Cristo
per fede
da una
meditazione del pastore Giuseppe Petrelli
(prima metà del secolo scorso)
"E Cristo
abiti nei vostri cuori per fede…" (Efesi III, 17:19)
Abbiamo tutti, più volte, veduto madri guidare, con amorevole persuasione,
figlioli riluttanti; abbiamo letto che i viaggiatori, i quali desiderano raggiungere
le alture delle grandi montagne, debbono seguire fedelmente le loro guide. E tutti
sappiamo di essere arrivati a qualche esperienza, a seguito di indirizzi ricevuti
e seguiti.
Il cristiano tende al più alto ideale; ma, come il bambino ed il viaggiatore,
egli deve seguire una guida. E suprema direzione è la Parola della Scrittura;
essa lo mena ai piedi del Salvatore. Ma la Scrittura, appunto perché guida,
va ubbidita fedelmente, anche là dove pare non armonizzi con le nostre
vedute ed esperienze.
La Bibbia è il libro delle promesse. Ad ognuna, però, seguono una
o più condizioni. Non dobbiamo discutere la lealtà di chi promette
senza ubbidire alle condizioni, così come il malato non può obbiettare
l’efficacia di un farmaco senza sperimentarlo.
Una delle più grandi promesse della Scrittura è, certo, quella contenuta
nel versetto 19 del Capitolo 3 della lettera agli Efesini: “Conoscere la
carità di Cristo, che sopravanza ogni conoscenza, acciocchè ognuno
sia ripieno di tutta la pienezza di Dio.” Essa però fa seguito alla
preghiera dei versetti 16, 17, di cui è come una conseguenza: “che
voi, cioè, possiate conoscere la carità di Cristo, quando Egli abiti
nei vostri cuori per fede”.
“Che Cristo abiti nei vostri cuori per fede”. Salomone ha scritto:
“Confidati nel Signore con tutto il tuo cuore e non appoggiarti sul tuo
intendimento” (Prov. III, 5). L’apostolo Paolo va più innanzi,
e prega che Cristo diventi, addirittura, il sovrano del nostro cuore, centro dei
nostri pensieri ed affezioni.
“Conoscere la carità di Cristo che sopravanza ogni conoscenza”.
Ecco il punto al quale si deve arrivare, ed allora tutto ciò che noi sappiamo
in altri campi dello scibile diventerà un nulla in confronto della conoscenza
dell’amore di Cristo.
I Cristiani di Efeso erano in pericolo di seguire insegnamenti umani, mossi da
diversi venti di dottrina. E, forse, in alcuni si notava già troppa discussione
e poca fede. Di qui l’enfasi data dall’apostolo alla parola “fede”:
“Cristo abiti nei vostri cuori per fede”: fede, non conoscenza,
questa sarà una conseguenza. Cristo abiti, non un principio, un’emozione,
un motivo; ma una Persona vivente. E cioè, il Cristo che l’Apostolo
aveva predicato, morto sul calvario per i nostri peccati, il Cristo della resurrezione
Principe della vita, il Cristo aspettato dai credenti. Lui doveva abitare nel
cuore, non altri.
Solo dopo una intima comunione di vita, in cui non più noi, ma Cristo vive
in noi, possiamo conoscere il suo amore.
Una simile esperienza aveva fatta Pietro quando esclamava: “Noi abbiamo
creduto (prima parte) e conosciuto (conseguenza) che tu sei il Cristo il figliolo
dell’Iddio vivente”.
Conoscenza dell’amore di Cristo, l'avevano i martiri, che chiamati a scegliere,
in presenza della morte, tra il culto all’imperatore e Cristo, avevano una
sola risposta: “Cristianum sum”, sono cristiano!
E la loro parola rivelava una convinzione profonda, da sorprendere e meravigliare
gli accusatori medesimi, alcuni dei quali accettavano il Cristianesimo, eleggendo
il martirio a fianco degli accusati. Eroi, come Stefano, vedevano la Gloria di
Dio, e morivano benedicendo e perdonando.
E mi viene da pensare agli antichi profeti, ai loro messaggi brevi e decisi: “Così
ha detto il Signore…” Parevano ambasciatori allora usciti dalla Corte
di un Sovrano noto e potente di cui portavano comandi assoluti, incisivi.
Non dimentichiamolo: tali uomini avevano nel loro cuore una conoscenza sicura
dell’amore di Dio.
“Che vai tu cercando di reggerti da te stesso, esclama Agostino, mentre
non puoi?” E fu appunto quando il grande uomo ebbe accettato Cristo per
fede che vide fuggire i dubbi che lo tormentavano. Altrove egli dice che, senza
la guida del Signore, nulla poteva conoscere.
Così aveva prima di Agostino pensato Paolo e così, dopo e prima
di essi, altri eroi della fede. Ma così, ahimè!, non pensano molti,
che studiano di pervenire alla conoscenza di Cristo in forza dei loro ragionamenti.
Stolti, che vogliono precedere la guida, o seguire direzione diversa da quella
segnata dalla Scrittura!
I veri cristiani non esitano a riconoscere la loro incapacità a comprendere
Cristo, senza che Egli medesimo, l’ospite del cuore, diventi il maestro
dell’intelletto. E persone umili convertite si affrettano a scegliere, col
Salmista, il posto del bisognoso, e segnare il programma: Conoscere Cristo alla
scuola di Cristo.