Il primo sermone di Gesùtratto da "Intromissione divina", di Joni Eareckson Tada, ediz. ADI-Media
"Perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre infermità, ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare" (Ebrei 4:15). Quando pensiamo alle prove e alle tentazioni di Cristo: vero Dio e vero Uomo, di solito pensiamo alla Sua esperienza nel deserto. Alla Sua disperata fame e terribile sete, oppure alle ore più buie nelle quali i Suoi amici Lo abbandonarono. Ci ricordiamo che non aveva un luogo che Gli fungesse da dimora, ci ricordiamo del Suo cammino sulle strade della Galilea, per centinaia di chilometri, i Suoi muscoli erano doloranti ed i piedi gonfi. Versò vere lacrime; ed infine, quando inchiodarono il Suo corpo su quella rozza croce di legno, Egli non solo portò i nostri peccati, ma divenne peccato per noi. Egli si identificò con ogni aspetto della nostra debolezza umana. Ma questa
profonda identificazione non iniziò con il Suo ministerio pubblico,
no. Quando penso al livello al quale Cristo giunse nel sondare le
profondità dell'esperienza umana, penso alla Sua nascita. Nessuno di
noi potrà mai puntare il dito contro Gesù dicendo: "Tu
vivi in una torre d'avorio... Non sai cosa significhi...". Questo è
il Sommo Sacerdote al quale offriamo le nostre lodi. Egli è
l'unico che noi adoriamo e al Quale innalziamo i nostri ringraziamenti.
Abbiamo un Salvatore che simpatizza con le nostre debolezze.
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