La
storia di Gesù di Nazaret, il Salvatore
di G. Butindaro
Ai giorni
dell'imperatore Cesare Augusto, una giovane vergine di Nazareth (una
cittadina della Galilea) che era stata promessa sposa a Giuseppe,
figlio di Giacobbe, che era della casa di Davide, ricevette la visita
di un santo angelo di Dio il quale le preannunziò che ella
avrebbe concepito e partorito un figlio che sarebbe stato grande e
sarebbe stato chiamato Figlio dell'Altissimo; il suo nome sarebbe
stato Gesù. A lui Dio avrebbe dato il regno di Davide suo padre
ed Egli avrebbe dominato su Israele in eterno. Maria, questo il nome
della giovane vergine, sentendo dirgli quelle parole chiese come sarebbe
potuto avvenire tutto ciò dato che lei non conosceva uomo;
e l'angelo le rispose che lo Spirito Santo sarebbe venuto sopra di
lei, e la potenza di Dio l'avrebbe coperta della sua ombra, per cui
il santo che sarebbe nato sarebbe stato chiamato Figliuolo di Dio.
Al che Maria rispose all'angelo che le fosse fatto secondo la sua
parola.
E così avvenne, Maria rimase incinta per virtù dello
Spirito Santo, senza che Giuseppe l'avesse conosciuta. Ma quando Giuseppe,
tempo dopo, si accorse che la sua promessa sposa era incinta si propose
di lasciarla di nascosto; ma mentre aveva queste cose nell'animo un
angelo di Dio gli apparve in sogno e gli disse di non preoccuparsi
di prendere Maria in sposa perché quello che in lei era generato
era dallo Spirito Santo; e che lui avrebbe dovuto mettere al figlio
che doveva nascere il nome di Gesù che significa 'YHWH salva'
(YHWH è il nome ebraico di Dio che si pronuncia Yahweh). Tranquillizzato
da quelle parole, Giuseppe appena si svegliò prese in sposa
Maria, sapendo per certo che il messaggero di Dio che gli era apparso
non gli aveva mentito.
Proprio in
quei giorni avvenne che uscì da parte di Cesare Augusto un
decreto che si facesse un censimento di tutto l'impero. Allora Giuseppe
prese la sua sposa che era incinta e si recò a Betleem a farsi
registrare perché, come abbiamo detto innanzi, egli era della
casa di Davide. Ed avvenne che mentre si trovavano a Betleem di Giuda,
Maria partorì il fanciullo a cui in capo a otto giorni, quando
fu circonciso, fu posto il nome di Gesù.
Il giorno stesso in cui Gesù nacque, apparve a dei pastori
della contrada di Betleem un angelo del Signore il quale gli annunziò
la buona notizia che in quel giorno nella città di Davide era
nato il Salvatore, che era Cristo (dal greco Christòs
che significa 'Unto'), il Signore. Essi dunque, udito ciò,
si recarono a Betleem e vi trovarono il fanciullino e divulgarono
quello che era loro stato detto di quel bambino. Al sentire quelle
cose coloro che erano là presenti si meravigliarono.
Quando si compirono i giorni durante i quali - secondo la legge -
la donna che aveva partorito un figlio maschio doveva rimanere a purificarsi
del suo sangue, i suoi genitori lo portarono in Gerusalemme per presentarlo
al Signore, ed anche per offrire l'olocausto e il sacrificio per il
peccato che prescriveva la legge di Mosè.
In seguito, quando Gesù aveva ancora poche settimane giunsero
a Betleem, presso la casa dove egli era tenuto, dei magi provenienti
dall'Oriente i quali lo adorarono, e aperti i loro tesori gli offrirono
dei doni: oro, incenso e mirra. Come avevano fatto quegli uomini a
giungere a Betleem? In questa maniera: mentre erano in Oriente era
apparsa loro la sua stella che li aveva condotti in Israele. Giunti
a Gerusalemme avevano chiesto dove fosse il re dei Giudei che era
nato perché essi erano venuti per adorarlo. Ed il re della
Giudea, Erode, chiamati gli scribi e i capi sacerdoti, s'informò
da loro dove il Cristo doveva nascere, ed essi gli dissero che il
Cristo doveva nascere in Betleem di Giudea. Il re dunque aveva mandato
i magi a Betleem (dopo essersi informato del tempo in cui la stella
era apparsa loro), dicendogli di tornare poi da lui quando avrebbero
trovato il fanciullino perché pure lui voleva andare ad adorarlo.
Ma i magi dopo avere trovato il fanciullino Gesù, non tornarono
da Erode perché furono divinamente avvertiti in sogno di non
ripassare da Erode; quindi per altra via tornarono al loro paese.
Questo naturalmente fece infuriare Erode che si vide beffato dai magi;
e allora egli mandò a sterminare tutti i maschi ch'erano in
Betleem e in tutto il suo territorio dall'età di due anni in
giù (secondo il tempo del quale egli s'era informato dai magi).
Ma il fanciullino Gesù non fu messo a morte perché Dio
mediante un angelo aveva avvertito per tempo Giuseppe dicendogli di
prendere il fanciullino e sua madre e di andare in Egitto e rimanervi
fino a nuovo ordine. Quando poi Erode fu morto, allora Dio, sempre
mediante un suo angelo, avvertì Giuseppe e gli disse di tornare
in Israele.
Giunto in Israele, Giuseppe si ritirò in Galilea e precisamente
nella città di Nazareth. Qui in Nazareth Gesù fu allevato
dai suoi genitori e cresceva in sapienza e in statura, si fortificava
e la grazia di Dio era sopra lui.
Quando Gesù
raggiunse i trenta anni circa lasciò la Galilea e si recò
al fiume Giordano a farsi battezzare da Giovanni il Battista, che
era apparso da qualche tempo nel deserto della Giudea predicando un
battesimo di ravvedimento per la remissione dei peccati. Chi era costui?
Egli non era né Elia, e neppure il Cristo, come lui stesso
ebbe a rispondere a quei Farisei che lo avevano interrogato un giorno
al di là del Giordano dove lui stava battezzando; ma egli era
colui del quale aveva parlato Dio tramite il profeta Malachia quando
disse: "Ecco, io vi mando il mio messaggero; egli preparerà
la via davanti a me" (Mal. 3:1). Un uomo perciò che Dio
aveva mandato innanzi al suo Unto per preparargli la via. Ma in che
maniera il messaggero di Dio avrebbe preparato la strada davanti all'Unto
di Dio? Testimoniando di lui affinché tutti credessero per
mezzo di lui; e questo difatti è quello che fece Giovanni.
Quando in quel giorno il Battista lo battezzò e Gesù
fu uscito dall'acqua avvenne che i cieli si apersero ed egli vide
scendere su di lui lo Spirito Santo in forma corporea a guisa di colomba
ed udì una voce che disse: "Questo è il mio diletto
Figliuolo nel quale mi son compiaciuto" (Matt. 3:17). Da allora
il Battista cominciò ad attestare alle turbe: "Ho veduto
lo Spirito scendere dal cielo a guisa di colomba, e fermarsi su di
lui. E io non lo conoscevo; ma Colui che mi ha mandato a battezzare
con acqua, mi ha detto: Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere
e fermarsi, è quel che battezza con lo Spirito Santo. E io
ho veduto e ho attestato che questi è il Figliuol di Dio"
(Giov. 1:32-34). In occasione dunque del suo battesimo in acqua Gesù
di Nazareth fu unto da Dio di Spirito Santo.
Dopo che Gesù fu unto, lo Spirito Santo lo condusse nel deserto
affinché fosse tentato da Satana. Dopo che ebbe digiunato per
quaranta giorni e quaranta notti per tre volte il tentatore cercò
di farlo cadere in peccato; ma Gesù si oppose a lui in maniera
efficace citandogli la legge del Signore che egli aveva riposto nel
suo cuore secondo che è scritto: "La legge del suo Dio
è nel suo cuore; i suoi passi non vacilleranno" (Sal.
37:31). Il diavolo allora lo lasciò fino ad altra occasione,
e gli angeli di Dio vennero a servirlo.
Dopo di ciò,
Gesù tornò in Galilea dove cominciò a predicare
e ad insegnare, glorificato da tutti. Venne anche a Nazareth dove
era stato allevato, ma qui i suoi concittadini si levarono pieni di
ira contro di lui perché dopo che egli ebbe letto in sinagoga
quel passo di Isaia dove è detto: "Lo Spirito del Signore,
dell'Eterno è su me, perché l'Eterno m'ha unto per recare
una buona novella agli umili; m'ha inviato per fasciare quelli che
hanno il cuore rotto, per proclamare la libertà a quelli che
sono in cattività, l'apertura del carcere ai prigionieri, per
proclamare l'anno di grazia dell'Eterno" (Is. 61:1), egli affermò
che in quel giorno quella Scrittura s'era adempiuta, e che nessun
profeta è ben accetto nella sua patria. Essi allora lo cacciarono
fuori dalla città e cercarono di precipitarlo giù dal
ciglio del monte su cui era fabbricata Nazareth, ma egli passando
in mezzo a loro se ne andò a Capernaum, città sul mare
ai confini di Zabulon e Neftali, dove fissò la sua residenza,
infatti questa città è chiamata la sua città
(cfr. Matt. 9:1).
Gesù andava attorno di città in città e di villaggio
in villaggio predicando ed annunziando la buona novella del regno
di Dio. Egli diceva alla turbe: "Ravvedetevi e credete all'Evangelo"
(Mar. 1:15); quindi esortava tutti a pentirsi dei loro peccati ed
a credere nella buona notizia di cui lui era l'ambasciatore per volontà
di Dio. Il profeta Isaia infatti aveva detto del Cristo che egli avrebbe
recato una buona novella ai poveri. Ma in che cosa consisteva questa
buona notizia in cui Gesù ordinava agli uomini di credere?
Nel fatto che Dio nella pienezza dei tempi aveva mandato nel mondo
il suo Figliuolo affinché chiunque credesse in lui non perisse
ma avesse vita eterna. In altre parole nella meravigliosa notizia
che Dio nel suo grande amore aveva mandato nel mondo il suo Figliuolo
affinché per mezzo di lui il mondo fosse salvato, e che per
essere salvati era necessario, indispensabile, credere in lui.
Oltre ad
annunziare ai Giudei il ravvedimento e la fede in lui, Gesù
insegnò molte cose in parabole alle turbe e così si
adempirono le parole del profeta: "Io aprirò la mia bocca
per proferir parabole, esporrò i misteri dei tempi antichi"
(Sal. 78:2).
Ma Gesù operò anche tante guarigioni in mezzo ai Giudei.
Egli risuscitò pure i morti e cacciò molti demoni dai
corpi di coloro che li possedevano, e questo perché Dio era
con lui.
Ma nonostante Gesù andasse in giro per il paese dei Giudei
facendo del bene, e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio
del diavolo perché Dio era con lui, ci furono molti che non
credettero in lui, e dissero di lui che era un mangione e un ubriacone,
uno che seduceva le persone, un pazzo, uno che aveva il principe dei
demoni e mediante di esso cacciava i demoni, un peccatore perché
violava il sabato, un bestemmiatore perché chiamava Dio suo
Padre e si faceva uguale a lui. Calunnie, solo calunnie; perché
Gesù fu un uomo temperato in ogni cosa; un uomo che non cercò
mai il suo interesse come invece fanno i seduttori di menti che insegnano
cose che non dovrebbero per amore di disonesto guadagno; un uomo ripieno
di sapienza, ma non di quella dei principi di questo mondo ma di quella
di Dio misteriosa ed occulta; un uomo ripieno di Spirito Santo che
cacciava i demoni per l'aiuto dello Spirito; un uomo che non violò
mai il Sabato perché in giorno di Sabato è lecito di
fare del bene, è lecito di salvare una persona e lui in quel
giorno faceva proprio questo guarendo coloro che avevano bisogno di
guarigione; un uomo verace che non si fece uguale a Dio per presunzione
ma perché egli era uguale a Dio per natura essendo il suo Unigenito
Figliuolo venuto da presso a Lui. Ma quantunque fosse uguale a Dio,
Egli non reputò una cosa da ritenere con avidità questa
uguaglianza con Dio ma umiliò se stesso prendendo la forma
di servo, divenendo simile ai figliuoli degli uomini. Ecco perché
molti non riconobbero in lui il Figlio di Dio perché si presentò
sotto forma di un umile servo che apparentemente non aveva nulla di
diverso dagli altri uomini.
Queste calunnie naturalmente fecero soffrire Gesù perché
egli si vide rigettato proprio da quelli di casa sua; egli soffrì
come i profeti che erano stati prima di lui i quali erano stati mandati
da Dio al popolo per il suo bene ed invece furono rigettati e calunniati
in ogni maniera quasi che essi cercassero il suo male. Si adempirono
così le parole del profeta Isaia con cui egli aveva definito
il Cristo: "Uomo di dolore, familiare col patire" (Is. 53:3),
e così fu infatti Gesù Cristo.
Tra coloro che rigettarono Gesù ci furono i capi sacerdoti
e i Farisei i quali, avendo disconosciuto lui e le dichiarazioni dei
profeti che si leggevano ogni sabato, deliberarono di pigliarlo e
di farlo morire.
Alcuni giorni
prima della Pasqua, Gesù salì a Gerusalemme entrandovi
montato sopra un asinello. Avvenne proprio in quei giorni che precedevano
la Pasqua che Satana entrò in uno dei discepoli di Gesù,
chiamato Giuda Iscariota, il quale andò dai capi sacerdoti
per darglielo nelle mani. Ed essi rallegratisi di ciò, promisero
di dargli in cambio del denaro, trenta sicli d'argento. Da quel momento
perciò Giuda Iscariota cercava il momento opportuno di tradirlo.
Avvenne così che durante la festa della Pasqua, dopo che Gesù
ebbe mangiato la Pasqua coi suoi discepoli che Giuda uscì da
dove essi erano radunati. Poco dopo venne nell'orto del Getsemani,
dove Gesù intanto era andato coi suoi discepoli per pregare,
con una grande turba che aveva spade e bastoni. Dopo avere ricevuto
il convenuto segnale da parte di Giuda, costoro misero le mani addosso
a Gesù e lo arrestarono; esattamente come avrebbero fatto con
un malfattore. Tutti i suoi discepoli allora lo lasciarono e se ne
fuggirono.
Lo portarono prima davanti al Sinedrio che lo condannò come
reo di morte perché si era dichiarato il Figlio di Dio, e quindi
per bestemmia. Quando i membri del Sinedrio dissero: "È
reo di morte" (Matt. 26:66), gli sputarono in viso e gli diedero
dei pugni; e altri lo schiaffeggiarono, dicendo: "O Cristo profeta,
indovinaci: Chi t'ha percosso?" (Matt. 26:68). Poi, legatolo,
lo menarono dal governatore Ponzio Pilato per chiedergli di crocifiggerlo.
Questi in un primo tempo aveva deliberato di liberarlo perché
non trovava in lui nulla che fosse degno di morte (lo aveva anche
mandato da Erode che in quei giorni si trovava in Gerusalemme il quale
lo aveva schernito coi suoi soldati, ed anche lui non aveva trovato
in Gesù alcuna delle colpe di cui l'accusavano i capi sacerdoti
e gli scribi), ma siccome la moltitudine chiedeva con grande grida
di crocifiggerlo acconsentì a quello che essa chiedeva e perciò
comandò che fosse fatto prima flagellare e poi crocifiggere.
I soldati del governatore lo menarono allora dentro il pretorio e
lo vestirono di porpora, gli misero sul capo una corona di spine,
una canna nella mano destra, e prostratisi davanti a lui lo beffavano
dicendo: Salve, re dei Giudei! e gli percuotevano il capo con la canna
e gli sputavano addosso.
Dopo averlo spogliato della porpora e rivestito dei suoi vestimenti
lo menarono fuori al luogo detto Golgota, dove lo inchiodarono sulla
croce affinché si adempissero le parole: "M'hanno forato
le mani e i piedi" (Sal. 22:16), in mezzo a due malfattori e
questo affinché si adempissero le parole di Isaia: "E'
stato annoverato fra i trasgressori" (Is. 53:12).
Mentre era appeso sulla croce i soldati presero le sue vesti e ne
fecero quattro parti affinché ognuno di loro ne avesse una
parte, mentre la tunica la tirarono a sorte per sapere a chi toccherebbe;
questo avvenne affinché si adempisse la Scrittura: "Spartiscon
fra loro i miei vestimenti e tirano a sorte la mia veste" (Sal.
22:18).
Un'altra cosa che avvenne mentre Gesù era appeso sulla croce
agonizzante fu che lui venne schernito da coloro che passavano di
là e dai capi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani i quali
gli dicevano: "Ha salvato altri e non può salvar se stesso!
Da che è il re d'Israele, scenda ora giù di croce, e
noi crederemo in lui. S'è confidato in Dio; lo liberi ora,
s'Ei lo gradisce, poiché ha detto: Son Figliuol di Dio"
(Matt. 27:42-44); e questo avvenne affinché si adempissero
le parole di Davide: "Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga
il labbro, scuote il capo, dicendo: Ei si rimette nell'Eterno; lo
liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce" (Sal. 22:7-8),
ed ancora: "Apron la loro gola contro a me, come un leone rapace
e ruggente" (Sal. 22:13).
Prima che Gesù spirasse gridò: "Elì, Elì,
lamà sabactanì? cioè: Dio mio, Dio mio, perché
mi hai abbandonato?" (Matt. 27:46), e in quel momento uno degli
astanti corse a prendere una spugna e inzuppatala d'aceto e postala
in cima ad una canna gli diè da bere. Questo avvenne affinché
si adempisse quello che era stato detto da Davide: "Nella mia
sete, m'han dato a ber dell'aceto" (Sal. 69:21).
Dopo che Gesù spirò, i soldati vennero a fiaccare le
gambe a coloro che erano sulla croce, fiaccarono le gambe ai due che
erano stati crocifissi con lui, ma a Gesù non gliele fiaccarono,
perché lo videro già morto, affinché si adempisse
la Scrittura che dice: "Niun d'osso d'esso sarà fiaccato"
(Giov. 19:36; Sal. 34:20). Quella sera si adempì anche la Scrittura:
"Ed essi riguarderanno a me, a colui ch'essi hanno trafitto"
(Zacc. 12:10).
Ma perché
morì Gesù Cristo? "Egli è stato trafitto
a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre
iniquità" (Is. 53:5), dice Isaia. Quindi la sua morte
sulla croce, voluta e decretata dai Giudei ed eseguita materialmente
dai Gentili, non fu altro che l'adempimento delle parole del profeta
Isaia. E perciò diciamo che fu Dio che fece sì che i
Giudei e i Gentili si mettessero assieme contro il suo Unto per ucciderlo
e questo affinché con la sua morte egli ci liberasse dal peccato.
Vediamo ora di spiegare questo concetto molto importante. Il peccato
è entrato nel mondo tramite un uomo solo di nome Adamo e questo
peccato è passato su tutti gli uomini, per cui tutti hanno
peccato. Ma che cosa rende forte il peccato nell'uomo? La legge, perché,
come dice Paolo, essa è "la forza del peccato" (1
Cor. 15:56). Sempre Paolo spiega questo quando dice che: "Il
peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, mi
trasse in inganno; e, per mezzo d'esso, m'uccise" (Rom. 7:11),
in altre parole il peccato fa leva sulla legge per portare la morte
nell'uomo. La legge è sì buona e santa, ma il peccato
si usa di essa proprio per cagionare la morte nell'uomo. Per fare
un paragone, è come se un omicida si usasse di un pezzo di
legno fatto da Dio per uccidere un altro uomo. Chi ammazza non è
il legno fatto da Dio e buono in se stesso, ma l'omicida che si usa
di esso per adempiere il suo criminoso disegno. Così il peccato
omicida si usa della legge, data da Dio ad Israele e perciò
buona, per uccidere spiritualmente le persone. Quindi occorreva annullare
il peccato, cioè spogliarlo del suo potere che aveva sull'uomo.
E GESÙ HA FATTO PROPRIO QUESTO CON IL SUO SACRIFICIO, HA ANNULLATO
IL PECCATO; LO HA POTUTO FARE QUESTO PERCHÉ EGLI SI È
CARICATO DELLE NOSTRE INIQUITÀ MORENDO SULLA CROCE PER NOI
TUTTI. Ecco
perché chi crede in lui viene affrancato dal peccato, perché
Gesù sulla croce ha crocifisso il suo (di chi crede) vecchio
uomo. Quindi il credente in Cristo è morto con Cristo al peccato;
e di conseguenza la legge ha cessato di dominarlo perché la
legge signoreggia l'uomo solo mentre egli vive e non anche dopo che
è morto. Ed il credente mediante il corpo di Cristo è
morto alla legge, a quella cioè che lo teneva soggetto a schiavitù,
per appartenere ad un altro, cioè a colui che è risorto
dai morti.
Dopo che
Gesù spirò sulla croce, venne un certo Giuseppe d'Arimatea
che era un uomo ricco e che era diventato anch'egli discepolo di Gesù,
il quale chiesto il corpo a Pilato, prese il corpo di Gesù,
lo avvolse in un panno lino netto e lo depose nella sua tomba che
aveva fatta scavare lì nei pressi, e nella quale ancor nessuno
era stato posto. Fu così che si adempì quell'altra Scrittura
che dice: "Gli avevano assegnata la sepoltura fra gli empi, ma
nella sua morte, egli è stato col ricco" (Is. 53:9).
Ma il terzo giorno Dio lo risuscitò dai morti perché
era impossibile che Cristo fosse ritenuto dalla morte; ed anche la
sua risurrezione era stata preannunziata da Dio nella sua parola infatti
Davide aveva detto: "Tu non lascerai l'anima mia nell'Ades, e
non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione" (Atti 2:27).
E' chiaro che qui Davide non parlò di lui perché il
suo corpo rimase nel sepolcro e vide la corruzione, ma parlò
della risurrezione del Cristo, di uno dei suoi discendenti, perché
lui sapeva che Dio gli aveva promesso con giuramento che lo avrebbe
fatto sedere sul suo trono in eterno secondo che è scritto:
"L'Eterno ha fatto a Davide questo giuramento di verità,
e non lo revocherà: Io metterò sul tuo trono un frutto
delle tue viscere" (Sal. 132:11).
Dopo che
Gesù risuscitò si fece vedere da quelli che egli aveva
scelti, mangiò e bevve con loro, e discusse con loro delle
cose relative al regno di Dio e diede loro dei comandamenti; dopodiché
fu assunto in cielo alla destra della Maestà e questo affinché
si adempissero le parole di Davide: "L'Eterno ha detto al mio
Signore: Siedi alla mia destra finché io abbia fatto dei tuoi
nemici lo sgabello dei tuoi piedi" (Sal. 110:1). E dal cielo,
a suo tempo, egli tornerà con gloria e potenza.
Ravvediti
e credi in Lui
Una delle cose che
Gesù prima di essere assunto in cielo ordinò di fare fu quella di
predicare nel suo nome agli uomini il ravvedimento e la remissione dei peccati
(cfr. Luca 24:46-47). Questo è quello che fecero gli apostoli dopo che
lui fu assunto in cielo, e questo è quello che facciamo noi oggi a distanza
di quasi duemila anni in obbedienza all'ordine di Cristo Gesù.
Ti esortiamo quindi nel nome di Cristo a pentirti dei tuoi peccati e a credere
in Gesù Cristo, perché SOLO MEDIANTE LA FEDE IN LUI PUOI OTTENERE
LA REMISSIONE DEI TUOI PECCATI secondo che è scritto: "Di lui attestano
tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remissione dei peccati mediante
il suo nome" (Atti 10:43). Gesù Cristo infatti ha l'autorità
di rimettere agli uomini i loro peccati, come l'aveva quando era sulla terra (cfr.
Mar. 2:5-11), perché egli è il Figlio di Dio, e questo egli fa PERSONALMENTE
verso coloro che credono in lui. Non c'è dunque bisogno di nessun altro
mediatore tra Dio e gli uomini, oltre a Gesù Cristo, al fine di ottenere
la remissione dei propri peccati. Te lo ripetiamo: nessuno (cfr. 1 Tim. 2:5-6).
Credi nel nome del Figliuolo di Dio e otterrai la remissione dei tuoi peccati.
E non solo, otterrai anche la vita eterna secondo che è scritto: "Chi
crede ha vita eterna" (Giov. 6:48), per cui SARAI SICURO che quando morirai
andrai in paradiso - un luogo celeste meraviglioso dove non c'è nè
dolore nè pianto e dove regna la pace (cfr. 2 Cor. 12:2-4; Giob. 25:2)
- e comincerai perciò ad avere il desiderio di partire dal corpo e abitare
con il Signore in Paradiso (cfr. Fil. 1:23; 2 Cor. 5:8). Non
indugiare, non posticipare questa decisione a domani o a qualche altro giorno
(cfr. 2 Cor. 6:2), potrebbe essere troppo tardi per farlo perché all'improvviso
potresti morire senza avere neppure il tempo di pentirti e credere in Gesù
e te ne andresti direttamente all'inferno - un luogo orribile che esiste nel cuore
della terra dove arde il fuoco e le anime dei peccatori soffrono dei tormenti
atroci e terribili (cfr. Luca 16:24) - senza avere più per tutta l'eternità
un'altra opportunità di pentirti e credere in Gesù. Questa è
infatti la fine che aspetta tutti coloro che non si ravvedono e non credono in
Gesù Cristo (Sal. 9:17).
Due vie stanno dinnanzi a te: quella del peccato che mena all'inferno e sulla
quale ti trovi, e quella santa che mena in paradiso sulla quale ci troviamo noi
per la grazia di Dio e che ti abbiamo indicato: abbandona la via del peccato e
incamminati per la via santa, e non te ne pentirai giammai perché è
scritto che del ravvedimento che mena alla salvezza non c'è mai da pentirsi
(cfr. 2 Cor. 7:10).
Si vedano anche:
Qual
è il messaggio del Vangelo di Cristo?
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