Il cammino cristiano




Babilonia la grande

da "L'Apocalisse", di E. Donges

 

(Nota del curatore: Il seguente studio sul libro dell'Apocalisse riguarda il futuro giudizio di "Babilonia". Lo studio è rivolto ai lettori cristiani maturi.)

 

IL GIUDIZIO DI BABILONIA (Apocalisse, capitoli da 17 a 19:4)

Babele, o Babilonia, significa « confusione ». L'umanità fece il primo tentativo collettivo di resistenza contro Dio a Babele, quando gli uomini si unirono per tenerGli testa. Più tardi, sotto Nebucadnetsar, Babele (*) divenne la capitale delle potenze pagane che soggiogarono Israele, il popolo di Dio. Per questa ragione Babele è spesso menzionata come la rappresentante delle diverse potenze mondiali e delle nazioni. I profeti dell'Antico Testamento hanno sovente minacciato Babele con giudizi di Dio, a causa del suo orgoglio e della sua idolatria sfacciata, in modo particolare i profeti Isaia e Geremia. Ovunque Babele è nominata, sia nell'Antico Testamento come potenza politica, sia nel Nuovo Testamento come sistema religioso, la troviamo sempre in inimicizia ed in contrasto con Dio e con la sua città. L'indipendenza da Dio caratterizza Babele nel suo principio; l'oppressione del popolo di Dio caratterizza il seguito della sua storia, la bestemmia aperta contro Dio caratterizza la sua fine.

La città di Babilonia è diventata da lungo tempo un ammasso di macerie dove trovano rifugio « le bestie del deserto » (Is. 13:21). Il sistema, però, raffigurato da Babilonia, che è caratterizzato dalla sua inimicizia contro Dio ed il suo popolo, esiste ancora oggi come sistema religioso che aspira a potenza e a signoria ed ha una grande influenza politica. Nei tempi della fine questo sistema sarà peggio di ciò che già adesso vediamo nel mondo, un'amalgama di religione e di mondanità.
L'antica Babilonia, il primo grande regno sotto Nebucadnetsar, finirà con la «bestia» che sale dal mare (Apoc. 13:1), il nuovo Impero Romano. Sul piano religioso, l'ultimo frutto satanico di Babilonia è « la donna », « la gran meretrice » seduta « sopra una bestia di colore scarlatto ». Ella è portata dalla bestia, cioè dall'Impero Romano, e anche per un tempo la dirige.

(*) Nel Nuovo Testamento al posto di nome viene usato "Babilonia". Babele era dapprima il nome della città o della capitale del regno; dopo, il nome della città fu riportato anche sul paese di Babele o Babilonia. Ma il nome di Babilonia, dato al paese, lo si trova già nell'Antico Testamento, come nel Salmo 137:1.


« Babilonia... la madre delle meretrici » (cap. 17)

Se consideriamo la vera Chiesa di Gesù Cristo, della quale Satana ha fatto una caricatura in « Babilonia », vediamo che nella sua posizione rispetto a Cristo è «la sposa, la moglie dell'Agnello» (21:9); nella sua posizione rispetto al mondo invece, la Chiesa Cristiana è sovente paragonata ad una città, in modo particolare, quando essa regnerà con Cristo durante il regno di mille anni, è chiamata « la santa città, Gerusalemme » (21:10). Nello stesso modo anche la falsa Chiesa, l'infedele Babilonia che oggi pretende di essere la Sposa di Cristo, ci viene presentata sotto due aspetti. In contrasto con la vera Sposa, la vera moglie dell'Agnello, essa, la falsa moglie, è chiamata « meretrice » (prostituta); in contrasto con « la santa città » che scende dal cielo, essa è « la gran città, la potente città » che è « divenuta albergo di demoni » (18:2-10). Nel capitolo 17 del libro dell'Apocalisse, Babilonia ci è dipinta come la « meretrice », mentre il capitolo 18 ce la presenta come « la gran città ». Il suo giudizio terribile ci è descritto in tutti e due i capitoli.
Prima che Cristo ritorni dal cielo con la sua Sposa celeste, « la sposa dell'Agnello », per stabilire il suo Regno sulla terra, la falsa sposa creata da Satana dovrà essere tolta dalla terra. La sua perdizione ed il suo terribile giudizio ci vengono descritti con ogni particolare: « E uno dei sette angeli che aveano le sette coppe venne, e mi parlò dicendo: Vieni: io ti mostrerò il giudizio della gran meretrice, che siede su molte acque e con la quale hanno fornicato i re della terra; e gli abitanti della terra sono stati inebriati dal vino della sua fornicazione. Ed egli, nello Spirito, mi trasportò in un deserto; ed io vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia e avente sette teste e dieci corna » (vers. 1-3).

L'angelo che a Patmo mostra il giudizio della « gran meretrice » all'osservatore Giovanni, è l'ultimo dei sette angeli ed è lui che ha versato l'ultima coppa. Infatti una parte dell'ultima coppa d'ira era diretta contro Babilonia.
La Sacra Scrittura paragona spesso il distogliersi da Dio ad una prostituzione. È per questo che l'infedeltà verso Dio ed il suo abbandono da parte d'Israele e di Gerusalemme è sovente descritto con tali parole, poiché Iddio era spiritualmente il vero sposo d'Israele. Le « molte acque » sulle quali Babilonia siede e signoreggia significano, come leggeremo più avanti, «popoli e moltitudini e nazioni e lingue» (17:15).

« Babilonia », « la gran meretrice », è dunque un sistema religioso idolatra, estesosi, nella sua potenza e signoria, su molte acque, cioè su molti « popoli e moltitudini e nazioni e lingue », e che esercita nello stesso tempo una grande azione politica. « I re della terra e gli abitanti della terra », vale a dire coloro che non hanno e neppure cercano la loro parte nel cielo, sono « inebriati » e completamente ingannati dalla bestia, dalla sua fornicazione e dalla sua dottrina errata che mescola la religione con i sistemi del mondo.
Giovanni, essendo in spirito, vede la donna in un «deserto», cioè in un luogo privo delle vere benedizioni spirituali, senza vita divina, mentre altri vedono, e se ne meravigliano, la sua potenza e la sua pompa esteriore e il suo seggio « sopra una bestia di colore scarlatto ». Questa bestia, come abbiamo visto in un precedente capitolo, è l'Impero Romano futuro (l'autore scriveva il presente studio nel 1986, ndr). Siccome esisterà in tutto il suo sfarzo, è visto qui nel colore « scarlatto ». Roma, l'ultimo o il quarto grande impero, porterà « la donna » e si lascerà guidare dalla « donna ».

Riguardo alle sette teste della bestia, ci è detto: « Le sette teste sono monti » (vers. 9). Come sappiamo Roma è chiamata fin dall'antichità "la città dai sette colli".

« E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; aveva in mono un calice d'oro pieno di abominazioni e delle immondizie della sua fornicazione » (vers. 4). « La donna » non ha più il suo seggio ed il suo punto d'appoggio solamente in Roma, il centro della sua forza, ma il suo onore e la sua gloria saranno palesi a tutti, poiché sarà vestita « di porpora e di scarlatto » e adorna di pietre preziose e di perle (che sono forse un'immagine delle verità con le quali la falsa chiesa si adorna esternamente). Ed anche le « immondizie » della fornicazione della sua religione apostata, le tiene in un calice d'oro!

« E sulla fronte avea scritto un nome: Mistero, Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra » (vers. 5). La donna non porta sulla sua fronte dei nomi di bestemmia come «la bestia» (vers. 3), bensì il nome Mistero. Questo «Mistero » però non è « il mistero dell'empietà » del quale l'apostolo Paolo parla (2 Tess. 2:7) benché gli sia affine; quello è lo spirito dell'anticristo, che è già all'opera fin d'ora nella cristianità professante; tuttavia sarà svelato nella persona dell'anticristo (2 Tess. 2:8). Il mistero di Babilonia invece, come già abbiamo visto, è il sistema religioso della fine che sarà poi odiato e distrutto dai « dieci re », dalla bestia, cioè dall'Impero Romano futuro (17:7 e 16).
La parola « mistero » che la donna porta apertamente sulla fronte in guisa di nome ci fa pensare, per contrasto, al «mistero» che la vera Chiesa, la sposa celeste, forma nella sua vivente unità con Cristo (Efesini 5:26-32). Ma quale differenza!
La Chiesa di Cristo, la « dimora di Dio per lo Spirito » è adesso come « una casta vergine » fidanzata al Signore Gesù Cristo (2 Cor. 11:2) e sarà come « la sposa dell'Agnello », presso di Lui in eterno. La « donna », invece, che siede sulla bestia di colore scarlatto » è il « ricetto d'ogni spirito immondo » (18:2), è l'opposto e la caricatura satanica della vera Sposa di Cristo. A motivo del suo stato di perdizione è chiamata Babilonia la grande, la madre delle meretrici, poiché gli altri sistemi religiosi malvagi della terra sono i suoi figliuoli. Un grande giudizio cade su di lei da parte di Dio.
Il significato del primo nome che la « donna porta sulla fronte: Mistero », si deve cercare quindi nella sua natura malvagia. Chi avrebbe mai potuto pensare che dalla cristianità professante, che porta il nome di Cristo, si formasse, con l'aiuto dell'astuzia di Satana e nelle mani dell'uomo, un sistema così malvagio, colmo di potenze sataniche e nemico di Dio? Persino l'osservatore Giovanni si stupisce e scrive: « E vidi la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. E quando l'ebbi veduta, mi meravigliai di gran meraviglia » (vers. 6).

La sanguinaria « Jezabel » della chiesa di Tiatiri, colei « che offre incenso » (Apoc. 2:18-29), che ha sedotto molti servitori di Dio « perché commettano fornicazione » e, benché Iddio le avesse « dato tempo per ravvedersi », « non vuole ravvedersi », è diventata col passare degli anni « Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra», la persecutrice « dei santi » e « dei martiri di Gesù ». Quanti santi siano già stati giudicati come eretici e uccisi dalla Chiesa Romana, quanto sangue Tiatiri abbia sparso, lo sa solo Iddio; la storia del mondo e della chiesa però ne parla. Iddio soltanto conosce anche quanto sangue dei « martiri di Gesù » « Babilonia la grande » spargerà ancora. Ma l'ora del resoconto e del suo terribile giudizio viene. Le visioni seguenti di Giovanni parlano appunto di ciò.

Leggiamo: «E le dieci corna (cioè i dieci re - vers. 12) che hai vedute e la bestia odieranno la meretrice e la renderanno desolata e nuda e mangeranno le sue carni e la consumeranno col fuoco. Poiché Iddio ha messo in cuor loro di eseguire il suo disegno e di avere un medesimo pensiero di dare il loro regno alla bestia finché le parole di Dio siano adempiute » (vers. 16-17).
La « meretrice » seduta sulla « bestia » con grandi onori e ricchezze ha commesso fornicazione con i re della terra (vers. 2), vale a dire che ha adoperato senza scrupoli la potenza religiosa che aveva sui cuori e sulle coscienze degli uomini per dirigere la politica mondiale.
Iddio, che è al di sopra di tutti gli uomini, anche di coloro che lo odiano, metterà nel cuore dei dieci re e della bestia di eseguire contro « la donna » il giusto giudizio. Il motivo apparente dell'odio dei dieci re e della bestia contro la donna sarà pure malvagio; poiché, come vediamo in Apoc. 13:4-15, « la bestia » si rivolterà contro ogni religione che riconosce un Essere sovrumano e l'abolirà, per poter poi esigere dai suoi sudditi che la onorino come dio. « La meretrice » ha fino all'ultimo magnificato la sua religione (purtroppo in relazione col nome del Cristianesimo, che essa ha infangato) con grande gloria e sontuosità. Ma alla fine « la bestia » si libererà della cavalcatrice orgogliosa dopo averla portata per lunghi anni. Anche i re della terra la spoglieranno della sua magnificenza e, pieni di furore e d'ira, « la consumeranno col fuoco ». Prima i re della terra trovavano piacere con la meretrice, che così bene sapeva utilizzare i bisogni religiosi dei cuori e delle coscienze per poi soddisfarli ingannandoli con i piaceri e la pompa esteriore; adesso invece si rivoltano brutalmente contro di lei, come belve feroci, e riducono « Babilonia » in un ammasso di polvere e di cenere. Questo terribile ma giusto giudizio di Babilonia è stato annunciato già prima da un angelo come se fosse già avvenuto: « Caduta, caduta è Babilonia la grande, che ha fatto bere a tutte le nazioni del vino dell'ira della sua fornicazione » (conf. 14:8 con 18:2).


LA CADUTA DI BABILONIA

All'inizio del cap. 17 uno dei sette angeli disse: « Vieni; io ti mostrerò il giudizio della gran meretrice ». Adesso però il giudizio viene eseguito. L'angelo annuncia, con voce potente, che il primo avvenimento è già accaduto: « Caduta, caduta è Babilonia la grande ». Babilonia, la sede delle tenebre, dell'idolatria, dell'inimicizia contro Dio e contro il suo popolo non sarà più a lungo un luogo di magnificenza e di gloria ma un luogo devastato e deserto.

Giovanni ode un'altra voce dal cielo: «Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe; poiché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle iniquità di lei ».
La voce che Giovanni ode « dal cielo » non è dell'angelo del quale abbiamo parlato pocanzi. Può trattarsi della voce di Cristo stesso, poiché parla del suo popolo: « Uscite da essa, o popolo mio ». Nessun angelo può esprimersi in tal modo, perché i credenti sono unicamente il popolo di Cristo e di Dio.
Oggi, anche in « Babilonia » vi sono dei credenti. Non vi è nessun sistema religioso cristiano, per quanto siano malvage le sue dottrine, nel quale non vi siano delle anime che appartengono a Cristo. Quanto ciò è solenne. È incoraggiante però che stia scritto: « Il Signore conosce quelli che sono suoi » (2 Tim. 2:19). Non dobbiamo però credere, come pensano molti, che al Signore importi poco o niente l'ambiente dove i suoi si trovano. Non è affatto così! Proprio dove abbiamo letto quelle parole incoraggianti: « Il Signore conosce quelli che sono suoi », troviamo anche la solenne esortazione: « Ritraggasi dell'iniquità chiunque nomina il nome del Signore » (2 Tim. 2:19). Così pure il Signore grida in «Babilonia »: « Uscite da essa, o popolo mio, affinchè non siate partecipi dei suoi peccati ». Egli non dice questo nel giorno del giudizio; grida oggi, anzi lo ha sempre fatto attraverso tutti i secoli fintanto che vi è un « orecchio » per udire, come è detto nelle sette lettere, « ciò che lo Spirito dice alle chiese »: « Uscite da essa »! Il male non è adesso così sviluppato come lo sarà in Babilonia alla fine; ciò non toglie che fin dal principio, per ciò che riguarda la responsabilità dell'uomo, la sua propria volontà e infedeltà furono e sono all'opera nella casa di Dio. Ma il servitore fedele si sottomette alla Parola e alla volontà di Dio e può così vincere il male che si trova in un'assemblea locale o in un periodo della storia. La parola «Uscite» ha sempre avuto, per il popolo di Dio, il suo valore ed è ascoltata dal vincitore.

Prima che la Babilonia storica fosse distrutta dai Medi e dai Persi, Iddio invitò il suo popolo terrestre Israele a fuggire: « Fuggite di mezzo a Babilonia, e salvi ognuno la sua vita, guardate di non perire per l'iniquità di lei! » (Ger. 51:6). Perciò il Signore da lungo tempo e oggi ancora grida ai suoi prima che il giudizio colpisca « Babilonia »: « Uscite da essa ». Il Signore ha pure detto per mezzo dell'apostolo Paolo: « Perciò uscite di mezzo a loro e separatevene » (2 Cor. 6:17). Similmente lo scrittore dell'epistola agli Ebrei dice ai credenti d'Israele prima della distruzione di Gerusalemme: «Usciamo quindi fuori del campo e andiamo a Lui» (Ebr. 13:13). Era una benedizione per quei cristiani di Giuda ubbidire a queste parole prima che Gerusalemme fosse distrutta. Quando due decenni dopo, la sede « del campo », Gerusalemme, fu veramente distrutta, non vi era più in essa neppure un cristiano; il Signore li aveva tolti tutti da quel malvagio sistema. Così pure quando Babilonia sarà giudicata, il Signore avrà già tolto i suoi, li avrà messi al riparo dai giudizi della fine (3:10). Li avrà rapiti nel cielo. « Uscite da essa, o popolo mio » era e rimane il suo santo comando al quale i fedeli rispondono mentre sono ancora quaggiù. In occasione della descrizione dei terribili giudizi di Babilonia, udiamo per l'ultima volta il comando e l'esortazione del Signore di uscire di mezzo ad essa; e questo serve di avvertimento per tutti. Ciò ci mostra quanto il Signore abbia in orrore Babilonia e quanto desideri che i suoi siano separati da questo sistema; poiché ciò che caratterizza Babilonia e che attira la collera ed il giudizio di Dio su di lei è appunto l'idolatria, la confusione col mondo e lo spirito di persecuzione. Babilonia personifica il male più odiato da Dio, perché imita il bene e distruggeva e perseguitava l'oggetto più caro del suo cuore sulla terra, cioè i riscattati del suo Figliuolo.
Non ci stupisce, dunque, che Iddio colpirà Babilonia con un grande giudizio. Dio dice agli esecutori del suo giudizio: «Rendetele il contraccambio di quello ch'ella vi ha fatto» (versetto 6). Iddio non parla qui ai suoi riscattati poiché sono già nel cielo presso di Lui, tra l'altro, quando si trovavano ancora sulla terra, dovevano pregare per i loro nemici e non giudicarli.

Abbiamo qui tre classi diverse che si lamentano per la caduta di Babilonia e per il suo giudizio. Questi sono: «i re della terra» (vers. 9 e 10), «i mercanti della terra» (vers. 11-16), e «tutti i naviganti» (vers. 17-19). Tutti costoro, in modo particolare i mercanti e i naviganti, si erano arricchiti per mezzo di lei, ed ecco che « in un momento » è stata annientata la sua magnificenza e loro stessi sono rovinati (vers. 15:16-19).
In contrasto con questo lutto, troviamo un grido di gioia per coloro che abitano nel cielo: « Rallegrati d'essa, o cielo, e voi santi, ed apostoli e profeti, rallegratevi poiché Dio, giudicandola, vi ha reso giustizia» (vers. 20).
E gli abitanti del cielo si rallegrano (19:1-4). Prima però che ci venga narrata la loro gioia ed il loro triplice Alleluia, abbiamo la descrizione dei giudizi di Dio su Babilonia: « Poi un potente angelo sollevò una pietra grossa come una gran macina, e la gettò nel mare dicendo: Così sarà con impeto precipitata Babilonia, la gran città, e non sarà più ritrovata » (vers. 21).
Babilonia sarà precipitata dalla sua altezza « con impeto », come una pietra pesante è buttata con violenza nelle profondità marine. La caduta della Babilonia politica (uno dei quattro grandi imperi) predetta da Geremia, è un anticipo di ciò che troviamo qui. Il Signore disse a Geremia: « E quando avrai finito di leggere questo libro, tu vi legherai una pietra, lo getterai in mezzo all'Eufrate, e dirai: Così affonderà Babilonia, e non si rialzerà più » (Ger. 51:63-64). La caduta di questa seconda Babilonia misteriosa sarà tanto più terribile quanto la sua colpa è maggiore.
L'angelo fa ancora tre rimproveri a Babilonia: « I tuoi mercanti erano i principi della terra »; « tutte le nazioni sono state sedotte dalle tue malìe »; « e in lei è stato trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sopra la terra » (vers. 18:24). Questi rimproveri sono in rapporto ai princìpi che Iddio si è proposto per benedire i suoi. In primo luogo i credenti devono vivere per il cielo invece di ricercare i tesori del mondo; i mercanti di Babilonia invece erano i principi « della terra ». Secondariamente la Chiesa deve essere « colonna e base della verità » (1 Tim. 3:15); Babilonia invece ha pervertito la verità ed ha sedotto le nazioni con le sue « malìe ». Infine la Chiesa deve vivere per Cristo (Fil. 1:29; 2 Timoteo 2:3-12); al posto di ciò Babilonia ha infuriato contro Cristo e i suoi, recando ai credenti sofferenze, persecuzioni e morte.
La caduta di Babilonia produce grande gioia nel cielo, nella presenza di Dio: «Dopo queste cose udii come una gran voce d'una immensa moltitudine nel cielo, che diceva: Alleluia! La salvazione e la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio; perché veraci e giusti sono i tuoi giudici; poiché Egli ha giudicata la gran meretrice che corrompeva la terra con la sua fornicazione e ha vendicato il sangue dei suoi servitori, ridomandandolo dalla mano di lei. ... Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servitori, voi che lo temete, piccoli e grandi» (19:1-5).



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