Il vero nemico di Sigmund Freuddi Rusty Wright
Suo padre Jakob leggeva
il Talmud (insieme di scritti rabbinici) e celebrava le festività ebraiche.
Da piccolo, quel dottore sviluppò un profondo affetto per il suo insegnante
di Scritture bibliche, e più tardi dichiarò che esse avevano avuto
un effetto positivo sulla sua vita. La cura del bambino era affidata a una balia,
che lo accompagnava in chiesa. Quando tornava a casa, egli parlava entusiasticamente
di Dio ai suoi genitori ebrei. L'antisemitismo ossessionava il ragazzo ai tempi della scuola. Verso i dodici anni d'età, fu sconvolto nell'apprendere l'esperienza che suo padre Jakob ebbe da giovane con il bigottismo dei Gentili (i non ebrei, n.d.t.). "Ebreo! Togliti dal pavimento!", gridò un presunto "cristiano" al giovane Jakob dopo avergli gettato il cappello nel fango. Con dolore, il figlio apprese che suo padre aveva dovuto ubbidire. Alla scuola secondaria, egli abbandonò il Giudaismo preferendo la scienza secolare e l'umanesimo. All'Università di Vienna, studiò gli scritti del filosofo ateo Ludwig Feuerbach e ne portò l'ateismo nella sua futura carriera di psichiatra. La religione per lui era semplicemente "autoappagamento", una favola per bambini inventata dagli uomini per soddisfare le loro incertezze. Questo psichiatra era
Sigmund Freud. Egli divenne forse il più influente psichiatra della storia,
influenzando la medicina, la letteratura, le lingue, la religione e la cultura.
Ossessionato con quello che definiva il "doloroso enigma della morte",
una volta confessò di avervi pensato giorno per giorno durante la sua vita. Quali fattori possono aver influenzato la reazione di Freud verso il Cristianesimo? Sei mai stato scoraggiato della vita o arrabbiato con Dio a causa di una forte delusione o del modo in cui ti ha trattato un presunto Cristiano? Nella sezione successiva considererò l'incontro di Freud con il bigottismo.
Hai mai osservato un
Cristiano comportarsi in modo indegno di Cristo? Come ti sei sentito? Dispiaciuto?
Imbarazzato? Disgustato? Forse puoi identificarti con Sigmund Freud. Quando Freud
aveva circa dodici anni, e suo padre Jakob gli raccontò dello spiacevole
incontro con il coetaneo razzista, il piccolo Sigmund reputò vigliacco
il comportamento di suo padre. Non aveva risposto all'insulto, ma aveva semplicemente
raccolto il suo cappello. Verso i vent'anni, Freud descrisse un altro incidente antisemita avuto su un treno. Nell'aprire un finestrino per far entrare dell'aria fresca, egli dovette ascoltare le grida degli altri passeggeri che gli intimavano di chiuderlo (il finestrino si trovava sul lato esposto al vento). Freud rispose che era disposto a farlo purché un altro finestrino fosse stato aperto dal lato opposto. Nella discussione, qualcuno gli gridò: "Noi cristiani teniamo in considerazione ben altre persone, farai bene a pensarti meno importante". Freud gli disse di tenere per sé la sua insulsa critica e disse a un altro di farsi avanti e prendere la sua "medicina". "Ero ben pronto a ucciderlo", scrisse Freud, "ma quello non si alzò..." (cfr. Sigmund Freud; Ernst L. Freud, ed., "Letters of Sigmund Freud", 1873-1939, London: Hogarth, 1961, pp. 92-94). Il figlio di Sigmund, Martin Freud, ricordò un'incidente che lo sconvolse profondamente. Durante una vacanza estiva, la famiglia Freud incontrò dei bigotti: circa dieci uomini che, brandendo bastoni e ombrelli, gridavano "abuso antisemita", e apparentemente cercavano di bloccare la strada dove stava camminando Sigmund. Ordinando a Martin di stare indietro, Sigmund "senza la minima esitazione... continuando al centro della strada, marciò verso il gruppo ostile". Martin prosegue dicendo che suo "...padre, brandendo un bastone, attaccò il gruppo ostile, che scappò davanti a lui e fu prontamente disperso, consentendogli di passare liberamente. Quella fu l'ultima volta che vedemmo quegli stranieri". Forse Sigmund voleva che i suoi figli vedessero nel padre un uomo coraggioso nel combattere il bigottismo, anziché la codardia che egli riteneva avesse mostrato suo padre Jakob (cfr. Martin Freud, "Sigmund Freud: Man and Father", New York: Jason Aronson, 1983, pp. 68-71). Gli ebrei nell'Austria di Freud subirono tremendi abusi da parte di cosiddetti Cristiani. Non c'è dunque da meravigliarsi che provasse risentimento verso la fede Cristiana. In che modo il dispiacere e la perdita possono aver contribuito alla posizione anti-cristiana di Freud?
Sei mai stato abbandonato, o hai perduto un tuo caro, o hai attraversato una malattia e ti sei chiesto, "Dov'è Dio?". Forse puoi comprendere Freud. Prima ho parlato della
balia cattolica di Freud, che egli amava molto, e che fu accusata di furto e per
questo fu licenziata. Da adulto, Freud accusò questa balia di molti dei
suoi problemi psicologici (cfr. Sigmund Freud, Letters 70 (October 3-4, 1897)
and 71 (October 15, 1897) to Wilhelm Fliess). La figlia di Freud, Sophie, morì improvvisamente dopo una breve malattia. In una lettera al marito vedovo di lei, Freud scrisse: "...è stato un colpo brutale e senza senso del fato a portare via la nostra Sophie ... noi siamo ... meri giocattoli per le potenze celesti" (cfr. Ernst Freud, Lucie Freud, e Ilse Grubrich-Simitis, eds., "Sigmund Freud: His Life in Pictures and Words", London: Andre Deutsch, 1978, p. 220). La morte dell'amato nipote all'età di quattro anni lasciò Freud depresso e compunto dal dolore. "Essenzialmente ogni cosa ha perduto ogni senso per me", ammise brevemente dopo la morte del bambino (cfr. Sigmund Freud, "Letters of Sigmund Freud", ed. Ernst L. Freud, trans. Tania e James Stern, New York: Dover, 1960). Tra i problemi di salute di Freud c'era un cancro alla mascella contro il quale egli lottò per sedici anni. Nel 1939, con l'avvicinarsi della morte causata dal cancro, Freud scrisse: "il mio mondo è... una piccola isola di dolore che galleggia su un'oceano di indifferenza" (cfr. Max Schur, "Freud: Living and Dying", New York: International Universities Press, Inc., 1972, p. 524). Come tanti altri, Freud non riusciva a conciliare la sofferenza umana con l'idea di un Dio benigno. Nel 1933, in una lezione affermò: "Non sembra essere possibile che ci sia un potere nell'universo che vegli sul benessere degli individui con cura paterna e che conduca ogni cosa ad un lieto fine. Al contrario, ... Forze oscure, insensibili, malvagie determinano il nostro fato" (cfr. Armand Nicholi, Jr., "When Worldviews Collide: C. S. Lewis and Sigmund Freud: A comparison of their thoughts and viewpoints on life, pain and death", Parte 1, The Real Issue 16:2, Gennaio 1998, p. 11). La sofferenza di Freud lo lasciò profondamente ferito nell'intimo. Può essere questo uno dei motivi che lo indussero a concludere che non esiste un Dio benevolo? Conosci persone il cui dolore le ha indotte a odiare Dio, o le ha convinte che Egli non esiste? Il dubbio intellettuale spesso ha radici biografiche.
I cristiani ipocriti suscitavano la collera di Sigmund Freud. Le morti dei suoi amati e il suo cancro produssero in lui una grande sofferenza. La sua perdita e la sua sofferenza sembravano incompatibili con l'idea di un Dio amorevole. Dunque quale pensava che fosse il messaggio principale della fede Cristiana? Il libro "Il futuro di un'illusione", la maggiore diatriba di Freud contro la religione, riassume la sua comprensione del Cristianesimo. Egli riteneva che il Cristianesimo parlasse di uomini che hanno uno "scopo superiore"; di un'intelligenza superiore che guidasse la vita "per il meglio"; della morte vista non come "estinzione" ma come inizio di "un nuovo tipo di esistenza"; e di una "suprema corte di giustizia" che avrebbe ricompensato i buoni e punito i malvagi (cfr. Sigmund Freud, "The Future of An Illusion", New York: W.W. Norton, ediz. 1961, pp. 23-24). La concezione di Freud omette qualcosa di estremamente importante: l'enfasi sul ristabilimento della relazione tra l'uomo e Dio ricevendo gratuitamente il Suo dono, il perdono attraverso la morte sacrificale di Gesù sulla croce per le colpe dell'umanità. Le discussioni sul
messaggio biblico spesso omettono o oscurano questo concetto essenziale. C'era
un tempo in cui io credevo di dovermi guadagnare l'amore di Dio attraverso i miei
sforzi. Ma poi imparai che dalla prospettiva biblica, nessuno può raggiungere
la perfezione e la giustizia necessarie a guadagnare la vita eterna (Efes. 2:8-9;
Rom. 1-5). Due anni dopo aver
scritto "Il futuro di un'illusione", Freud sembrò avere un'idea
più chiara del perdono Cristiano. Egli scrisse che precedentemente aveva
"mancato di apprezzare" il concetto Cristiano di redenzione attraverso
la morte vicaria di Gesù Cristo, mediante la quale Egli prese "su
di sè la colpa che è comune a tutti" (cfr. Sigmund Freud, "Civilization
and Its Discontents", ed. James Strachey, New York: W.W. Norton, ediz. 1961,
pp. 99-100).
Freud spesso dimostrava il suo disprezzo verso il Cristianesimo, ma era molto legato a un Cristiano. Al punto di posticipare la pubblicazione della sua opera di critica della religione per timore di dare un dispiacere a questo amico. Alla fine, Freud lo avvertì che stava per pubblicare il libro (cfr. Heinrich Meng and Ernst L. Freud, eds., "Psycho-Analysis and Faith: The Letters of Sigmund Freud and Oskar Pfister", London: Hogarth Press/Institute of Psycho-Analysis, 1963, pp. 109-110). Oskar Pfister, il pastore
svizzero che aveva vinto il cuore di Freud, rispose: "Ho sempre creduto che
ogni uomo debba dire la sua sincera opinione forte e chiaro. Sei sempre stato
tollerante verso di me, posso io essere intollerante verso il tuo ateismo?"
(Ibid., p. 110). La corrispondenza più lunga di Freud fu quella con Pfister. Durò 30 anni (Nicholi, loc. cit.). Nella figlia di Freud, Anna, il carattere del pastore lasciò un segno. Durante la sua infanzia, ella vedeva Pfister come "un visitatore di un altro pianeta" nella "del tutto irreligiosa dimora dei Freud". Il suo "calore umano ed entusiasmo" contrastavano con l'impazienza degli psicologi che venivano in visita, che vedevano l'ora di pranzo come "una sgradita interruzione" nelle loro importanti discussioni. Al contrario, Pfister "incantò" la figlia di Freud, entrando nella vita della famiglia e diventando "un graditissimo ospite" (Meng and E. Freud, op. cit., p. 11). Freud rispettava l'opera di Pfister. Egli scrisse: "sei nella fortunata posizione di poter guidare ... [la gente] a Dio" (Ibid., p. 16). Freud chiamava Pfister "un uomo notevole... un vero servitore di Dio,... [che] sente il bisogno di fare del bene spirituale a tutti quelli che incontra. Hai fatto del bene in questo persino a me" (Ibid., p. 24). "Caro uomo di Dio", cominciò Freud dopo essere tornato a casa in un'occasione. "Una lettera da parte tua è una delle migliori cose possibili che ci si potrebbero attendere al proprio ritorno" (Ibid., p. 16). Pfister era una testimonianza reale di Cristo. Ma alla fine, per quel che ne sappiamo, Freud decise di non accettare la fede personale. Le persone rigettano Cristo per molti motivi. Incontrare dei cristiani ipocriti è uno di questi. Altri si sentono disillusi, amareggiati, o diventano scettici in seguito a perdite o sofferenze. Alcuni sono confusi su chi è Gesù e come conoscerLo personalmente. Comprendere queste barriere alla fede può aiutare scettici e cercatori a discernere le radici dei loro dilemmi e spingerli a un secondo sguardo. Esempi come quello di Pfister possono dimostrare che dopo tutto può valere la pena di seguire quell'Uomo di Nazareth.
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