Il cammino cristiano




Che cosa significa essere cristiani?

(dal sito 'La chiesetta di campagna')

 

Che cosa significa essere cristiani? Per molti vuol dire essere delle persone civili. Certamente un cristiano nel vero senso della parola sarà una persona per bene: ma questo è tutto?

Ogni volta che in Val Pellice visito la Gheisa d'la Tana ripenso alla fede di quegli uomini che, anche se perseguitati vi si riunivano, chiedendomi quant'è diversa la mia nei momenti più difficili, quando siamo costretti a riflettere sul significato delle nostre decisioni.

Ci viene spontaneo, allora, ripensare ai primi momenti della nostra esperienza cristiana, quando abbiamo conosciuto il Signore e quella profonda trasformazione del comportamento e dei pensieri che noi chiamiamo conversione.

Purtroppo non chiunque conosce Dio poi vivrà una relazione con Lui. Il Diavolo conosce Dio ma non ne ha alcun timore. Così alcuni possono gustare un po' i doni del cielo, sentirne sapore ed odore ma senza nutrirsene veramente.

Vediamo allora di dare un'occhiata ai passi del Nuovo Testamento che usano il termine "cristiano" per designare i credenti del primo secolo della nostra era, per cercare così di scoprire quali siano le caratteristiche di un vero cristiano.

Il primo passo si trova in Atti 11:26, dov'è scritto che "fu in Antiochia che i discepoli furono chiamati cristiani". Perché cristiani? È evidente dal nome stesso che era noto a tutti che questi uomini appartenevano a Cristo. Una specie di soprannome per indicare che era chiaro per quanti guardavano ed ascoltavano questi uomini che Cristo era l'elemento centrale della loro esistenza.

Antiochia, al nord della Siria, oggi fa parte della Turchia, ma allora era una città importante con una popolazione di circa 200.000 abitanti che fungeva da ponte tra oriente ed occidente ed era considerata la terza città del mondo dopo Roma ed Alessandria.

Era una città prospera con uno statuto di città libera che le dava una grande autonomia, abbellita da edifici monumentali, frequentata da studiosi e uomini d'affari di tutto il mondo antico, e fu proprio qui che i discepoli furono chiamati cristiani per la prima volta.

Era chiaro, per queste persone colte e smaliziate, che i discepoli appartenevano a Cristo e Cristo apparteneva a loro e che portavano l'impronta di Cristo nella loro vita. Per questo motivo li designarono come cristiani. Se leggiamo il capitolo 11 degli Atti, scopriremo come divennero Cristiani.

19 Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunziando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. 20 Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore.

Ecco dunque come si diventa cristiani: credendo, cioè esercitando la fede in Gesù, accettandolo come Salvatore e Signore. Questi credenti divennero creature nuove, nacquero di nuovo nella famiglia di Dio. Chiediamoci per qualche istante se abbiamo avuto un'esperienza di questo tipo. Solo allora potremo veramente chiamarci cristiani.

Il secondo passo, dove troviamo il termine cristiano, si trova in Atti 26: 28. Dopo il discorso di autodifesa dell'Apostolo Paolo, in presenza del governatore romano Festo, di re Agrippa e di sua sorella Berenice, Agrippa dice a Paolo, "Per poco non mi persuadi a diventare cristiano".

Ecco un'altra caratteristica di un vero cristiano che vediamo nell'apostolo Paolo: rende testimonianza della sua fede. È anche vero che si difende, ha ogni diritto di farlo, ma quello che maggiormente lo interessa, anche più di riacquistare la sua libertà, è di rendere una testimonianza fedele del suo Signore e di portare un'anima a Lui.

Così, in risposta alle parole di Agrippa, usando un linguaggio nobile ma urgente, dice a quest'uomo corrotto, a Festo ed a tutti quelli che lo ascoltavano quel giorno "piacesse a Dio che per poco o per molto, non solo tu, ma tutti quelli che mi ascoltano diventaste tali", cioè cristiani "quale sono io, ad eccezione di queste catene".

Che appello toccante e magnifico, rivolto da una vittima ai suoi persecutori, che voleva salvare le loro anime e condividere la sua fede.

Il terzo ed ultimo brano delle Sacre Scritture che usa il termine cristiano è in 1 Pietro 4:16 "Ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio, portando questo nome." Se siete dei veri credenti non potete sfuggire all'onta di Cristo.

Il Signore stesso ha detto che un vero discepolo non è da più del maestro (Matteo 10:24), e ancora "Se il mondo vi odia sapete bene che prima di voi ha odiato me" (Giovanni 15:18).

Ma perché il credente deve soffrire con Cristo? Il fatto è che la vita del vero credente sarà molto probabilmente, e forse necessariamente, diversa da quella di quanti lo circondano. Però nessuno desidera essere diverso, se non per cose secondarie che non mettano a rischio la sua accettazione da parte degli altri.

Quindi la tendenza di tutti è all'uniformità: cerchiamo di uniformarci all'ambiente in cui ci muoviamo. La nostra condotta, le nostre abitudini, anche i nostri atteggiamenti mentali, riflettono di solito le caratteristiche del mondo in cui viviamo.

Ma i cristiani non appartengono a questo mondo. Vi ricordate le parole del nostro Signore? In Giovanni 17:16 dice dei suoi discepoli "non sono del mondo come io non sono del mondo". La nostra cittadinanza è nei cieli è questo non può essere nascosto, viene fuori praticamente nella nostra vita di quaggiù.

I cristiani si separano dalla cattiveria e dal peccato che li circonda, camminando in santità, verità ed integrità. Del resto non provano alcuna gioia in quelli che vengono definiti "piaceri mondani".

Ma come possiamo amare Gesù che muore per uomini e donne che lo odiavano e restare indifferenti davanti al traffico di schiave costrette sul marciapiede da uomini senza scrupoli? E come non restare turbati dalle violenze fatte su bambini fragili e indifesi!

Il traffico di organi, le mine antiuomo ed i meninos de rua sono un aspetto, così come le 347 città americane con il coprifuoco per la violenza dei minorenni dopo le dieci di sera, quando indifferenza se non violenza a volte partono proprio dai genitori. Possiamo amare questo mondo?

Tutto questo però rende i cristiani inevitabilmente differenti, esponendoli all'obbrobrio e all'odio che si ha per chi è diverso da noi. Ma sappiamo che un vero credente è disposto ad accettare l'onta di Cristo e accettare lo scandalo della croce, rendendo Cristo visibile anche nel mondo che scelse Barabba.

Così, chiediamoci se siamo veramente cristiani: abbiamo i tre elementi che caratterizzano i cristiani del Nuovo Testamento? Apparteniamo a Cristo? Gli rendiamo una fedele testimonianza? Siamo pronti a soffrire con Lui e per Lui?

Però il cristianesimo non è solo questo. C'è gioia, serenità, comunione ed amore nella nostra relazione col Cristo. Gesù che muore sulla croce non è solo Dio incarnato che muore per i nostri peccati, ma anche un Uomo che vince proprio quando tutti pensavano alla sua sconfitta.

Il cristiano è un vincitore, perché Gesù è il suo vero modello, e fede e fiducia in Gesù significano partecipazione alle sue vittorie. Io sono felice di avere conosciuto Gesù. Sento che Lui opera nella mia vita e mi permette di crescere continuamente, ed è solo in Lui che possiamo trovare pace.

Questo è solo un piccolo anticipo della grande gioia che vivrò quando sarò insieme a Lui. È bello essere dei cristiani? Vogliamo esserlo e desideriamo che il Signore ci aiuti in questo percorso? A ognuno di noi la risposta, ma anche la riconoscenza e la lode verso Cristo Gesù che è benedetto in eterno.


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