Le lettere dell'Apocalisse alle sette chieseda "L'Apocalisse", di E. Donges
Nota: in questo studio, con il termine Chiesa non ci si riferisce - salvo ove diversamente riportato - alla chiesa cattolica o a quella protestante, ma a tutta la Chiesa Cristiana, di cui Gesù Cristo è l'unico capo e Signore.
La prima lettera dell'Apocalisse è indirizzata alla chiesa di Efeso: "Queste cose dice Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e che cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro. Io conosco le tue opere e la tua fatica e la tua costanza e che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non lo sono, e li hai trovati mendaci: e hai costanza e hai sopportato molte cose per amor del mio nome, e non ti sei stancato. Ma ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore. Ricordati dunque donde sei caduto, e ravvediti, e fa le opere di prima; se no, verrò a te, e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti ravvedi. Ma tu hai questo: che odii le opere dei Nicolaiti, le quali odio anch'io. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio" (Apoc. 2:1-7). La città
di Efeso era in quel tempo una potente e ricca città di commercio, ed era
anche la capitale della provincia romana dell'Asia. Qui l'apostolo Paolo aveva
annunziato l'Evangelo per alcuni anni con grandi benedizioni e molto successo
(Atti 19:10). Lo Spirito di Dio operò con potenza in quel centro dei piaceri
mondani dove la "grande Diana" (Artemide) degli Efesini, la dea pagana
della caccia, era onorata in un tempio magnifico (Atti 19:21-41). Un gran numero
di uomini e donne si convertì e buon numero di quelli che avevano esercitato
le arti magiche portarono i loro libri e li bruciarono in pubblico. Il loro prezzo
fu valutato a 50 mila dracme d'argento (Atti 19:19-20) ! Il nome e il carattere
col quale il Signore si presenta a questa chiesa, e il fatto che è la prima
ad essere nominata, ci fa pensare quali benedizioni speciali possedesse quest'assemblea,
e di conseguenza quali particolari responsabilità. Efeso ci appare come
l'immagine della Chiesa intera, al tempo degli apostoli. Questo è dimostrato
già dall'intestazione della lettera. Il Signore dice: "Queste cose
dice Colui che tiene le sette stelle nella sua destra, e che cammina in mezzo
ai sette candelabri d'oro" (2:1). Il nome di Efeso significa: amabile, diletta, colei che ama. Questo nome è caratteristico per tutta la Chiesa di Cristo. Leggiamo proprio nell'epistola agli Efesini che "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei" (Efesini 5:2). Quest'amore del Signore è meraviglioso e incomparabile. Ogni credente può dire: "Cristo mi ha amato, e ha dato se stesso per me" (Galati 2:20; Efesini 5:25). Che cosa ha dunque
il Signore da dire a questa chiesa? Anzitutto riconosce con elogio diverse cose:
"Io conosco le tue opere e la tua fatica e la tua costanza". Similmente
scriveva l'apostolo Paolo ai Tessalonicesi: "Noi rendiamo del continuo grazie
a Dio per voi tutti... ricordandoci del continuo, nel cospetto del nostro Dio
e Padre, dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della
costanza della vostra speranza nel nostro Signor Gesù Cristo" (1 Tessal.
1:3). Dunque, presso gli Efesini si trovavano in abbondanza opere, fatica e costanza.
Tutto ciò scaturiva, come al principio, direttamente dalla fede, dall'amore
e dalla speranza? Si trovava il cuor loro ancora nella stretta comunione col Signore
come al principio? Ah! Il Signore non guarda soltanto alle nostre opere e al nostro
cammino, ma vede nel nostro cuore ed esamina l'intento del nostro agire. Se Egli,
già nell'Antico Testamento, supplicava in modo così commovente:
"Figliuol mio, dammi il tuo cuore" (Proverbi 23:26), quanto più
desidera ora, come Signore e Sposo della sua Chiesa (che ha amato e che ama sino
alla fine del medesimo amore santo e divino) possederne il cuore, ed essere contraccambiato
nel suo amore. In principio le cose stavano veramente così (Atti 2:42-47;
4:32-35) ma ecco che internamente il declino era già cominciato, anche
se esteriormente tutto sembrava in ordine. Lo sguardo penetrante del Signore aveva
scoperto un difetto che lo affliggeva molto; Egli deve riprovare: Ma ho questo
contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore". Riconosce pure che l'assemblea
esercitava nel suo seno la disciplina e non tollerava il male. La loda per aver
messo alla prova e rigettato coloro che si dicevano apostoli e non lo erano. Ed
aggiunge: "E hai costanza e hai sopportato molte cose per amor del mio nome,
e non ti sei stancato". Che bella testimonianza ! Leggendo l'epistola dell'apostolo Paolo agli Efesini, che ci mostra, come nessun'altra epistola del Nuovo Testamento, le grandi benedizioni e la posizione celeste del credente, ci sembra quasi impossibile che appena trent'anni dopo, il Signore stesso indirizzando la lettera a quell'assemblea debba rimproverarla in tal modo. Ma che cos'è l'uomo? Ha egli saputo mai mantenersi nella posizione in cui Dio l'aveva posto? Purtroppo no! Nel paradiso terrestre, in mezzo a tante benedizioni, cadde nella disubbidienza. E quando più tardi Iddio si scelse un popolo, fu la stessa cosa. Mentre Iddio gli dava una legge, Israele si faceva un vitello d'oro che chiamò suo Dio! Poi rovinò il sacerdozio e finì col crocifiggere il suo Messia. Così l'uomo
fu sempre ingrato, disubbidiente e infedele. Un solo Uomo ha continuamente glorificato
Iddio sulla terra: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, che si fece uomo per
salvare noi, peccatori perduti. Il declino della
Chiesa cominciò proprio così, quando cioè i cuori perdettero
il loro primo amore, vale a dire non lasciarono più, come al principio,
tutto il posto al loro Salvatore e Signore, non furono più nella completa
sua dipendenza. Con ciò era stata aperta una larga porta al male. La grazia del Signore
per ristorare i suoi è molto grande. Egli richiama alla memoria della Chiesa
i preziosi rapporti e le benedizioni in cui essa dapprima si trovava e la scongiura
di ravvedersi, di pentirsi. Senza uno spietato giudizio di se stesso, nella presenza
di Dio, non è possibile un vero ristora mento. Il Signore però è
pronto a produrre in noi, se apriamo il cuore ai raggi della sua luce santa, un
vero giudizio di noi stessi, un vero pentimento e una vera umiliazione per mezzo
del suo Spirito. E ogni credente è, Dio sia lodato, un monumento visibile
della grazia, che il Signore conduce, sopporta, risveglia e ristora. Il Signore trova ancora qualcosa da lodare in Efeso: "Ma tu hai questo: che odii le opere dei Nicolaiti, le quali odio anch'io". Che cosa erano queste "opere dei Nicolaiti" ? Nessuno lo sa con certezza. Alcuni dicono che esistesse una setta dei Nicolaiti, chiamata ingiustamente così dal nome di uno dei sette fratelli nominati ad occuparsi dei poveri (Atti 6:5), che trasformava la grazia del Signore in dissolutezza e viveva in peccati grossolani. Questo però non è confermato dalla storia. Può anche darsi che i Nicolaiti nominati di nuovo nella lettera alla chiesa di Pergamo (cap. 2:15) non siano gli stessi di quelli che professavano la dottrina di Balaam, il quale era colpevole di aver trascinato i figliuoli d'Israele nel peccato; costoro sono nominati a parte (cap. 2:14). Comunque il Signore odiava le opere dei Nicolaiti, non le persone; questo stesso odio si trovava nella chiesa di Efeso, ed è ciò che il Signore loda. Noi pensiamo che le opere dei Nicolaiti non siano state dei peccati carnali, altrimenti l'espressione "le quali odio anch'io" sarebbe stata troppo debole. Dovevano avere qualcosa di buono apparentemente. Il significato del nome ci aiuterà in questo caso, come spesso in queste lettere, a comprendere meglio la cosa. Il termine "Nicolaita" vuol dire: vincitore del popolo (parola composta da: vittoria e popolo). In altri termini troviamo qui il principio della dolorosa divisione dei credenti in spirituali (clero) e laici. Iddio non voleva assolutamente questa differenza, e il Signore Gesù diceva ai suoi: "Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli" (Matteo 23:8). E noi sappiamo, come lo Spirito Santo ce lo ricorda nelle diverse epistole, che tutti i credenti sono fratelli, un corpo in Cristo; che sono membra l'uno dell'altro e che formano tutti insieme un sacerdozio reale (1 Pietro 2:9; Apocalisse 1:5-6). Nella Chiesa di Gesù Cristo non deve esistere una speciale posizione per i sacerdoti, neanche nel senso o modo del sacerdozio israelitico. Appena si perdettero, fra i credenti, il primo amore e la freschezza spirituale, la forza e la vita vennero meno, la via fu aperta alle opere dei Nicolaiti e s'incominciò a fare delle differenze fra sacerdoti e laici. Più tardi a Pergamo (2:12) vediamo come già le "opere" erano state sostituite con la "dottrina" dei Nicolaiti. Ed è sempre così: dapprima si infiltra una cattiva pratica, che poi si trasforma in oggetto di fede (dogma). Sappiamo come Lutero in un primo tempo, e in modo particolare Spener, abbiano voluto eliminare la differenza fra sacerdoti e laici, cioè queste "opere e dottrina" dei Nicolaiti. Essi insistettero affinché la verità biblica del sacerdozio comune fosse messa in pratica. Purtroppo però non riuscirono nel loro intento. Infine vogliamo ancora considerare l'appello che il Signore fa al termine di ogni lettera: "Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese". Troviamo qui un grande principio: poiché la chiesa si è allontanata e si è resa infedele non essendo rimasta sul terreno della verità, il Signore richiama i singoli fedeli e ricorda loro la sua Parola verace. In essa devono star saldi. Il Signore non dice: Chi ha orecchio ascolti ciò che la chiesa insegna, ma "ciò che lo Spirito di Dio (nella sacra Scrittura) dice alle chiese". La Parola di Dio determina quel che dobbiamo credere, non la chiesa, che poteva diventare infedele come infatti avvenne. Che importanza ha questa verità! Da quando il declino
incominciò in tutta la Chiesa o nelle singole assemblee, lo Spirito Santo
e la Parola di Dio si rivolgono al credente singolarmente e lo invitano a decidersi
risolutamente per Cristo, a risalire la corrente o il sentimento generale, a mettersi
decisamente dal Suo lato, non lasciandosi sopraffare dal male, ma essendone vincitore.
La fede che guarda al Signore, che obbedisce alla sua Parola e vi fa affidamento
è quella che vince il mondo (1 Giov. 5:4).
"E all'angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita: Io conosco la tua tribolazione e la tua povertà (ma pur sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicon d'esser Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. Non temere quel che avrai da soffrire; ecco il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, perché siate provati; e avrete tribolazione di dieci giorni. Sii fedele fino alla morte, e io ti darò la corona della vita. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà punto offeso dalla morte seconda" (2:8-11). Abbiamo constatato
la tristezza del Signore nel rimproverare i suoi perché avevano abbandonato
il loro primo amore (2:4). Questo regresso nella vita spirituale e nella comunione
col Signore ha aperto la via al declino e alla decadenza nell'intera Chiesa professante.
Oggi è la stessa cosa, sia per la collettività, sia per ciascun
credente. Se chi è convertito al Signore non rimane in comunione intima
col suo Redentore e non contraccambia il suo amore meraviglioso, il suo cammino
è diretto verso il basso e ritorna nel mondo. Ma il Signore nella sua grazia
interviene e lo ferma su questa via per mezzo di una prova. Egli venne subito
in aiuto alla Chiesa che aveva abbandonato il primo amore, permettendo a Satana
di metterla alla prova con persecuzioni onde allontanarla da quel mondo falso
ed ipocrita a cui si era avvicinata. Satana poteva cacciare dei diletti del Signore
in prigione (sappiamo che la Chiesa apostolica, nome che possiamo dare alla Chiesa
fino all'anno 100, diventò successivamente una Chiesa di martiri sino alla
dominazione dell'imperatore Costantino, anno 325 dopo Cristo. Questa fu l'era
della persecuzione dei cristiani). La morte seconda è la separazione eterna dell'anima da Dio, come la prima morte è la separazione dell'anima dal Corpo. Quando Dio dice: "Il salario del peccato è la morte" dobbiamo pensare alla prima e alla seconda morte. Ma Colui che ha vinto la morte dice ai suoi: "Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita". Tutto era tetro davanti ai loro occhi, ma Egli, vincitore della morte, poteva condurli meravigliosamente attraverso ogni sofferenza. Egli è "il primo e l'ultimo" in ogni cosa. E se alcuni dovevano passare per la morte, avevano la stessa sorte di "Colui che fu morto e tornò in vita". Egli aveva la potenza di farli risuscitare in gloria e dar loro la "corona della vita" promessa, la corona che il Signore da a coloro che rimangono fedeli nelle tribolazioni e nelle prove; come leggiamo: "Beato l'uomo che sostiene la prova; perché essendosi reso approvato, riceverà la corona della vita" (Giacomo 1:12). Questo accenno alla risurrezione del Salvatore e alla nostra, per essere sempre con Lui, ci incoraggia in modo particolare a perseverare e ad operare fedelmente. Anche l'apostolo Paolo, dopo aver detto trionfante: "La morte è stata sommersa nella vittoria; o morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?", ci esorta con le parole: "Perciò fratelli miei diletti, state saldi, incrollabili, abbondanti sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore" (1 Corinzi 15:54-58). Come sono consolanti le parole del Signore, del compassionevole Sommo Sacerdote, ai credenti perseguitati di Smirne: "Io conosco la tua tribolazione e la tua povertà (ma pur sei ricco)"! Già verso il suo popolo Israele il Signore aveva dei sentimenti di profonda compassione. Quand'esso si trovava nel crogiuolo in Egitto, ed Egli si accingeva a liberarlo, disse a Mosè: "Ho veduto, ho veduto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto, e ho udito il grido che gli strappano i suoi angariatori; perché conosco i suoi affanni, e sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani" (Esodo 3:7-8). Ciò che si è proposto, Iddio l'ha adempiuto. I credenti di Smirne erano temporaneamente poveri, ma questa povertà procura, come spesso abbiamo esperimentato, una grande ricchezza spirituale. Il Signore continua dicendo: "Io conosco le calunnie lanciate da quelli che dicono di esser Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana". Ah! i Giudei che un tempo erano il popolo di Dio, sono diventati una sinagoga di Satana! Avevano oltraggiato Iddio, avevano oltraggiato Cristo, suo Figliuolo, il loro Messia; ed ora oltraggiano pure lo Spirito Santo, perseguitando ed uccidendo i suoi testimoni. Policarpo, ad esempio, uomo anziano e pio, fu perseguitato dall'odio dei Giudei, che lo uccisero bruciandolo verso l'anno 168. Il Signore incoraggia i perseguitati dicendo: "Non temere quel che avrai da soffrire". Egli permette la sofferenza, lascia infuriare il nemico, ma gli fissa un limite che non può oltrepassare. Satana può gettarli in prigione, ma i giorni della prigionia sono fissati da Lui: sono "dieci" e non uno di più. Com'è confortevole
sapersi nelle mani di Colui che "è pieno di compassione e misericordioso"
(Giacomo 5:11) e a cui "è stata data ogni podestà in cielo
e sulla terra" (Matteo 28:18)! Ai giorni nostri
e nei nostri paesi i cristiani non sono più perseguitati apertamente come
un tempo; non vengono più gettati in prigione o uccisi a causa della loro
fede. Tuttavia le parole: "Tutti quelli che vogliono vivere piamente in
Cristo Gesù saranno perseguitati" (2 Timoteo 3:12) hanno sempre il
loro valore. Il mondo tollera una certa forma di pietà ed in certi casi
la loda anche. Noi possiamo frequentare le radunanze e forse anche dire di essere
convertiti; sovente il mondo sopporta tutto ciò. Quando però vogliamo
vivere piamente, cioè quando manifestiamo i caratteri di Cristo nella vita
pratica di ogni giorno, e cerchiamo di dirigere il nostro cammino secondo le parole
di Dio, ecco apparire immediatamente, da una parte o dall'altra, resistenza e
persecuzione. Quel credente che non ha da soffrire per questo, non vive piamente
e non è fedele; non mira soltanto al Signore, ma a molte altre cose. Anche a Smirne il Signore aggiunge: "Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese". Il Signore non ha nulla da rimproverare, ma ciascuno deve ascoltare il suo incoraggiamento. Come piace poco ai credenti d'oggi dover soffrire! Lo Spirito si rivolge anche ad ognuno di noi e ci chiede se siamo decisi a seguire il Signore e a portare il suo obbrobrio. Ai fedeli di Filippi Egli diceva: "Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in Lui, ma anche di soffrire per Lui" (Filippesi 1:29).
"Queste cose dice Colui che ha la spada acuta a due tagli: o conosco dove tu abiti, cioè là dov'è il trono di Satana; eppur tu ritieni fermamente il mio nome, e non rinnegasti la mia fede, neppure nei giorni in cui Antipa, il mio fedel testimonio. fu ucciso fra voi, dove abita Satana. Ma ho alcune poche cose contro di te: cioè, che tu hai quivi di quelli che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac a porre intoppo davanti ai figliuoli d'Israele, inducendoli a mangiare delle cose sacrificate agli idoli e a fornicare. Così hai anche tu di quelli che, in simil guisa, professano la dottrina dei Nicolaìti. Ravvediti dunque, se no, verrò tosto a te, e combatterò contro a loro con la spada della mia bocca. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince darò della manna nascosta, e gli darò una pietruzza bianca, e sulla pietruzza scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve" (2:12-17). Abbiamo visto in Smirne come il Signore tentasse di fermare il declino sempre più crescente della Chiesa, permettendo delle sanguinose persecuzioni, nel secondo secolo. Esteriormente la Chiesa si trovava in grande povertà, ma agli occhi di Dio era ricca, a causa della sua fedeltà e dell'incoraggiamento che esperimentava. Quando però Satana si accorse che la Chiesa non si poteva sterminare né con la forza, né col fuoco, né con la spada, poiché è fondata sulla roccia eterna, su Gesù Cristo e "le porte dell'Ades non la potranno vincere", cambiò tattica. Fino ad allora si era mostrato come il leone ruggente, ma adesso si trasforma in angelo di luce, in serpente seduttore. Questo avvenne nel terzo secolo sotto l'imperatore Costantino. Egli favorì i Cristiani, diede loro delle posizioni onorevoli, delle cariche di Stato, fece del Cristianesimo la religione nazionale, trasformò i templi pagani in chiese cristiane e introdusse con la forza le feste pagane. La religione cristiana non fu più perseguitata, ma divenne la religione nell'Impero Romano. Nell'anno 330, essendosi l'imperatore trasferito nella città greca di Bisanzio, che poi ricevette il nome di Costantinopoli, diede al terzo periodo della Chiesa cristiana il nome di "Chiesa greca". Troviamo questa forma di religione in Grecia e, con qualche lieve differenza, in Russia col nome di "Chiesa ortodossa". Questa mondanità che si introduceva nella Chiesa era completamente in contrasto con la Parola di Dio che dice dei suoi: "Essi non sono del mondo" (Giov. 17:14 e 16). Il Signore, in questa terza lettera, giudica questo stato di cose, incoraggia i fedeli e ordina a tutti di pentirsi. Notevole è il nome che il Signore prende all'inizio della lettera a Pergamo: "Colui che ha la spada a due tagli". Questa è la Parola di Dio (Ebrei 4:12), che divide e separa ciò che non è compatibile con essa, come la Chiesa dal mondo. La vera Chiesa non fa parte del mondo, e non deve né associarsi con esso né voler regnare su di esso per formare con quest'ultimo un sistema religioso. Nella preghiera del Signore, dove troviamo ripetuta la frase "essi non sono del mondo", vediamo pure ch'Egli Chiede al Padre: "Santificali (cioè mettili a parte) nella verità: la tua parola è verità" (Giovanni 17:17). Nondimeno il Signore
deve rimproverare la Chiesa e dice: "Io conosco dove tu abiti, cioè
là dov'è il trono di Satana". Pergamo vuol dire: castello, fortezza (*). Era situata più al nord delle altre sei chiese dell'Asia Minore.
Senza dubbio abbiamo
in Pergamo la figura della chiesa greco-cattolica dall'imperatore Costantino fino
alla formazione di Tiatiri cioè della chiesa papale di Roma. La sede principale
della chiesa greco-ortodossa era Costantinopoli, la città dell'imperatore.
Essa si nomina con orgoglio: ortodossa, cioè che crede secondo le vere
dottrine della religione; ma si è basata su opere morte e non ha avuto
nessuna riforma. Costantinopoli da molto tempo non è più la sua
fortezza. Pietroburgo lo fu per un tempo, ma dopo gli avvenimenti della prima
guerra mondiale non si può più parlare di fortezza. Dopo aver messo sullo stesso piano la sottomissione della Chiesa allo spirito e alla potenza del mondo, con il mangiare le cose sacrificate agli idoli, il Signore chiama l'unione col mondo una fornicazione spirituale. Continua poi a svelare altri mali che erano nella chiesa di Pergamo, figura della chiesa professante dopo Costantino: "Così hai anche tu di quelli che in simil guisa professano la dottrina dei Nicolaiti". In Efeso, all'epoca degli apostoli o nel primo secolo della chiesa professante, abbiamo visto l'inizio dell'opera dei Nicolaiti. Fin da allora si cominciò a fare una differenza fra clero e laici. Però questa differenza non era proclamata pubblicamente ed era generalmente odiata come Dio la odiava (2:6). A Pergamo, invece, questa differenza era insegnata come un dogma, era diventata la "dottrina" dei Nicolaiti, ed i sacerdoti (la gerarchia) erano introdotti come se fosse Cristo a ordinarlo. Si diede loro molta importanza, e con l'andar del tempo si chiese al governo di dare a costoro onore e potenza per combattere quelli che non si fossero sottomessi all'autorità umana, e non divina, dei sacerdoti. Quant'è solenne l'appello del Signore: "Ravvediti dunque"! Pergamo però, l'orgogliosa fortezza, non si è ravveduta, né in quel che riguarda la dottrina dei Nicolaiti né nei tuoi rapporti in questo sentiero come lo possiamo constatare nel periodo seguente, in Tiatiri, la chiesa romana, dove vediamo che questi mali regnano in più larga misura. Il Signore minaccia i Nicolaiti, e con loro tutta l'assemblea con la spada della sua bocca, che è la Parola di Dio. Questa spada divide, separa e libera colui che si lascia insegnare e guardare dal male, per la sua salvezza. Ma chi si ribella troverà la Parola di Dio che lo condannerà eternamente. Le Sacre Scritture ci insegnano che l'Anticristo sarà distrutto con la spada e col soffio della bocca di Cristo (2 Tess. 2:8); la stessa sorte avranno gli iniqui quando il Signore verrà per stabilire il suo regno (Apoc. 19:15-21). La gloriosa Pergamo di una volta non è più che una piccola città in gran parte maomettana. E tutta la chiesa greca, compresa Costantinopoli, della quale Pergamo è l'immagine, è stata posta sotto la spada di Maometto, quale esecutrice del giudizio divino. Anche la chiesa ortodossa russa ha attraversato dei giudizi terribili. Infine, il Signore si rivolge ad ognuno di coloro che hanno ancora orecchi per udire ciò che lo Spirito dice alle chiese. Egli li incoraggia a tener fermo nonostante il triste stato di cose e a vincere: " A chi vince io darò della manna nascosta e gli darò una pietruzza bianca, e sulla pietruzza scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve". La manna nascosta è Cristo, come disse Egli stesso: " Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto... Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (Giovanni 6:48-51). Chi vince, sprezza le cose sacrificate dal mondo agli idoli, ma in compenso può godere della dolce " manna nascosta " venuta dal cielo, che è " vero cibo ". Nei secoli passati, nonostante le tenebre che regnavano nella Chiesa, vi son sempre stati dei vincitori; e anche ai giorni nostri vi sono alcuni nella chiesa ortodossa che posseggono la vita e la pace in Cristo Gesù e che forse sono perseguitati ed oppressi; anch'essi sono dei vincitori, e ciò che Gesù è stato per loro quaggiù sarà qualcosa di molto prezioso anche nella gioia del cielo. Israele, che fu nutrito nel deserto con la manna, dovette portare con sé nella terra promessa un vaso pieno di manna quale memoriale, e porlo nell'arca del patto nel luogo santissimo del tempio. Il Signore vuol
dare a chi vince una "pietruzza bianca". Anticamente i giudici di questo
mondo, per dichiarare l'innocenza dell'accusato gettavano una pietra bianca in
un'urna. Nello stesso modo il Signore vuole difendere chi vince anche se al presente
è perseguitato dalla chiesa dei "Nicolaiti".
"Queste
cose dice il Figliuol di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i cui piedi
sono come terso rame: Io conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e il
tuo ministerio e la tua costanza, e che le tue opere ultime sono più abbondanti
delle prime. Ma ho questo contro a te: che tu tolleri quella donna Jezabel, che
si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perché commettano
fornicazione e mangino cose sacrificate agl'idoli. E io le ho dato tempo per ravvedersi,
ed ella non vuoi ravvedersi della sua fornicazione. Tiatiri, la odierna Akhissar, si trova sulla strada che conduce da Pergamo a Sardi; fu nota un tempo per i suoi commercianti di oppio. Attualmente vi si trova ancora una piccola comunità di cristiani professanti. Qual è stata la chiesa che ha fatto seguito alla chiesa orientale greca, e che ha poi preso il primo posto? Senza dubbio la chiesa di Roma. Già da molto tempo i vescovi romani avevano saputo farsi avanti, ed essere elevati, con i vescovi di Costantinopoli, d'Antiochia, di Gerusalemme e d'Alessandria, al titolo di "Patriarchi". Quando poi i popoli germanici, i Goti, i Longobardi, i Franchi, gli Anglosassoni, abbracciarono la religione cristiana e vennero a contatto con la chiesa romana, i Patriarchi acquistarono grandissima importanza. La chiesa greca fu, sino al settimo secolo, il centro della cristianità. In seguito, però, questa posizione fu presa dalla chiesa romana che si separò definitivamente dalla greca. Questa quarta lettera a Tiatiri è la figura profetica della chiesa romana. Come già abbiamo visto per le altre lettere, il significato del nome ci aiuta molto a comprendere il valore profetico della lettera (*). Così Tiatiri vuol dire: colei che offre sacrifici, che offre incenso. Non è questo caratteristico della chiesa di Roma? Su migliaia di altari di questa potente chiesa, che tiene sotto di sé milioni e milioni di persone, si pretende di ripetere il sacrificio perfetto del Figliuol di Dio, fatto una volta per sempre. Secondo la sua dottrina, questo sacrificio viene continuamente ripetuto, senza spargimento di sangue, per i vivi e per i morti.
Tutto questo è in contrasto con quel che troviamo nelle Sacre Scritture. Oltre a ciò salgono da innumerevoli incensieri di Roma dei sacrifici che si pongono al posto dei sacrifici spirituali di lode che Iddio accetta dai credenti che possono adorarlo come Padre in spirito e verità (Ebrei 13:15; 1 Pietro 2:5; Giovanni 4:23-24). Com'è terribile e riprovevole agli occhi di Dio ogni ripetizione del grande sacrificio di Gesù Cristo, l'unigenito Figliuolo di Dio, fatto una volta per sempre! La Parola di Dio ci insegna che questo sacrificio fu "fatto una volta per sempre" e il suo valore è eterno (Ebrei 9 e 10). Consideriamo ora la lettera un po' più da vicino. Il Signore si presenta come "il Figliuol di Dio". Sappiamo che, come tale, è il fondamento e la roccia sulla quale è edificata la sua Chiesa. Alla domanda del Signore: "Chi dice la gente che sia il Figliuol dell'uomo?", Pietro rispose a nome di tutti i discepoli: "Tu sei il Cristo, il Figliuol dell'Iddio vivente". Il Signore Gesù, facendo allusione al suo nome, risponde: " Tu sei Pietro (una pietra), e su questa pietra (*) (roccia) edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere " (Matteo 16:18).
È dunque sotto questo carattere che il Signore si presenta qui alla chiesa di Tiatiri: come il "Figliuol di Dio" quale Fondamento, Centro e Capo della sua Chiesa. Tiatiri riconosce ancora oggi, almeno formalmente, il Signore Gesù come "il Figliuolo dell'Iddio vivente". Ma lo riconosce essa pienamente come Fondamento e come Capo? Lasciamo rispondere la chiesa di Roma. Il Signore scruta e prova ogni cosa e non permetterà che la sua gloria sia data ad un altro. Egli "ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i cui piedi son come terso rame". Il suo sguardo rivela le cose anche più nascoste e i suoi piedi, come rame arroventato in una fornace (1:15), ci parlano della purezza e della santità del suo cammino, quale giudice nel mezzo della Chiesa. Sì, Egli è il Giudice infallibile di ogni male e di ogni iniquità della Chiesa. Anzitutto il Signore si compiace di mettere in evidenza ciò che vi era di buono, ciò che poteva lodare in Tiatiri. Egli dice: "Io conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e il tuo ministerio e la tua costanza, e che le tue opere ultime sono più abbondanti delle prime" (vers. 19). Dunque, troviamo qui molta energia, un grande zelo e una maggior attività; sì, il numero delle opere era aumentato. Anche l'amore, la fede e la costanza abbondavano in coloro che erano così ripieni di zelo. La speranza dovrebbe affiancarsi alla fede e all'amore, ma qui non è neppur menzionata. Era un'evidente lacuna. Difatti, colui che sa di appartenere a Cristo e che conserva la sua Parola durante la sua assenza, spera in Lui e brama ardentemente il suo ritorno, l'adempimento della sua promessa. In Tessalonica queste tre virtù erano riunite: fede, amore, speranza (1 Tessal. 1:3). Quando la speranza del ritorno del Signore si spegne nel nostro cuore, allora il mondo comincia immediatamente a farsi posto in noi, e cerchiamo di stabilirci il meglio possibile, cerchiamo i nostri diritti e il nostro onore in un luogo ove dovremmo essere stranieri e viandanti. Non è forse accaduto così anche alla chiesa di Roma, che cerca di regnare quando dovrebbe essere straniera, povera e sprezzata? Possiamo veramente
constatare che la chiesa di Roma è ricca in opere; sovente però
sono le opere morte di una propria giustizia senza valore alcuno: pellegrinaggi,
recite di un numero prescritto di preghiere, mortificazioni del corpo, ecc... "Ma ho questo contro di te: che tu tolleri quella donna Jezabel, che si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perché commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agli idoli". È veramente un grave rimprovero! "Jezabel"
significa: non toccata, casta; un bel nome certamente. Ma chi era però
Jezabel all'origine? Se leggiamo nella Bibbia, troveremo che Jezabel fu l'iniqua
moglie del re Achab (1 Re 16:31). Era una pagana e perciò non avrebbe mai
dovuto salire sul trono d'Israele. Il male non si limitò all'interno delle
frontiere del regno d'Israele, ma penetrò nel regno di Giuda, poiché
una figlia di Jezabel sposò Jehoram, re di Giuda (2 Re 8:16-18). Poco mancò
che tutti i discendenti della casa reale di Davide, dalla quale doveva nascere
il Messia, fossero distrutti da Athalia, figlia di Jezabel (2 Re 11). Jezabel
dunque recò morte e distruzione in Israele e in Giuda. Jezabel, allora
aveva insegnato e sedotto i servitori del Signore a commettere la fornicazione
e a mangiare cose sacrificate agli idoli, come troviamo in figura nel nostro passo.
La Sacra Scrittura designa il rinnegamento del vero Dio con le parole: fornicazione
e adulterio. Durante il tempo in cui Jezabel era regina d'Israele, si commettevano
dei peccati morali grossolani. Ed è ciò che troviamo nel sistema
spirituale che essa rappresenta. Nei secoli 9°, 10° e 11° la chiesa
attraversò dei periodi molto oscuri. La posizione e la meta celeste della
vera Chiesa furono completamente messe da parte. Come un tempo i giganti nacquero dall'unione dei "figli di Dio" con le figliuole degli uomini (Genesi 6:2), così dall'unione della chiesa con il mondo, causata da Satana, nacque un grandissimo edificio, un sistema di cui la gente che non è illuminata dalla Parola di Dio si stupisce. Questo potente sistema, Jezabel profetessa in mezzo a Tiatiri, cominciò nel Medioevo, con tortura, rogo, spada a perseguitare e uccidere tutti coloro che ponevano la Parola di Dio al di sopra della parola degli uomini. La chiesa però
non tinse, almeno apparentemente, le sue mani nel sangue dei cosiddetti "eretici"
che colava a ruscelli; essa lasciava, in generale, la persecuzione ed
il giudizio nelle mani delle autorità terrene che le erano sottomesse. È molto grave quando l'orecchio si chiude alla Parola di Dio e alla sana dottrina per ascoltare la voce dell'uomo o del proprio cuore. Ciò conduce sotto un giogo pesante, all'idolatria e alla perdizione. Com'è dolce e benedetta, invece, la voce dell'Evangelo; ci da la vita, la gioia; è la voce del Buon Pastore, la voce del Signore Gesù stesso. Essa conduce alla salvezza, alla vera libertà, ci da la vita eterna. Tuttavia, vi sono sempre stati e vi sono tuttora dei veri credenti anche in Tiatiri. Il Signore li conosce e li ama, ma soffre però nel vederli in tale ambiente. Come sono consolanti le parole che l'apostolo Paolo ha scritto pensando appunto alla grande confusione che sarebbe avvenuta: "Il Signore conosce quelli che son suoi" (2 Timoteo 2:19). Dopo aver chiaramente descritto il sistema corrotto della chiesa di Tiatiri e le malefiche opere di Jezabel, il Signore si volge al residuo fedele che si trova nel sistema, che non ha vitto il male e soprattutto che non ha saputo distinguere l'origine satanica delle cose. Egli scrive loro: "Ma agli altri di voi in Tiatiri che non professate questa dottrina e non avete conosciuto le profondità di Satana (come le chiaman loro), io dico: Io non vi impongo altro peso. Soltanto, quel che avete tenetelo fermamente finché Io venga" (vers. 24-25). Nel mezzo di Tiatiri (colei che offre incenso, che con la sua pompa, la venerazione dei santi e delle reliquie, le sue cerimonie esteriori, i sacrifici per le messe, le immagini e il culto di Maria, non lascia alla Persona del Signore e al suo sacrificio perfetto il posto e l'onore dovuto. Iddio ha una schiera di veri credenti che nella loro semplicità non hanno conosciuto e non conoscono le profondità di Satana. Essi posseggono il Salvatore, conoscono la sua opera redentrice e non desiderano, né comprendono, né sanno di più. Cercano, e con ragione, nel Cristo crocifisso ciò che la loro coscienza e il loro cuore desiderano: perdono dei peccati, misericordia e consolazione per il cammino attraverso questo mondo arido e malvagio. A tali credenti il Signore non impone altro peso: sono già abbastanza aggravati. Ma manca loro la pace di Dio e la certezza della salvezza che l'Evangelo da ad ogni credente, perché non conoscono abbastanza le Scritture. Dalle parole del
Signore "agli altri" possiamo ricavare due insegnamenti per noi. Prima
di tutto il Signore non riconosce più tutta la chiesa come sua testimone,
ma solamente un residuo, una parte di essa. In secondo luogo vediamo che Tiatiri
rimarrà, quale sistema religioso, a fianco di Sardi, Filadelfia e Laodicea,
fino alla venuta del Signore. Infatti, il Signore dice: "Quel che avete
tenetelo fermamente finché Io venga" (vers. 25). Il giudizio completo
di Tiatiri ci è descritto verso la fine del libro, nei capitoli 17 e 18
ove assistiamo al giudizio di "Babilonia la Grande", giudizio che
avrà luogo soltanto quando il male sarà giunto al massimo. È notevole vedere che nella lettera a Tiatiri, come nelle tre seguenti, le parole "chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese", non precedono la ricompensa, la promessa al vincitore, ma si trovano in fondo alla lettera (confrontare 2:7, 11, 17 con 2:29 e 3:6, 13). Anche questo ci dimostra che il Signore non spera più, dalla chiesa come insieme, un ritorno, una restaurazione, e perciò si rivolge solo più a dei singoli. Fin qui la promessa era a "chi vince", o a "chi ha orecchio" in rapporto con la testimonianza di tutta la Chiesa; ora invece s'indirizza agli individui. Il Signore dice dunque a "chi vince" in Tiatiri: "Quel che avete tenetelo fermamente finché Io venga". Se il lettore ha notato ciò che abbiamo detto a proposito della semplicità di certe persone, comprenderà facilmente l'esortazione del Signore. Costoro posseggono qualcosa che vale la pena tenere fermamente. Essi ritengono le dottrine fondamentali della Parola di Dio, mentre milioni di protestanti condotti da pastori moderni, liberali, negano la divinità, la morte e la resurrezione di Cristo, come pure la totale ispirazione delle Sacre Scritture! Com'è consolante per "chi vince" udire che Colui il quale ha dato Se stesso per salvarlo, e che egli ama, ritornerà! Il Signore continua
dicendo: "E a chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine".
Egli dà al vincitore Se stesso come modello da imitare. Il Signore Gesù
Cristo non manifestò mai la propria potenza e non fece mai, in questo mondo
caduto nel peccato, delle opere per attirarsi la simpatia e il rispetto degli
uomini. No, Gesù fece soltanto ciò che il Padre gli aveva dato da
fare. Non cercò mai la propria gloria, ma la ogni sua opera glorificò
il Padre. Colui che vince è dunque esortato ad essere simile a Lui in quel
che riguarda le opere. I veri credenti non hanno la loro parte sulla terra; il loro regno non è di questo mondo. Però, quando Cristo regnerà essi regneranno con Lui, al suo ritorno, per giudicare il mondo e, com'è detto profeticamente nel Salmo 2: "Tu le fiaccherai (le nazioni) con uno scettro di ferro". I riscattati del Signore avranno un giorno il dominio sulla terra, ma non ora che il Signore è rigettato. Per il presente si tratta di portare il suo obbrobrio; solo più tardi avranno, la corona, quando il Signore regnerà come Messia, "Signore dei signori" e "Re dei re". E la promessa a Tiatiri, a chi vince. Il Signore dice ancora a chi vince: "E gli darò la stella mattutina". Questa è la promessa più preziosa per il cuore che ama il Signore. Con tali parole Egli annunzia il suo ritorno come già abbiamo visto al verso 25: "Soltanto, quel che avete tenetelo fermamente finché io venga". Egli stesso è la " lucente stella mattutina", con tutta la sua celeste bellezza. Come tale si presenta al cuore dei suoi, quale speranza durante il loro pellegrinaggio sulla terra. Nello stesso modo si presenta alla sua Sposa, all'insieme dei credenti che, nella notte, si preparano al suo incontro. E la Sposa risponde: "Amen! Vieni, Signor Gesù" (22:15, 17, 20). Gesù Cristo, quale "sole di giustizia", apparirà in questo mondo con il furore della sua ira (Malachia 4). Quale "stella mattutina", invece, che appare prima dello spuntar del sole, rapirà in cielo la sua Sposa, la Chiesa, prima dei terribili giudizi che piomberanno sulla terra. Farà parte di questa Sposa anche " chi vince " a Tiatiri, oltre tutti coloro che vengono a Gesù durante il tempo della grazia. È notevole vedere che il Signore esorta, nelle prime tre lettere, al pentimento e al ritorno allo stato primitivo, mentre nella lettera a Tiatiri e nelle seguenti Egli dirige lo sguardo verso il futuro. Non si aspetta più un ritorno, un miglioramento della Chiesa nel suo insieme, ma esorta ed incoraggia quelli che hanno orecchi per udire la sua voce, ponendo dinanzi a loro il suo prossimo ritorno.
"Queste
cose dice Colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle: Io conosco le
tue opere: tu hai nome di vivere e sei morto. Sii vigilante e rafferma il resto
che sta per morire; poiché non ho trovato le opere tue compiute nel cospetto
del mio Dio. Ricordati dunque di quanto hai ricevuto e udito; e serbalo, e ravvediti.
Che se tu non vegli, io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora
verrò su di te. Con la lettera
a Sardi incomincia qualcosa di nuovo. In ebraico il nome Sardi significa: "residuo"
o "lo scampato". Il Signore Gesù non "tiene" più le stelle "nella sua destra" come allora; non vi è più una manifestazione di potenza come al principio, ma Egli ha ancora le stelle, è ancora la più alta Autorità nella Chiesa. Per incoraggiare quelli che ascoltano la sua Parola, dice che ha " i sette Spiriti ", vale a dire che presso di Lui vi è ancora tutta la pienezza dello Spirito, della grazia e della benedizione. Non c'è dunque motivo di scoraggiarsi, di stancarsi, o di abbandonare la sua testimonianza, poiché chi confida in Lui non sarà mai confuso. Il Signore però deve dire a Sardi, più che alle chiese precedenti, delle parole molto solenni. Dice a Sardi: " Io conosco le tue opere: tu hai nome di vivere e sei morto ". Che terribile sentenza esce dalla bocca del giusto Giudice, il cui occhio è come una fiamma di fuoco, e " che prova i cuori e le reni " ! Il suo giudizio è inappellabile, ha valore eterno. Che opera meravigliosa ha compiuto Iddio con la Riforma! Il Signore, "che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle", ha fatto qualcosa di nuovo. Ha ridato al popolo la sua Parola eterna, la Santa Scrittura, che è la fonte della luce e della salvezza. Ha posto nuovamente davanti ai suoi occhi la grazia e la verità che Egli stesso aveva portato a tutti, insegnando che l'uomo non è salvato per mezzo di opere di legge ma solamente per la fede nel perfetto sacrificio del Golgota, che ha valore eterno. Così la Parola di Dio ridivenne la guida della fede e della vita. Veramente, la Riforma fu un'opera meravigliosa ed ebbe un principio glorioso. Però il seguito non fu come il principio. Se si può dire con certezza che la Riforma fu un'opera di Dio, con altrettanta certezza si può dire che l'attuale protestantesimo è un'opera degli uomini.
Lo Spirito del Signore cominciò l'opera, ma la volontà dell'uomo, la carne, la continuò. Iddio fece udire a tutti che l'uomo non è giustificato per mezzo delle opere, ma soltanto per mezzo del sacrificio di Gesù Cristo. Una gran parte del popolo cristiano accettò la " nuova dottrina ", come era chiamata allora, ma, ad eccezione di un piccolo numero, per la maggioranza non vi fu un vero ritorno a Dio, non vi fu la vera fede nel Signore Gesù Cristo e per conseguenza neanche la nuova vita. Gran parte dei protestanti rimase senza Spirito né vita. Principi e popoli accettarono una confessione senza vera fede, senza Gesù e senza salvezza. Uscirono, è vero, da " Babilonia ", liberandosi dai suoi legami e protestando contro ad essa, ma non penetrarono nella luce e nella vita divina. Il popolo accettò una confessione ortodossa e biblica - "hai nome di vivere" - ma effettivamente era e rimane, nel suo insieme, " morto ". Il Signore non
ha da rimproverare Sardi per delle cattive dottrine o per corruzione, cose che
la profetessa Jezabel aveva introdotte in Tiatiri, da cui Sardi uscì tramite
la Riforma. Vi era dunque a Sardi - in contrasto con Tiatiri - una professione ortodossa, cioè biblica, ma mancava alla maggior parte la vita divina che è comunicata dalla forza rigeneratrice della Parola di Dio e dello Spirito Santo. E appunto perché mancava la vita e una fede vivente, comprendiamo facilmente che le opere non siano state trovate " compiute " nel cospetto di Dio. Una professione ortodossa non basta davanti a Dio e non da nessuna forza. Sardi deve risvegliarsi per raffermare il resto che sta per morire. Pur essendo caratterizzata dalla morte, la chiesa di Sardi possedeva qualche germe vitale, qualche canale di benedizione, ma mancando la vita e l'energia questi stavano per morire. Il Signore esorta quindi Vangelo della chiesa di Sardi a fare uno sforzo per mantenere e fortificare la poca vita e la benedizione che rimanevano ancora. Più avanti
leggiamo: " Ricordati dunque di quanto hai ricevuto e udito; e serbalo, e
ravvediti ". Con queste parole il Signore ricorda alla chiesa di Sardi il
bei principio che Egli stesso aveva operato. Dopo gli anni tenebrosi del Medio
Evo Egli aveva dato, nella sua grazia infinita, un'epoca nuova. Che cosa avevano,
per grazia, ricevuto e udito nella chiesa di Sardi? Oggi in Sardi vi sono dei professori nelle università di teologia, dei professori di religione nelle scuole inferiori e purtroppo anche molti predicatori che cercano di smuovere gli scritti dei riformatori. Soltanto pochi conduttori protestanti credono ancora alla totale ispirazione delle Sacre Scritture che, invece, era stata riconosciuta dalla Riforma quale unico fondamento e guida per la fede. Nello stesso tempo molti negano la divinità di Gesù Cristo, il suo sacrificio sulla croce, la sua vittoriosa risurrezione e il suo ritorno per il giudizio. E, lungi dal pensiero di ravvedersi, si allontanano sempre più dalla Parola di Dio. Di fronte ad una tale situazione, il Signore dice: " Se tu non vegli, io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di tè ". Nel Nuovo Testamento troviamo sette volte che il Signore verrà come un ladro, cioè nel momento in cui non si aspetta, e nella notte. Ma per i suoi Egli non vuole venire in tal modo. I suoi aspettano la Stella mattutina; la Sposa brama il ritorno dello Sposo che l'introdurrà nella casa del Padre (Giovanni 14:3; Apoc. 3:11; 22:20). Il fatto che il Signore parli a Sardi della sua venuta come quella di un ladro, ci fa pensare che Egli non consideri Sardi nel suo insieme come facente parte della sua Sposa, ma come appartenente al mondo (1 Tess. 5:1-3). Non è forse il mondo che dirige Sardi? Mentre Tiatiri, la chiesa papale, cerca ingiustamente di regnare sul mondo, in Sardi, la chiesa protestante, vediamo il mondo che regna su lei. Le due situazioni sono sbagliate. Mondo e Chiesa, secondo i pensieri di Dio, sono due cose molto diverse, due concetti opposti, due campi che devono sempre restare nettamente separati. La Chiesa si liberò, è vero, per mezzo della Riforma, da un giogo pesante, ma i principi di allora vuotarono i monasteri, s'impadronirono dei tesori ammassati nelle chiese e divennero i signori della chiesa. Chiunque è battezzato ed ha ricevuto la cresima fa parte della chiesa! Della nuova nascita e dello Spirito Santo, senza il quale nessuno può far parte della Chiesa, o Sposa di Cristo, non se ne parla affatto. Anche qui a Sardi
vi è un " ma ": " Ma tu hai alcuni pochi in Sardi che non
hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno meco in vesti bianche, perché
ne son degni ". Sì, anche in Sardi, che è l'immagine della chiesa protestante, Iddio ha delle anime che sono state rigenerate dalla sua Parola e dal suo Spirito. Sono figli di Dio " che non hanno contaminato le loro vesti ". Appartengono al Signore Gesù, che li conosce ad uno ad uno, e saranno per sempre con Lui nel cielo. Cammineranno con Lui in vesti bianche, perché ne sono degni. Hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello e hanno attraversato con Lui questo mondo malvagio. Sono veri cristiani, rigenerati, in mezzo ad una professione mondana. Sono disprezzati da coloro che hanno " il nome di vivere " ma son morti, i cui nomi sono scritti nel libro della chiesa ma non nel libro della vita! " Chi vince - dice il Signore ai suoi in Sardi - sarà così vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre mio e nel cospetto dei suoi angeli ". Anche se questi credenti han dovuto sopportare il disprezzo da parte di una cristianità mondana, il Signore, alla sua apparizione, li onorerà pubblicamente con l'ornamento della giustizia dei suoi fedeli (19:7-8). I loro nomi sono scritti incancellabili nel " libro della vita " e il Signore li riconoscerà davanti al Padre e ai suoi angeli come figli di Dio, rigenerati per mezzo della sua Parola e suggellati col suo Spirito. Il Signore dice di coloro che vincono: " Essi cammineranno meco in vesti bianche". Siamo noi dei vincitori? Noi che siamo in mezzo ad una cristianità indifferente e morta, stimiamo noi il Nome del Figliuol di Dio, la sua Parola e la sua testimonianza più della sapienza e della gloria degli uomini? "Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese ".
"Queste cose dice il santo, il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno apre: Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbata la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ecco, io ti do di quelli della sinagoga di Satana, i quali dicono d'esser Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi dinanzi ai tuoi piedi, e conosceranno ch'io ti ho amato. Perché tu hai serbata la parola della mia costanza, anch'io ti guarderò dall'ora del cimento che ha da venire su tutto il mondo, per mettere alla prova quelli che abitano sulla terra. Io vengo tosto; tieni fermamente quello che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona. Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; e scriverò su Lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo d'appresso all'Iddio mio, ed il mio nuovo nome. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese" (cap. 3:7-13). Le sette lettere ci danno nel loro insieme, un'immagine profetica della storia della Chiesa dal principio sino alla fine. Se le consideriamo ora nel loro ordine, troviamo: in Efeso, il principio del declino della Chiesa; in Smirne, la grande persecuzione che segui, molto salutare per la vita spirituale della Chiesa; in Pergamo, l'unione della Chiesa con il mondo, o la mondanità nella Chiesa; in Tiatiri, corruzione e gerarchia (signoria dei sacerdoti); in Sardi, nonostante le benedizioni ricevute dalla Riforma, a parte un piccolo numero, vediamo ortodossia morta (credenza esteriore) e un'apparenza di vita. In Filadelfia troviamo i credenti della fine, coloro che, in mezzo all'iniquità crescente della cristianità professante e poco prima del suo declino totale, trovano il loro rifugio nella Persona e nella Parola del Signore Gesù, il Figliuolo di Dio, e Gli sono fedeli pur avendo poca forza. È l'ultimo chiaro splendore della testimonianza del Signore nella cristianità professante, prima che il Signore venga a rapire la sua Sposa (l'insieme dei veri credenti sulla terra) come rapì il vivente Enoc nel cielo prima del diluvio. Dopo il rapimento della sua Sposa, ossia l'introduzione nel cielo delle vergini avvedute (Matteo 25:10; 1 Tess. 4:17 e 1 Corinzi 15:51-52), il Signore ci separerà completamente dalla tiepida e morta cristianità. Egli la "vomiterà dalla sua bocca", come ci è detto nell'ultima lettera, quella a Laodicea. Filadelfia, il cui nome significa " amore fraterno ", era una chiesa nell'Asia Minore, precisamente nella regione di Lidia, a sud di Sardi. La città era stata fondata nell'anno 154 a. C. dal re di Pergamo Attalo Filadelfo, dal quale ricevette il nome. Fu danneggiata da diversi terremoti, e al tempo degli apostoli era una delle più piccole e povere città dell'Impero Romano. Il Signore glorioso vi aveva però una piccola Assemblea di credenti rimasti fedeli a Lui e alla sua Parola. Com'è meraviglioso vedere la sollecitudine del Signore per preservarla dal giudizio perché essa ha serbato il suo Nome e la sua Parola (vers. 10)! La piccola città di Filadelfia esiste tuttora, mentre le altre città dell'Asia Minore furono distrutte e di esse non rimane che un cumulo di rovine. Essa fu trattata con grazia quando i Mongoli e i Turchi invasero il paese e devastarono ogni cosa. Non sappiamo quanti veri credenti vi siano. La città porta oggi il nome turco di Allahsher, cioè "città di Dio". Il Signore si presenta
alla chiesa di Filadelfia, come in tutte le altre lettere, con un carattere particolare,
che corrisponde alla condizione di questa chiesa. Egli si nomina "il Santo
e il Verace". Questo non è un titolo ufficiale del Signore, bensì
la definizione della gloria e dell'eccellenza della sua Persona. Contemporaneamente al piccolo residuo di credenti di Filadelfia in mezzo al quale devono trovarsi la santità, la verità e, come il nome lo indica, l'amore fraterno, esistono ancora Pergamo, cioè la chiesa ortodossa, Tiatiri, la potente e persecutrice chiesa di Roma, e Sardi che rappresenta le chiese protestanti, per la maggior parte senza vita. Filadelfia non deve aspettarsi di essere riconosciuta da queste. Se dipendesse soltanto dai due primi sistemi religiosi, Filadelfia, che si raduna fraternamente attorno al Signore e Salvatore Gesù Cristo, sarebbe ben tosto soffocata, e le innumerevoli denominazioni di credenti che si sono formate da molti decenni non esisterebbero più. Ma il Signore Gesù ci dice: " Io sono il santo, il verace. Colui che ha la chiave di Davide, Colui che apre e nessuno chiude. Colui che chiude e nessuno apre ". E ancora: "Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere". Che cosa significa ciò? Mentre Sardi, che si formò dopo i secoli oscuri del Medioevo, scelse lo Stato come autorità della Chiesa, credendo di assicurare così la propria esistenza, vediamo qui che il Signore pone davanti al debole residuo di Filadelfia una porta aperta: Egli stesso è la sua protezione. In mezzo al declino della cristianità professante, il Signore si è ancora formato in Filadelfia una testimonianza, prima del suo ritorno. E questa testimonianza è che i suoi apprezzano la sua Persona, Lui stesso, il Santo e il Verace, e gioiscono e rispondono al suo affetto. Il Signore vuoi possedere il nostro cuore! Non basta portare il suo Nome o avere una professione ortodossa e giusta, possedere quindi il nome di vivere pur essendo morti. Se il Signore di gloria forma il centro e l'attrazione del nostro cuore, vi sarà anche una testimonianza resa per Lui in questo mondo che lo ha rigettato e lo sprezza tuttora. Inoltre, non avremo bisogno di cercare aiuto nel mondo, tra gli uomini; Cristo è il nostro rifugio ed è "Colui che ha la chiave di Davide, Colui che apre e nessuno chiude". Nella sua grande conoscenza, il Signore dirige ogni cosa, anche se apparentemente lascia il mondo a se stesso, e veglia affinché vi sia sempre una testimonianza resa al suo nome in questo mondo che si è costituito nemico di Dio. È il Signore che tiene nella sua mano ogni cosa, ed è anche Lui che aperse la via del trono a Davide, quando Israele era in rovina e rivoltato contro a Lui. Riferendoci ad Isaia 22:22, in rapporto con la chiave di Davide, vediamo che essa è simbolo del governo e dell'autorità che sono nelle mani del Signore. Quand'Egli era Uomo sulla terra, in mezzo all'infedeltà d'Israele e al sistema giudaico, Iddio, "il Portinaio" (Giov. 10:3), Gli aperse la porta e nessuno poté chiuderla; né Erode ("la volpe"), né gli scribi, né qualche altro nemico. Quale incoraggiamento è il fatto di avere una porta aperta e che rimane aperta! Il carattere del mondo e dei tempi può essere avverso, lo spirito del declino e dell'anticristo può acquistare sempre più potenza, ma la porta rimarrà aperta sino alla sua venuta. Il Signore non pretende che ci adoperiamo a forzare delle porte chiuse; non è necessario, poiché sono già aperte; d'altra parte non ne saremmo capaci, con la " poca forza " che abbiamo. Gli apostoli Paolo e Pietro e i primi credenti, e anche Martin Lutero e Guglielmo Farel, avevano più forza di quanta ne abbiamo noi oggi. È molto importante adoperare questa " poca forza " per Lui e sino alla fine, non lasciandoci trascinare dall'indifferenza o dalla mondanità o dalla mancanza di amore per Lui e per la sua Parola, poiché perderemmo il carattere, la posizione e la testimonianza degli ultimi tempi. Se il Signore dice a Filadelfia: " Io conosco le tue opere " è come approvazione. Esse non sfuggono al suo sguardo e sono preziose per il suo cuore. Il mondo, sia religioso che ateo, non vi bada, anzi le disconosce e le giudica. Anche Geremia era debole e disprezzato in mezzo alla disubbidienza e al declino dell'infedele popolo d'Israele. Il Signore però conosceva le sue opere e la sua testimonianza, e lo incoraggiava dicendo: " Se tu separi ciò che è prezioso da ciò che è vile, tu sarai come la mia bocca; ritorneranno essi a te, ma tu non tornerai a loro. Io ti farò essere per questo popolo un forte muro di rame " (Geremia 15:15-21). Il residuo che il Signore, nella sua grazia, fece ritornare dalla cattività di Babilonia era, se pur debole, una testimonianza per Dio. Il muro che questo piccolo residuo costruiva attorno a Gerusalemme, la città santa, era un soggetto di derisione da parte dei nemici, ma era un'opera compiuta con la forza di Dio e quindi gradita a Lui. Son ormai finiti i giorni di grande forza, della prima energia della Chiesa a Pentecoste. L'occhio del Signore però è sempre, anche nei giorni del declino e di poca forza, rivolto sui suoi e ricerca in loro amore e fedeltà. Dove si trovano queste cose vi è anche ubbidienza e di conseguenza benedizione, anche se quest'ultima scorre in segreto. Il Signore scrive ancora a Filadelfia: " Hai serbata la mia Parola e non hai rinnegato il mio nome ". Qualcuno potrebbe pensare che ciò che il Signore apprezza in quei credenti non sia niente di straordinario o di grande testimonianza. Ma è molto di più che se il Signore avesse scritto: Hai dei grandi doni in mezzo a te, dei grandi miracoli e segni, e hai molto successo. Filadelfia, come abbiamo detto, è profeticamente la testimonianza del Signore negli ultimi tempi, in mezzo al declino della cristianità e poco prima del suo ritorno. Come dice il Signore stesso, per la prima volta in questa lettera: "Io vengo tosto" (*).
Che cosa caratterizza il tempo attuale, prima della venuta di Cristo? Ecco quel che profetizza l'apostolo Paolo a questo riguardo: "Negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili... gli uomini saranno egoisti... aventi la forma della pietà, ma avendone rinnegata la potenza... i malvagi e gl'impostori andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti " (2 Timoteo 3). Non vediamo forse oggi tutto questo? La cristianità è costituita in gran parte di semplici professanti, spiritualmente morti, che hanno solamente la forma della pietà senza vita divina e perciò senza la potenza della pietà che vince il mondo. Il tempo attuale è anche caratterizzato dalle false dottrine, come scrisse l'apostolo Paolo nel passo riportato più su. "I malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti". Dove si trova rifugio e riparo contro la morte spirituale, il formalismo e le innumerevoli false dottrine? Nella stima e nella valutazione della Persona del Signore Gesù e nell'attenerci saldamente alla sua Parola. Per questo l'apostolo Paolo, scrivendo dei " tempi difficili " in cui viviamo, dice a Timoteo; " Ma tu persevera nelle cose che hai imparate... poiché fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti savio a salvezza... Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona " (2 Timoteo 3:14.17). Lo stesso scrisse
anche l'apostolo Giuda nella sua epistola profetica, parlando dei tempi della
fine ed esortando a combattere " per la fede che è stata una volta
insegnata ai santi ", cioè combattere per la pura dottrina che i primi
credenti ricevettero da Dio e serbarono. La Parola di Dio è la difesa e
l'arma che dobbiamo adoperare nella lotta per la verità; la Parola di Dio
è, nello stesso tempo, "la verità" (Giov. 17:17). Beato quel credente, e beato quel gruppo di credenti, al quale il Figliuol di Dio, che cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro e che esamina ogni cosa, può dire in questi tempi di declino e prossimi alla decadenza completa: " Hai serbata la mia Parola " ! È dunque di importanza capitale che il credente si sottometta completamente alla Parola di Dio. Ai giorni nostri, da una parte regna la superstizione, come nella chiesa di Roma dove le tradizioni umane hanno sopraffatto il semplice Vangelo che porta la salvezza e sono riuscite a far tacere praticamente la Bibbia; d'altra parte incontriamo una incredulità sfrontata, in modo particolare nella chiesa protestante, in professori di teologia che, valendosi della loro autorità, negano alla Parola di Dio la sua autorità divina, davanti al loro uditorio. Essi cercano di spezzettarla e disseccarla, rendendola un libro umano. Povera teologia, e povera cristianità che ascolta simili dottori! Oltre alla superstizione e all'incredulità, le false dottrine si fanno sempre più numerose e prendono sempre più campo: le false dottrine dei Mormoni, dei seguaci di Irving, in modo particolare quelli del nuovo ordine, degli Avventisti, degli Auroristi, dei Testimoni di Geova ed altre ancora, che feriscono e avvelenano mortalmente migliaia di anime. Non è dunque poca cosa che il Signore dica ai suoi, i quali fondano ancora la loro salvezza unicamente sulla Sacra Scrittura, che è per loro la più alta autorità in ciò che riguarda la fede: " Hai serbata la mia Parola " ! Quanto è necessario leggere e meditare ogni giorno la Parola di Dio, non solo per ciò che riguarda la salvezza e la redenzione, ma anche per quel che riguarda il nostro cammino quaggiù, onde trovare in essa le direttive necessarie in ogni circostanza, sia terreno che spirituale. Il cristiano che in ogni circostanza si chiede: "Che cosa dice la Parola di Dio? Che cosa dice il mio Signore e Salvatore?", può rendere buona testimonianza. Dobbiamo quindi dirigere i nostri passi secondo quel che il Signore dice nella sua Parola, anche se gli altri si dirigono secondo l'intelligenza umana, o secondo un sistema o una forma religiosa. La conoscenza della verità divina e la separazione dal mondo e dalla sua religione, possono diventare rapidamente una forma senza forza, appena il cuore diventa indifferente e il cammino mondano. Si crede di possedere più beni spirituali di altri e si diventa miopi verso se stessi e orgogliosi nel giudicare altri cristiani che hanno forse meno luce e meno conoscenza, ma mostrano più fedeltà nel loro cammino, più dedizione al Signore e più amore verso i perduti. Dobbiamo considerare che si fa parte di Filadelfia soltanto se i pensieri e il cammino pratico corrispondono alle qualità che il Signore approva e riconosce! Il Signore dice anche a Filadelfia: " Non hai rinnegato il mio nome ", vale a dire: Non mi hai rinnegato in un mondo che ha odiato e rigettato me, il Figliuol di Dio; mi hai accettato per la fede come tuo Salvatore, e onorato come Signore, in questo mondo nemico, e ti sono bastato. Com'è prezioso il nome di Gesù! Quale pienezza abita in Lui! Chi lo invoca sarà salvato. Per la fede nel suo Nome, l'anima riceve perdono, pace e vita eterna, e nel suo Nome può vincere ogni nemico ed evitare ogni pericolo. Che il Nome di Gesù ci sia prezioso più d'ogni altro nome. Si incontrano delle persone orgogliose di appartenere a tale o tal'altra chiesa, a tale o tal'altra società; ma possono per questo essere salvate? No, certamente. Esse s'ingannano se il Signore Gesù non è il loro sostegno e la loro salvezza, la loro consolazione e la loro parte, la loro forza e il loro rifugio per il tempo presente e per l'eternità. Per questo Filadelfia è una fedele testimone di Dio nel mondo e ha l'approvazione del Signore, in mezzo al declino della cristianità professante, perché Egli può dirle: "Hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome". Per Dio, il restare saldamente attaccati alla Persona del Signore Gesù ha un grande valore. Nessun cristiano d'oggi appartiene praticamente a Filadelfia, cioè alla testimonianza del Signore nel tempo del declino, se il Signore non può rendere questo elogio a suo riguardo. Egli vuole della realtà pratica. Soltanto una dedizione completa del cuore e della vita al Signore può accontentare il suo cuore pieno d'amore. Lo constatiamo nella prima lettera dove il Signore, afflitto, dice: "Hai lasciato il tuo primo amore". Se il nostro cuore batte unicamente per Lui, la nostra vita quaggiù corrisponderà in verità e in fatti alla sua santa Parola. L'ubbidienza felice ad essa e ai suoi comandamenti caratterizzerà il nostro cammino sino alla fine. Il Signore promette ad una tale fedeltà una grande ricompensa. Quelli della sinagoga di Satana, che dicono d'esser Giudei ma non lo sono, dovranno prostrarsi e riconoscere quanto Filadelfia è stata preziosa al cuore del Signore. Sardi, che ha il nome di vivere ma è morta, possiede, come Tiatiri, nella sua forma e nella sua organizzazione, delle ombre del giudaismo, però non sono Giudei (*). Essi dovranno un giorno riconoscere, a loro vergogna, quanto il Signore ha amato quel piccolo gregge di credenti fedeli, che essi hanno maltrattato e disprezzato: "Li farò venire a prostrarsi dinanzi ai tuoi piedi, e conosceranno che io ti ho amato".
Ma il Signore ha ancora una ricompensa più grande; Egli continua dicendo: " Perché tu hai serbata la parola della mia pazienza, anch'io ti guarderò dall'ora del cimento che ha da venire su tutto il mondo per mettere alla prova coloro che abitano sulla terra ". Quando il Signore era quaggiù, manifestò molta pazienza in mezzo alla contraddizione dei peccatori. Oggi ancora è paziente, durante il tempo in cui è rigettato da Israele e dal mondo, in attesa che Iddio gli dia il regno sulla terra e raccolga presso di sé la Sposa, l'insieme di tutti i credenti. I cristiani fedeli di ogni popolo" della terra aspettano con Gesù il momento della realizzazione dell'unione di Cristo alla Sposa, e guardano desiderosi verso Lui, lo Sposo. Essi Gli rispondono: "Amen ! Vieni, Signore Gesù!". E poiché essi sono così legati a Lui, Egli promette loro di "guardarli dall'ora del cimento", vale a dire che li rapirà a sé prima dei tempi difficili dell'Anticristo che precederanno il regno di Cristo. Solo in questo modo può " guardarli ", poiché " l'ora del cimento ha da venire su tutto il mondo ". Il Signore non dice che li proteggerà nell'ora della prova, ma che li guarderà " dall'ora ", cioè li metterà al sicuro prima che quell'ora incominci. I profeti parlarono sovente delle sofferenze del "giorno dell'Eterno" (*) e anche gli scrittori del Nuovo Testamento (**).
Il Signore Gesù però, come abbiamo udito, guarderà i suoi che hanno serbato la Parola della sua costanza, da quel tempo terribile, cioè li rapirà presso di sé, come rapì Enoc prima del diluvio (Genesi 5:24; Ebrei 11:5). Anche a noi il Signore ha promesso: "e tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi" (Giov. 14:3). Che preziosa promessa! Il Signore è vicino. Egli dice ai suoi, particolarmente in questi ultimi tempi: " Io vengo tosto, tieni fermamente quello che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona ! ". Quale incoraggiamento e nello stesso tempo quale avvertimento contro i pericoli e il nemico! Questi sa benissimo che non può rapirci dalla mano del Signore, il buon Pastore. Egli può privarci di forza e di benedizione per un certo tempo, di certi privilegi anche durante tutto il tempo della nostra vita terrena. Può pure rapirci la corona che dovrebbe essere il nostro ornamento, e la nostra ricompensa nella gloria. Ci rendiamo conto di questo? Il Signore ci ha dato molta luce sulla sua grazia e molta conoscenza della Parola. Adoperiamo noi questa luce come lampada per il nostro sentiero? Mettiamo noi in pratica la conoscenza della volontà di Dio? Solo in questo modo potremo " tenere fermamente quello che abbiamo, e il Signore potrà concederci una grazia maggiore e una più ampia conoscenza. "Badate dunque come ascoltate, perché a chi ha [cioè a chi riceve nel suo cuore ciò che ode e lo mette in pratica nel suo cammino] sarà dato; ma a chi non ha anche quel che pensa di avere gli sarà tolto" (Luca 8:18). Il Signore non
fa nessun rimprovero a Filadelfia, ma avverte: "Tieni fermamente quello che
hai". Poiché "a chi molto è stato dato, molto sarà
ridomandato" (Luca 12:48). Così vediamo che, benché il Signore possa anzitutto riconoscere e lodare lo stato di Filadelfia, anche qui vi è la possibilità di deperimento spirituale. Per questo il Signore, alla fine della lettera, come fa anche nelle altre lettere, si rivolge ad ognuno in particolare dicendo: "Chi vince, io lo farò una colonna nel tempo del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; e scriverò su lui il nome del mio Dio, e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo dappresso all'Iddio mio, ed il mio nuovo nome". I credenti, che in mezzo ai professanti senza vita rimangono fedeli alla Parola di Dio e attaccati al Nome di Gesù, sono agli occhi del mondo deboli e disprezzati. Il Signore però conosce le loro opere e vuoi fare di loro nel futuro, quale ricompensa per la loro fedeltà sulla terra, una colonna nel tempio di Dio. La colonna è la figura della forza ed era il sostegno del tempio. Inoltre, il Signore scriverà su questi fedeli tre nomi: il nome del suo Dio, il nome della città del Suo Dio, cioè della nuova Gerusalemme, e il suo nuovo Nome. Essi sono il nome
del Padre, il nome della Sposa e il nome dello Sposo, che la sposa riceve dal
Padre. Qualcuno potrebbe chiedere: Dove posso in questi tempi trovare Filadelfia? Dobbiamo rispondere che Filadelfia non è formata da questa o quella comunità di credenti. È una cosa personale; quali rapporti ha il nostro cuore col Signore, e quale posizione rispetto a Lui e alla sua Parola? Tuttavia i credenti che vivono strettamente legati al loro Salvatore e Signore e mantengono fedelmente la sua Parola si raduneranno assieme (2 Timoteo 2:22) e si studieranno di "conservare l'unità dello Spirito col vincolo della pace" (Efesini 4:3). Però la posizione del cuore rispetto a Lui e alla sua Parola è la cosa più importante. Perciò il Signore richiama anche quelli che sono fedeli alla sua Parola dicendo: "Tieni fermamente quello che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona" !
"E all'angelo della Chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l'Amen, il testimonio fedele e verace, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido, e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca. Poiché tu dici: Io son ricco, e mi sono arricchito, e non ho bisogno di nulla, e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo, io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco, affinché tu arricchisca, e delle vesti bianche, affinché tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungertene gli occhi, affinché tu vegga. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li castigo; abbi dunque zelo e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e picchio; se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco. A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese" (3:14-22). Giungiamo ora all'ultima
delle sette chiese di Apocalisse, quali avrebbero dovuto splendere sulla terra,
come splendeva il candelabro a sette lampade nel luogo santo in Gerusalemme, con
una luce perfetta, e rendere testimonianza a Dio. Anche Laodicea era situata nell'Asia Minore, a sud-est di Filadelfia e vicino a Colosse. Il suo nome deriva da Laodice, la terribile moglie di Antioco Il, re di Siria del quale è fatta menzione in Daniele 11:10-19. Era una grandissima città, le cui ricchezze ci sono descritte dallo storico romano Tacito. Fu distrutta completamente, come la città di Efeso, dal brutale esercito di Tamerlano, conquistatore tartaro, nell'anno 1402. Il suo luogo è oggi un cumulo di macerie, chiamato Eski-Hissar, dal nome di una rovina; un vecchio castello è tutto quel che rimane della fiorente città di un tempo, dopo il giudizio di Dio caduto su essa. Il nome Laodicea significa " giusto per il popolo ", cioè adatta al popolo, come piace al popolo. Come per le altre chiese dell'Asia Minore, il suo nome definisce lo stato di cose in Laodicea. La chiesa cristiana ci è presentata nella sua fase finale. È la chiesa futura come il mondo la desidera, come piace agli inconvertiti, che non si lasciano dirigere e giudicare dalla Parola di Dio e dal suo Spirito, una chiesa dunque che è " giusto per il popolo ". Il Vangelo che ci narra le opere di Dio, la missione del Figliuol di Dio nel mondo per cercare e salvare ciò che è perduto, i miracoli del Signore Gesù Cristo, il suo sacrificio alla croce, la sua risurrezione dai morti, la sua vittoria su Satana, sul mondo, sul peccato e sulla morte, il suo ritorno, tutto ciò che è antiquato e abbandonato da tempo. Tutte queste verità sono messe da parte nella chiesa futura, che già si delinea ai nostri occhi; più nessuno se ne interessa. I titoli che il Signore Gesù Cristo si attribuisce al principio di ogni lettera caratterizzano, come il nome della chiesa stessa, lo stato interno di quest'ultima. Egli si presenta qui come " l'Amen, il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio " (vers. 14). In primo luogo si presenta come " l'Amen " (Amen, in ebraico significa: così sia, cosi avvenga, così sia fatto), cioè il compitore di tutte le promesse di Dio. Gesù Cristo è il grande " Amen " di tutto quel che Iddio ci ha promesso e ci vuoi dare. Tutte le promesse hanno in Lui il loro " sì "; " perciò pure per mezzo di Lui si pronunzia l'Amen alla gloria di Dio " (2 Cor. 1:20). Anche la Chiesa di Cristo avrebbe dovuto essere l'Amen dei pensieri e dei piani di Dio. Essa però non si è comportata in modo da corrispondere alla sua chiamata celeste; non è stata l'Amen dei disegni divini. Le son mancati il vero amore e la purezza nel cammino. Il Signore si nomina ancora: " Il testimone fedele e verace". Ciò che la Chiesa avrebbe dovuto essere per Dio, ma che purtroppo non è stata, come ce lo dice la sua storia, lo fu il Signore Gesù in perfezione: " Il testimone fedele e verace ". Il terzo titolo del Signore è: " Il principio della creazione di Dio ". Egli è il capo di ogni cosa, come anche l'espressione e il testimone di ciò che la Chiesa di Cristo, quale " nuova creazione ", avrebbe dovuto essere. In 2 Cor. 5:17 leggiamo: " Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura ". I veri credenti nati di nuovo sono " le primizie delle sue creature" (Giacomo 1:18), e sono resi capaci, quali testimoni, a dimostrarlo con il loro comportamento quaggiù. Come si manifesta questa nuova creazione? Qual è il frutto dello Spirito di Dio? Iddio ce lo dice: " Amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza " (Galati 5:22). Ha forse la cristianità professante manifestato questi attributi, queste virtù della nuova creazione per lo Spirito di Dio, in mezzo ad un mondo tenebroso e nemico di Dio? No! Appena la chiesa è stata edificata in tutta la sua bellezza, il nemico è venuto e ha seminato, mentre gli uomini dormivano, la zizzania in mezzo al frumento. Con l'andar del tempo, la cristianità si è trasformata in un insieme di uomini che, per la maggior parte, non sono convertiti. Hanno ricevuto col battesimo il nome di cristiani, ma non posseggono la nuova vita di Dio. La Parola dice di loro: " Aventi le forme della pietà, ma avendone rinnegato la potenza" (2 Tim. 3:5), la potenza che vince il peccato, il mondo e Satana. Quant'è solenne per i cristiani professanti la parola del Signore: "Oh fossi tu pur freddo o fervente!". Queste parole sono indirizzate anche a noi. Colui che è nato dalla Parola e dallo Spirito di Dio esamini se stesso: il mio cuore batte con fervore e fedelmente per il mio Signore e Salvatore? Lo seguo e lo servo io veramente con un cuore intiero? Cerco di essergli grato? Facilmente può scoraggiarsi anche il vero credente. Può avere " la vista corta " ed essere " ozioso " e " sterile " (2 Pietro 1:5-10). Per questo lo Spirito di Dio, che conosce il pericolo per tutti i credenti di diventare tiepidi, esorta: " Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t'inonderà di luce" (Efesini 5:14). Nel suo amore, Egli riempirà nuovamente il tuo cuore di gioia e di forza, onde tu possa vivere per Lui che per te è morto. In verità,
le parole che il Signore indirizzava a Laodicea, la rappresentante della chiesa
professante nell'ultima fase del declino, sono molto solenni. Egli dice: "
Perché sei tiepido, e non sei né freddo, né fervente, io
ti vomiterò dalla mia bocca ". L'apostolo Paolo, in Romani 11, ci parla del giudizio d'Israele e della chiesa nella parabola dell'ulivo. Quivi leggiamo l'esortazione che rivolge alla cristianità: " Non t'insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali (Israele), non risparmierà neppure te. Vedi dunque la benignità e la severità di Dio: la severità verso quelli che son caduti (Israele), ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella sua benignità; altrimenti anche tu sarai reciso. E anche quelli (Israele) se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati (sull'ulivo delle benedizioni e della testimonianza di Dio); perché Dio è potente da innestarli di nuovo ". Infatti è ciò che avverrà; la cristianità non è rimasta nella comunione di Dio, nelle benedizioni e nella verità; sarà "recisa" dall'albero della testimonianza di Dio sulla terra. Essa sarà, come è detto nell'Evangelo, "gettata via" come il "sale" divenuto "insipido" e, poiché "tiepida", sarà "vomitata" dalla bocca di Cristo. Evidentemente non si tratta qui di veri credenti, di membra del corpo di Cristo. Costoro saranno rapiti nel cielo prima del giudizio; ed è ciò che il Signore predice a Filadelfia. Essi formano il nucleo, la vera Chiesa, la Sposa di Cristo, l'insieme di tutti i cristiani nati di nuovo, che hanno ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico Corpo. Quando essa sarà tolta dalla terra, rimarranno solo i cristiani professanti senza vita. Quindi il Signore si allontanerà completamente dalla chiesa professante che non sarà più né la sua dimora, né la sua testimonianza. Fino ad oggi i veri credenti, la Sposa di Cristo, sono ancora sulla terra. Lo spirito, lo stato, la tiepidezza, l'arroganza, ciò che caratterizza Laodicea esiste già e ci circonda. Si sente dire: " Sono ricco, e mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla ". Ma che cosa deve rispondere il Signore? " E non sai che tu sei infelice fra tutti e miserabile e povero e cieco e nudo ". È cosa ben terribile quando uno è malato, povero, condannato a morire, e non lo sa! Come dev'essere spaventevole il risveglio di un tale malato! Finché il
Signore lascia i suoi quaggiù, lo Spirito Santo è sulla terra; poiché
" lo Spirito e la Sposa " lasceranno insieme la terra (Apoc. 22:17).
Fino a quel momento il Signore si presenta ancora come Salvatore, e come tale
dice a Laodicea: "Io ti consiglio di comprare da me dell'oro... e delle vesti
bianche... e del collirio per ungertene gli occhi... Tutti quelli che amo io li
riprendo e li castigo; abbi dunque zelo e ravvediti " ! L'oro nella Bibbia
è sovente adoperato come figura della giustizia divina. Quest'oro è
stato acquistato da Cristo per i peccatori, nel fuoco delle sofferenze e del giudizio
alla croce. Le persone di Laodicea
erano cieche riguardo alla loro povertà e nudità davanti a Dio,
non sentivano nessun bisogno di salvezza e riconciliazione, né dell'oro
della giustizia di Dio, né delle vesti 'della santità pratica. Gli
occhi e i cuori di Laodicea erano ciechi e chiusi riguardo al valore e alla gloria
di Gesù Cristo, il Figliuol di Dio. Mentre i fedeli di Filadelfia sono
caratterizzati dalla stima, dall'amore e dalla fedeltà verso la Persona
di Gesù Cristo, in Laodicea regna una grande indifferenza verso di Lui.
I cuori sono privi di amore per Lui. Benché non abbia trovato in Laodicea né amore, né interesse per la sua Persona e per la sua opera, ma piuttosto tiepidezza, indifferenza e, per di più orgoglio, il Signore agisce ancora nel suo amore per cercare, castigare e salvare. Egli dice: "
Tutti quelli che amo, io li riprendo e li castigo: abbi dunque zelo e ravvediti.
Ecco, io sto alla porta e picchio ". Adesso ancora il Signore sta alla porta di migliaia di cuori e picchia, chiedendo di entrare. Lo dice anche a te, caro lettore, se non gli appartieni ancora, se non gli hai ancora dato il tuo cuore. Il Signore non è soltanto davanti alla porta dei singoli cuori, ma, poiché ha dovuto abbandonare il suo posto in mezzo a Laodicea, è fuori e picchia desideroso di entrare. Se una assemblea è in accordo con i pensieri di Dio, il Signore si troverà in mezzo a lei, come è scritto: " Dovunque due o tre sono radunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro ". È doloroso vedere che Laodicea, nella sua tiepidezza e cecità, non ha più posto per Cristo, il Figliuolo di Dio; Egli è fuori. Non è grave una simile cosa? Ciò può accadere rapidamente o poco a poco, insensibilmente; il Signore è smosso dal centro di una comunità di credenti, non secondo la confessione, ma in pratica, e finisce col rimanere alla porta, fuori, a chiedere, picchiando, di poter entrare. Siamo dunque vigilanti e vediamo chi è in mezzo a noi! Che cosa troviamo nella cristianità professante? Sardi, la chiesa protestante, si dirige sulle orme di Laodicea, mentre la chiesa cattolica, Tiatiri, si sviluppa sempre più verso Babilonia. In occasione della 23° Giornata Protestante della Germania, tenuta a Wiesbaden nel secolo scorso, un noto pastore di Berlino disse: "Il cattolicesimo... e il liberalismo (il cui rappresentante è il protestantesimo) vogliono far penetrare il mondo nella Chiesa" (il conferenziere ha perfettamente ragione; infatti il dominio ricercato dalla chiesa e dalla potenza di Roma sul mondo, e l'unione del mondo con la chiesa, costituiscono la Babilonia spirituale). Ora, il cristianesimo mondano non è altro che Laodicea: la chiesa che soddisfa e piace al popolo, un cristianesimo senza Cristo (oggi lo chiamano "evangelo sociale"). La meta che si propone la teologia liberale protestante è questa: " Dobbiamo liberarci dal giogo della cristologia ". Lettore credente, sai tu che cos'è il giogo della cristologia, che molti predicatori protestanti vogliono scuotere? È la dottrina e la verità riguardanti la divinità della Persona di Gesù Cristo; dicono ch'Egli non è l'eterno Figliuolo di Dio, né il Salvatore per mezzo del suo sangue. Gesù non sarebbe risuscitato, né salito nella gloria, e non ritornerebbe come Signore e Giudice del mondo, davanti al quale ogni ginocchio dovrà piegarsi. In poche parole, il loro desiderio è di togliere Cristo, il Figliuol di Dio, dalla Chiesa. Questa è Laodicea: Cristo è messo fuori. Storicamente Laodicea non è ancora apparsa completamente, però lo spirito e lo stato di sufficienza e di tiepidezza di Laodicea son già apparsi da molto tempo e si fanno sentire anche tra quelli che confessano di essere convertiti e di appartenere al Signore. Dopo la venuta del Signore Gesù per rapire i suoi riscattati e condurli nella casa del Padre, lo stato di Laodicea nella cristianità sarà appieno realizzato. Il Signore è vicino; il grido di mezzanotte si è fatto udire: " Ecco lo sposo! ". E la sua voce: " Io vengo tosto ", ha trovato eco nei cuori dei veri credenti. " Amen, vieni Signor Gesù ". Che cosa accadrà fra breve? In Matteo 25:10 leggiamo: " E quelle che eran pronte (cioè le vergini che avevano Folio dello Spirito Santo), entrarono con Lui nella sala delle nozze, e l'uscio fu chiuso". Allora molti che pur professando d'essere cristiani sono spiritualmente morti, chiederanno di entrare; busseranno alla porta: " Signore, Signore, aprici! ". Ma invano. Egli, che oggi bussa alla porta dei cuori desiderando entrare, non aprirà più a quelli che, durante il giorno della salvezza, non hanno voluto aprirgli il loro cuore! Gesù sa che la chiesa di Laodicea, figura della tiepida e infedele cristianità degli ultimi tempi, nel suo insieme non lo riceverà più. Al principio le cose erano diverse, ma ora essa è completamente cieca, non sente bisogno di nulla, è piena di sé. Il Figliuol di Dio, il testimone fedele e verace, non ha più nessun valore per i cuori, perciò non ha più posto in mezzo a loro: Egli è fuori. Però fino al giorno in cui si presenterà come Giudice per eseguire il giudizio già pronunciato, per cui vomiterà la chiesa dalla sua bocca. Egli si presenta ancora come Salvatore al cuore delle singole persone chiedendo di poter entrare. Per questo sta scritto: " Se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui ". Non si tratta più nemmeno di " due o tre ", il piccolo numero di credenti nel mezzo dei quali il Signore ha promesso la sua presenza; Egli dice: " Se uno ". In verità, quante chiese vi sono in cui il Signore e Salvatore non trova più nemmeno i " due o tre " che lo conoscono come Figliuol di Dio e loro Salvatore e che gli appartengono! Il tempo della grazia però dura ancora, e " se uno apre " viene ricompensato. Il Signore dice: " Io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco. A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono ". Con quest'ultima promessa, il Signore assicura che chi ascolta la sua voce e gli apre la porta, anche poco prima della sua venuta, sarà unito a Lui e ben presto, in cielo, regnerà con Lui. Prima della chiusura definitiva del tempo della grazia, come vediamo nella parabola del gran convito (Luca 14:16), l'anima può ancora ricevere la vita e gustare la comunione col Signore; allora Gli appartiene in proprio e farà parte della prima risurrezione. Il fedele sarà seduto sul trono e regnerà con Lui. Come in tutte le lettere, il Signore rivolge alla fine un appello: "Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese". Sono queste le sue ultime parole alle sette chiese. D'ora innanzi non sarà più parlato, nel libro dell'Apocalisse, della sua Chiesa sulla terra. Nel capitolo seguente troviamo la porta del cielo aperta e i credenti nella gloria (cap. 4 e 5). Il Signore ha allora realizzato la sua promessa ed ha raccolto tutti i suoi nella casa del Padre (Giov. 14:3). Essi sono stati "rapiti" per essere "sempre col Signore" (1 Corinzi 15:51; Tessal. 4:17). Col capitolo 6
del nostro libro incomincia la descrizione dell'"ora del cimento", cioè
dei giudizi e delle tribolazioni al tempo dell'Anticristo, la quale "ha da
venire su tutto il mondo" dopo il rapimento dei credenti (3:10-11).
I documenti presenti
su questo sito possono essere fatti circolare liberamente, purché senza
ricarichi. I documenti sono distribuiti come freeware e restano di proprietà
dei loro rispettivi autori.
|