Controllare
il proprio comportamento
da un sermone di Marco
deFelice, tratto dal sito Aiutobiblico
Sermone
su Giacomo 3:1-12
Introduzione
Una delle benedizioni
più grandi che abbiamo è che Dio non ci lascia nei nostri peccati.
Si serve della Parola di Dio e dello Spirito Santo per mostrarci i nostri peccati,
in modo tale che possiamo liberarcene e crescere in santità. Così,
possiamo essere preparati per entrare nella presenza del nostro Santo Signore.
Il brano di Giacomo che vogliamo considerare oggi parla di un peccato molto pericoloso:
l'uso sbagliato delle nostre parole. Ci spiega quanto è grave, e anche
quanto è incompatibile con la vera salvezza.
Prima di questo, Giacomo ci parla di un caso specifico del parlare in modo sbagliato:
quello di cercare di farsi maestro da sé.
Allora, vediamo quello che Dio ha da dirci tramite questo brano di Giacomo.
Non siate in molti
a fare da maestri
Il primo versetto del
capitolo 3 ci parla del pericolo di cercare di essere un maestro senza la chiamata
di Dio.
Leggiamo il primo verso, Giacomo 3:1: Fratelli miei, non siate in molti a far
da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio.
Cosa intende qui Giacomo? Prima, consideriamo il significato della parola "maestro".
Questa parola è "didaskalos" nel testo originale greco, è
un sostantivo che viene dal verbo "didasko", che vuol dire "insegnare".
Dunque, didaskalos vuol dire insegnante. Viene tradotto come Maestro e qualche
volta come dottore. Nei vangeli, viene usato principalmente come uno dei titoli
di Gesù. Cioè, in circa 40 casi, Gesù viene chiamato Maestro.
Egli è il grande Maestro. Egli è Colui che ci insegna la via della
verità.
Nelle Epistole, didaskos viene usato per indicare un maestro nella chiesa, cioè,
qualcuno che insegna le cose di Dio. Viene usato sia per indicare dei maestri
veri e buoni, che per indicare dei falsi maestri.
È Dio stesso a stabilire il ruolo di maestro nella chiesa, e quindi, è
un ruolo molto importante per la salute e la protezione della chiesa, ed è
essenziale per la crescita di ogni credente. Quando Dio elenca le qualità
necessarie perché una persona sia riconosciuta come anziano o pastore,
una è che egli sia capace di insegnare. Capace vuol dire in grado di farlo
in modo utile ed edificante.
1 Timoteo 3:2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una
sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare,
2 Timoteo 2:24 Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere mite con
tutti, capace di insegnare, paziente.
In Efesini leggiamo di uno dei motivi principali per cui Dio dà dei pastori-dottori
alla chiesa.
É lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come
evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in
vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, Efesini
4:11-12
Perciò, ci sono i veri maestri, che sono un dono di Dio alla chiesa, dati
per edificare e far maturare la chiesa. Però, ci sono anche dei falsi maestri,
cioè, falsi insegnanti.
2 Timoteo 4:3 Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la
sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero
secondo le proprie voglie,
Il vero maestro deve
essere stato chiamato da Dio e riconosciuto dalla chiesa. Cioè, uno non
può farsi maestro da solo. È Dio che dà il dono di insegnamento
come vuole, e poi chiama alcuni ad essere maestri. La chiesa riconosce colui che
Dio ha chiamato.
Purtroppo, ci sono delle persone che vogliono farsi maestri da soli. 1 Timoteo
1:3-7
Alcuni vogliono insegnare le proprie idee. Ci sono alcuni che vogliono farlo davanti
a tutta la chiesa, e ci sono delle chiese non attente che accettano chiunque come
maestro. Poi ci sono alcuni che vogliono farsi maestri, ma a un livello più
nascosto, a tu per tu.
Vi dò un esempio di una situazione simile che succede spesso fra bambini.
Avete mai notato un gruppo di bambini, dopo che un adulto li sgrida per qualche
comportamento sbagliato? Quando l'adulto va via, spesso, uno dei bambini comincia
a sgridare gli altri. Parla come se avesse l'autorità di dirigere gli altri.
Allora, nella chiesa, ci possono essere delle persone che si considerano maestri
da sé. Sono molto attenti a notare gli sbagli degli altri. Credono di avere
la responsabilità di dire agli altri le loro mancanze. È una forma
di considerarsi un maestro, superiore agli altri.
Queste persone non sono state chiamate da Dio a questo ministerio. Di solito non
sono state riconosciute dalla chiesa in questo ruolo. È un ruolo che si
sono date da sé.
Allora, questo è il contesto del versetto 1.
Giacomo 3:1 Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che
ne subiremo un più severo giudizio.
La grammatica del greco qui potrebbe essere tradotta: "Fratelli miei,
non siate in così tanti a fare maestri".
Ovviamente, c'erano alcuni che si erano fatti maestri, non perché fossero
guidati dallo Spirito Santo, ma perché volevano mettersi al di sopra degli
altri in questo modo.
L'avvertimento di Giacomo è che è pericoloso farsi maestro, se non
secondo la guida dello Spirito Santo. Il suo avvertimento non vuol dire che nessuno
deve essere maestro, in quanto egli stesso era un maestro. Egli scrive: "sapendo
che ne subiremo un più severo giudizio." Si riconosceva maestro, perché
era stato chiamato da Dio a quel ruolo, ed era stato riconosciuto dalla chiesa.
L'avvertimento di Giacomo è duplice. Come prima cosa, uno non dovrebbe
proclamarsi maestro da sé, né a tu per tu, né a livello di
chiesa, se non è chiaramente chiamato a questo da Dio e riconosciuto dalla
chiesa. Visto che chi è maestro sarà giudicato più severamente,
è molto pericoloso mettersi in questa posizione da sé.
Poi, per chi è veramente un maestro, chiamato da Dio e riconosciuto dalla
chiesa, è un avvertimento a svolgere questo ministerio con molta cura,
perché chi è maestro sarà giudicato con un giudizio più
severo, cioè, più rigido.
Fratelli, quando Dio chiama qualcuno ad essere maestro, è giusto che quella
persona segua la sua chiamata e la sua guida. Non bisogna tirarsi indietro solamente
perché ci sarà un giudizio più severo. Se Dio ti chiama ad
un ministerio, sarà Lui a darti la grazia di svolgerlo nel modo giusto
e santo se sei sottomesso a Lui.
Però, se non hai ricevuto una chiara chiamata da Dio, che poi dovrebbe
essere riconosciuta tale dalla chiesa, non autoproclamarti come maestro. Non credere
che il tuo ruolo sia quello di riconoscere gli sbagli degli altri. Facendo così,
ti metti sotto un più severo giudizio, e sarà un giudizio veramente
severo.
Questo non vuol dire che non dobbiamo mai parlare l'uno con l'altro dei nostri
sbagli. La Bibbia parla di ammonire ed esortare l'un l'altro. Però, se
ti accorgi che spesso noti gli sbagli e le mancanze degli altri, allora, fai attenzione.
Forse stai mettendoti nella posizione di essere un maestro, senza la chiamata
da parte di Dio. Questo è molto pericoloso.
E poi, come chiesa, se notiamo che qualcuno ha la tendenza a mettersi al di sopra
degli altri, non in senso biblico come un vero maestro che lo fa per il bene delle
persone, ma piuttosto come qualcuno che vuole farsi più grande degli altri,
allora, dovremmo riconoscere il pericolo di questo. Per esempio, se c'è
qualcuno che spesso ti parla degli sbagli degli altri, ma non come un maestro
biblico, in un modo da edificare e promuovere l'opera di Dio, dovresti rifiutare
di ascoltarlo.
Allora, ricordiamo che il dono di insegnare è molto importante per la crescita
della chiesa. È un dono da apprezzare e incoraggiare. Il vero maestro,
chiamato da Dio, dovrebbe insegnare in modo da dividere rettamente la parola,
ed edificare ed esortare i credenti a camminare sempre in avanti. Invece, ci saranno
persone che cercano di farsi maestri da soli. Questi devono sapere il pericolo
che corrono. Chi si mette a insegnare agli altri, mettendosi nella posizione di
chi ne sa di più, sarà soggetto ad un più severo giudizio.
Questa verità non dovrebbe ostacolare quelli che sono veramente chiamati
da Dio e confermati dalla chiesa, ma dovrebbe far sì che ciascuno si esamini
attentamente.
Controlliamo la nostra
lingua
A questo punto, arriviamo
alla parte centrale di questo brano, versi da 2 a 12. In questo brano, Giacomo
ci parla della necessità per ogni vero credente di controllare il modo
in cui parla.
Leggiamo il brano, iniziando dal versetto 1.
Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo
un più severo giudizio, poiché manchiamo tutti in molte cose. Se
uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno
anche tutto il corpo. Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci
ubbidiscano, noi possiamo guidare anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi,
benché siano così grandi e siano spinte da venti impetuosi, sono
guidate da un piccolo timone, dovunque vuole il timoniere. Così anche la
lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate:
un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è
un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Posta com'è fra le nostre
membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al
ciclo della vita. Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si
può domare, ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun
uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno
mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini
che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e
maledizioni. Fratelli miei, non dev'essere così. La sorgente getta forse
dalla medesima apertura il dolce e l'amaro? Può forse, fratelli miei, un
fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può
dare acqua dolce. (Giacomo 3:1-12)
Il punto di tutto questo brano è molto chiaro. Un vero figlio di Dio deve
controllare l'uso della propria lingua. Chi non controlla la sua lingua può
fare molto male, e in più, mostra di non seguire lo Spirito Santo.
Giacomo ci spiega quello che sappiamo tutti, cioè, che la lingua è
la cosa più difficile da controllare.
v.2 Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, poiché manchiamo
tutti in molte cose.
Nessuno controlla perfettamente la lingua, perché non siamo ancora perfetti.
Però, quando riusciamo a controllarla, riusciamo a controllare anche il
resto delle nostri azioni.
Nessuno è arrivato a controllare perfettamente la propria lingua, ma chi
è un figlio di Dio deve mirare a questo traguardo, cioè, deve mirare
a parlare senza peccare. Non possiamo accettare meno. Chi è un figlio di
Dio deve capire quanto è grave il peccato di parlare in modo sbagliato,
e perciò, quando pecca nel suo parlare, è essenziale confessare
il proprio peccato a Dio e impegnarsi a non parlare più in quel modo.
Vv.3-6 - Tre analogie
Nei versi da 3 a 6,
Giacomo ci dà tre analogie, che dimostrano quanto grande è l'influenza
della lingua, nonostante che essa sia solo una piccolo parte del corpo. Lo scopo
di queste analogie è di farci capire l'importanza delle nostre parole.
Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi possiamo
guidare anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così
grandi e siano spinte da venti impetuosi, sono guidate da un piccolo timone, dovunque
vuole il timoniere. Così anche la lingua è un piccolo membro, eppure
si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una
grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità.
Posta com'è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata
dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita. (Giacomo 3:3-6)
Il freno per i cavalli
Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi possiamo
guidare anche tutto il loro corpo.
Un cavallo è un animale grande, fisicamente molto più potente dell'uomo.
Però, gli uomini hanno imparato che un piccolo freno in bocca al cavallo
lo rende sottomesso a chi lo monta. Cioè, frenando la bocca del cavallo,
possiamo porre un freno a tutto il potere del cavallo. Similmente, quando teniamo
a freno la nostra lingua, possiamo anche tenere a freno tutto il nostro comportamento.
Se non controlliamo il nostro parlare, non possiamo neppure tenere il nostro comportamento
sotto controllo.
Il timone delle navi
Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e siano spinte da
venti impetuosi, sono guidate da un piccolo timone, dovunque vuole il timoniere.
Così anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi
cose.
Poi Giacomo ci dà un esempio del timone della nave. Se si pensa a quanto
è grande una nave a confronto al timone che la governa, è incredibile.
Però, quel piccolo timone può controllare la direzione della nave.
Così, il timoniere, mediante il timone, riesce a controllare tutta la nave.
Similmente, il nostro parlare controlla tutta la nostra persona. Se non teniamo
la nostra lingua sotto controllo, non possiamo controllare il resto della nostra
vita. Invece, se teniamo sotto controllo la nostra lingua, ovvero, il nostro parlare,
possiamo controllare il resto del nostro comportamento.
Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la
lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Posta com'è
fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà
fuoco al ciclo della vita
La terza analogia di Giacomo spiega molto bene il danno che possiamo fare con
la nostra lingua. Un piccolo fuoco, lasciato libero nella foresta, può
distruggere una grande foresta. Chi lavora nelle foreste sa che è assolutamente
necessario controllare attentamente i fuochi nella foresta. Non si può
lasciar bruciare senza controllo un fuoco, e poi in un secondo tempo cercare di
controllarlo. Bisogna controllarlo in ogni istante. Anche una sola scintilla non
controllata, in una foresta secca, può incendiare tutta la foresta.
Similmente, la lingua, che rappresenta le nostre parole, pur essendo solo una
parte del nostro comportamento, può incendiare tutta la vita.
Infatti, notiamo bene la frase: "Posta com'è fra le nostre membra,
contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo
della vita"
Prima di tutto, cosa vuol dire "infiammata dalla geenna"? Il termine
geenna indica l'inferno. Sappiamo che l'inferno fu preparato per Satana e i suoi
angeli. (Matteo 25:41 Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate
via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi
angeli!) Allora, quando questo verso parla della geenna, indica la malvagità.
Dunque, considerando la frase alla luce di queste cose, quando leggiamo che la
lingua è infiammata dalla geenna, vuol dire che la lingua è facilmente
influenzata dalla malvagità. La lingua non controllata è influenzata
dalla malvagità. Siamo capaci di usare la nostra lingua per il male, non
solo quando scegliamo specificamente di fare del male, ma anche quando non controlliamo
quello che diciamo, con l'aiuto dello Spirito di Dio. Il nostro parlare non controllato
divento uno strumento del male. O il nostro parlare è uno strumento del
bene, o del male. Non è mai neutrale.
Quando usiamo le nostre parole senza un attento controllo, esse danno fuoco al
ciclo della vita. Cioè, il danno provocato dalle nostre parole può
toccare ogni aspetto della vita. Come un fuoco che incendia un edificio può
danneggiare ogni parte dell'edificio, così anche le nostre parole possono
provocare molti danni, in ogni aspetto della vita.
Esempi: sparlare di qualcuno, criticare per ferire, mentire, incluse le esagerazioni,
mancare di dire il bene, non ringraziare, usare parole sciocche.
Fratelli, dobbiamo capire che questo non è un discorso teorico. Giacomo
sta parlando delle nostre parole. Quando parliamo in modo non controllato dallo
Spirito di Dio, facciamo molto danno, molto più di quanto ci rendiamo conto.
La difficoltà
di dominare la lingua; vv. 7,8
Dopo che Giacomo ci
ha parlato di quanti terribili danni possiamo fare con la nostra lingua, e di
come è necessario controllarla, ci parla dell'impossibilità di farlo
da soli, per spingerci a rivolgerci a Dio.
Leggiamo i vv.7 e 8, per capire quanto abbiamo bisogno del Signore:
Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si può domare,
ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun uomo la può
domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale.
Come abbiamo detto prima, la cosa più difficile da controllare nella vita
è la nostra lingua. È molto più facile controllare il nostro
comportamento che la nostra lingua. Infatti, nessun uomo può dominarla
con le proprie forze. Senza l'aiuto di Dio, è impossibile controllarla
veramente. Senza l'aiuto di Dio, la lingua è un male continuo. Anziché
fare del bene, la lingua causa un gran male, ed è piena di veleno mortale.
Le nostre parole possono veramente distruggere e ferire, più di quanto
possiamo capire.
Grazie a Dio, chi è un figlio di Dio non deve fare affidamento sulle proprie
forze per dominare la propria lingua. Dio non ci comanda di controllare la nostra
lingua con le nostre forze. Volta dopo volta nelle Scritture, siamo chiamati a
fortificarci nella forza di Dio.
Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica. (Filippesi 4:13)
fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti
e perseveranti; (Colossesi 1:11)
Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. (Efesini
6:10)
Giovanni 15:5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel
quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far
nulla.
2 Corinzi 3:5 Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa
come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio.
Efesini 3:16 affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria,
di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore,
Isaia 41:10 tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché
io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra
della mia giustizia.
Fratelli e sorelle, dobbiamo capire quanto è difficile, anzi, impossibile,
per noi controllare la nostra lingua da soli, ma dobbiamo anche capire che non
siamo soli. Abbiamo Dio che dimora in noi, e sarà Lui a fortificarci ogni
giorno, in modo che sia possibile per noi, nella potenza di Dio, controllare il
nostro parlare. E questo dobbiamo fare!
Se dimoriamo in Cristo, possiamo controllare il nostro parlare. Dobbiamo fare
questo, perché se no, facciamo tanto male, e non mostriamo il frutto della
vera salvezza.
La terribile ipocrisia
Leggiamo adesso dal
v.9 al v.12. In questo brano, Giacomo ci fa notare la terribile ipocrisia di non
controllare la nostra lingua.
9 Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che
sono fatti a somiglianza di Dio. 10 Dalla medesima bocca escono benedizioni e
maledizioni. Fratelli miei, non dev'essere così. 11 La sorgente getta forse
dalla medesima apertura il dolce e l'amaro? 12 Può forse, fratelli miei,
un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può
dare acqua dolce. (Giacomo 3:9-12)
Ci sono persone che benedicono il Signore, e con la stessa lingua, maledicono
gli uomini. La parola "maledire" può indicare una vera e propria
maledizione, può indicare il disprezzare, può indicare anche sperare
il loro male. Gli uomini sono stati fatti a immagine di Dio. Chiaramente, la maggioranza
degli uomini non seguono Dio. Però, questo non cambia il fatto che sono
stati creati a immagine di Dio. Allora, maledire, o disprezzare una persona vuol
dire disprezzare una creatura di Dio. Questo è un grave peccato.
Leggiamo due brani che mostrano che neanche gli angeli fanno questo contro Satana.
Giuda 1:9 Invece, l'arcangelo Michele, quando contendeva con il diavolo disputando
per il corpo di Mosè, non osò pronunziare contro di lui un giudizio
ingiurioso, ma disse: "Ti sgridi il Signore!"
E soprattutto quelli che vanno dietro alla carne nei suoi desideri impuri e disprezzano
l'autorità. Audaci, arroganti, non hanno orrore di dir male delle dignità;
mentre gli angeli, benché superiori a loro per forza e potenza, non portano
contro quelle, davanti al Signore, alcun giudizio ingiurioso. 2 Pietro 2:10-11
È chiaro da questi versetti è che non spetta a noi di sparlare o
maledire nessuno. Sarà il Signore a giudicare ciascuno. Questo non vuol
dire che non possiamo denunciare qualcuno che insegna in modo falso. Non vuol
dire che non si può avvertire gli altri che qualcuno è malvagio.
Vuol dire che ciò che diciamo non dovrebbe essere detto in modo da disprezzare.
Vediamo esempi di questo nella Scrittura.
2 Timoteo 4:9,10,14,15 Notiamo quello che Paolo dice di Dema, e anche di Alessandro.
9 Cerca di venir presto da me, 10 perché Dema, avendo amato questo mondo,
mi ha lasciato e se n'è andato a Tessalonica. Crescente è andato
in Galazia, Tito in Dalmazia.14 Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali.
Il Signore gli renderà secondo le sue opere. 15 Guàrdati anche tu
da lui, perché egli si è opposto violentemente alle nostre parole.
Quindi, ciò che il brano in Giacomo vieta non è il fatto di dire
cose negative, ma di maledire, cioè, parlare in modo da disprezzare. Come
Paolo parla in Timoteo, spiega che tipo è Alessandro, e menziona che Dema
ha lasciato Paolo perché aveva amato il mondo. Però non dice queste
cose in modo da disprezzare, né in modo da maledire.
Allora, tornando al brano di Giacomo, egli ci fa notare che è del tutto
assurdo pensare che con la stessa bocca si può veramente benedire Dio e
anche maledire gli uomini. Non ha senso credere che può essere così.
Giacomo ci dà tre esempi per mostrarci che tale comportamento è
impossibile.
v.11 La sorgente getta forse dalla medesimo apertura il dolce e l'amaro? Chiaramente,
non è possibile che dalla stessa apertura fuoriesca acqua dolce e anche
acqua amara. O sarà l'una o l'altra, ma non entrambe. Non è una
cosa possibile.
v.12 Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi?
Chiaramente, un fico produce fichi, e una vite uva. Secondo come Dio ha fatto
le piante, ognuna produce il proprio frutto. Giacomo sta rinforzando la verità
che non è possibile adorare veramente Dio e maledire dalla stessa bocca.
Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce.
Con quest'ultimo esempio, Giacomo conclude il suo argomento. Non è possibile
veramente benedire Dio e maledire gli uomini. Non si può avere acqua dolce
e acqua salata dalla stesso sorgente e nello stesso modo, è impossibile
avere due modi diversi di parlare.
Però, abbiamo tutti sentito persone che un momento benedicono Dio, e in
un altro momento maledicono o disprezzano gli uomini. Allora, in che senso non
si possono fare entrambe le cose?
Ricordiamo quello che Gesù disse in Marco 7: 6 E Gesù disse loro:
"Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, com'è scritto: "Questo
popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. 7 Invano
mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Tanti uomini dicono delle parole per onorare Dio, ma a causa del loro peccato,
queste parole sono vane. Cioè, agli occhi di Dio, non hanno alcun valore.
Quindi, dobbiamo capire che ogni vero figlio di Dio non può, come comportamento
normale, maledire e disprezzare gli uomini. Tale comportamento è un frutto
che mostra che la persona non è salvata.
Infatti, questo è un insegnamento severo. Tante volte, le persone hanno
un modo di parlare che è come l'acqua salata, e allo stesso tempo, credono
di poter anche far uscire dalla bocca l'acqua dolce, cioè, benedizioni
rivolte a Dio. Questo non è possibile. Un vero credente non può,
per abitudine, parlare in modo impuro, maledicendo e disprezzando gli altri.
Se uno dovesse credersi credente, e riconoscere un parlare sbagliato, cosa deve
fare?
Prima di tutto, deve riconoscere il pericolo della sua condizione. Cioè,
non è una cosa da poco. Avere un linguaggio sbagliato mette in dubbio la
sua stessa salvezza. Allora, in questo caso, l'unica soluzione è di riconoscere
la gravità del suo peccato, rivolgersi a Dio confessando sinceramente il
proprio peccato per quello che è, e impegnandosi, mediante la potenza di
Dio, a cambiare radicalmente il proprio modo di parlare.
Fare a meno di questo vuol dire mostrare di non avere un chiaro frutto della salvezza.
Questa non è la risposta di un vero credente che riconosce un modo sbagliato
di parlare.
Applicazione
Fratelli, chi è
in Cristo è una nuova creatura. Dio ci ha salvati per vivere una nuova
vita, glorificando Dio con tutto il nostro parlare, così come con tutto
il nostro comportamento.
O che possiamo capire quanto le nostre parole possono fare del male. O che possiamo
capire quanto le nostre parole possono essere strumenti di malvagità, non
solo se cerchiamo di fare del male, ma in qualunque momento in cui non controlliamo
attentamente il modo in cui parliamo.
Quante volte le nostre parole sono come una freccia, non sono pure, e non edificano.
Quante volte è facile scherzare, ma arriviamo a qualcosa che non glorifica
Dio, non edifica, e spesso, cadiamo in cose impure o cattive. Fratelli, non deve
essere così. Le nostre parole rispecchiano il nostro cuore. Quando esce
un frutto marcio, dobbiamo capire quanto grande è il nostro pericolo, e
dobbiamo rivolgerci subito al Signore, con cuore pentito, confessando il nostro
peccato per quello che è, cioè, una cosa grave. Non dobbiamo mai
considerare i nostri peccati di parola come qualcosa di leggero. Il peccato di
parlare in modo sbagliato è grave, e indica una condizione di cuore molto
pericolosa. O che possiamo comprendere questo, e pregare come Davide:
Salmo 141:3 SIGNORE, poni una guardia davanti alla mia bocca, sorveglia l'uscio
delle mie labbra.
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