1. Le parole da conoscere
Alleanza. È
una relazione-patto di solidarietà fra due contraenti, in ebraico viene
chiamata berit, che probabilmente significa "fra due". Stringere alleanza
si dice "karat berit", "tagliare fra due": i contraenti
passavano tra le carni tagliate in due di un animale sacrificato ed invocavano
su di sé la stessa sorte se avessero trasgredito le clausole del patto.
L'alleanza con Jhwh, con la divinità, non si trova al di fuori di Israele
(cf. con Abramo, Gen 15,7-21; 17; con il popolo, Es 19; con Davide, 2 Sam 7; ecc.).
Apocalittica
(dal greco apokalypsis, "rivelazione"). È una corrente
religiosa e un genere letterario coltivato anche dai giudei e dai cristiani tra
il II sec. a. C. e il II sec. d.C. Si identifica con opere redatte in periodo
di persecuzione, in cui Dio annuncia a un veggente degli sconvolgimenti che rendono
giustizia ai giusti e castigano gli empi. Pone l'attenzione sulla fine dei tempi
vista come imminente e sui segni che la precedono. La rivelazione avviene spesso
mediante visioni avute da qualche grande personalità del passato (Enoch...
) e viene espressa con simboli, speculazioni sui numeri, ecc. Esistono degli scritti
apocalittici dell'AT (cf. il libro di Daniele), un'apocalisse del NT (quella di
Giovanni) e numerose apocalissi che sono però apocrife (come il rotolo
della Guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre, 1QM).
Apocrifo (dal
greco apokryphos, "occulto, nascosto, segreto"). Designa uno
scritto della letteratura religiosa giudaica e cristiana spesso falsamente attribuito
a un personaggio biblico, non accolto nel canone delle Scritture cristiane (quelli
dell'AT, che vanno fino al II sec. d. C., vengono chiamati anche Pseudoepigrapha
dalle Chiese della Riforma). Tra gli apocrifi dell'AT ci sono ad esempio il Libro
di Enoc, gli Oracoli Sibillini, ecc. Tra quelli del NT (dal II al V sec. d. C.)
si contano i vangeli apocrifi (riportano tradizioni popolari e alcuni riflettono
polemiche dottrinali; i più noti sono il vangelo degli Ebrei, di Pietro,
di Tommaso, di Giacomo), gli Atti apocrifi, le Apocalissi apocrife.
Apoftegma. Termine
utilizzato a partire da R. Bultmann per indicare una delle "forme" letterarie
dei vangeli: una parola (risposta) di Gesù inquadrata in una breve cornice
narrativa.
Beatitudine
(o "macarismo" dal greco makarios, "felice"). Augurio
e proposta di benedizione che Gesù annuncia come nuova legge per i cristiani.
Le beatitudini sono riportate in due redazioni, una più ampia e generale
(Mt 5,3-12), l'altra più sintetica e concreta, in contrasto con altrettanti
"guai" (Lc 6,20-26).
Canone (dal
greco kanòn, "canna, regola"). Il canone è l'elenco
delle S.Scritture cristiane. Un libro canonico fa parte della Bibbia, a differenza
di un libro apocrifo.
Ellenismo. Cultura
che presenta elementi greci e orientali e che dominava nella parte orientale del
Bacino del Mediterraneo, a partire da Alessandro Magno (IV sec. a.C.) fino all
II/III sec. d.C. Essa influì sulla mentalità, la religiosità,
i costuni, l'arte. Di solito si distinguono le comunità ellenistiche che
vivevano nel mondo greco-romano dalle comunità palestinesi. Questa distinzione
deve essere sfumata, perché l'influenza della cultura e della civiltà
ellenistica penetrò anche in Palestina.
Epifania (dal
greco epiphanein, "manifestare"). Termine usato per indicare
la manifestazione di Gesù Verbo incarnato - il natale, l'incontro con i
pastori e coi Magi, il battesimo di Gesù, le nozze di Cana - divenuto titolo
della festa omonima.
Escatologico
(da eschaton, "ultimo"; eschata, "le cose finali").
Ciò che ha rapporto con la fine (della storia, del mondo) come compimento.
La nozione include le attese e le speranze d'Israele e della Chiesa riguardo alla
fine dei tempi. L'ultimo tempo si ritiene inaugurato con la venuta di Gesù
e la sua resurrezione. Comunque, il concetto di "escatologia" rimane
piuttosto largo nell'uso fatto in teologia.
Esseni (forse
significa: "puri" o "pii"). Setta giudaica che viveva in comunità
monastiche e attendeva l'avvento del Messia osservando la povertà e il
celibato: nota attraverso Flavio Giuseppe, è stata riscoperta con i documenti
di Qumran (1947).
Geova. Errata
lettura del nome di Dio, derivante dall'unione delle consonanti del tetragramma
Jhwh, che non si pronunciava mai, con le vocali dell'altro nome Adonài
(il Signore) che si pronunciava al suo posto: Jahowah (Jhwh).
Giudaismo. È
il nome dato alla cultura e all'organizzazione socio-religiosa del popolo d'Israele
dopo l'Esilio. Dal punto di vista religioso, il giudaismo dà vita a una
grande ricchezza di espressioni (letteratura, speranze, interpretazione della
Torah...) e di movimenti (battisti, esseni, farisei, apocalittici, ecc.), ma si
caratterizza per il posto riservato alla Legge e per la posizione presa nei confronti
del tempio. Si distingue il giudaismo palestinese dal giudaismo ellenistico, quello
cioè della Diaspora (una distinzione abbastanza relativa).
Jhwh (si pronuncia:
Iavéh). Sacro tetragramma (quattro lettere) del nome di Dio rivelato a
Mosè: "Io-sono". Per rispetto non si pronunciava: nella lettura
si sostituiva con Adonài ("Signore mio").
Kénosi
(dal greco kénosis "vuoto, spogliazione"). Termine greco
usato da san Paolo per dire che nell'incarnazione il Verbo di Dio si è
spogliato dei segni della divinità (Fil 2,5-11), lasciata intravedere solo
nella trasfigurazione. Suprema kénosi è la croce: i soldati
si divisero anche le vesti di Gesù (Mt 27,35).
Kérygma
(dal greco kerigma, "annuncio, messaggio"). Termine greco per
indicare il nucleo centrale del cristianesimo, che non è tanto predicazione
di una dottrina, ma proclamazione gioiosa dell'evento straordinario della salvezza:
Gesù Figlio di Dio è morto per salvarci ed è risorto (Lc
24,44-48).
Koiné
("lingua comune"). Si chiama così il greco popolare diffuso in
tutto il mondo mediterraneo dopo le conquiste di Alessandro Magno. In questa lingua,
semplice e comprensibile ovunque, venne scritto il Vangelo, anche se, forse, ci
fu prima qualche testo aramàico.
Kyrios ("Signore").
Parola greca che traduce il nome di Dio, il Signore (Jhwh-Adonài), applicato
a Gesù risorto riconosciuto come Dio (Lc 2,10-11). Nella liturgia è
rimasta l'invocazione Kyrie eléison - Signore, abbi pietà
di noi - rivolta a Gesù.
Legge (in ebraico
si dice Toràh, "istruzione"). Nome dato ai primi cinque
libri della Bibbia o Pentatéuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronòmio).
Gesù non la abolisce ma la porta a pieno compimento (Mt 5,17-18). A 12
anni si diveniva bar-mizwah, "figli della legge" (Lc 2,41-50).
Loghion (dal
greco, pl. loghia) parola o sentenza di Gesù.
Parenési
(parenetico, dal greco, "esortazione"). Esortazione a mettere in pratica
l'insegnamento ricevuto.
Parusìa
(venuta, presenza). Termine greco che indica l'atteso ritorno di Gesù nella
gloria, alla fine dei tempi (Mt 24,29-31). Gesù ha detto che solo il Padre
conosce l'ora in cui tornerà il Figlio dell'uomo (Mt 24,35-36). Il giudizio
avviene adesso per chi non vuol credere (Gv 5,25-29).
Pentatéuco
(dal greco, "cinque astucci"). Nome dato ai primi cinque libri della
Bibbia - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio - chiamati Toràh
o legge di Mosè (Mt 5,17). Composti in diverse epoche su testi di diversa
antichità, si conservavano arrotolati dentro appositi astucci.
Protovangelo
("prima buona notizia"). È la promessa di Dio a Adamo ed Eva:
"Io porrò inimicizia tra te (il serpente) e la Donna, tra la tua stirpe
e la stirpe di lei; questa ti schiaccerà la testa". La tradizione
la vede realizzata in Gesù "figlio della Donna" vincitore del
male e della morte.
Qumràn.
Località sulla riva nord ovest del mar Morto dove, nel 1947 in 11 grotte,
furono ritrovati per caso importanti manoscritti biblici, provenienti dalla biblioteca
della comunità monastica degli Esséni, nascosti in vista dell'occupazione
romana del 70 d.C.
Regola d'oro.
È la massima che compendia la morale naturale e cristiana. Gli antichi
l'avevano espressa in forma negativa: "Non fare agli altri ciò che
non vuoi sia fatto a te". Gesù la rende positiva e più esigente:
"Fate agli altri ciò che volete sia fatto a voi" (Mt 7,12).
Simbolo ("mettere
insieme"). Letteralmente significa una cosa che può indicarne un'altra:
una realtà creata che può indicarne una più alta e trascendente.
In questo senso sono simboli le parabole e anche i miracoli che indicano la guarigione
fisica unita alla salvezza spirituale.
Sinòttici
(dal greco: syn-opsis, "un solo sguardo"). Sono chiamati così
i Vangeli di Matteo, Marco e Luca, perché posti in modo parallelo sono
leggibili con un solo sguardo.
Teofania (dal
greco, theos-phanein, "apparire di Dio"). Apparizione o manifestazione
di Dio o dell'angelo di JHWH, spesso accompagnata da fenomeni straordinari.
Tetragramma.
Quattro lettere consonanti - in ebraico originariamente non si scrivevano le vocali
- del nome sacro di Dio Jhwh (Jahwèh) rivelato a Mosè. Era tanto
venerato che non si pronunciava mai: al suo posto si leggeva Adonài (il
Signore).
Torah (dall'ebraico,
"istruzione, insegnamento"). La Legge, però non in senso meramente
giuridico; significa più precisamente, insegnamento di vita, norma pratica
di condotta, data da JHWH al suo popolo. Essa è dono di Dio e fonte di
gioia perché manifestazione graziosa del suo volere, e quindi del suo amore,
che è vita per Israele. Corrisponde al Pentateuco (cf. sopra).
2. Qualche parola più tecnica...
Codici, rotoli e
papiri. Sono gli antichi manoscritti che riportano un testo (biblico) o un
frammento di esso in lingua originale (ebraico, aramaico, greco). I codici riportano
il testo biblico continuativamente su pergamena ("rotoli" per l'AT);
per il NT si suddividono in "onciali" (se scritti in caratteri maiuscoli)
e "minuscoli" (se scritti in calligrafia corrente). Si chiamano "papiri"
se i testi sono scritti su papiro.
Concordanze bibliche.
Elenchi alfabetici di tutte le parole che occorrono nella Bibbia, con l'indicazione
del libro, capo e versetto (in quelle più voluminose compare anche la frase
che contiene la parola).
Critica testuale.
Consiste nella ricerca della lezione del testo dell'autore stesso, o almeno la
più vicina possibile, cercando di ricostruirla a partire dai manoscritti
disponibili tra le migliaia esistenti.
Diacronia. Dal
greco dia-chrònos, "attraverso il tempo", tiene conto
dell'evoluzione.
Edizione critica.
È il testo (biblico) che viene scelto dopo aver valutato le lezioni varianti.
È fornito dell'apparato critico in cui sono annotate le altre varianti
non scelte.
Ermeneutica
(dal greco hermeneutiké [téchne], "arte di interpretare,
tradurre, spiegare"). È la teoria circa la comprensione, la spiegazione
e l'interpretazione di testi letterari. L'ermeneutica biblica vuol raccogliere
le nozioni teoriche e le norme pratiche da tener presenti per ben capire gli scritti
biblici ed esporne il significato.
Esegesi (dal
greco exegéomai, da ex-ago, "condurre fuori, trarre
da, raccontare, spiegare, rivelare). È il procedimento con cui si cerca
di comprendere un testo nella sua intenzione originaria. L'esegesi biblica non
differisce da quella di altri testi antichi, pur conservando la sua specificità
religiosa. La Bibbia va letta e interpretata con lo stesso Spirito con cui fu
scritta. Chi non ha questa giusta precomprensione può certamente studiare
i testi biblici da diversi punti di vista e raggiungere risultati interessanti
(di tipo filologico, letterario, storico, psicologico e sociologico). Il senso
principale, però, gli sfugge (A. Vanhoye).
Formgeschichte
(dal tedesco, "Storia delle forme"). È un metodo esegetico che
consiste nello studiare l'origine (Sitz im Leben) e l'evoluzione delle
diverse tradizioni orali divise in determinate "forme" (generi) letterarie,
prima della loro fissazione per iscritto.
Genere letterario.
Sono detti "generi letterari" quelle forme stilistiche e tipi di testo
ricorrenti, in base ai quali si possono classificare formalmente tutte le opere
letterarie diverse tra loro, in base alla loro situazione d'origine, a certe caratteristiche
costanti di forma (vocabolario e stile: una prima suddivisione è tra prosa
e poesia), di contenuto, di ambientazione, in base alla loro funzione e scopo,
al loro ruolo strategico all'interno del discorso (esempio moderno: romanzo giallo,
articolo di fondo pagina, recensione, ecc.). Un altra definizione: "per generi
letterari si intendono le varie forme o maniere di scrivere usate comunemente
tra gli uomini di un'epoca o regione e poste in relazione costante a determinati
tipi di comunicazione". Nella Bibbia sono presenti diversi generi letterari.
Gli autori biblici ebbero a disposizione dei mezzi di espressione che costituiscono
il quadro del messaggio da essi trasmesso (apocalissi, parabola, oracolo, preghiera,
racconto di vocazione, genere didattico, profetico, giuridico, epistolare, ecc.
- se ne contano più di cento).
Hapax (-legomenon:
dal greco, "detto una volta"). È una parola che si incontra una
volta soltanto nel testo biblico.
Passi paralleli.
Sono quelli che ripetono gli stessi vocaboli (paralleli verbali) oppure lo stesso
argomento. I passi paralleli sono molto utili per cogliere i vari significati
che una parola può avere in diversi contesti.
Perìcope
(dal greco peri-kopto, "tagliato intorno"). Un brano (una parabola,
un racconto, ecc.) delimitato che costituisce una unità letteraria completa
in sé, comprensibile senza dover necessariamente conoscere ciò che
precede o ciò che segue.
Pseudoepigrafico
(dal greco pseudo-epigraphicos, "il cui titolo è falso").
Designa uno scritto di un autore che resta nell'anonimato, attribuito intenzionalmente
ad un autore conosciuto e autorevole (così ad esempio nell'AT la Sapienza
"di Salomone", ecc.). Lo scritto pseudoepigrafico
va distinto da quello "pseudonimico": attribuzione di uno scritto ad
un nome-autore ignoto.
Redaktionsgeschichte
(dal tedesco, "storia della redazione"). Metodo dell'esegesi che consiste
nello studiare il punto di vista del redattore (la sua teologia) prendendo in
considerazione la scelta che egli fa del materiale delle sue fonti e la disposizione
data all'interno della propria composizione. Il metodo implica anche la Traditionsgeschichte
("storia della tradizione"), cioè l'analisi delle diverse tappe
redazionali per le quali è passato un testo biblico nella tradizione, prima
di giungere alla redazione finale.
Semiotica (dal
greco semèion, "segno"). Scuola di critica letteraria
che si interessa soprattutto delle strutture profonde (per questo è connessa
con il metodo cosiddetto "strutturalista") e della "grammatica"
del racconto, cioè delle categorie logiche ed essenziali che governano
idealmente tutti i racconti. Studia la costituzione dei "segni", cioè
l'organizzazione concreta dei testi (cf. figure retoriche, chiasmi, modelli narrativi
concreti, ecc).
Semitismo. Consiste
nel riferire una espressione secondo la costruzione o il modo di parlare caratteristico
della lingua ebraica o aramaica (cf. "figlio d'uomo" = "uomo").
Settanta (LXX).
Traduzione greca della Bibbia ebraica eseguita tra il III e il II sec. a.C., e
quindi in un'epoca in cui il canone della Bibbia non era ancora definito e il
testo ebraico non definitivamente fissato (lo sarà a partire dal II sec.
d.C.). Essa include i libri apocrifi, non presenti nel canone ebraico: Tobia,
Giuditta, Baruch, Sapienza, Siracide, 1 e 2 Maccabei, e aggiunte a Daniele e Ester.
Sincronia. Dal
greco syn-chronos, "con-temporaneità" non tiene conto
dell'evoluzione.
Sinossi (dal
greco: syn-opsis, "un solo sguardo"). Libro che pone l'uno accanto
all'altro i testi paralleli per un confronto rapido, con "un solo sguardo".
Sitz im Leben
(dal tedesco, letteralmente: "collocazione nella vita" = "contesto,
ambiente vitale"). Espressione introdotta da Gunkel (1906), per indicare
la situazione socio-religiosa-teologica specifica (liturgia, missione, catechesi,
ecc.) della comunità, nella quale il testo biblico si è prodotto
originariamente o è stato trasmesso secondo determinate forme letterarie.
La questione riguarda dunque la funzione di un testo nella vita della comunità.
Teologia Biblica
("Discorso su Dio in base alla Bibbia"). Considerando la Scrittura una
"totalità", cioè il discorso intellegibile dell'unica
Parola di Dio, ha la finalità di cogliere, a partire dai vocaboli, dalle
figure e dai temi della Scrittura l'unità del disegno di Dio. Presuppone
l'unità dei due testamenti (Cf. Il tema del messianismo, la categoria di
alleanza, ecc.).
Testo masoretico
(TM). Testo della Bibbia ebraica (AT) fornito di un sistema di vocali ed indicazioni
per la lettura (che non c'era prima), che ha raggiunto la definitiva stabilità.
Si chiama "masoretico" (dall'ebr.: masar, "tramandare") perché
è il risultato del lavoro dei "masoreti" (= "tradizionalisti"),
che misero per iscritto tutte le "tradizioni" che riguardavano il testo
biblico (lavoro svolto tra il VI e il IX sec. d.C.).
Theologumenon.
Un concetto o verità teologica espressa in forma di racconto.
Volgata (Vg).
Traduzione latina dell'intera Bibbia ad opera di Girolamo (IV sec. d.C.), in cui
l'AT viene tradotto dall'ebraico. Divenne poi la Bibbia ufficiale della Chiesa
Romana fino praticamente al Vat. II.
3. Per l'analisi letteraria
di un testo
Allegoria. È
una metafora continuata. Esempi: Is 5, 1-6 (Israele è una vigna); Gv 10,
11-16 (Gesù è il buon pastore; ecc.).
Allitterazione.
Ripetizione di segni fonetici uguali o simili (Cf. "Tito tu che ti...";
oppure il greco ide potapoi lithoi kai potapai oikodomai, in Mc 13,1).
Anàfora.
Ripetizione di una o più parole all'inizio di enunciati successivi (Cf.
Beati i... Beati i...; Mt 5).
Antitesi. Relazione
di opposizione tra due sintagmi (unità sintattiche), periodi o stichi (Cf.
"Ha ricolmato di beni gli affamati, ha mandato i ricchi a mani vuote",
Lc 1,53).
Campo semantico.
Inizialmente indicava un insieme di vocaboli (Wortfeld), sostantivi, aggettivi,
verbi, pronomi, avverbi, con affinità contenutistiche tali da circostriverlo
(àmbito di significato). Ad es.: edificio / mura / fondamenta / porte /
ecc.. Ora, più estesamente, indica un paradigma semantico, cioè
ogni strutturazione semantica: spazio, tempo, campi specifici, vocaboli, attori,
loro azioni, categorie logiche, valori, ecc.. Le sue componenti: famiglia lessicale
(radice, omonimi, antonimi, ecc.); attori (concreti o astratti che manifestano
il campo semantico), il loro agire (parlare, fare, ecc.); i valori (etici, religiosi,
ecc.) che esso fa emergere o che lo sottengono.
Chiasmo (dal
segno della lettera greca "chi" [X]). Figura di stile che consiste nel
ripetere due serie di termini, la seconda volta nell'ordine inverso rispetto alla
prima, del tipo A.B.B¹.A¹. (Cf. 1Cor 14, 13-14).
Epìfora.
Ripetizione di una o più parole alla fine di enunciati (Cf. "...regno
dei cieli" Mt 5,19)
Inclusione.
Connessione lessicale tra l'inizio e la fine di una micro o macrounità
letteraria (quando la parola o la frase si ripete al principio e alla fine, nel
primo e nell'ultimo verso). Cf. Mt 1, 18-25.
Iperbole ("esagerazione").
Figura retorica per cui con le parole si attribuiscono al proprio pensiero proporzioni
più vaste di quanto sia in realtà (es. "È più
facile che un cammello entri nella cruna di un ago..." Mt 19, 24). Ha lo
scopo di colpire la fantasia dell'ascoltatore e fargli ricordare meglio una verità.
Ironia. Consiste
nell'esprimere un'idea mediante una frase che, letteralmente presa, direbbe il
contrario. Esempio: 1Cor 4, 8 ("Già siete sazi; ormai siete diventati
ricchi e, senza di noi, avete raggiunto il regno!").
Metafora. È
l'attribuire ad un soggetto un predicato nominale o verbale, che non gli conviene
del tutto, ma solo per qualche caratteristica. È una figura di sintesi
che si attua mediante una serie di trasposizioni di significati (es. "Quella
donna è un'aquila" = furba, elevata, intelligente, bella, ecc.). Può
essere esplicita (es. "Voi siete la luce del mondo"), o implicita (es.
"Dite a quella volpe...", allusione ad Erode [per gli orientali "volpe"
non significa "furbo", ma "sciocco"]), senza il verbo "essere".
Metonimia ("scambio
di vocaboli"). È l'identificazione di due termini che stanno fra loro
in qualche vicendevole rapporto (causa ed effetto, contenente e contenuto, ecc.).
Esempio: "Mangerai il pane con il sudore della tua fronte" (Gen
3, 19).
Parabola. È
una similitudine continuata, ma dissimulata fino all'applicazione. È un
racconto di tipo particolare, cioè finalizzato ad un certo scopo, costruito
strategicamente per sortire un certo effetto (sorpresa). Si mette in scena una
vicenda, che trasporta gli ascoltatori in un mondo fittizio. Ad un certo punto
gli ascoltatori vengono ritrasferiti dal fittizio al reale, trovandosi di fronte
ad una realtà ben determinata, che l'autore della parabola aveva in mente
fin dall'inizio. La parabola evangelica ha di speciale che è sempre costituita
da un racconto sostanzialmente verosimile. Talvolta essa presenta degli elementi
allegorici, pur restando un paragone continuato. Va tenuto presente che diversi
particolari possono essere puramente ornamentali (nell'allegoria invece ogni dettaglio
narrativo ha il suo significato): è il racconto nel suo complesso ad aver
significato.
Parallelismo.
Collocazione "in parallelo" di suoni, parole, forme grammaticali, di
strutture sintattiche, di cadenze ritmiche. Ricomparsa o ripetizione particolare
di uno dei componenti del discorso in un testo definito.
Similitudine.
È un paragone che si stabilisce tra due soggetti mediante l'uso di termini
che denotano somiglianza, un termine viene chiarito dall'altro. Esempio: "Il
regno di Dio è come..."
4. Glossarietto di esegesi
rabbinica
Haggadàh
(dall'ebraico, higgid, "raccontare"). È una parte della
tradizione giudaico-rabbinica che comporta, fra l'altro, l'interpretazione (midrash)
teologica ed edificante della Scrittura. Essa dà luogo a racconti e leggende
edificanti che commentano e ampliano i racconti biblici. Si parla di midrash (pl.
midrashim) aggadico (distinto da quello halachico). Il concetto di Haggadàh
è però molto più ampio e non si limita all'interpretazione
biblica.
Halakàh
(dall'ebraico halak, "camminare"). È la parte della tradizione
giudaico-rabinica che comporta l'insegnamento normativo o legale riguardo alle
fonti bibliche o rabbiniche. Essa spiega le leggi, le prescrizioni, i costumi
per attualizzarli alla vita dell'ebreo, in modo che egli possa "camminare"
secondo il volere di JHWH (midrash halachico). Queste spiegazioni costituiscono
la "Legge orale" (che include anche le tradizioni haggadiche) e furono
raccolte assieme a molte haggadot in compilazioni come il Sifra (commento al Levitico),
la Mekhilta (commento all'Esoso), il Sifré (commento ai Numeri e al Deuteronomio).
Esistono anche le Halachot fondate non direttamente sul testo sacro, ma sull'autorità
di rabbini: sono raccolte nella Mishnah (halacha mishnaica), nella Tosephta, nelle
Baraitot, nella Gemara in generale.
Midrash (al
plurale: midrashim). Viene dall'ebraico "darash" ("cercare");
il termine denota ogni tipo di ricerca, tecnica oppure omiletica, sulla Scrittura;
è diventato l'equivalente di "commentario", discorso sulla Scrittura,
che la rende attuale e ne scopre tutte le ricchezze. Nella sua estensione minima
il termine designa un commentario o una spiegazione che segue un versetto, un
passaggio oppure anche un libro della Scrittura; obbedisce allora a delle regole
di presentazione. Gli specialisti parlano di midrash come forma o genere letterario
soltanto alle seguenti condizioni: 1) il discorso fa delle ripetute allusioni
al testo commentato o ne riprende anche esplicitamente delle parole delle espressioni:
2) oltre al testo biblico commentato (chiamato testo principale) altri passaggi
biblici (chiamati testi connessi o secondari), aventi tra loro dei legami verbali
e con il testo commentato, sono inseriti nel corso della discussione. Di questi
commentari sulla Scrittura, i più conosciuti sono quelli sui libri della
legge. Non è inutile ricordare che la redazione e l'edizione dei midrashim
avvenne ben più tardi dell'epoca del Nuovo Testamento, evidentemente però
ciò non impedisce a questi commentari giudaici di rimandare a delle tradizioni
molto antiche e anteriori al primo secolo della nostra era.
Pesher (in ebraico
"spiegazione, svelamento"). Tipo di midrash, in voga a Qumran. Il testo
biblico è seguito dalla sua attualizzazione, questa a sua volta preceduta
da formule stereotipate: "tale è l'interpretazione del passaggio"
oppure "la sua interpretazione concerne". Nel midrash pesher, il commentatore
si contenta di identificare gli avvenimenti e i personaggi menzionati nella Scrittura
con degli avvenimenti e delle persone dei suoi tempi.
Talmud (dall'ebraico
tardivo, a partire dalla radice lamad "imparare", significa "studio",
"insegnamento"). È la raccolta della Mishnah e della Gemara (che
la commenta). Esistono due Talmud. Quello di Gerusalemme (o palestinese) terminato
sul finire del IV sec. d.C., e il Talmud di Babilonia (scuola di Sura), il più
importante e ampio. Terminato nel VI sec. d.C. (ma con aggiunte fino al medioevo).
Mishnah (dall'ebraico,
significa "ripetizione", dalla radice shanah, "raddoppiare").
È la raccolta degli insegnamenti dei rabbini, tramandati dapprima oralmente,
fatta a partire dal II sec. d.C. (forse già prima). Assieme alla Gemara
costituisce il Talmud.
Targum (al plurale:
targumim). La parola significa "traduzione". Con "targumim"
si designano le traduzioni aramaiche (dapprima orali, poi messe per iscritto,
soprattutto a partire dal II secolo della nostra era) della Bibbia cominciate
dopo l'esilio (ma non si sa molto bene quando), allorché il testo ebraico
non era più capito. Senza dubbio sono nate dalla necessità di far
comprendere i testi biblici letti durante le celebrazioni ebdomadarie nella sinagoga.
Se i targumim designano le traduzioni aramaiche, tuttavia non bisogna dimenticare
che la traduzione greca della LXX (fatta intorno al 200 a.C. per i giudei della
diaspora e di lingua greca) costituisce, anch'essa, un fenomeno targumico. Sembra
ammesso oggi che il targum rappresenta il punto di partenza del midrash
(come ricerca sistematica e commentario seguito al testo biblico). Possediamo
dei targumim (traduzioni aramaiche) di quasi tutti i libri biblici. I più
conosciuti sono quelli sulla Torah (Pentateuco) di cui esistono due famiglie,
la babilonese (Targum di Onqelos) e la palestinese (Targum Neofiti e Yerushalmi,
quest'ultimo viene ancora chiamato Targum del Pseudo-Jonathan).
Tosephta. Raccolta
di tradizioni rabbiniche poco posteriore alla Mishnah.
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