Il dilemma dei Rabbi: uno sguardo ad Isaia 53
di Rachmiel Frydland
Questo argomento non
è mai stato discusso nella mia scuola ebraica negli anni antecedenti alla
guerra, in Polonia. Nell'educazione rabbinica che ho ricevuto, il capitolo 53
di Isaia è stato evitato continuamente in favore di altri argomenti più
"importanti" da imparare. Eppure, quando lo lessi, la mia mente si riempì
di domande.
Di chi parla questo capitolo? Le parole sono chiare - parla di un Servo del Signore
il cui aspetto è sfigurato, ed è afflitto e ferito. Egli non ha
meritato dolori o ferite, ma fu ferito per le nostre trasgressioni e colpito per
le nostre iniquità, ed attraverso le sue ferite noi siamo stati guariti.
Il testo presenta il Servo sofferente del Signore che muore come un korban, una
ricompensa per la colpa. Egli è quindi sepolto con il ricco e malvagio,
ma risorge gloriosamente alla vita. Dio permette che Egli sia percosso e, alla
fine, esalta il Servo che ha patito tale sofferenza per cancellare i peccati di
molti.
Ma chi è il Servo? I nostri antichi commentatori d'accordo ritenevano che
il testo si riferisse all'Unto del Signore, il Messia. La traduzione Aramaica
di questo capitolo, ascritta a Rabbi Jonathan Ben Uzziel, un allievo di Hillel
del secondo secolo C.E. riporta questo, e c'è la stessa interpretazione
nel Talmud babilonese (Sanhedrin 98b). Allo stesso modo accade nel Midrash Rabbah,
in una spiegazione di Ruth 2:14, e nel Midrash Tanhuma, parashà Toldot,
fine della sezione. Queste sono solo alcune delle antiche interpretazioni che
attribuiscono questo capitolo al Messia.
Rashi (Rabbi Shlomo
Itzchaki, 1040-1105) e alcuni dei rabbini seguenti, però, interpretano
il capitolo come riferentesi ad Israele. Loro sapevano che le antiche interpretazioni
lo riferivano al Messia. Ma Rashi viveva in un tempo in cui era praticata una
distorsione medievale del cristianesimo. Egli voleva preservare il popolo ebraico
dall'accettare tale fede e, anche se le sue intenzioni erano sincere, altri rabbini
e leaders ebrei si resero conto dell'inconsistenza della sua interpretazione.
Essi presentano una obiezione basata su tre punti. Primo: le antiche interpretazioni.
Secondo: fanno notare che il testo è al singolare. Terzo, notano il versetto
8. Questo versetto presenta una difficoltà insormontabile per quelli che
riferiscono Isaia 53 ad Israele (leggere il versetto). E' forse il popolo ebreo
tagliato fuori dalla terra dei viventi? No! In Geremia 31:35-37, Dio promette
che noi esisteremo per sempre. Siamo orgogliosi del fatto che Am Yisrael Chai
"il popolo di Israele è molto vivo e vitale". Ed è impossibile
dire che Israele soffrì per le trasgressioni del "mio popolo",
che chiaramente intende il popolo di Isaia. Il popolo di Isaia non sono i gentili,
ma gli ebrei.
Moshe Kohen, un Rabbino
spagnolo del 15° sec., spiega questo paragrafo:
"Questo capitolo, spiegano i commentatori, parla della cattività di
Israele, nonostante venga usato il singolare. Altri hanno supposto che parli del
mondo attuale, in cui siamo tormentati e oppressi...ma altri, alterando il numero
dal singolare al plurale, cambiano il senso naturale dei versetti. E ciò
che mi sembra, è che abbiano dimenticato la conoscenza dei Savi, e interpretato
secondo la durezza dei loro cuori...io sono felice di interpretarlo, in accordo
con l'insegnamento dei nostri rabbini, come referentesi al re Messia."
Per lo stesso motivo
il Rabbino Moshe Alsheikh, Rabbino di safed, 16° sec., dice: io sottolineo
che i nostri rabbini unanimemente affermano che il profeta stia parlando del Re
Messia.
Herz Homberg (1749-1841) dice: secondo l'opinione di Rashi e Ibn Ezra, questo
capitolo si riferisce ad Israele alla fine della cattività. Ma se è
così, qual'è il significato del versetto "fu ferito per
le nostre trasgressioni"? Chi fu ferito? Chi sono i trasgressori? Chi
ha portato il dolore e la malattia? Il fatto è che questo capitolo si riferisce
al re Messia.
Eliezer HaKalir ha messo in rima il capitolo nel 9° sec., e viene recitato
allo Yom Kippur, nella preghiera di Kether.
Le parole del profeta Isaia sono parole di speranza. Abbiamo un glorioso futuro
ed un abbondante presente se ci appropriamo della salvezza reas possibile dall'Uno
che fu ferito per le nostre trasgressioni e colpito per le nostre iniquità.
In conclusione, io
chiedo: ma dove nella Scrittura ebraica è detto che ogni generazione ha
il suo Messia? E poi, cos'è un Messia? Un Messia è un Salvatore.
Ma da cosa? Dai nemici politici? Davvero un buon governo cambierebbe le cose sulla
terra? Le cose cambiano solo se cambia il cuore dell'uomo, e questo solo un Messia
spirituale può farlo.
Il punto è se si pensa di dover essere salvati da qualcosa, a livello spirituale.
Il discorso è puramente accademico, se si pensa di non avere bisogno di
un Salvatore. Se si crede che la propria giustizia sia sufficiente per stare davanti
al Santo, non c'è bisogno, ovviamente, di un Salvatore.
Nota aggiunta:
Quali rabbini sostengono che Isaia 53 è un capitolo messianico e ha
connessioni con Gesù? Daniel Zion, ex rabbino capo della città
di Jaffa escluso dal ruolo dopo aver creduto in Yeshua, dà il seguente
elenco: Mosheh El Sheikh, Yepheth Ben Ali, Don Ytzchak Abarbanel, lo Zohar, Rabbi
Shimon Ben Yohai, Moshe Kohen Ibn Crispin, Rabbi Shlomoh Astric, Sa'adiyah Ibn
Donan, Yoseph Albo, Meir Ben Shimon, Rabbi Samuel Lanyado, Midrash Konen, Asereth
Memroth, Yakov Yoseph Mordecai Chaim Passami, Ytzchak Troki, Rabbi Naphtali Ben
Asher Altshuler, Levi Ben Gershom, Rabbi Liwa di Praga.