Il cammino cristiano




Attentato alla libertà religiosa in Italia?

 

In occasione del convegno promosso dall'Alleanza Evangelica Italiana e da alcune chiese evangeliche di Torino sul tema "Manipolazione mentale: attentato alla libertà religiosa in Italia?" è stato diramato il seguente comunicato:


Nel dicembre del 1995, 16 membri di un gruppo chiamato Ordine del Tempio Solare furono trovati morti. Questa tragedia spinse molti politici europei a intraprendere azioni di contrasto nei confronti delle cosiddette "sette" in modo che episodi simili non potessero più verificarsi. Il mondo evangelico condivise l'orrore di quell'evento. In più, continuiamo ad essere preoccupati che gravi abusi possano essere perpetrati da gruppi religiosi estremisti. Tuttavia, siamo d'accordo con le conclusioni del Parlamento Europeo e dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa secondo cui legiferare contro le "sette" è impossibile, e potenzialmente pericoloso dal punto di vista dei diritti umani. La Risoluzione 1309 (2002) del Consiglio d'Europa ha criticato la politica francese contro le minoranze religiose chiedendo di riconsiderare la legge sulle "sette".

L'articolo 9 della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” persegue un approccio saggio alla libertà religiosa quando afferma che ognuno è libero sia di cambiare che di manifestare la propria religione in privato o in pubblico, individualmente o collettivamente. Continua dicendo che "la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere soggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute e della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui". Ciò chiama i gruppi religiosi a comportarsi in modo ragionevole, ma limita anche il potere di esterni ad interferire solo quando è assolutamente necessario.

L'abuso, sia esso fisico, mentale, emotivo o finanziario, può verificarsi in qualsiasi raggruppamento: la famiglia, un'organizzazione giovanile, una ditta, un partito politico. La società deve cercare di proteggere coloro che sono vulnerabili attraverso linee-guida e leggi ragionevoli che siano valide per tutti, non solo per i gruppi religiosi. Ogni indagine sugli abusi deve essere compiuta da professionisti seri che seguono procedure giudiziarie chiare che permettono una raccolta e una valutazione completa ed equa degli elementi. La "manipolazione mentale" è un potenziale pericolo. Tuttavia, il termine non può essere definito chiaramente. La predicazione appassionata di una persona o un consiglio dato in una conversazione privata possono essere interpretati da qualcuno come una "manipolazione mentale".
Ogni tentativo da parte della società di aiutare le vittime di abusi deve seguire delle regole molto rigorose per assicurare che questi interventi si verifichino solo in caso di prova certa di abuso. Gli esperti di diritti umani, il Parlamento Europeo e il Consiglio d'Europa concordano nel sostenere che le leggi esistenti sugli interventi dei servizi sociali sono adeguate a trattare questi casi. Una legislazione specifica, come la proposta d’introduzione nel Codice penale di un articolo sulla “manipolazione mentale”, è inutile e potenzialmente pericolosa.

Anche se siamo profondamente in disaccordo con la teologia dei gruppi chiamati "sette", crediamo che la libertà religiosa debba essere un diritto di tutti a meno che non venga compiuto un abuso provato. Questo è il motivo per il quale chiediamo ai responsabili politici di evitare di legiferare in materia di "sette" perché, anche se con buone intenzioni, si rischia di mettere a repentaglio la libertà religiosa.




“Vietato convertirsi e forse pure cambiare idea”


Così M. Introvigne, studioso delle sette, boccia la norma sulla cosiddetta “manipolazione mentale”:

Il 4 marzo la Commissione Giustizia del Senato, ha approvato all’unanimità, salvo un’astensione tecnica, un disegno di legge – proponenti Renato Meduri (An) ed Elisabetta Casellati (FI) – che introduce nel Codice penale un nuovo articolo 613-bis, così concepito: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione praticate con mezzi materiali o psicologici, pone taluno in uno stato di soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione è punito con la reclusione da due a sei anni. Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà”. Le agenzie hanno parlato di “legge contro i maghi” ma la relazione fa riferimento anche alle “sette” e al cosiddetto “lavaggio del cervello”.

Sulla base di vent’anni di esperienza nello studio delle cosiddette “sette” considero questa legge pericolosa, potenzialmente liberticida e insieme inutile per gli scopi che si propone di raggiungere. Una spiegazione del perché rende necessario riassumere le controversie al riguardo, che non sono nuove. Le teorie del lavaggio del cervello (oggi chiamate della “manipolazione mentale” o del “controllo mentale”) hanno le loro radici remote nella difficoltà di spiegare scelte che alla società appaiono “strane”. In questi casi, si sosterrà spesso che la persona non agisce ma “è agita” da un altro che la costringe a fare qualcosa contro la sua volontà. Così nel XVI secolo si parla dell’influsso onnipervadente della stregoneria, nel XIX dell’ipnotismo. Tra le scelte “strane” che inducono a queste spiegazioni ci sono (fin dalle accuse di convertire usando sortilegi rivolte ai primi cristiani) le scelte religiose considerate eretiche dalla maggioranza, finché con Sigmund Freud (1856-1939) diventa sospetta la scelta religiosa in genere. [...]

Secondo la Corte costituzionale, l’influenza e la stessa “soggezione psichica” sono realtà “normali” nei rapporti fra esseri umani: “tipiche situazioni di dipendenza psichica [...] possono anche raggiungere, per periodi più o meno lunghi, gradi elevati, come nel caso del rapporto amoroso, del rapporto fra il maestro e l’allievo, fra il sacerdote e il credente, fra il medico e il paziente [...]. Ma è estremamente difficile se non impossibile individuare sul piano pratico e distinguere a fini di conseguenze giuridiche - con riguardo ad ipotesi come quelle in esame - l’attività psichica di persuasione da quella anch’essa psichica di suggestione. Non vi sono criteri sicuri per separare e qualificare l’una e l’altra attività e per accertare l’esatto confine fra esse”. Ne segue che la valutazione dei risultati del presunto plagio è normalmente “sintomatica”, e le conclusioni sono tratte “a seconda che l’attività esercitata sul soggetto passivo porti a comportamenti conformi o a comportamenti devianti rispetto a modelli di etica sociale e giuridica”. In altre parole il rischio è che, fra le centinaia di situazioni di “dipendenza psichica” della vita quotidiana, si puniscano arbitrariamente quelle considerate dal giudice ideologicamente inaccettabili o impopolari. La norma è quindi “una mina vagante nel nostro ordinamento”, aprendo la strada a una valutazione delle idee costituzionalmente vietata, “mancando qualsiasi sicuro parametro per accertare l’intensità” della persuasione e distinguere quella lecita da quella vietata.

Non vi è ragione di ritornare su quanto la Consulta aveva già considerato nel 1981. Si dirà che esistono “sette” (e maghi) che imbrogliano, truffano, abusano della credulità popolare o peggio violentano bambini, organizzano attentati terroristici, periscono in suicidi di massa. Certo: ma, a parte la necessità di non fare di ogni erba un fascio (siamo abituati a chiamare “sette” centinaia di realtà, dalle più criminali alle più innocue), tutti questi sono reati già previsti e puniti dalle leggi ordinarie in vigore.
Invece le leggi speciali che incriminano reati inafferrabili come “essere una setta” o “praticare la manipolazione mentale” sono, in tutti i paesi dove esistono, forti con i deboli e deboli con i forti. Colpiscono soprattutto gruppi piccoli, deboli, con pochi mezzi per difendersi. I gruppi più forti, invece, anche quando sono davvero responsabili di qualche reato, si difendono assai più facilmente da accuse vaghe e controverse che non da accuse specifiche relativi a reati “normali”. Le leggi anti-sette riescono di solito a essere insieme liberticide e invece innocue nei confronti proprio degli abusi che in tesi vorrebbero colpire.



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