L'interpretazione del Salmo 22:16
di Ruben
Barrett, sinagoga B'rit Hadasha Messianic Jewish Synagogue di Memphis
In questo articolo
esamineremo la storia testuale del Salmo 22 (in particolare il verso 16 nel testo
italiano, o 17 nel testo ebraico) e il suo processo di trasmissione.
Il Testo Masoretico
(TM) usa la parola ka'ari, che significa "come il leone". Nella
traduzione, il traduttore deve desumere il verbo dal contesto. Di solito si usa
il verbo essere, ad esempio: "come il leone sono le mie mani e i miei
piedi". Ma questa traduzione non ha senso quando viene letta nel suo contesto,
poiché il sofferente descritto dal Salmo non è il "leone",
ma la sua vittima. Le traduzioni ebraiche (basate esclusivamente sul Testo Masoretico)
variano nella loro interpretazione:
-
"come
un leone, essi sono alle mie mani e ai miei piedi" (JPS
1917 & Soncino)
-
"come
leoni [dilaniano] le mie mani e i miei piedi" (JPS Tanakh)
-
"come
[la preda di] un leone sono le mie mani e i miei piedi"
(Stone)
(le parti in neretto
non si trovano nel Testo Masoretico)
Inoltre, quando il
leone viene menzionato negli altri versi nel contesto, manca l'articolo determinativo,
così prende la forma aryeh anziché ari. Perché
mai Davide scriverebbe "il leone" quando i nemici nel contesto sono
sempre al plurale? Consideriamo i riferimenti nei seguenti versi:
v. 6 -
gli uomini |
v. 16 - cani |
v. 7 -
chiunque |
v. 17 - mi osservano |
v. 12
- tori |
v. 21 - bufali |
In pratica, i traduttori
hanno fatto dei tentativi di interpretare questo passaggio ambiguo rinchiudendosi
nei limiti del Testo Masoretico, quando era disponibile un'altra opzione. Quale?
Se guardiamo le antiche copie del testo ebraico (pre-masoretico) come pure le
traduzioni del testo ebraico antico, ci accorgiamo che un tempo il testo originale
diceva: "essi hanno forato le mie mani e i miei piedi".
GLI ANTICHI MANOSCRITTI
I manoscritti ebraici
più antichi del Salmo 22 furono scoperti tra i Rotoli del Mar Morto a Khirbet
Qumran e a Nahal Hever. Entrambi i testi Hever (5/6HevPs) riportano le parole
"essi hanno perforato", in due diverse ortografie. Oltre a questi, ci
sono diversi altri manoscritti ebraici, della famiglia dei Testi Masoretici, che
pure riportano "essi hanno perforato", con le stesse due ortografie:
1. 4QPsf;
3 manoscritti del TM - karu
2. 5/6HevPs; 7 manoscritti del TM - ka'aru
Il primo è chiaramente
una forma di ebraico biblico. Karu è la forma Qal perfetta plurale,
terza persona, di karah, che letteralmente significa scavare, ed
è usata per dire "scavare attraverso, forare, tagliare, o aprire".
Si trova in quattro manoscritti, uno dei quali risale a 2050 anni da Qumran.
Il secondo, molto probabilmente
un'ortografia influenzata dall'aramaico, appare 100 anni dopo nel deserto della
Giudea, una generazione prima di Bar Kochba. È una forma che non si trova
altrove nella Scrittura ebraica ed è probabilmente una ortografia alternativa
per la stessa parola. Si trova anche in sette edizioni del Testo Masoretico.
ALTRE TESTIMONIANZE ANTICHE
Sia la traduzione dei
Settanta (LXX, greca) che della Peshitta (siriaca) del Salmo 22 rendono così
il testo: "essi hanno forato (o ferito, o scavato) le mie mani e i miei piedi".
Sebbene le datazioni di questi manoscritti siano successive all'epoca Cristiana,
e alcuni affermino che questi testi sono stati manomessi per fargli riflettere
la dottrina Cristiana, ciò è alquanto improbabile per i seguenti
motivi:
1. Queste
versioni erano traduzioni ebraiche ben prima di essere adottate dai Cristiani.
2. Le antiche versioni corrispondono ai Rotoli del Mar Morto, una raccolta non
cristiana.
3. Corrispondono con molte edizioni del Testo Masoretico.
4. I Settanta a volte differiscono dal Nuovo Testamento quando il NT cita la Tanakh.
Se i testi fossero stati realmente alterati in modo da far apparire che gli autori
del NT stessero citando correttamente, allora perché abbiamo così
tante differenze tra i due?
CONCLUSIONE
In conclusione, la
Scrittura ebraica che esiste oggi legge erroneamente il Salmo 22:17. Prima dell'Assemblea
Yavneh (tardo I secolo CE) vi erano numerose differenze ortografiche nel testo
ebraico (il Salmo 22 ne è solo un esempio) e in quella data furono unificate.
In quel processo, probabilmente il termine ka'aru fu male interpretato
come ka'ari ed entrò a far parte della storia testuale, diventando
la versione dominante (ka'aru termina con la lettera ebraica vav, mentre ka'ari
termina con la lettera yod. Vav e yod hanno una forma simile, e possono facilmente
cambiati durante la copia se si omette di segnare la linea verticale che li distingue,
N.d.T.).
La maggioranza
delle antiche testimonianze (sia ebraiche che in altre lingue) concordano che
il testo debba essere reso nel modo seguente: "essi hanno forato le mie mani
e i miei piedi". In particolare, sono inclusi i Rotoli del Mar Morto, i Settanta,
la Peshitta, e dieci manoscritti dal Testo Masoretico, come si evince dalla seguente
tabella:
1.
|
4QPsf
|
50 a.C.
|
[Essi] hanno forato le mie mani e i miei piedi
|
2.
|
5/6HevPs
|
50-100 a.C.
|
Essi hanno forato le mie mani e i miei piedi
|
3.
|
LXX
|
100 a.C. - 300 d.C.
|
Essi hanno forato le mie mani e i miei piedi
|
4.
|
Peshitta
|
400 d.C.
|
Essi hanno forato le mie mani e i miei piedi
|
5.
|
TMmss,edd
|
varie date
|
Essi hanno forato le mie mani e i miei piedi
|
6.
|
TM
|
915 e 1005 d.C.
|
Come il leone le mie mani e i miei piedi
|
Gli
si domanderà: "Che sono quelle ferite che hai nelle mani?"
Egli risponderà: "Sono ferite che ho ricevuto nella casa dei miei
amici".
( Zaccaria 13:6 )
Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano
i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso
da Dio e umiliato!
Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa
delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto
su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.
(Isaia 53:4,5)
Note:
In un documento redatto
da un gruppo anti-missionario, con lo scopo di smontare l'idea che il salmo 22
faccia riferimento alla crocifissione di Gesù, viene detto quanto segue:
i "cani" e il "leone" sono rappresentazioni metaforiche dei
nemici che attorniano il soggetto del salmo 22. Al verso 17 (del testo ebraico)
il testo andrebbe così interpretato: "Come un leone [essi mordono/tormentano]
le mie mani e i miei piedi". Viene anche citata l'interpretazione di Rashi,
che è la seguente: "Come tormentati dalla bocca del leone sono le
mie mani e i miei piedi". La giustificazione data per queste traduzioni è
che il verso è stato costruito mediante ellissi, un mezzo retorico di composizione
grammaticale.
Anche volendo prendere in considerazione l'interpretazione di una aggressione
da parte di nemici (il "leone") alle mani e ai piedi della vittima,
evidentemente il verso continua ad essere interpretabile come un riferimento alla
crocifissione.
In ogni caso, resta il fatto che kaf-resh-vav è la forma più antica (e quella
biblica) della parola karu (scavare attraverso, tormentare, forare). All'epoca
del secondo tempio, parole di questo tipo (ossia quelle in cui la seconda lettera
è vav) furono influenzate dall'Aramaico e spesso guadagnavano l'alef nella loro
pronuncia. I Rotoli del Mar Morto sono pieni di esempi del genere. Karu può dunque
essere derivato da una delle due radici ed essere ancora pronunciato karu, ma
il fatto che abbia guadagnato un'alef nell'ebraico post-biblico indica che la
radice più probabile non è karah, ma kur (kaph-vav-resh), che a
sua volta deriva da karah. Il significato principale è ancora "scavare",
ma kur è usato per dire "scavare attraverso, tormentare, forare".
Dunque, la pronuncia cambiò durante il periodo post-biblico, e per il secondo
secolo si standardizzò. In quel tempo, è stato facile confondere
ka'aru per ka'ari, in quanto differiscono solo per l'ultima lettera. Un vav scritto
troppo breve somiglia a uno yod, e viceversa. Vi sono dieci edizioni ebraiche
conosciute del Testo Masoretico, che leggono ka'aru anziché ka'ari. Inoltre,
i due manoscritti più antichi del Salmo 22 dei Rotoli del Mar Morto leggono
karu e ka'aru invece di ka'ari. Infine, le antiche traduzioni del Salmo 22 (LXX
e Peshitta) concordano con la lettura karu/ka'aru (forare) anziché ka'ari.
Per completezza,
citiamo le note riportate da due commentari biblici.
Dal commentario
"Treasury of Scripture Knowledge": "La lettura testuale è
{kaäri} ("come un leone le mie mani e i miei piedi"), ma molti
manoscritti riportano {kâroo} e altri {karoo} a margine, il che si adatta
alla lettura adottata dai nostri traduttori ("essi hanno forato...").
Così pure i LXX ("oryxan cheiras mou kai podas"), la Vulgata,
la Siriaca, l'Araba, e l'Etiope. Non sembra esserci ombra di dubbio che questa
è la lettura genuina del verso, specialmente quando si considera che le
altre non hanno alcun senso in contesto. La differenza è tra [vâv]
{wav} e [yôwd] {yood} che possono facilmente essere confuse tra loro."
Dal commentario
"John Gill's Expositor" (la traduzione della nota è approssimativa):
"Le diverse letture in alcune copie possono essere nate originariamente dalla
somiglianza tra le lettere Y e W; pertanto gli Ebrei, trovando nelle loro copie,
o margini, talvolta "wrak" e altre volte "yrak", hanno accettato
la parola che più si adatta alle loro convinzioni. Comunque, le loro note
"masoretiche" dirigono alla giusta lettura delle parole. Nella Masorah
(minore) sul testo si osserva che la parola viene usata due volte come indicata
qui, ma in due diversi significati: il Salmo 22:16 è il primo caso, l'altro
è Isaia 38:13, dove il senso sarebbe "come un leone". Dunque,
stando agli autori di tali note, il significato qui dev'essere diverso, e non
va inteso come "un leone". La Masorah (maggiore), in Num. 24:9, osserva
che la parola si trova in due versi, quello e il Salmo 22:16; e aggiunge a questo
che è scritto "wrak" (hanno forato). Ben Chayim conferma questa
lettura (in Maarcath a, fol. 10. 2. ad Calc. Buxtorf. Bibl.) e afferma di averlo
trovato scritto così, alcune copie corrette, e al margine yrak; e che così
è scritto in molti manoscritti; ciò è confermato dalla versione
Araba, Siriaca, Etiope, Greca, e Vulgata, dove viene reso con "hanno scavato
le mie mani e i miei piedi"; la parola viene dunque interpretata come un
verbo e non come un nome; così anche Apollinare nella sua parafrasi. Leggendo
yrak come participio, come fa il Targum, quella lettura può essere ammessa
(viene resa con "scavare" o "forare" da Pocock. Miscell. c.
4. p. 59, 60. Pfeiffer. Exercitat. 8. s. 37. Carpzov. Critic. Sacr. p. 838, 839.
Alting. ut supra., Dissert. Philolog. 5., s. 48, 49), e dunque ha lo stesso significato,
derivando da rak o da rwk, che significa scavare, forare, o rendere cavo. Vi sono
molti esempi di parole plurali che terminano in Y, omettendo la M, troncate da
apocope (cfr. 2 Sa. 23:8, 2 Re 11:4,19, La. 3:14, Ez. 32:30). E in ogni caso le
parole esprimono la stessa cosa, e puntano in modo manifesto alle sofferenze di
Cristo, al tipo di morte per cui sarebbe morto (la croce), e all'essere inchiodato
mani e piedi ad essa ("hanno forato"). Questo passaggio viene talvolta
applicato anche dagli stessi Ebrei al Messia (cfr. Pesikta in Yalkut, par. 2.
fol. 56. 4)."
I
documenti presenti su questo sito possono essere fatti circolare liberamente,
purché senza ricarichi. I documenti sono distribuiti come freeware e restano
di proprietà dei loro rispettivi autori.
|