Il cammino cristiano




Chi ha ragione?

differenze di vedute nella chiesa cristiana, come comportarsi

 

Introduzione

La chiesa primitiva ha dovuto affrontare la questione dell'unità nella diversità nella convivenza tra due gruppi estremamente differenti: i cristiani di estrazione giudaica e i cristiani di estrazione greca o "gentile". Tra il materiale del Nuovo Testamento dedicato ad affrontare con vittoria questa sfida troviamo il brano di Romani 14. Leggiamolo.

Il brano tratta due questioni particolari: quella del cibo e quella del calendario. I credenti usciti dal giudaismo sentivano che era giusto osservare le regole di dieta e i giorni di festa previsti nell'Antico Testamento. Dopo tutto, ragionavano essi, era Dio che li aveva chiesti, e anche se non aggiungevano nulla alla grazia divina, era giusto ringraziare il Signore in questo modo.

L'altra parte, i credenti che nulla sapevano del giudaismo, si domandava: "Perché non possiamo mangiare un determinato cibo? Dio l'ha fatto e noi ringraziamo Dio per tutto ciò che ha creato! E poi che senso ha per noi ricordare la Pasqua o la festa dei Tabernacoli, che fanno parte della legge di Mosè? Cristo è la nostra Pasqua!"


Chi aveva ragione?

La risposta di Paolo deve farci riflettere: ci sono dei casi dove nessuno ha ragione. Oppure, messo in altri termini, ci sono dei casi dove entrambe le parti hanno ragione.

Mentre affrontiamo questa tematica delicata, può essere utile distinguere tra 3 categorie di questioni che si trovano all'interno della fede cristiana.

La prima categoria riguarda quelle che, in un certo senso, sono le più facili. Sono le questioni nelle quali Dio ha parlato con grande chiarezza e riguardo alle quali non c'è nessuna difficoltà di comprensione. In queste questioni c'è un torto e c'è una ragione e, alla luce della Parola di Dio, la linea di demarcazione è chiara. Sono questioni dottrinali come la divinità di Cristo e la salvezza per grazia. Sono anche questioni di condotta come il non commettere adulterio o il non rubare.

Guai a noi se ci tiriamo indietro in queste questioni! Nessuna esortazione all'unità e alla carità può giustificare il sacrificio delle verità che Dio ha rivelato nella sua Parola.

La seconda categoria, riguarda quelle questioni che indubbiamente sono le più impegnative, e sono quelle che riguardano in particolare la dottrina. Sono questioni intorno alle quali sì, Dio si è rivelato, ma da parte umana ci sono difficoltà a comprendere o ad accettare. In queste questioni c'è torto e ragione, ma non sempre si capisce chiaramente, e per questo motivo anche tra credenti stimati e seri studiosi della Scrittura, ci sono diversità in campi dottrinali quali l'ecclesiologia, l'escatologia, la pneumatologia, solo per menzionarne alcuni.

Perché ci sono queste differenze? E' perché nessuno ha ragione? Assolutamente no! In questioni dottrinali, dove Dio ha parlato, non è lecito dire che "nessuno ha ragione". Dio non ha rivelato dottrine "grigie". Cristo, per fare un esempio, torna o prima, o durante o dopo la tribolazione: di queste tre posizioni, una è quella giusta e le altre due sono sbagliate.

Il problema di questa seconda categoria, siamo noi che non sempre riusciamo a capire la rivelazione di Dio! Cioè, pur avendo la Scrittura completa da capire, non abbiamo la comprensione completa della Scrittura. Se i più grandi teologi hanno confessato i loro limiti e la loro ignoranza, quanto più dovremo umilmente farlo noi. Con questo non diventiamo agnostici: ci impegniamo a studiare perché la verità si può conoscere, ma, intanto che studiamo, pratichiamo l'umiltà di convivere con gradi diversi di comprensione della verità di Dio.

Le questioni della terza categoria sono, in molti casi, le più scottanti. E' di queste questioni che parla il nostro brano. Sono le questioni dove, pur nella diversità, "nessuno ha ragione" perché ragione non c'è! Consideriamo il testo.


Le questioni difficili

La prima cosa che notiamo è che le questioni di questa terza categoria sono questioni che riguardano la condotta. "Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro… mangia legumi". Il brano, ed è importante sottolinearlo, ha a che fare con azioni e non con dottrine. Non si tratta qui di stabilire se i morti risuscitano o meno o se Gesù sia Dio. Si tratta di decidere qual è il modo migliore di vivere per Dio, e questo non è un argomento facile. I principi infatti spesso sono chiari, ma c'è divergenza sull'applicazione di questi principi. Le funzioni ci trovano d'accordo, ma le forme che devono prendere queste funzioni provocano non poca discussione. Per i credenti di Roma il principio di essere puri era chiaro, ma qual era il modo giusto di esprimere questo principio?

Un secondo aspetto che caratterizza questa categoria di questioni è che sono soggettive. "Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente". Sia ben chiaro: la Scrittura si antepone al relativismo della nostra società con assoluta chiarezza, ma qui troviamo una situazione dove ciò che è giusto è "relativo". E' una questione personale. Queste scelte di condotta sono formate da una piena e sincera convinzione nella propria mente. Per noi che siamo uomini della Scrittura ciò non è facile da accettare. Siamo abituati a pensare che: "Le convinzioni vanno formate nella Scrittura!", e guai se non fosse così. Ma in alcune questioni non è sempre sufficiente studiare bene la Scrittura per decidere i comportamenti da istituire per tutti.

Da questo testo comprendiamo che la Scrittura stessa lascia un androne di libertà per molti comportamenti, e in questo androne ognuno di noi è chiamato ad esercitare l'amore e la convivenza tra diversi. Nella Scrittura non c'è la dieta che ogni credente deve seguire: siamo liberi di essere diversi. Nella Scrittura non c'è un calendario liturgico e, a guardar bene, non c'è neanche l'ordine del culto né una raccolta ispirata di inni da cantare. Questa dimensione soggettiva e variabile della condotta cristiana è ribadita nel versetto 14: "… per lui è impura!"

Ci sono molti comportamenti nella Scrittura che non sono definiti e come anziani dobbiamo fare molta attenzione a non usurpare l'autorità di Dio, imponendo come comportamenti biblici ciò che sono solo le "piene convinzioni della nostra mente".


Come comportarci quando nessuno ha ragione

Quali sono le applicazioni di questo testo per gli anziani di chiesa? Come debbono comportarsi quando, davanti ad una questione della terza categoria, è chiaro che "nessuno ha ragione"?

In primo luogo dobbiamo riconoscere che è legittimo e normale avere convinzioni diverse. In questioni di condotta, spesso c'è la questione del fratello che è "debole nella fede" (Rom. 14:1). In questi casi non dobbiamo sentenziare sugli scrupoli degli altri, ossia non dobbiamo discutere per mettere in dubbio la posizione dell'altro per poi dividerci da lui. In questi casi, come anziani, dobbiamo vegliare che i forti non disprezzino i deboli, e che i deboli non giudichino i forti (v. 10).

E' importante inoltre riconoscere che pur comportandosi in modi diversi, si può essere uniti nel piano generale delle cose. "…lo fa per il Signore" (v. 6). Un credente si astiene da qualche cibo perché ritiene di dare gloria al Signore, un altro ringrazia il Signore per aver creato quel cibo e ne mangia glorificando Dio.

Consideriamo lo spiacevole episodio di separazione tra Paolo e Barnaba. C'era una differenza di prospettiva sul caso di Marco: Paolo stava pensando al bene dell'opera mentre Barnaba stava pensando al bene di Marco. Chi aveva ragione? Sul piano generale delle cose, non stavano entrambi tentando di glorificare Dio e contribuire al bene dell'opera? Se avessero fatto mente locale a questo aspetto, la loro divisione sarebbe stata meno aspra?

Pensiamo per un attimo alle persone con le quali andiamo meno d'accordo nella famiglia di Dio. Certo è che nessuno di noi è puro al 100%, ma abbiamo considerato che anche chi è "dall'altra parte" della staccionata o della disputa, possa agire "per il Signore"?

Una terza applicazione per noi, ed è difficile, è di considerare di tirarci indietro. "Tu, la fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio" (v. 22). Sii convinto, sì, ma nella tua mente. Quindi se si tratta di questioni della categoria che stiamo considerando, invece di discutere, dice Paolo, fatti indietro! Ci sono volte in cui è difficile "tenerci" la nostra opinione. Specialmente se abbiamo una posizione di prestigio. Specialmente se, come anziani, siamo abituati ad essere circondati da persone che ci chiedono "come fare". Se pensiamo che dobbiamo sempre imporre regole di condotta, facciamo bene a ricordare che il regno di Dio non è vivanda né bevanda (v. 17). Dobbiamo invece imporre regole di libertà nello Spirito.

Ci sono volte in cui dobbiamo astenerci dall'imporre le nostre convinzioni. Siamo portati a pensare "O è giusto o è sbagliato… O si fa, o non si fa…". Ma come disse qualcuno, "una lunga disputa significa che entrambe le parti hanno torto", oppure, aggiungiamo noi, "che hanno ragione".

Paolo ha predicò contro l'obbligo della circoncisione, eppure circoncise Timoteo. Paolo contrastò la necessità dell'osservanza della legge, ma quando andò a Gerusalemme compì gesti pubblici di purificazione per dimostrare che "osserva la legge" (At. 21:24). Perché? Relativismo? Vigliaccheria? Ipocrisia? Non aveva spina dorsale? Aveva cambiato idea? Non era convinto delle sue posizioni? No, era la via per eccellenza. "Non perdere, con il tuo cibo…" il cammino nell'amore e l'unità della chiesa per la quale Cristo è morto (v. 15).

E giungiamo all'ultima applicazione: dobbiamo rimanere sulla via per eccellenza. Tutti amiamo discutere e condividere le nostre opinioni, ma c'è un tipo di discussione che non porta da nessuna parte se non lontano dalla via di Cristo. Purtroppo conosciamo la dinamica: si discute, l'altro non cede, si insiste, si inizia ad essere irritati, non si può rinunciare a dimostrare di avere ragione, si lancia qualche insinuazione, qualche accusa, le voci si alzano, volano parole pesanti, non si ascolta più, gli umori si alterano e l'altra persona appare infine come un nemico da combattere. Si arriva al punto dove entrambe le parti dicono ciò che pensano senza pensare e anche quando non c'è più nulla da dire continuano a dirlo.

La tentazione è di uscire dalla via per eccellenza tramite l'inasprimento (1 Cor. 13:5). Il termine scelto da Paolo significa essere affilati come una spada e diventare facilmente aspri. Paolo c'era caduto. Tra lui e Barnaba "nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono". Quando non riusciamo ad imporre le nostre ragioni si presenta la tentazione: affiliamo la spada e il vino d'amore si trasforma in aceto.

Molte cose sono importanti, ma domandiamoci: sono le cose più importanti. Quando ci si inasprisce, nessuno vince. Quanto meno vinceremo se ci stiamo battendo per vietare di mangiare un cibo, quando il Signore ha comandato di convivere nella chiesa anche quando c'è una diversità legittima.

Ricordiamoci dell'ape: punge si, ma poi muore. L'anziano che è litigioso e non mite, per quanta conoscenza abbia, si squalifica: diventa un rame risonante ed un cembalo squillante (1 Cor. 13:1).

"L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa."
(1 Cor. 13:4-7)

 

In breve...

Perché esistono diverse interpretazioni della Bibbia da parte dei cristiani?

Perché molti cercano di studiare la Bibbia, o parte di essa, scolasticamente, senza l'aiuto dello Spirito Santo. Inoltre se l'interpretazione è giusta, questa deve trovare riscontro anche negli altri passi della stessa Scrittura, e per questo la Bibbia deve essere compresa in tutto il suo contesto. "La somma della tua parola è verità; e tutti i tuoi giusti decreti durano in eterno" (Salmo 119).


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  • Gli scandali e come affrontarli (link)


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