, ma in realtà gran parte la tengono per sé. Forse possono illudere i loro simili per un tempo; ma Colui che diede ad Ahijah la capacità di gridare "Entra pure, moglie di Geroboamo" (1 Re 14:6), smascherando la donna che, fingendosi un'altra, era venuta a consultarlo per avere notizie su suo figlio che era malato, lo stesso Dio svelerà anche le loro più astute dissimulazioni; e se i loro cuori non appartengono completamente a Lui, essi avranno la stessa sorte degli ipocriti e degli increduli. Ma, come seconda cosa, quello che rende una "mezza devozione" ancora più inescusabile è il fatto che essa non solo è insufficiente alla loro stessa salvezza, ma anche pericolosa per quella degli altri. Un quasi Cristiano è una delle creature più dannose del mondo; è un lupo vestito da agnello; è uno di quei falsi profeti di cui il nostro benedetto Signore ci ha parlato, nel sermone sul monte: uno di quelli che cercano di persuadere le persone che la via per il cielo è più larga di quanto è in realtà; e dunque, come è stato osservato prima, "non vi entrano loro, né lasciano entrare quelli che cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13). Questi, questi sono gli uomini che corrompono il mondo con uno spirito Laodiceano di tiepidezza, che accendono false luci, facendo naufragare le anime ignare che sono in cammino verso la meta. Essi sono per la croce di Cristo dei nemici peggiori degli infedeli: poiché gli increduli sono ben conosciuti; ma un quasi Cristiano, con subdola ipocrisia, attrae molti a sé; e dunque deve aspettarsi di ricevere per questo maggiore dannazione. Come terza cosa, non solo ciò è dannoso per noi e per gli altri, ma è anche il massimo esempio di ingratitudine che possiamo esprimere al nostro Signore e Maestro Gesù Cristo. Poiché Egli è venuto dal cielo e ha sparso il Suo prezioso sangue per acquistare questi nostri cuori; e noi gliene vogliamo dare solo metà? Oh, come possiamo affermare di amarLo, quando i nostri cuori non sono uno con Lui? Come possiamo chiamarlo nostro Salvatore, quando non ci sforziamo sinceramente di essere approvati da Lui, affinché Egli veda il frutto del travaglio dell'anima sua e ne sia soddisfatto (cfr. Isaia 53:11) ? Supponiamo, per esempio, che qualcuno tra noi abbia acquistato un servo per una gran somma di denaro, e che questo servo prima di essere acquistato abbia vissuto nella povertà e nel dolore più estremi, e che sarebbe rimasto in quelle condizioni se non l'avessimo preso in casa nostra; supponiamo anche che, qualche tempo più tardi, questo servo diventasse ribelle, o che si rifiutasse di eseguire più di metà dei suoi doveri; quanto, quanto potremmo rimproverarlo per la sua vile ingratitudine! E questo servo meschino sei tu, o uomo, che ti riconosci redento dall'infinita e inevitabile miseria e punizione eterna grazie alla morte di Gesù Cristo, eppure non dai tutto te stesso a Lui. Ci comporteremo noi con Dio il nostro Creatore in un modo col quale non tratteremo neppure un uomo nostro simile? No, Dio ce ne guardi! Permettetemi, dunque, di aggiungere un paio di parole di esortazione per voi, per incitarvi a non essere solo quasi, ma del tutto Cristiani. Oh, che noi possiamo disprezzare ogni comportamento vile e sleale verso il nostro Re e Salvatore, il nostro Dio e Creatore. Non attraversiamo delle tribolazioni durante la nostra vita per poi gettarci nell'inferno alla fine. Diamo a Dio tutto il nostro cuore, e non restiamo un attimo di più divisi tra due scelte: se il mondo è Dio, serviamolo; se il piacere è Dio, serviamolo; ma se il Signore è Dio, serviamo, oh, serviamo soltanto Lui! Perché, perché dovremmo aspettare ancora? Perché amare la schiavitù, al punto di non rinunciare completamente al mondo, alla carne, e al diavolo, che con tante catene spirituali lega le nostre anime, impedendo loro di arrivare a Dio? Ahimè! Di cosa abbiamo paura? Dio non è forse in grado di ricompensare la nostra completa ubbidienza? Se lo è, perché non Lo serviamo appieno? Per lo stesso motivo per cui facciamo tanto, perché non facciamo di più? O pensate che essere religiosi solo per metà vi renderà felici, ma andando oltre vi ritroverete miserabili e infelici? Oh, questo, miei fratelli e sorelle, è un inganno: perché questa mezza devozione, questo vacillare tra Dio e il mondo, che rendono così tante persone, all'apparenza ben disposte, dei completi estranei alle consolazioni della fede? Essi seguono la religione solo fino al punto in cui essa disturba le loro concupiscenze, e seguono le loro concupiscenze fino al punto di essere da queste private delle consolazioni della religione. Se invece, al contrario, abbandonassero sinceramente ogni cosa a cui sono legati, e dessero i loro cuori interamente a Dio, sperimenterebbero allora (e non prima di allora) l'inesprimibile gioia di avere una mente in armonia con se stessi, e una tale pace con Dio, che sorpassa ogni conoscenza, e alla quale essi erano stati estranei prima di allora. È vero, se dedichiamo tutti noi stessi interamente a Dio, dovremo affrontare il disprezzo degli uomini; ma esso è necessario a guarirci dal nostro orgoglio. Dobbiamo rinunciare alle gioie dei sensi, perché essi ci impediscono di ricevere quelli spirituali, che sono infinitamente migliori. Dobbiamo rinunciare all'amore del mondo; e questo perché possiamo essere riempiti dell'amore di Dio: e quando esso avrà allargato i nostri cuori, noi, come Giacobbe quando servì per amore della sua amata Rachele (cfr. Genesi 29:20), non reputeremo nulla troppo difficile da sopportare, né ci sarà sofferenza troppo dura da attraversare, per l'amore che allora avremo per il nostro caro Redentore. Così facili, così piacevoli saranno le vie di Dio anche in questa vita: ma quando ci libereremo di questi corpi, e le nostre anime saranno ripiene di tutta la pienezza di Dio, oh, quale cuore può concepire, quale lingua può esprimere con quale ineffabile gioia e consolazione guarderemo indietro ai giorni passati di sincero e umile servizio per il Signore. Pensate allora, miei cari che mi ascoltate, che ci pentiremo di aver fatto troppo? O piuttosto non pensate che ci vergogneremo di non aver fatto di più, e arrossiremo per essere stati così restii ad arrenderci completamente a Dio, sapendo che in futuro Lui voleva darci Se stesso per l'eternità? Permettetemi, dunque, di concludere, esortandovi, fratelli e sorelle, ad avere sempre davanti ai vostri occhi l'ineffabile felicità di rallegrarvi in Dio. E ricordate che ogni minima parte di santificazione che trascurate, è un gioiello mancante nella vostra corona, un grado inferiore di benedizione eterna quando saremo davanti a Dio. Oh! Pensate e agite sempre così, e non starete più a cercare di conciliare le cose di Dio con quelle mondo; ma, al contrario, sforzatevi quotidianamente di dare sempre di più voi stessi a Lui; e sarete sempre vigili, sempre in preghiera, sempre aspiranti ai più alti livelli di purezza e di amore, e conseguentemente vi preparerete per una sempre maggiore rivelazione dell'amore di Dio, nella cui presenza c'è gioia completa, e alla cui destra vi è la felicità eterna. Amen! Amen!
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