Il cammino cristiano




Il Codice Da Vinci

 

Il Codice Da Vinci - verità e bugie

© 2003 Morley Editoriali Group, Inc., the publisher of Crisis Magazine

(Traduzione di Giuseppe Tria - Testo integrale 8 di "Crisis", settembre 2003 - Le citazioni letterali del libro di Brown sono tratte dalla traduzione italiana: Dan Brown, Il Codice Da Vinci, Mondadori 2003.)


"Il Graal", riprese Langdon, "simboleggia la dea perduta. Quando è giunto il cristianesimo, le vecchie religioni pagane non si sono lasciate uccidere facilmente. Le leggende dei cavalieri alla ricerca del Graal perduto erano in realtà storie di ricerche proibite per ritrovare il femminino sacro perduto. I cavalieri che affermavano di "cercare il calice" parlavano in codice per proteggersi da una Chiesa che aveva soggiogato le donne, bandito la dea, bruciato i non credenti e proibito il rispetto pagano per il femminino sacro". (Il Codice Da Vinci, trad. it., p. 280)

Il Santo Graal è la metafora preferita per indicare un obiettivo desiderabile ma difficile da conseguire, dalla mappa del genoma umano alla Stanley's Cup. Sebbene il Graal originale — la coppa che si dice utilizzata da Gesù durante l’Ultima Cena — normalmente occupi le pagine del romanzo arturiano, il recente mega-best seller di Dan Brown, Il Codice Da Vinci, lo strappa dal reame della storia esoterica.

Tuttavia il suo libro è ben più che la storia di una ricerca del Graal. Brown reinterpreta totalmente la leggenda del Graal. Nel fare questo, Brown capovolge l’intuizione che il corpo della donna sia simbolicamente un contenitore e rende un contenitore simbolicamente un corpo di donna. E quel contenitore ha un nome che ogni cristiano riconoscerà, perché Brown afferma che il Sacro Graal era in realtà Maria Maddalena. Essa era il recipiente che conteneva il sangue di Gesù Cristo nell’utero, partorendone il figlio.

Nel corso dei secoli, i custodi del Graal hanno vigilato sulla vera (e continua) discendenza di Cristo e i sui resti della Maddalena, non su un recipiente materiale. Perciò Brown sostiene che "la ricerca del Santo Graal è […] la ricerca del luogo dove inginocchiarsi davanti alle ossa di Maria Maddalena", una conclusione che avrebbe sicuramente sorpreso Sir Galahad e gli altri cavalieri del Graal che pensavano di cercare il calice dell’Ultima Cena.

Il Codice Da Vinci si apre con il macabro omicidio del curatore del Louvre all’interno del museo. Il crimine coinvolge l’eroe Robert Langdon, uno sportivo professore di simbologia proveniente da Harvard, e la nipote della vittima, Sophie Nevue, crittologa dai capelli rossi. Insieme allo storico milionario zoppo Leigh Teabing fuggono da Parigi a Londra un passo in anticipo sulla polizia e su un pazzo "monaco" albino dell’Opus Dei di nome Silas, che non si fermerà di fronte a nulla per impedire loro di trovare il "Graal".

Ma nonostante il ritmo frenetico, in nessun punto all’azione viene permesso di interferire con una buona lezione. Prima che la storia si ritrovi al punto di partenza al Louvre, i lettori affrontano un fuoco di fila di codici, enigmi, misteri, e cospirazioni.

Con il suo principio affermato due volte, "a tutti piacciono i complotti", Brown rievoca la famosa autrice che creava il suo prodotto studiando le caratteristiche dei dieci best-seller precedenti. Sarebbe troppo facile criticarlo per i personaggi sottili come una copertina di plastica, per la prosa indistinta e per l’azione improbabile. Ma Brown non sta tanto scrivendo malamente quanto scrivendo in un modo particolare, calcolato al meglio per attirare il pubblico femminile (le donne, dopo tutto, comprano la maggior parte dei libri della nazione). Ha coniugato una trama da thriller a una tecnica romanzesca. Notate come ogni personaggio sia un tipo estremo… brillante senza sforzo, untuoso, sinistro, o psicotico quando necessario, che si muove su sfondi lussuosi ma curiosamente piatti. Evitando la violenza e la ginnastica da camera da letto, mostra solo un breve bacio e un rito sessuale eseguito da una coppia sposata. Le allusioni spinte sono sfuggenti benché il testo indugi su qualche sanguinosa mortificazione dell’Opus Dei. In breve, Brown ha costruito un romanzo perfetto per un club di libri per signore.

La mancanza di serietà di Brown si rivela nei giochi (1) che fa con i nomi dei suoi personaggi — Robert Langdon, "professore alto di chiara fama" (distinto e virile); Sophie Nevue, "Nuova Eva della sapienza"; l’irascibile e taurino detective Bezu Fache, "collera di zebù". Il servo che guida verso di loro la polizia è Legaludec, "duce legale". Il curatore assassinato trae il cognome, Saunière, da un vero prete cattolico le cui buffonerie esoteriche diffusero l’interesse verso il segreto del Graal. Come scherzo nascosto, Brown inserisce perfino il suo editore nella vita reale (Faukman è Kaufman).

Mentre l’ampio uso delle formule romanzesche può essere il segreto della celebrità di Brown, il suo messaggio anti-cristiano non può avergli fatto male nei circoli editoriali: Il Codice Da Vinci ha debuttato in cima alla lista dei best-seller del New York Times. Manipolando il suo pubblico mediante le convenzioni della scrittura romanzesca, Brown invita i lettori a identificarsi con i suoi personaggi eleganti e fascinosi che hanno visto oltre le imposture dei chierici che nascondono la "verità" su Gesù e sua moglie. La bestemmia viene pronunciata con voce pacata e ridendo sommessamente: "Tutte le religioni del mondo sono basate su falsificazioni".

Ma anche Brown ha i suoi limiti. Per schivare le accuse di fanatismo, include un crescendo di trucchi che assolve la Chiesa Cattolica dall’assassinio. E benché presenti il cristianesimo come falso in radice, è disposto a "tollerarlo" per la sua opera caritativa.

(Naturalmente, il cristianesimo cattolico diventerà anche più tollerabile una volta che il nuovo papa liberale eletto nel precedente romanzo di Brown con protagonista Langdon, Angeli & Demoni, abbandonerà gli insegnamenti fuori moda... "Le leggi del terzo secolo non si possono più applicare ai moderni seguaci di Cristo", dice uno dei cardinali progressisti del libro).


Da dove tra tutto questo?

In realtà Brown cita le sue fonti principali all’interno del testo del suo romanzo. Uno è un classico della cultura femminista accademica: I vangeli gnostici di Elaine Pagels. Le altre sono storie esoteriche popolari: La Rivelazione dei templari. Guardiani segreti della vera identità di Cristo di Lynn Picknett e Clive Prince; Il Santo Graal di Michael Baigent, Richard Leigh, e Henry Lincoln; La Dea nei Vangeli. La rivendicazione del femminino sacro e La Donna dalla giara di alabastro. Maria Maddalena e il Santo Graal, entrambi di Margaret Starbird. (i libri della Starbird, che si dice cattolica, sono stati pubblicati da Matthew Fox’s outfit, Bear & Co.). Un’altra influenza, almeno in seconda battuta, è L’Enciclopedia Femminile dei Miti e dei Segreti di Barbara G. Walker.

L’uso di fonti talmente inaffidabili pregiudica le pretese intellettuali di Brown. Ma la cosa ha apparentemente ingannato almeno alcuni dei suoi lettori: il revisore dei libri dei New York Daily News ha strombazzato: "La sua ricerca è impeccabile".

Tuttavia, nonostante le arie da studioso di Brown, uno scrittore che pensa che i Merovingi abbiano fondato Parigi e dimentica che i papi un tempo vivevano ad Avignone, è difficile sia un ricercatore modello. E che affermi che la Chiesa abbia bruciato cinque milioni di donne in quanto streghe mostra un’ignoranza intenzionale — e in malafede — del dato storico. Le ultime cifre delle morti durante la caccia alle streghe in Europa vanno da 30.000 a 50.000 vittime. Non tutte furono eseguite dalla Chiesa, non tutte erano donne, e non tutte furono bruciate. L’affermazione di Brown secondo cui dai cacciatori di streghe venivano scelte le donne istruite, le sacerdotesse e le levatrici non solo è falsa, ma tradisce le sue fonti bendisposte nei confronti della dea.


Una moltitudine di errori

Il Codice Da Vinci è talmente pieno di errori che il lettore istruito applaude in realtà quelle rare occasioni dove Brown (suo malgrado) incespica nella verità. Qualche esempio della sua "impeccabile" ricerca: Brown sostiene che i movimenti del pianeta Venere tracciano un pentacolo (il cosiddetto pentagramma di Ishtar) che simboleggia la dea. Tuttavia esso non è una figura perfetta e nulla ha a che fare con la durata dell’Olimpiade. Gli antichi Giochi Olimpici venivano celebrati in onore di Zeus olimpico, non di Afrodite, e si svolgevano ogni quattro anni.

Erronea è anche l’affermazione di Brown secondo la quale i cinque anelli congiunti dei moderni Giochi Olimpici sono un segreto tributo alla Dea: ad ogni serie dei giochi si supponeva di aggiungere un anello al disegno ma gli organizzatori si fermarono a cinque. E sono semplicemente ridicoli i suoi sforzi di leggere la propaganda in favore della Dea nell’arte, nella letteratura, e anche nei cartoni animati Disney.

Nessun dato è troppo dubbio per essere incluso, e la realtà viene accantonata velocemente. Per esempio, il vescovo dell’Opus Dei incoraggia il suo albino assassino raccontandogli che anche Noè era un albino (una nozione tratta dal non-canonico 1 Enoch 106:2). Tuttavia l’albinismo in qualche modo non interferisce con la vista dell’uomo come dovrebbe fisiologicamente.

Ma un esempio molto più importante è il trattamento di Brown dell'architettura gotica come uno stile pieno di simboli di culto verso la Dea e di messaggi in codice per confondere i non iniziati. Basandosi sull’affermazione di Barbara Walzer che "come un tempio pagano, la cattedrale gotica rappresenta il corpo della Dea", La rivelazione dei Templari afferma: "Il simbolismo sessuale è presente anche nelle grandi cattedrali gotiche, la cui costruzione fu promossa dai Templari. Elementi caratteristici [...] rappresentano elementi anatomici femminili: l'arco, che introduce i visitatori nel corpo della Chiesa Madre, evoca la vulva". Nel Codice Da Vinci, questi sentimenti sono trasformati nella spiegazione da parte di un personaggio di come la "lunga navata vuota della cattedrale fosse un segreto tributo pagano all’utero femminile […] completa di escrescenze labiali incassate e di un clitoride floreale a cinque petali al di sopra del portale".

Queste osservazioni non possono essere accantonate come opinioni del "cattivo"; Langdon, l’eroe del libro, si riferisce alle sue conferenze a Chartres sul simbolismo della Dea.

Questa bizzarra interpretazione tradisce la non conoscenza del reale sviluppo o della costruzione dell’architettura gotica, e correggere gli innumerevoli errori diventa un noioso esercizio: I Templari nulla avevano a che fare con le cattedrali del loro tempo, che furono commissionate dai vescovi e dai loro canonici in tutta Europa. Essi erano uomini illetterati senza alcuna arcana conoscenza della "geometria sacra" tramandata dai costruttori di piramidi. Non dominavano gli stessi strumenti sui loro progetti, né fondarono corporazioni di massoni per costruirne per altri. Non tutte le loro chiese erano rotonde, né la rotondità era un insulto di sfida alla Chiesa. Piuttosto che essere un tributo al divino feminino, le loro chiese circolari onoravano la Chiesa del Santo Sepolcro.

In realtà guardando le chiese gotiche e quelle che le precedettero l’idea del simbolismo femminile si sgonfia. Le grandi chiese medievali tipicamente avevano tre porte frontali a ovest più triple entrate ai loro transetti a nord e a sud (quale parte dell'anatomia femminile rappresenta il transetto? o la volta della navata centrale di Chartres?). Le chiese romaniche — incluse quelle che precedono la fondazione dei Templari — hanno bande decorative simili che si inarcano sopra le entrate. Sia le chiese gotiche che quelle romaniche hanno ereditato dalle basiliche tardoantiche la navata lunga e rettangolare, derivata fondamentalmente dagli edifici pubblici romani. Né Brown né tantomeno le sue fonti considerano quale simbolismo coglievano nello schema di una chiesa ecclesiastici medievali come Suger di St.-Denis o Guillaume Durand. Certamente non culto nei confronti della Dea.


Affermazioni false

Se quanto sopra sembra uno schiacciatesta inflitto a un moscerino, i colpi sono necessari per dimostrare la totale falsità del materiale di Brown.

Le sue volontarie distorsioni della storia documentata si accoppiano più che bene con le sue strambe affermazioni su argomenti controversi. Ma per un postmodernista una costruzione della realtà vale l’altra.

L’approccio di Brown sembra consistere nel raccogliere ampie sezioni delle sue fonti e scuoterle insieme in una insalata di storia. Da Il Santo Graal Brown prende il concetto del Graal come metafora del lignaggio sacro spezzando arbitrariamente un termine francese medievale, Sangraal (Santo Graal), in sang (sangue) e raal (reale). Questo santo sangue, secondo Brown, discendeva direttamente da Gesù e da sua moglie, Maria Maddalena, alla dinastia Merovingia nei tempi bui della Francia, sopravvivendo alla sua caduta per persistere in diverse famiglie francesi moderne, inclusa quella di Pierre Plantard, uno dei capi del misterioso Priorato di Sion. Il Priorato — un’organizzazione reale registrata ufficialmente dal governo francese nel 1956 — fa affermazioni straordinarie riguardo la propria antichità come il "vero" potere dietro i Cavalieri Templari. Con ogni probabilità sorse dopo la seconda guerra mondiale e fu portato per la prima volta a pubblica conoscenza nel 1962. Ad eccezione del regista Jean Cocteau, la sua illustre lista di Gran Maestri — che include Leonardo da Vinci, Isaac Newton, e Victor Hugo — non è credibile, benché presentata come vera da Brown.

Brown non accetta una motivazione politica per le attività del Priorato. Al contrario, accoglie l’idea della Rivelazione dei templari dell’organizzazione come un culto di adoratori segreti della Dea che hanno conservato l’antica saggezza gnostica e i ricordi dell’autentica missione di Cristo, che se resi pubblici rovescerebbero completamente il cristianesimo. In maniera significativa, Brown omette il resto delle tesi del libro che vedono Cristo e Maria Maddalena, partner sessuali senza essere sposati, che eseguono i misteri erotici di Iside. Forse anche un pubblico di massa credulone ha i suoi limiti.

Da Il Santo Graal e dalla Rivelazione dei templari, Brown trae una visione negativa della Bibbia e un’immagine fortemente distorta di Gesù, che non è né il Messia né un umile carpentiere ma un ricco, istruito maestro religioso deciso a riconquistare il trono di Davide. Le sue credenziali sono amplificate dalla sua relazione con la ricca Maddalena che porta il sangue reale di Beniamino: "Quasi tutto ciò che i nostri padri ci hanno insegnato a proposito di Cristo è falso", si lamenta uno dei personaggi di Brown.

Tuttavia è la cristologia di Brown a essere falsa, e lo è ciecamente. Brown pretende che l’attuale Nuovo Testamento sia una falsificazione post-costantiniana che ha soppiantato le vere narrazioni ora rappresentate solo dai sopravviventi testi gnostici. Afferma che Cristo non fu considerato divino fino al Consiglio di Nicea che lo votò in questo modo nel 325 agli ordini dell’imperatore. Poi Costantino — adoratore del sole per tutta una vita — ordinò che tutti i testi scritturistici più antichi fossero distrutti, ed è per questo che nessuna serie completa di Vangeli è anteriore al quarto secolo. I cristiani in qualche modo non riuscirono ad accorgersi dell’improvviso e drastico cambiamento nella loro dottrina.

Ma secondo lo specioso ragionamento di Brown, neanche il vecchio Testamento può essere autentico perché le Scritture ebraiche complete non sono più vecchie di un migliaio di anni. E i testi tuttavia furono trasmessi così accuratamente che si adattano bene ai rotoli del mar Morto anteriori di mille anni. L’analisi delle famiglie testuali, comparazioni di frammenti e citazioni più le correlazioni storiche datano sicuramente i Vangeli ortodossi al primo secolo e indicano come essi siano anteriori rispetto alle contraffazioni gnostiche. (Le Epistole di S. Paolo naturalmente precedono anche i Vangeli).

I documenti della Chiesa Primitiva e la testimonianza dei Padri anteniceani confermano che i cristiani hanno sempre creduto che Gesù fosse il Signore, Dio, e Salvatore, anche quando quella fede significava la morte. I primi canoni parziali delle Scritture risalgono alla fine del secondo secolo e ripudiano già gli scritti gnostici. Per Brown, non è sufficiente attribuire a Costantino la divinizzazione di Gesù. La vecchia adesione dell’imperatore al culto del Sol Invictus si proponeva quindi di riciclare l’adorazione del sole come la nuova fede. Brown ripropone vecchie (e screditate da lungo tempo) accuse da parte di virulenti anticattolici come Alexander Hislop che accusava la Chiesa di perpetuare i misteri babilonesi, e come i razionalisti del XIX secolo che consideravano Cristo solo come un altro dio salvatore morente.

Non sorprende che Brown non perda l’opportunità di criticare il cristianesimo e i suoi patetici seguaci. (La chiesa in questione è sempre la chiesa cattolica, benché il suo "cattivo" in un’occasione si faccia apertamente beffe degli anglicani; di tutte le cose, per il loro aspetto arcigno). Si riferisce in maniera continua e anacronistica alla Chiesa come al "Vaticano", anche quando i papi non vi risiedevano. Rappresenta sistematicamente la Chiesa nel corso della storia come infida, smaniosa di potere, astuta, e omicida: "La Chiesa non può più servirsi dei crociati per ammazzare i non credenti, ma la sua influenza è altrettanto efficace. E altrettanto insidiosa".


Il Culto della Dea e la Maddalena

La cosa peggiore agli occhi di Brown è che l’ostilità della Chiesa nei confronti del piacere, del sesso e della donna abbia soppresso il culto della Dea ed eliminato il femminino sacro. Sostiene che il culto della Dea dominasse universalmente il paganesimo precristiano con lo hieros gamos (matrimonio sacro) come rito centrale. Il suo entusiasmo per i riti di fertilità è l’entusiasmo per la sessualità, non per la procreazione. Cos’altro ci si aspetterebbe da un simpatizzante del catarismo?

In maniera stupefacente, Brown afferma che gli ebrei nel Tempio di Salomone adoravano Yahweh e la sua controparte femminile, la Shekinah, tramite i servigi delle prostitute sacre — probabilmente una versione distorta della corruzione del Tempio dopo Salomone (1 Re 14:24 e 2 Re 23:4-15). Inoltre, egli dice che il tetragramma YHWH deriva da "Jehovah, androgina unione fisica tra il maschile Jah e il nome preebraico di Eva, Havah".

Ma come potrebbe dirvi qualunque studente del primo anno del corso di Scrittura, Jehovah è in realtà una interpretazione del XVI secolo di Yahweh (nome sacro di Dio) usando le vocali di Adonai ("Signore"). Infatti, la Dea non dominava il mondo precristiano: non le religioni di Roma, i suoi sottoposti barbari, l’Egitto, o anche i territori semitici dove lo hieros gamos era un’antica pratica. Nemmeno il culto ellenizzato di Iside pare aver mai incluso il sesso nei suoi riti segreti.

Contrariamente alle affermazioni di Brown, le carte dei Tarocchi non insegnano la dottrina della Dea. Furono inventate per innocenti scopi di gioco nel XV secolo e non acquisirono associazioni occultistiche fino alla fine del XIX secolo. I pacchi di carte da gioco non hanno alcun simbolismo del Graal. L’idea che i diamanti simboleggino i pentacoli è un deliberato stravolgimento dell’occultista britannico A. E. Waite. E il numero cinque — tanto cruciale per gli enigmi di Brown — ha qualche collegamento con la Dea protettrice ma anche con miriadi di altre cose, inclusa la vita umana, i cinque sensi, e le cinque piaghe di Cristo.

Il trattamento di Maria Maddalena da parte di Brown è veramente deludente. Nel Codice Da Vinci, non è una prostituta pentita ma la consorte reale di Cristo e colei che è destinata ad essere il capo della Sua Chiesa, soppiantata da Pietro e diffamata dagli ecclesiastici. Fugge con la sua prole ad ovest verso la Provenza, dove i catari medievali conserverebbero gli insegnamenti originali di Gesù da vivo. Il Priorato di Sion veglia ancora sui suoi resti e sulle sue memorie, portati alla luce dal sotterraneo Santo dei Santi ad opera dei Templari. Il Priorato protegge anche i discendenti di lei, inclusa l’eroina di Brown.

Sebbene molti ancora raffigurino la Maddalena come la peccatrice che unse Gesù e la considerino uguale a Maria di Betania, tale confusione è in realtà opera successiva del Papa S. Gregorio Magno. L’Oriente le ha sempre mantenute separate e ha sempre affermato che la Maddalena, "apostola degli apostoli", morì a Efeso. La leggenda del suo viaggio in Provenza non è anteriore al IX secolo, e i suoi resti non vi furono riportati fino al XIII secolo. I critici cattolici, inclusi i Bollandisti, hanno sfatato la leggenda e distinto le tre donne fin dal XVII secolo.

Brown usa due documenti gnostici, il Vangelo di Filippo e il Vangelo di Maria, per provare che la Maddalena era la "compagna" di Cristo. Brown cita esattamente gli stessi passaggi citati nel Santo Graal e nella Rivelazione dei Templari e raccoglie persino il secondo riferimento dall’Ultima Tentazione di Cristo. Ciò che questi libri tralasciano di menzionare è l’infamante versetto finale del Vangelo di Tommaso. Quando Pietro sogghigna che le "femmine non sono degne della vita", Gesù risponde: "Ecco io la guiderò in modo da farne un maschio.... Perché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli". (traduzione tratta da L. Moraldi, vangeli apocrifi, Piemme, Casale Monferrato 1996; ndr)

Questo è certamente uno strano modo di "onorare" la propria sposa o di esaltare lo status delle donne.


I Cavalieri Templari

Brown allo stesso modo travisa la storia dei Cavalieri del Tempio. Il più vecchio degli ordini religiosi militari, i Cavalieri furono fondati nel 1118 per proteggere i pellegrini in Terra Santa. La loro regola, attribuita a S. Bernardo di Chiaravalle, venne approvata nel 1128 e generose donazioni garantirono a loro supporto numerose proprietà in Europa. Resi ridondanti dopo la caduta nel 1291 dell’ultima fortezza crociata, l’orgoglio e la ricchezza dei Templari — erano anche banchieri — attirò loro profonda ostilità.

Brown attribuisce maliziosamente la soppressione dei Templari al "machiavellico" papa Clemente V, che essi stavano ricattando con il segreto del Graal. La sua "ingegnosa operazione lampo" fece sì che i suoi soldati arrestassero improvvisamente tutti i Templari. Accusati di satanismo, sodomia, e blasfemia, essi furono torturati fino alla confessione e bruciati come eretici, i loro resti "gettati nel Tevere senza tante preoccupazioni".

Ma in realtà, l’iniziativa per distruggere i Templari partì da Re Filippo il Bello, i cui ufficiali reali eseguirono gli arresti nel 1307. Circa 120 Templari furono bruciati dalle corti inquisitoriali locali della Francia per non aver confessato o aver ritrattato la confessione, come avvenne con il Gran Maestro Jacques de Molay. Alcuni Templari patirono la morte altrove sebbene il loro ordine venisse abolito nel 1312. Clemente, un francese debole e malaticcio manipolato dal suo Re, non bruciò nessuno a Roma, in quanto era il primo papa a regnare da Avignone (e tanto basta per le ceneri nel Tevere).

Inoltre, il misterioso idolo di pietra che i Templari furono accusati di adorare è associato alla fertilità solo in una delle oltre cento confessioni. Fu la sodomia la scandalosa — e forse vera — accusa verso l’Ordine, non la fornicazione rituale. I Templari sono stati prediletti dall’occultismo da quando il loro mito di maestri della segreta saggezza e di favolosi tesori cominciò a formarsi verso la fine del XVIII secolo. I frammassoni e perfino i nazisti li hanno acclamati come fratelli. Ora è il turno dei neo-gnostici.


Da Vinci travisato

Le interpretazioni revisioniste di Brown riguardo Leonardo da Vinci sono distorte quanto il resto del suo libro. Sostiene di essersi per la prima volta imbattuto in queste visioni "mentre studiavo storia dell’arte a Siviglia", ma queste corrispondono punto per punto al materiale nella Rivelazione dei Templari. Uno scrittore che vede in un dito puntato un gesto di tagliare la gola, che afferma che la Vergine delle Rocce è stata dipinta per delle suore e non per una confraternita laica maschile, che sostiene che Da Vinci ha ricevuto "centinaia di ricche commissioni da parte della Chiesa" (in realtà solo una… e non fu mai eseguita) è semplicemente inaffidabile.

L’analisi di Brown dell’opera di Leonardo Da Vinci è altrettanto ridicola. Presenta la Monna Lisa come un autoritratto androgino quando è ampiamente noto ritragga una donna reale, Madonna Lisa, moglie di Francesco di Bartolomeo del Giocondo. Il nome non è certamente — come sostiene Brown — un derisorio anagramma delle due divinità egizie della fertilità Amon e L’Isa (in italiano per Isis). Chissà come mai si è lasciato sfuggire la teoria, propugnata dagli autori della Rivelazione dei Templari, che la Sindone di Torino sia un autoritratto fotografato di Leonardo Da Vinci!

Molte delle argomentazioni di Brown sono incentrate intorno all’Ultima Cena di da Vinci, un dipinto che l’autore considera un messaggio in codice che rivela la verità su Gesù e il Graal. Brown sottolinea la mancanza del calice centrale sulla tavola come prova che il Graal non è un recipiente materiale. Ma il dipinto di Leonardo da Vinci mette in scena specificamente il momento in cui Gesù avverte: "Uno di voi mi tradirà" (Giovanni 13:21). Non c’è alcuna narrazione nel Vangelo di S. Giovanni. In esso l’Eucaristia non viene mostrata e la persona seduta accanto a Gesù non è Maria Maddalena (come sostiene Brown) ma S. Giovanni, ritratto come al solito come un giovane effeminato da Leonardo da Vinci, paragonabile al suo S. Giovanni Battista. Gesù si trova esattamente al centro del dipinto, con due gruppi piramidali di tre apostoli su ciascun lato. Sebbene Leonardo da Vinci fosse un omosessuale spiritualmente problematico, è insostenibile l’affermazione di Brown secondo cui egli codificò i suoi dipinti con messaggi anti-cristiani.


Il caos di Brown

Insomma, Dan Brown ha composto uno scritto miserevole, un pasticcio ricercato atrocemente. Perciò, perché prendersi la briga di fare una lettura così ravvicinata di un romanzo senza valore? La risposta è semplice: Il Codice Da Vinci segue la corrente esoterica. Può ben darsi faccia per lo Gnosticismo quello che fece I Misteri di Avalon per il paganesimo: ottenergli l’approvazione popolare. Dopo tutto, quanti lettori inesperti scorgeranno le inesattezze e le menzogne propalate come verità nascoste?

In più, facendo false affermazioni di erudizione, il libro di Brown infetta i lettori con una virulenta ostilità nei confronti del cattolicesimo. Dozzine di libri di storie occultistiche, accuratamente collegate da Amazon.com, seguono la sua scia. E gli scaffali dei librai ora sono zeppi di falsità. Se ne venderebbero pochi senza il collegamento con Il Codice Da Vinci. Se pure l’assalto di Brown alla Chiesa cattolica può essere un complimento ambiguo, ne avremmo fatto volentieri a meno.


(1)
I giochi di parole di Brown sono spesso difficoltosi da tradurre in lingua italiana. Robert Langdon nell'articolo originale viene reso con "bright fame long don”; in "Sophie Nevue" Sandra Miesel vede “wisdom New Eve” (probabilmente un gioco di parole in francese, così come  Bezu Fache). Tuttavia "Langdon" potrebbe essere anche un riferimento a John Langdon, specialista di ambigrammi, cioè parole scritte in modo da essere leggibili allo stesso modo sia dall'alto verso il basso che viceversa. Il sito di Langdon è indicato tra i collegamenti del sito ufficiale di Dan Brown. Anche il nome di uno dei protagonisti, Leigh Teabing, è l'anagramma di Leigh Baigent, cioè i cognomi degli autori de Il Santo Graal, Michael Baigent e Richard Leigh. 

 


 

(Il testo che segue è stato estratto dagli articoli dello studioso M. Introvigne (cesnur.org) e altri autori)


"Il codice da Vinci", il bestseller internazionale di Dan Brown che in 13 mesi ha venduto oltre 7 milioni di copie negli Usa, trasforma il Cristianesimo in una cospirazione segreta gestita per secoli dalla chiesa cattolica romana. Il romanzo, come la pellicola che si rifà ad esso, sostiene la tesi secondo cui la Cristianità è stata fondata su un intrigo elaborato per secoli dalla chiesa cattolica e in particolare dall'Opus Dei (descritta come una setta sadica e omicida) per nascondere che Gesù Cristo fosse in realtà un mortale, che sposò Maria Maddalena ed ebbe figli, i cui discendenti oggi vivrebbero in Francia.


Immaginiamo questo scenario. Esce un romanzo in cui si afferma che il Buddha, dopo l'illuminazione, non ha condotto la vita di castità che gli si attribuisce, ma ha avuto moglie e figli. Che la comunità buddhista dopo la sua morte ha violato i diritti della moglie, che avrebbe dovuto essere la sua erede. Che per nascondere questa verità i buddhisti nel corso della loro storia hanno assassinato migliaia, anzi milioni di persone. Che un santo buddhista scomparso da pochi anni – ad esempio, Daisetz Teitaro Suzuki – era in realtà il capo di una banda di delinquenti. Che il Dalai Lama e altre autorità del buddhismo internazionale operano per mantenere le menzogne sul Buddha servendosi di qualunque mezzo, compreso l'omicidio. Pubblicato, il romanzo non passa inosservato. Autorità di tutte le religioni lo denunciano come un'odiosa mistificazione anti-buddhista e un incitamento allo scontro fra le religioni. In diversi paesi la sua pubblicazione è vietata, fra gli applausi della stampa. Le case cinematografiche, cui è proposta una versione per il grande schermo, cacciano a pedate l'autore e considerano l'intero progetto uno scherzo di cattivo gusto.

Lo scenario non è vero, ma ce n'è uno simile che è del tutto reale. Solo che non si parla di Buddha, ma di Gesù Cristo; non della comunità buddhista, ma della chiesa cattolica; non di Suzuki e del suo ordine zen ma di Josemaría Escrivá (1902-1975) e dell'Opus Dei da lui fondata; non del Dalai Lama ma di Giovanni Paolo II. Il romanzo in questione ha venduto tre milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti, è sbarcato anche in Italia e la Sony ne sta traendo un film, che sarà diretto da Ron Howard e per cui è già cominciata una propaganda internazionale.

Il romanzo Il Codice Da Vinci (trad. it., Mondadori, Milano 2003) mette in scena una caccia al Santo Graal. Quest'ultimo – secondo il romanzo – non è, come la tradizione popolare ha sempre creduto, una coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, ma una persona, Maria Maddalena, la vera "coppa" che ha tenuto in sé il "sang réal" (sangue reale), cioè i figli che Gesù Cristo le aveva dato. Il romanzo spiega inoltre che Gesù Cristo avrebbe affidato a sua moglie Maria Maddalena una chiesa che aveva il compito di proclamare la priorità del principio femminile, e che Cristo non aveva mai preteso di essere Dio. Sarebbe stato l'imperatore Costantino a sopprimere quest'elemento femminile, proclamando che Gesù Cristo era Dio, e facendo ratificare queste sue idee patriarcali, autoritarie e anti-femministe dal Concilio di Nicea. Il progetto presuppone che sia soppressa la verità su Gesù Cristo e sul suo matrimonio, e che la sua discendenza sia soppressa fisicamente. Il primo scopo è conseguito scegliendo quattro vangeli "innocui" fra le decine che esistevano, e proclamando "eretici" gli altri vangeli "gnostici", alcuni dei quali avrebbero messo sulle tracce del matrimonio fra Gesù e la Maddalena. Al secondo, per disgrazia di Costantino e della chiesa cattolica, i discendenti fisici di Gesù si sottraggono e secoli dopo riescono perfino a impadronirsi del trono di Francia con il nome di merovingi. La chiesa cattolica riesce a fare assassinare un buon numero di merovingi dai carolingi, che li sostituiscono, ma nasce un'organizzazione misteriosa, il Priorato di Sion, per proteggere la discendenza di Gesù e il suo segreto. Al Priorato sono collegati i templari (per questo perseguitati) e più tardi anche la massoneria. Alcuni fra i maggiori letterati e artisti della storia sono stati Gran Maestri del Priorato di Sion, e alcuni – fra cui Leonardo da Vinci (1452-1519) – hanno lasciato indizi del segreto nelle loro opere. La chiesa cattolica, nel frattempo, completa la liquidazione del primato del principio femminile con la lotta alle streghe, in cui periscono cinque milioni di donne. Ma tutto è vano: il Priorato di Sion sopravvive, così come i discendenti di Gesù in famiglie che portano i cognomi Plantard e Saint Clair.

Secondo l'autore del romanzo, Dan Brown, quanto abbiamo riassunto fin qui rispecchia esattamente e letteralmente la realtà ed è basato su documenti inoppugnabili. La parte che anche l'autore presenta come immaginaria ipotizza che il Priorato oggi si appresti a rivelare il segreto al mondo tramite il suo ultimo Gran Maestro, un curatore del Museo del Louvre che si chiama Jacques Saunière. Per impedire che questo avvenga, Saunière e i suoi principali collaboratori sono assassinati. Uno studioso di simbologia americano, Robert Langdon, è sospettato dei crimini, ma una criptologa che lavora per la polizia di Parigi – Sophie Neveu, la nipote di Saunière – crede nella sua innocenza e lo aiuta a fuggire. Il lettore è indotto a credere che responsabile degli omicidi sia l'Opus Dei. Tra morti ammazzati, enigmi e inseguimenti Robert Langdon e Sophie – tra cui nasce anche l'inevitabile storia d'amore – finiscono per scoprire la verità: la tomba della Maddalena è nascosta sotto la piramide del Louvre, voluta dall'esoterista e massone presidente francese Mitterrand, ma il sang réal scorre nelle vene della stessa Sophie, che è dunque l'ultima discendente di Cristo...

Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Ci sono testi del primo secolo dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio. All'epoca del Canone Muratoriano (che risale circa al 190 d.C.) il riconoscimento dei quattro Vangeli come canonici e l'esclusione dei testi gnostici era un processo che si era sostanzialmente completato, novant'anni prima che Costantino nascesse. La cifra di cinque milioni di streghe bruciate dalla chiesa cattolica è del tutto assurda. L'idea stessa di un "codice Da Vinci" nascosto nelle opere dell'artista italiano è stata definita "assurda" dalla professoressa Judith Veronica Field, docente alla University of London e presidentessa della Leonardo Da Vinci Society (cfr, fra i molti riferimenti, Gary Stern, "Expert Dismiss Theories in Popular Book", The Journal News, 2.11.2003).

Inoltre, chi conosca un poco la storia delle mistificazioni sul Graal sa che nel Codice Da Vinci c'è ben poco di nuovo: tutto è già stato detto in centinaia di libri su Rennes-le-Château, e – benché il nome di questa località francese non sia mai menzionato nel romanzo di Brown – i cognomi Saunière e Plantard fanno chiaramente riferimento alle stesse vicende.
Rennes-le-Château è un paesino francese del dipartimento dell'Aude, ai piedi dei Pirenei orientali, nella zona detta del Razès. La popolazione si è ridotta a una quarantina di abitanti, ma ogni anno i turisti sono decine di migliaia. Dal 1960 a oggi a Rennes-le-Château sono state dedicate oltre cinquecento opere in lingua francese, almeno un paio di best seller in inglese e un buon numero di titoli anche in italiano. Se ne parla anche in film, e in fumetti di culto, come Preacher o The Magdalena. Il paesino si trova all'interno di quel "paese cataro", cioè della zona dove l'eresia dei catari ha dominato la regione ed è sopravvissuta fino al XIII secolo, che una sapiente promozione ha reso in anni recenti una delle più ambite mete turistiche francesi. Rennes-le-Château rimarrebbe però una nota a piè di pagina nel ricco turismo "cataro" contemporaneo se del paese non fosse diventato parroco, nel 1885, don Berenger Saunière (1852-1917), il quale tra l'altro nutriva interessi esoterici e scandalizzò il paese con una serie di scavi nella cripta e nel cimitero. È a lui che fanno riferimento tutte le leggende su Rennes-le-Château.


Negli anni 1960 le leggende diffuse da Corbu su scala locale acquistano fama nazionale dopo avere attirato l'attenzione di esoteristi – fra cui Pierre Plantard (1920-2000), che aveva animato in precedenza il gruppo Alpha Galates – e di giornalisti interessati ai misteri esoterici come Gérard de Sède, che pubblica nel 1967 L'or de Rennes. Tre autori inglesi di esoterismo popolare – Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln – si incaricheranno di elaborare ulteriormente le sue idee, trasformandole in una vera industria editoriale (grazie anche alla BBC, che batte la grancassa) avviata con la pubblicazione, nel 1979, de Il Santo Graal. Secondo de Sède e i suoi continuatori inglesi, il parroco aveva scoperto il segreto di Rennes-le-Château, dove sarebbe depositato un tesoro favoloso. Nel paesino pirenaico esisterebbero i documenti in grado di provare che Gesù Cristo aveva avuto figli da Maria Maddalena, e che questi figli hanno il diritto divino di regnare sulla Francia e sul mondo intero. Il Codice Da Vinci si limita a ripetere questa affermazioni. Per prudenza, afferma Plantard, la discendenza dei merovingi da Gesù Cristo sarebbe sempre stata mantenuta come un segreto noto a pochi. Ma i catari, i templari, i grandi iniziati avrebbero lasciato trapelare di tanto in tanto qualche indizio.

Oggi, naturalmente, un Priorato di Sion esiste. È fondato nel 1956 da Pierre Plantard (che si fa chiamare anche "Plantard de Saint Clair", inventandosi un titolo nobiliare di fantasia che è alle origini delle affermazioni de Il Codice Da Vinci secondo cui anche "Saint Clair" è un cognome "merovingio"), con tanto di atto notarile e carte da bollo. Plantard ha lasciato intendere di essere egli stesso un discendente dei merovingi e il custode del Graal. La prova che il Priorato esiste da mille anni dovrebbe consistere nel nome di un piccolo ordine medievale chiamato Priorato di Sion. Questo è effettivamente esistito (e finito), ma non c'entra nulla né con i merovingi né con presunti discendenti di Cristo. È difficile non concludere che il collegamento fra Rennes-le-Château, i merovingi e il Priorato di Sion è puramente leggendario, e che il Priorato è un'organizzazione esoterica le cui origini non vanno al di là dell'esperienza di Plantard e dei suoi collaboratori. Non è esistito nessun Priorato di Sion (nel senso in cui oggi se ne parla) prima dell'arrivo di Plantard a Rennes-le-Château. Ora, naturalmente esiste: ma solo dal 1956.

Nella prima pagina de Il Codice Da Vinci si afferma che tutta la storia è confermata da documenti inoppugnabili ritrovati nel 1975 nella Biblioteca Nazionale di Parigi. I documenti, però, sono stati "ritrovati" dalle stesse persone che li avevano nascosti nella Biblioteca Nazionale di Parigi: Plantard e i suoi amici. Ed è certissimo che non si tratta di documenti antichi ma di falsi moderni. Nessun "documento", dunque. Solo fantasie anti-cristiane, buone per vendere romanzi più o meno mal scritti, ma che dal punto di vista storico sono da considerare autentica spazzatura.


Molti ministri di culto cristiani hanno dichiarato al New York Times di essere indignati dai passaggi del libro che celebrano l'anticlericalismo, il femminismo religioso e le forme pagane di culto. Essi sostengono che Brown non ha fatto altro che sfruttare l'erosione di fiducia nei confronti della chiesa romana, estendendola a tutto il cristianesimo.
Nel prologo al suo libro, Brown sostiene che "tutte le descrizioni di documenti e riti segreti nel libro sono accurati". Ma il suo libro ripropone le stesse tesi di un altro best seller, "Holy Blood, Holy Grail", pubblicato nel 1980 e basato su documenti rinvenuti nella Bibliotheque Nationale de France, che sono poi risultati falsi.




Domande e risposte


Il Codice Da Vinci è solo un romanzo: perché criticarlo come se fosse un’opera storica?

Chi pone questa domanda di solito non ha letto la pagina de Il Codice Da Vinci intitolata Informazioni storiche, dove l’autore Dan Brown afferma che «tutte le descrizioni [...] di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà» e si fondano in particolare sul fatto che «nel 1975, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono state scoperte alcune pergamene, note come Les Dossiers Secrets» con la storia del Priorato di Sion.
Forse in risposta alle molte controversie, a partire dalla sesta ristampa la pagina Informazioni storiche - pagina 9 dell’edizione italiana Mondadori - era sparita, sostituita da una pagina 9 interamente bianca: ma naturalmente rimaneva nell’edizione inglese, e nelle prime sei tirature italiane in possesso di un numero relativamente ristretto di «fortunati». Forse dopo che chi scrive ha fatto reiteratamente notare la curiosa sparizione di pagina 9 in Italia nel corso di trasmissioni radiofoniche e televisive, questa è «miracolosamente» ricomparsa.

Ma queste pergamene, note come Les Dossiers Secrets, esistono davvero?

Presso la Bibliothèque Nationale di Parigi sono stati non «scoperti» ma depositati nel 1967, non nel 1975, Les Dossiers secrets de Henri Lobineau. Non si tratta di pergamene ma di testi che parlano del modo di interpretare certe pergamene, le quali non erano allora né sono adesso alla Biblioteca Nazionale di Parigi, ma erano state consegnate da Pierre Plantard (1920-2000), insieme a un suo manoscritto, a un autore di libri popolari sui «misteri della Francia», Gérard de Sède (1921-2004), che avrebbe poi rielaborato e pubblicato il manoscritto come L’Or de Rennes ou la Vie insolite de Bérenger Saunière, curé de Rennes-le-Château (Julliard, Parigi 1967). Oggi le pergamene (ammesso che si tratti proprio di quelle) sono in possesso di Jean-Luc Chaumeil, un controverso autore francese di libri sull'esoterismo che afferma di averle ricevute da Plantard negli anni 1970, mentre Les Dossiers secrets si trovano ancora alla Biblioteca Nazionale di Parigi.

Le pergamene e i Dossier secrets sono autentici documenti sulla storia dell’antico Priorato di Sion?

È assolutamente certo che sia Les Dossiers secrets sia le pergamene sono documenti falsi compilati nello stesso anno 1967, e tutte le persone coinvolte nella falsificazione lo hanno ammesso, sia pure dopo qualche anno. Gérard de Sède, che li ha fatti conoscere per primo nel suo libro L’Or de Rennes in un’opera pubblicata vent’anni dopo li definiva «apocrifi» ispirati da un «sensazionalismo mercantile» (G. de Sède, Rennes-le-Château. Le dossier, les impostures, les phantasmes, les hypothèses, Robert Laffont, Parigi 1988, p. 107), e sosteneva perfino di avere disseminato ne L’Or de Rennes sufficienti indizi perché un lettore attento potesse leggere tra le righe che si trattava di falsi (ibid., p. 108). Secondo Gérard de Sède le pergamene erano state fabbricate da Philippe de Chérisey (1925-1985), un marchese attore di sceneggiati televisivi e appassionato di enigmistica. In effetti, de Chérisey non solo ha ripetutamente ammesso di avere confezionato queste pergamene, sia in lettere sia in testi pubblicati a stampa (Circuit, presso l’Autore, Liegi 1968; L’Or de Rennes pour un Napoléon, presso l’Autore, Parigi 1975; L’Énigme de Rennes, Parigi 1978), ma a partire già dall’8 ottobre 1967 (come attesta una lettera del suo avvocato B. Boccon-Gibod, cortesemente trasmessa a chi scrive dal ricercatore inglese Paul Smith) si è mosso - sostanzialmente senza ottenere soddisfazione fino alla morte - perché gli venisse riconosciuto il compenso pattuito e mai pagato da Pierre Plantard e dallo stesso de Sède. Infine, anche il terzo dei tre moschettieri coinvolti nella mistificazione, Pierre Plantard, ha ammesso che i documenti sono falsi. Nell’aprile 1989 sul numero 1 della seconda serie della sua rivista Vaincre Plantard si fa intervistare e dichiara che Les Dossier secrets (che sono firmati da un certo «Philippe Toscan du Plantier») sono documenti falsi fabbricati da Philippe de Chérisey e da Philippe Toscan du Plantier, che sarebbe stato un suo giovane discepolo che agiva però sotto l’influsso dell’LSD (Noël Pinot, «L’Interview de M. Pierre Plantard de Saint-Clair», Vaincre [2a serie], n. 1, aprile 1989, pp. 5-6). È possibile che in realtà non esistesse nessun «Philippe Toscan du Plantier» e che co-autore dei falsi con de Chérisey sia Plantard stesso. Ma l’essenziale è che tutti e tre gli autori dei Dossier secrets e degli altri «documenti» depositati negli stessi anni alla Biblioteca Nazionale di Parigi abbiano ammesso la loro natura di falsi, pubblicamente e per iscritto.

Ma che cosa contenevano di tanto interessante Les Dossiers secrets e perché secondo Dan Brown confermano l’essenziale de Il Codice Da Vinci?

Secondo Les Dossiers secrets de Henri Lobineau (tra parentesi, anche «Henri Lobineau» è un nome inventato dai tre moschettieri di cui sopra) i legittimi pretendenti al trono di Francia sono tuttora i Merovingi, detronizzati nel 751 dai Carolingi. E, contrariamente a quanto si crede, i Merovingi non sono estinti ma hanno discendenti ancora viventi, l’ultimo dei quali era nel 1967 Pierre Plantard, che dunque era l’unico vero pretendente al ruolo di re di Francia (s’intende, in caso di un’improbabile restaurazione monarchica). Per proteggere dai Carolingi e poi da altri nemici i discendenti dei Merovingi sarebbe nata una società segreta, il Priorato di Sion, che - sempre secondo i documenti falsi depositati alla Biblioteca Nazionale di Parigi negli anni 1960 - avrebbe avuto come Gran Maestri alchimisti ed esoteristi come Nicolas Flamel (ben noto anche ai lettori dei romanzi della serie Harry Potter, ma personaggio storico nato nel 1330 e morto nel 1418), Robert Fludd (1574-1637) e il principale originatore della leggenda dei rosacroce, Johann Valentin Andreae (1586-1654), nonché scienziati come Leonardo da Vinci e Isaac Newton. Gli ultimi Gran Maestri sarebbero stati gli scrittori Charles Nodier e Victor Hugo, il musicista Claude Debussy, il poeta e drammaturgo Jean Cocteau e monsignor François Ducaud-Bourget, un sacerdote legato allo scisma di monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), che avrebbe trasmesso la carica a Plantard. Per puro caso la verità sul Priorato di Sion e le famose pergamene, nascoste in un paesino francese di meno di cento abitanti nel dipartimento dell’Aude, ai piedi dei Pirenei orientali, Rennes-le-Château, sarebbero state scoperte nel 1897 dal parroco del paese, Berenger Saunière (1852-1917), che grazie alla conoscenza del segreto sarebbe entrato in relazione con gli ambienti esoterici e politici dell’epoca e sarebbe diventato favolosamente ricco.

Un momento: nel Codice Da Vinci il punto essenziale è che i Merovingi, protetti dal Priorato di Sion, non sono solo i legittimi pretendenti al trono di Francia ma sono i discendenti dei figli nati dal matrimonio fra Gesù Cristo e Maria Maddalena. Di questo Les Dossiers secrets e gli altri documenti non parlano?

No, non ne parlano affatto. La parte della storia relativa a Gesù Cristo e a Maria Maddalena nasce tra il 1969 e il 1970, quando della vicenda del Priorato di Sion comincia a interessarsi un attore inglese che aveva recitato nello sceneggiato televisivo The Avengers (in Italia intitolato Agente speciale) negli anni 1960 con il nome di Henry Soskin, ed era poi diventato regista di documentari su soggetti misteriosi con il nome di Henry Lincoln. Questo attore e documentarista inglese entra in contatto con il trio de Chérisey - Plantard - de Sède e decide di riscrivere la storia de L’Or de Rennes in una forma più adatta al pubblico di lingua inglese, presentandola prima in tre documentari trasmessi dalla BBC tra il 1972 e il 1979 e poi in un libro pubblicato nel 1982 con l’aiuto di Michael Baigent e Richard Leigh The Holy Blood and the Holy Grail (tradotto in italiano nello stesso anno come Il Santo Graal, Mondadori, Milano). Lincoln si rende conto che a chi spetti il titolo di pretendente al trono di Francia è di scarso interesse per il pubblico inglese. Nello stesso tempo era stato introdotto da Plantard nel piccolo mondo delle organizzazioni esoteriche francesi dove aveva conosciuto Robert Ambelain (1907-1997), una figura notissima di questo ambiente. Nel 1970 Ambelain aveva pubblicato Jésus ou Le mortel secret des templiers (Robert Laffont, Parigi), dove sosteneva che Gesù Cristo aveva una compagna, pur non essendo legalmente sposato, e identificava questa «concubina» in Salomé. Lincoln mette insieme la storia del matrimonio di Gedù, che ricava da Ambelain, con quella dei Merovingi di Plantard e «rivela» che i Merovingi protetti dal Priorato di Sion sono importanti, ben al di là della rivendicazione del trono di Francia, perché discendono da Gesù Cristo e dalla Maddalena.

Ma Lincoln sapeva che i documenti erano falsi?

Sì: non solo perché nell’ambiente delle organizzazioni esoteriche dove si era introdotto in Francia lo sapevano più o meno tutti, ma perché glielo aveva detto Philippe de Chérisey, come risulta da lettere di quest’ultimo (alcune riprodotte in Pierre Jarnac, Les Archives de Rennes-le-Château. Tome 2, Belisane, Nizza 1988). In effetti il punto debole de Il Santo Graal è proprio che troppe persone conoscono l’origine spuria dei documenti su cui si fonda. Così, dopo avere trattato direttamente con de Chérisey dietro le spalle di Plantard, poi avere rinnegato anche il marchese-attore, nel 1986 Lincoln e soci procedono brutalmente alla «bonifica» o «de-plantardizzazione» del Priorato di Sion con The Messianic Legacy (in italiano L’eredità messianica, Tropea, 1996). Presentano come grande scoperta quello che in un certo ambiente francese tutti sanno: Plantard è un mistificatore (anche se forse non soltanto un mistificatore) e molti dei documenti sono falsi. Ma altri, insistono gli inglesi, sono veri: forse non è Plantard l’ultimo discendente di Gesù Cristo e il vero Priorato di Sion non è il suo, ma c’è un «vero» Priorato di Sion che sta dietro a molte vicende contemporanee: la P2, lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo scisma di monsignor Lefebvre, le vicende della mafia italiana e tante altre, in un tour de force che fa girare la testa al lettore e le cui componenti hanno in comune solo un’avversione quasi patologica al «Vaticano» e alla Chiesa cattolica.

E Il Codice Da Vinci deriva da Il Santo Graal?

Ne deriva tanto direttamente che due degli autori de Il Santo Graal, Baigent e Leigh - offesi anche perché Brown, a loro dire, avrebbe aggiunto le beffe al danno chiamando il cattivo della storia Leigh di nome e Teabing (un’anagramma di Baigent) di cognome - hanno avviato nell’ottobre 2004 un’azione legale contro Dan Brown accusandolo di avere nella sostanza copiato il loro libro (dove ci sono già il collegamento con la cappella di Rosslyn, la chiesa di Saint-Sulpice, l’idea che il Santo Graaal sia il Sang réal, cioè una persona che ha in sé il sangue di Gesù Cristo). Lincoln «ha deciso di non partecipare all’azione per la violazione del diritto d’autore a causa delle sue cattive condizioni di salute, ma dichiara di sostenerla» (Elizabeth Day, «Da Vinci Code Bestseller Is Plagiarism, Authors Claim», The Sunday Telegraph, 3 ottobre 2004).

Non potrebbe avere ragione L’eredità messianica, nel senso che documenti falsi sono stati fabbricati per corroborare una storia vera? Cominciando dall’inizio, il Priorato di Sion esiste?

Esiste certamente. È stato fondato il 7 maggio 1956 ad Annemasse da Pierre Plantard con statuti regolarmente depositati presso la Sotto-Prefettura di Saint-Julien-en-Genevois con il nome completo di Priorato di Sion - C.I.R.C.U.I.T. (Cavalleria di Istituzione e Regola Cattolica e di Unione Indipendente Tradizionalista). Gli statuti all’articolo 3 danno anche conto delle origini del nome, il quale deriva non da Gerusalemme ma dal Monte Sion, una montagnola presso Annemasse, dove si intende realizzare «un PRIORATO che servirà da centro di studio, meditazione, riposo e preghiere» per uno dei tanti ordini esoterici che proliferavano in Francia all’epoca. Del resto, il Priorato di Sion riprendeva lo schema di altre organizzazioni che Plantard aveva fondato fin da quando aveva 17 anni nel 1937 con il nome rispettivamente di Union Française, Rénovation Nationale Française e Alpha Galates. Con queste organizzazioni il Priorato di Sion aveva in comune interessi politici (monarchici: Plantard era partito da un interesse per l’Action Française, ancorché ad Annemasse si occupasse soprattutto di sostenere un progetto di realizzazione di case popolari) e il fatto di non avere mai superato la dozzina di membri. Comunque, il Priorato di Sion fondato nel 1956 ad Annemasse esiste ancora oggi, come minuscola organizzazione nel variegato panorama degli ordini iniziatici francesi.

Ma il Priorato di Sion non è stato fondato da Goffredo di Buglione (1060-1100)?

Negli anni 1960, quando preparava la falsificazione dei Dossiers secrets, Plantard - che, come sappiamo, aveva tratto il nome «Priorato di Sion» da una montagnola sopra Annemasse dove pensava nel 1956 di installare una casa per ritiri spirituali - ha ritrovato nella storia delle Crociate (cui si è più volte ispirato per le sue fantasie) una «Abbazia di Nostra Signora del Monte Sion» fondata nel 1099 a Gerusalemme appunto da Goffredo, divenuto re di Gerusalemme in seguito alla Prima Crociata. La comunità di monaci dell’abbazia (e non «priorato», dal momento che il superiore è chiamato abate e non priore) in Palestina continua a esistere fino al 1291, quando è travolta dall’avanzata musulmana. I pochi monaci sopravvissuti si rifugiano in Sicilia, dove la loro comunità si estingue nel XIV secolo. Si tratta di una normale comunità monastica senza alcun collegamento con i Templari, la Maddalena o segreti esoterici il cui «recupero» da parte di Plantard si risolve nel semplice riferimento a un nome.

E i vari personaggi famosi - Leonardo da Vinci, Newton, Victor Hugo - non hanno avuto relazioni con il Priorato di Sion?

Certamente no: né con quello di Plantard, fondato nel 1956, e neppure con l’abbazia di monaci fondata in Palestina, estinta nel XIV secolo. In realtà Plantard ha ricavato il suo elenco di Gran Maestri del Priorato di Sion dall'elenco di presunti Imperator, cioè capi supremi, e "membri eminenti" dell'AMORC, l'Antico e Mistico Ordine Rosae Crucis, fondato nel 1915 negli Stati Uniti da Harvey Spencer Lewis (1883-1939) e con esponenti della cui branca francese Plantard era in contatto fin dagli anni 1940. Tranne Cocteau e monsignor Ducaud-Bourget tutti i nomi di Gran Maestri del Priorato di Sion si ritrovano, vedi caso, in genealogie mitiche costruite da esponenti dell'AMORC (alcuni dei quali hanno peraltro in seguito lasciato lo stesso AMORC). In verità tutte le organizzazioni esoteriche fondate dal XVIII secolo a oggi si dotano di genealogie mitiche che risalgono ai Templari, a Noè, a san Giovanni o a Salomone e passano per personaggi famosi della storia, della letteratura e dell’arte. In genere i loro membri meno sprovveduti sono consapevoli del carattere meramente simbolico e mitico di queste genealogie.

Ma Leonardo non ha lasciato tracce della sua conoscenza del segreto del Priorato di Sion ne L’ultima cena, dove il personaggio raffigurato alla destra di Gesù Cristo sembra una donna?

Quest’idea è stata definita assurda da una delle maggiori specialiste contemporanee di Leonardo, la professoressa Judith Veronica Field, docente alla University of London e presidentessa della Leonardo Da Vinci Society (cfr. Gary Stern, «Expert Dismiss Theories in Popular Book», The Journal News, 2 novembre 2003). Poiché tuttavia nei quadri ognuno vede quello che vuole vedere, più o meno suggestionato dalle letture che ha fatto, è importante segnalare che se il personaggio raffigurato da Leonardo alla destra di Gesù Cristo sia una donna o un uomo non è poi così importante per tutta la questione che ci occupa. Né è necessario tornare sulla vexata quaestio sulle preferenze sessuali di Leonardo, su cui ormai esiste una vasta letteratura, e se il suo gusto per forme maschili talora effeminate non costituisca a suo modo un elemento di cui tenere conto in questa discussione. Chi si affanna a discutere di questo problema si lascia sfuggire l’essenziale. Ammettendo - per assurdo - che Leonardo pensasse che la persona seduta alla destra di Gesù Cristo nell’Ultima Cena fosse una donna, ci si deve ancora chiedere in che modo questo dimostri che: (a) egli credeva che quella donna fosse la Maddalena; (b) il fatto che Leonardo lo credesse prova che sia vero; (c) la Maddalena ha partecipato all’Ultima Cena perché era la moglie di Gesù Cristo; (d) i due hanno avuto figli; (e) i quali avrebbero dovuto governare la Chiesa; (e) e per preservare questa verità è nato un ordine occulto, il Priorato di Sion; (f) del quale faceva parte Leonardo. Come si vede, la strada da percorrere è molto, molto lunga. Di tutti questi passaggi non solo non ci sono prove ma si sa con certezza chi, quando, dove e come ha inventato la leggenda del Priorato di Sion.

E le pergamene trovate dal parroco Saunière a Rennes-le-Château e portate ad esaminare a Parigi, in un viaggio in seguito al quale il parroco è diventato miliardario?

Non sono mai esistite pergamene (benché il parroco, nel corso di lavori nella chiesa parrocchiale, abbia trovato diversi reperti archeologici, esposti nel Museo di Rennes-le-Château e che non hanno niente a che fare con la Maddalena né con il Priorato di Sion) e Saunière, che ha tenuto taccuini minutissimi di che cosa faceva e quali somme spendeva giorno per giorno (anch’essi consultabili al Museo di Rennes-le-Château), non è mai stato a Parigi in vita sua. Non è neanche diventato miliardario, pur avendo potuto acquistare alcune proprietà e costruirvi una villetta e una torre-biblioteca. Questa non favolosa ma reale agiatezza è stata spiegata nel corso di processi canonici intentati a Saunière dal vescovo di Carcassonne, monsignor Paul Félix Beuvain de Beauséjour (1839-1930), i cui atti sono pure consultabili. Dal 1896, Saunière prende la strada - illegale dal punto di vista del diritto canonico e di quello civile, ma non inventata da lui e per nulla misteriosa - del «traffico di Messe». Tra il 1896 e il 1915 dai suoi taccuini si ricavano elementi per concludere che egli ha ricevuto onorari per almeno centomila Messe: cinquemila o seimila Messe all’anno negli anni d’oro. La documentazione esiste: parte da lettere e annunci dove un «sacerdote povero» domanda onorari per la celebrazione di Messe spediti a conventi e privati o pubblicati su riviste pie in tutta la Francia, nonché in Germania, Svizzera, Spagna, Italia, passa per liste di centinaia di donatori più volte sollecitati e arriva ai bollettini postali e ai conti tenuti mese per mese. L’obiezione, secondo la quale in un’epoca in cui non era tollerato (a differenza di oggi) cumulare diverse intenzioni per una sola Messa era impossibile che Saunière potesse celebrare cinquemila o seimila messe all’anno non mette in dubbio il traffico, ma semplicemente l’onestà del sacerdote: ed è un’obiezione che si risponde da sola. Molto semplicemente, il parroco di Rennes-le-Château intascava regolarmente onorari per Messe che non avrebbe mai celebrato.

Ma a Rennes-le-Château non ci sono strani simboli lasciati da Saunière, di tipo diabolico o massonico, che confermano le sue frequentazioni esoteriche?

Si tratta di pure fantasie. I lavori per il rifacimento della chiesa parrocchiale sono stati commissionati da Saunière nel 1896 a una ditta famosa, la H. Giscard Père et Fils di Tolosa, che è la sola responsabile del progetto. La H. Giscard, fondata nel 1885 e in cui lavorano diversi membri della famiglia Giscard, è una ditta che ha servito numerose parrocchie nonché il Carmelo di Lisieux. La sua sede è oggi trasformata in museo, ma il pronipote del fondatore, Joseph Giscard, continua a lavorare come scultore. Lo stile convenzionale dei Giscard è famoso in Francia e solo l’ignoranza di alcuni dei diffusori della leggenda di Rennes-le-Château ha potuto scambiare per sinistri o diabolici simboli che si trovano in molte altre chiese: così il diavolo che sorregge l’acquasantiera (un diavolo, evidentemente, sconfitto dall’acqua santa) o la scritta sopra il portale della parrocchiale Terribilis est locus iste (Genesi 28, 17) che deriva dalla visione della scala di Giacobbe. Il tradizionalista vescovo di Carcassonne monsignor Félix-Arsène Billard (1829-1901), che viene a vedere la nuova chiesa in occasione di una missione popolare, nel giorno di Pentecoste 1897, certamente non ci trova nulla da ridire: e chi vede nella Via Crucis della parrocchiale simboli «massonici» dovrebbe riflettere sul fatto che molti simboli utilizzati dalla massoneria sono stati corporativi e cattolici ben prima di diventare massonici. I Giscard nell’Ottocento sono piuttosto noti, e apprezzati nel mondo cattolico, per il loro stile (fin troppo) convenzionale, del tutto privo di singolarità e di sorprese.

Si dice anche che il pittore Nicolas Poussin (1594-1655) abbia raffigurato nel suo famoso quadro I pastori d’Arcadia una tomba che si trova a Rennes-le-Château, dando così un segnale della sua appartenenza al Priorato di Sion e della conoscenza dei suoi segreti…

In un certo senso, fra le tante mistificazioni di Rennes-le-Château questa è la più divertente. La cosiddetta «tomba di Arques» di cui si parla è stata fatta costruire nel 1932 (sostituendo una tomba precedente costruita nel 1903 e che non assomigliava neppure vagamente a quella de I pastori d’Arcadia) da Louis Bertram Lawrence (1884-1954), un imprenditore americano di origine francese. Vi sono state sepolte Emily Rivarès Lawrence (1863-1932) e Marie Rivarès (1843-1922), rispettivamente madre e nonna dell’imprenditore, nonché due gatti imbalsamati della stessa Marie Rivarès. Tutti i documenti amministrativi relativi a queste costruzioni e ricostruzioni sono tuttora esistenti. La tomba si può anche ritenere vagamente ispirata al quadro seicentesco di Poussin, del resto molto noto. Nel 1988 è stata demolita dall’attuale proprietario con l’autorizzazione del competente consiglio comunale, quello di Peyrolles, stufo di vederla profanata da vandali alla ricerca di segreti del Priorato di Sion. Comunque sia, Poussin non poteva certo riprodurre nel XVII secolo una tomba costruita nel 1932.

Ammettendo che quella del Priorato di Sion sia una mistificazione, non ci sono prove nei Vangeli «apocrifi» o «gnostici» che Gesù Cristo avesse sposato la Maddalena, e che la prima comunità cristiana non pensasse affatto che fosse Dio? E non ha la Chiesa cattolica per questo arbitrariamente scelto solo quattro Vangeli «innocui» come canonici al Concilio di Nicea del 325, appoggiata dalla forza delle armi dell’imperatore Costantino (280-337)?

Niente affatto: ci sono testi del primo secolo cristiano dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio. All’epoca del Canone Muratoriano - che risale circa al 190 d.C. - il riconoscimento dei quattro Vangeli come canonici e l’esclusione dei testi gnostici era un processo che si era sostanzialmente completato, novant’anni prima che Costantino nascesse. Quanto alla Maddalena, lo gnostico vangelo di Tommaso, che piace tanto a Dan Brown, ben lungi dall’essere un testo proto-femminista ne fonda la grandezza sul fatto che «[...] si fa maschio». A Simon Pietro che obietta «Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della Vita», Gesù risponde: «Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Perché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli» (gnostico di Tomaso, 114). Certo, vi è qui una nozione gnostica di androginia che non va presa necessariamente alla lettera: ma siamo comunque ben lontani dal femminismo. Né si parla di figli di Gesù Cristo e della Maddalena.

 

NOTE STORICHE

Il Concilio di Nicea del 325 d.C. e la dottrina ariana

Un prete di Alessandria, Ario, negava la divinità di Gesù Cristo, e specialmente la Sua eterna preesistenza. Riteneva che Gesù fosse solo una creatura, anche se la prima di tutta la creazione.
Sconfessato ed escluso dal sacerdozio, Ario trovò appoggio presso alcuni vescovi come Eusebio di Nicomedia, che godeva molto favore presso la corte imperiale. La Chiesa d'Oriente si trovò così a dover fronteggiare subbuglio e divisioni.

Per ristabilire la pace nell'Impero, l'imperatore Costantino - che garantì tolleranza a tutte le religioni, compresa quella cristiana - indisse un Concilio a Nicea nel 325. Vi intervennero da 250 a 300 vescovi da ogni parte del mondo.
Il Concilio condannò l'eresia di Ario, ma gli ariani non si dettero per vinti e cercarono di screditare i loro oppositori, tra cui Atanasio, vescovo di Alessandria. Tra scismi e concili, l'arianesimo scomparve solo dopo il 381, ma essendo stato diffuso tra i Goti sopravvisse tra i popoli Germani per diversi secoli.

Nel Codice Da Vinci, riferendosi al Concilio di Nicea, Dan Brown abbraccia l'idea ariana affermando che "fino a quel momento della storia, Gesù era visto dai Suoi seguaci come un profeta mortale ... un grande e potente uomo, ma soltanto un uomo".

In realtà, è innegabile che i primi Cristiani servivano Gesù Cristo come loro Salvatore risorto e come loro Signore. Prima ancora che la Chiesa Cristiana adottasse precisi credi dottrinali, i primi conduttori Cristiani affermavano questa verità nella loro "regola" o "canone" di fede. Un esempio è il canone di Ireneo (II secolo), che cita la Bibbia in 1 Corinzi 8:6: "Tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo."

Il termine usato qui - Signore, "Kyrios" in greco - merita un po' più di attenzione. Kyrios era un termine generico usato dai Greci per indicare la Divinità. Nella traduzione greca dell'Antico Testamento (la Settanta, precedente alla venuta di Cristo), questo termine viene usato al posto dell'ebraico "Jahweh", il nome santo di Dio. Anche i Romani usavano kyrios per definire la divinità del loro imperatore. Lo scrittore Giudeo del I secolo Giuseppe Flavio ci fa sapere che gli Ebrei rifiutavano di usare questo termine per riferirsi all'imperatore, proprio per questo motivo: solo Dio era il kyrios, il Signore.
I Cristiani dell'epoca usarono questo termine per riferirsi a Gesù, fin dai primissimi giorni della Chiesa Cristiana. Non solo ne troviamo ampi riferimenti nella Sacra Scrittura, ma anche in antichi libri Cristiani non canonici come la Didaché, che gli studiosi affermano essere stata scritta non più tardi dell'anno 100: anche lì, i Cristiani di lingua aramaica si riferiscono a Gesù chiamandolo Signore.
Inoltre, già prima di Nicea, i Cristiani riconoscevano la divinità di Gesù invocando Dio Padre nel nome di Cristo. I conduttori di chiesa, tra cui il luminare del II secolo Giustino Martire, battezzavano nel nome del Dio trino - Padre, Figlio, e Spirito Santo - riconoscendo così l'eguaglianza delle tre Persone distinte dell'Unico Dio.
D'altronde, già l'Antico Testamento molti secoli prima aveva profetizzato che il Cristo che sarebbe venuto sarebbe stato il Figlio di Dio, e Dio venuto in carne (per le profezie si vedano questo e questo documento; per la dottrina biblica sulla trinità, si veda questa pagina).

Il Concilio di Nicea non pose interamente fine alla controversia sulle dottrine di Ario, né fu introdotta nella Chiesa una nuova dottrina sulla divinità di Cristo. I vescovi che parteciparono si limitarono a riaffermare la sana dottrina di Cristo così come l'avevano creduta e ricevuta dai primi Cristiani, rifiutandosi di scendere a compromessi con idee estranee al dono della salvezza di Gesù Cristo.


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