Il cammino cristiano




Il bambino che è sempre esistito

di Norbert Lieth (tratto da "Chiamata di Mezzanotte", dic. 2002)

 

Circa duemila anni fa, in Israele nacque un bambino, che in seguito potè a ragione affermare: «Prima che Abraamo fosse nato, Io sono» (Gv 8,58).

Della nascita di questo bambino e del Suo nome, nella Bibbia si narra quanto segue: «Mentre erano là (a Betlemme), si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo» (Lc 2,6-7). Giuseppe, il suo padre adottivo, «gli pose nome Gesù» (Mt 1,25).

Una coppia di coniugi è in viaggio, la moglie è in stato di avanzata gravidanza. La sua gravidanza giunge al termine e le nasce il primogenito. Il bambino non nasce in casa, ma in una stalla vicina a una locanda al completo. Manca una culla, e il bambino viene posto in una mangiatoia. Il neonato riceve il nome "Gesù".

Diventerà il nome più famoso e significativo della storia, Egli diverrà la personalità più importante di tutti i tempi, in grado di mettere in ombra tutti i re, i potenti, gli eroi, le star e i politici di tutti i tempi. Nessuno ha commosso il mondo tanto quanto questo bambino. Come mai?
Dobbiamo assolutamente occuparci di questa Persona. Chi vive senza tenere conto di Lui, perde la cosa più importante. In modo ben diverso si sono comportati i magi d'Oriente (Mt 2,1 e segg.). Già Agur, vissuto molto tempo prima della nascita di Cristo, scrisse: «Chi è salito in cielo e ne è disceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque nella sua veste? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual è il suo nome e il nome di suo figlio? Lo sai tu?» (Pr 30,4).
Gesù stesso ci dà la risposta: «Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell'uomo (Gesù)» (Gv 3,13).

Chi è quel bambino in fasce nato in una stalla di Betlemme? È Colui che è sempre esistito!


Come si chiama Dio?

Vi siete mai chiesti come si chiami in realtà Dio? Agur aveva scritto: «Qual è il suo nome e il nome di suo figlio? Lo sai tu?». Una domanda rivolta da Mosè a Dio fu: «Ecco, quando sarò andato dai figli d'Israele e avrò detto loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi", se essi dicono: "Qual è il suo nome?" che cosa risponderò loro?» (Es 3,13).

La parola «Dio» è solo un titolo, un concetto generico. Lo si può utilizzare in certi contesti anche in riferimento alle persone. Molte persone, in tutti i tempi, si sono definite «dèi».

Il concetto generico di «Dio»:
- si può applicare al dio di una delle tante religioni, ad esempio ad Allah. Allah significa semplicemente «Dio».
- si può utilizzare anche al plurale, «dèi», per indicare gli idoli e le false divinità pagane: «Non seguirete altri dèi, presi fra gli dèi degli altri popoli intorno a voi» (Dt 6,14). In I Corinzi 8,5-6 è scritto: «Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi, sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo.»

Ma come si chiama il vero Dio, che fu l'Iddio di Abraamo, Isacco e Giacobbe? Egli ha un nome proprio attribuito solo a Lui. È un nome che nessuno Gli ha dato ma che Egli stesso si è dato e che descrive come Egli è. Questo nome è «Jahwe» (JHWH). Lo si evince dalla risposta che Dio stesso ha dato alla domanda del Suo servo: «Dio disse ancora a Mosè: «Dirai così ai figli d'Israele: "Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe mi ha mandato da voi". Tale è il mio nome in eterno; così sarò invocato di generazione in generazione» (Es 3,15). Quando Mosè, dopo il primo incontro con il faraone e le sue imposizioni (Es 5) si sentì abbattuto, l'Eterno lo rialzò con le parole: «Io sono il Signore. Io apparvi ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di Signore.» (Es 6,2-3).


Che cosa significa questo nome?

Il Signore spiega a Mosè il Suo nome: «Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono. Poi disse: Dirai così ai figli d'Israele: "l'IO SONO mi ha mandato da voi. Dio disse ancora a Mosè: Dirai così ai figli d'Israele: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe mi ha mandato da voi...» (Es 3,14-15). In tal modo, Dio si distingue da tutti gli altri dei, poiché Jahwe significa: «Io sono colui che sono.» Questo nome descrive l'eterna esistenza di Dio, ciò che Egli è in tutta la Sua persona.

Abraham Meister scrive: «Jahwe è l'<Io> divino assoluto nella sua massima pienezza.» Il nome proprio di Dio può essere tradotto in nove modi diversi. In tal modo vediamo chi è Dio:

Io sono colui che sono.
Io sono colui che ero.
Io sono colui che sarò.
Io ero colui che sono.
Io ero colui che ero.
Io ero colui che sarò.
Io sarò colui che sono.
Io sarò colui che ero.
Io sarò colui che sarò.

Ciò significa: «Io sono colui che non è mai stato creato, che c'è sempre stato, che esiste di per sé, che è immutabile, eterno ed eternamente presente.» Per questo in italiano noi traduciamo questo nome con "Eterno".

Abraham Meister scrive al riguardo: «La radice <hawa>, da cui è tratta la parola Jahweh, significa (divenire), <essere>. Egli è quindi l'<Ente>, che si fa conoscere <in divenire>. Egli si mostra in una <auto rivelazione costante e crescente>. ... Egli è colui che rivela Sé Stesso...»

Questo nome per gli ebrei era tanto santo, grande e inavvicinabile, che non osavano mai pronunciarlo, per timore di infrangere il terzo comandamento: «Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano». Invece di Jahwe pronunciavano «Signore» (Adonai).


Chi è questo Dio?

Il nome di Dio «Jahwe» è collegato espressamente alla redenzione. Non a caso Dio si rivela con questo nome, in vista della liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto.

Nel seguito dell'autorivelazione divina tramite il nome Jahwe, diviene chiaro che il Signore, in relazione alla redenzione dell'uomo, è potente da liberarlo da qualsiasi problema, infatti si fa conoscere dall'uomo con diversi attributi:

Jahwe-Rapha = Jahwe, che guarisce, che salva
Jahwe-Roi = Jahwe, mio pastore
Jahwe-Shalom = Jahwe è pace
Jahwe-Zidqenu = Jahwe la nostra giustizia

La redenzione dell'uomo è comunque personificata nella rivelazione in carne del Figlio di Dio, Gesù Cristo.

1. L'autorivelazione di Dio come Salvatore.

Tramite il profeta Isaia, Dio disse al Suo popolo: «perché io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore (Jahwe-Rapha)» (Is 43,3). E: «Io, io sono il Signore, e fuori di me non c'è salvatore» (Is 43,11).

Del divenire uomo di Gesù è detto: «L'angelo disse loro: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: "Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore.» (Lc 2,10-11).

2. L'autorivelazione di Dio come Pastore.

Del suo buon pastore, «Jahwe-Roi», Davide parla nel Salmo 23,1: «Il Signore è il mio pastore, nulla mi manca.»

Mi sono sempre chiesto come mai gli angeli del Signore abbiano cercato prima i pastori sui campi di Betlemme, per rivelare loro il Salvatore. In questa luce lo comprendo meglio: il vero pastore di Israele è venuto in terra per sopperire alla miseria di tutti gli uomini. Ai pastori di Betlemme fu detto inoltre: «Voi pastori di Betlemme, che conoscete bene i pascoli delle vostre pecore, sappiate che è qui il Pastore, il grande Pastore di Israele, il supremo Pastore» («Jahwe-Roi»; cfr. I Pi 5,4).

Parlando della Sua venuta, Gesù ha detto agli israeliti: «Io sono il buon pastore» («Jahwe-Roi»; Gv 10,11.14; cfr. anche v.33).

3. L'autorivelazione di Dio come roccia.

Della «roccia di Israele» leggiamo: «Poiché chi è Dio all'infuori del Signore? E chi è Rocca all'infuori del nostro Dio?» (Sl 18,32). L'apostolo Paolo disse di questa roccia: «bevvero tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e questa roccia era Cristo» (I Co 10,4). Da ciò si evince chiaramente che:


Gesù è Dio

Ci sono alcuni passi nel Nuovo Testamento, in cui il Signore Gesù parla in modo particolarmente regale di Sé stesso come l'«Io sono». In questa autorivelazione Egli utilizza la stessa espressione con cui Dio nell'Antico Testamento si definisce nei confronti del Suo popolo, come unico Signore e Salvatore del mondo.

Possiamo dire che Gesù è la "parte" di Dio inviata agli uomini. Non crediamo in tre dei, ma in un solo Dio che si rivela in tre Persone distinte.

Dal XIII secolo dopo Cristo proviene un'esegesi ebraica su Deuteronomio 6,4: «Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l'unico Signore.» Nell'interpretazione leggiamo: «Perché è necessario citare tre volte il nome di Dio in questo versetto? Il primo, Jahwe, è il Padre. Il secondo è la discendenza di Iesse, il Messia, che deve venire dalla famiglia di Iesse, tramite Davide. E il terzo è la via che si trova sotto (cioè lo Spirito Santo, che ci mostra la via) e questi tre sono uno.» (cit. in: Wie erkennt man den Messias?, pag. 23, Der Òlbaum e.V., Lorrach.)

Consideriamo ora i tre punti dell'autorivelazione di Gesù Cristo come l'«Io sono»:

1. Gesù dice in Giovanni 13,19: «Ve lo dico fin d'ora, prima che accada; affinchè quando sarà accaduto, voi crediate che Io sono.» Gesù annunzia in tal modo che Egli è Jahwe, l'«Io sono» del popolo di Israele.

2. Una delle più emozionanti autorivelazioni di Gesù si trova nel Suo confronto con i sommi sacerdoti ebrei: «Perciò vi ho detto che morirete nei vostri peccati; perché se non credete che Io sono, morirete nei vostri peccati». Allora gli domandarono: «Chi sei tu?» Gesù rispose loro: «Sono per l'appunto quel che vi dico» (Gv 8,24-25). Quando gli ebrei Gli chiesero: «Sei tu forse maggiore del padre nostro Abraamo il quale è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?» (Gv 8,53), Gesù diede loro questa risposta: «In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, Io sono».
Allora essi presero delle pietre per tirargliele; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio» (v 58-59).

3. Pensiamo ad altre parole di Gesù che menzionano l'«Io sono»:
«Io sono il pane della vita» (Gv 6,35).
«Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12; 9,5).
«Io sono la porta ...» (Gv 10,9).
«Io sono il buon pastore» (Gv 10,11.14).
«Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25).
«Io sono la via, la verità e la vita ...» (Gv 14,6).
«Io sono la vite ...» (Gv 15,1.5).

4. La più forte affermazione del fatto che Gesù è realmente Dio ci sembra essere stata enunciata nel Getsemani. Infatti, in Giovanni 18,3-6 leggiamo: «Giuda dunque, presa la coorte e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, andò là con lanterne, torce e armi. Ma Gesù, ben sapendo tutto quello che stava per accadergli, uscì e chiese loro: «Chi cercate?» Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Gesù disse loro: «Io sono». Giuda, che lo tradiva, era anch'egli là con loro. Appena Gesù ebbe detto loro: «Io sono», indietreggiarono e caddero in terra.»

Evidentemente, qui il Signore Gesù si rivela con il nome di Dio come «Jahwe», Colui che esiste grazie alla Sua potenza. Le conseguenze di ciò furono che le guardie indietreggiarono e caddero a terra.


Le conseguenze di questa verità

Questo Gesù che venne al mondo in una stalla, che visse l'esistenza umana e il suo sviluppo come ognuno di noi, che crebbe come un normale ragazzo, dal punto di vista fisico, spirituale e psicologico, che invecchiò così come qualunque altro, questo Gesù è Jahwe dall'eternità ed è sempre esistito. «Io sono colui che sono.» Di Lui è scritto anche nell'epistola agli Ebrei: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Eb 13,8).

Perché dovette diventare uomo? Perché Dio non può morire. Poiché Dio scelse di morire per i peccati degli uomini, dovette diventare uomo e quindi comparve in Gesù Cristo. Di questa autoprivazione divina di Dio in Suo Figlio leggiamo che: «pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce» (Fi 2,6-8). L'espressione «in forma di Dio», nel testo originale greco corrisponde a "morphe schema". Queste due parole definiscono la forma obiettiva di qualcosa così com'è e indipendente da chi la osserva. Gesù è Dio ed esiste in eterno, così come è Dio.

Nasciamo in forma umana e vogliamo entrare nella vita eterna. Gesù invece è venuto dalla vita eterna per morire. Di quando nel giardino del Getsemani si rivelò come l'«Io sono» e i Suoi nemici indietreggiarono cadendo al suolo, Egli disse infine: «Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi (i discepoli)» (Gv 18,8). E si diede volontariamente alla morte.

Dio si offrì e morì affinchè noi possiamo avere vita eterna. Solo in tal modo ci è possibile invocare il nome del Signore per essere salvati.

Poiché Gesù è Colui che è, anche Dio Gli ha dato «il nome che è al di sopra di ogni nome, affinchè nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra,» (Fi 2,9-10). E perciò ancora «In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati» (At 4,12).

Non possiamo invocare un Dio maggiore di Jahwe, poiché non esiste altro Dio all'infuori di Lui. Tramite il divenire uomo di Gesù, tramite il Suo morire sulla croce e la Sua resurrezione, abbiamo la possibilità di farlo. Gesù è il nostro vero e unico Salvatore per ogni ambito della nostra vita, per ogni problema e per ogni peccato. Egli può risolvere ogni situazione della nostra vita. Gesù ha detto a ragione: «Io e il Padre siamo uno» (Gv 10,30). Perciò anche le parole di Isaia 43,11 si riferiscono a Lui: «Io, io sono il Signore, e fuori di me non c'è salvatore.»



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