Questione
di ingratitudine
da uno scritto di Agostino Aceto
Luca 13:1-9:
"In quello stesso tempo vennero alcuni
a riferirgli il fatto dei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato
con i loro sacrifici.
Gesù rispose loro: «Pensate che quei Galilei fossero
più peccatori di tutti i Galilei, perché hanno sofferto
quelle cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo
stesso modo.
O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate
che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti come loro».
Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato
nella sua vigna; andò a cercarvi del frutto e non ne trovò.
Disse dunque al vignaiuolo: "Ecco, sono ormai tre anni che vengo
a cercar frutto da questo fico, e non ne trovo; taglialo; perché
sta lì a sfruttare il terreno?"
Ma l'altro gli rispose: "Signore, lascialo ancora quest'anno;
gli zapperò intorno e gli metterò del concime. Forse
darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai"»."
Il significato di questa parabola, che Gesù propose, è
molto semplice, e anche comprensibile. Il fico simboleggia Israele;
amato custodito e benedetto da Dio, fin dalla sua nascita. Fin da
quando lEterno si compiacque di redimerlo, eleggerlo e piantarlo
nel terreno fertile della Sua infinita grazia e benignità.
Il padrone, è il Signore, che in cambio delle sue cure incessanti,
ed amorevoli, al posto dei frutti dovuti, ottenne ingratitudine, disprezzo
e infedeltà.
Il vignaiolo è Cristo Gesù, il nostro redentore, che
agli insegnamenti e alle fatiche, ha aggiunto il concime delle sue
sofferenze e delle intercessioni e, alla fine, lofferta della
Sua vita sul legno della croce.
Lapostolo Paolo esortava i Filippesi (2:5-8) dicendo: Abbiate
in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù;
il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò lessere
uguale a Dio, qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò
se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini,
ed essendo trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso,
facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce.
Ora, se è giusto meditare sullamore del Padre celeste,
che ha offerto il Suo figlio unigenito per la salvezza dellumanità;
e anche sullamore e sottomissione di Gesù che si è
immolato come vittima al posto del peccatore, è altresì
importante riflettere che con lalbero di fico, non è
simboleggiato esclusivamente Israele; ma anche i gentili; cioè,
tutti quei credenti, come noi, che un tempo eravamo senza Cristo,
estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo
(Efesi 2:12-16).
È logico, che, anche da noi, il Signore attende i medesimi
frutti, di riconoscenza e di gratitudine; frutti di amore, non soltanto
nei suoi riguardi, ma anche per i fratelli in fede, e per il mondo
che ci osserva. Frutti procedenti dalla nostra comunione con Cristo,
e dalla dimora costante dello Spirito Santo nel nostro cuore. Gesù
dice (Giov. 15:4): ... Come il tralcio non può da
sé dar frutto, se non rimane nella vite, così neppur
voi, se non dimorate in me.
Il frutto della nostra testimonianza non deve essere fatto di sole
foglie, e neppure di emozioni temporanee mischiate ad indifferenza
e godimenti carnali; ma di una sincera e profonda consacrazione a
Cristo; perché il mondo vede, analizza, e giudica. noi, invece,
desideriamo che il mondo veda e creda. Vero?
Lessere un fedele cristiano, ci deve spronare nel proposito
di non dare, al nostro Signore e Salvatore, un dolore e delusione;
come fece il popolo Israelita; ma anzi, la gioia di vedere, nella
nostra completa fedeltà, il frutto del suo tormento. Il tormento
dellanima Sua è di essere saziato, come è scritto
in Isaia (53:11): Egli vedrà il frutto del suo tormento
interiore, e ne sarà saziato.
Cari fratelli e sorelle, se nel vedere noi stessi, ci accorgiamo di
essere insufficienti, con poco frutto, o addirittura privi di questo
frutto, ricordiamoci che lintercessione del buon vignaiolo è
tuttora efficace ed attiva; essendo Egli sempre alla destra del Padre,
per intercedere per noi.
Questo ci ricorda, lapostolo Paolo (Rom. 8:34): ...
Cristo Gesù è colui che è morto, e ancor di più,
è risuscitato, ed è alla destra di Dio; e anche, intercede
per noi. Mentre lo scrittore agli Ebrei (7:25) ci dice:
Egli vive per sempre per intercedere per loro (noi).
Al verso otto della parabola, il Signore dice: ... lascialo
ancora questanno, finché labbia scalzato e concimato,
e forse darà frutto. Questa frase non esprime un
tempo indeterminato (nessuno silluda) perché il Signore
Gesù, potrebbe tornare (come ha promesso) allimprovviso.
In questo caso, cosa succederà? In unaltra similitudine,
quella del servitore malvagio (Matteo 24:48-51)
disse
in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire;
il padrone verrà
nel giorno che non se laspetta e nellora che non sa,
Gesù dice che quel servo sarà punito, flagellato e gettato
nelle tenebre, assieme agli ipocriti. Io sono convinto che nessuno
vuole questo, vero? Allora diamo il frutto che Egli si aspetta da
noi.
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