La
mietitura
studio
biblico a cura di Micael Branno
Nel linguaggio corrente,
con la parola mietitura ci si riferisce al lavoro materiale volto a falciare
il grano o altri cereali; con questa, normalmente, si allude anche ai significati
simbolici di stroncatura, o di raccolta per premio. Nella Scrittura già
la prima accezione è utilizzata quale tipo, collegata al concetto
di popolo di Dio e, nel Nuovo Testamento, alla chiesa di Cristo.
Nella Bibbia il
frequente riferimento simbolico della mietitura, è legato alla familiarità
del popolo con gli eventi agresti, in una civiltà che dai tempi del Vecchio
Testamento e ancora all'epoca del ministero terreno di Gesù viveva e dipendeva
dalle campagne. In effetti, ogni sequenza, anche preparatoria, di quest'attività
è utilizzata per istruire i credenti d'ogni età. Ecco, dunque, ad
esempio, l'attività dell'arare (1 Cor. 9:10), del seminare (Lev. 8:5),
del piantare e dell'innaffiare (1 Cor. 3:4), la mietitura (Ger. 5:24). Vi è
poi il riferimento, naturalmente tipizzato, all'operaio fedele che dovrà
impegnarsi nell'opera dei campi mostrandosi degno del suo salario (1 Tim. 5:18),
avendo per questo diritto al riposo (Es. 34:21), trovandosi nella condizione di
cooperare con altri nel fine preposto, sapendo di trovarsi numericamente insufficienti
rispetto al lavoro che deve affrontarsi (Mt. 9:37). Attenzione si presta anche
al fattore cronologico; si pensi, infatti, ai concetti di "maturazione del
frutto" (Mr. 4:29), di "campagne già pronte per la mietitura"
(Gv. 4: 35), "primizie della mietitura" (Es. 34:22).
È evidente
che in tutto ciò il riferimento è chiaro per il credente che deve
impegnarsi nel campo del Signore, diffondendo la Buona Notizia del Vangelo, impegnandosi
nella cura e nella crescita della chiesa di Cristo, tenendo conto della Sua imminente
ed improvvisa venuta.
Parimenti, non vi sono difficoltà nell'identificare il "campo"
con il "mondo" e la "messe" con l'insieme delle anime che
attendono la Parola di salvezza.
Ad un certo punto,
nei Vangeli, Gesù si fa più esplicito, tagliando corto sui simbolismi,
avendo in animo di istruire i suoi discepoli su di un pericolo reale. In Matteo
13 si parla della parabola del buon seme e delle zizzanie, interpretata nei versi
36 a 43; in questa si tratta dell'inganno di Satana che, in quest'età,
semina tra il grano (vale a dire, tra i veri figliuoli di Dio), delle zizzanie,
piante graminacee velenose che rappresentano i falsi cristiani, i disturbatori
nella chiesa o, comunque, chi agisce contro di questa. Ora, il fatto che nella
parabola il proprietario del campo, per non danneggiare il raccolto, abbia ordinato
ai suoi operai d'attendere la mietitura, per cogliere prima le zizzanie (per poi
bruciarle), per poi cogliere il grano al fine di custodirlo nel suo granaio, da
un lato c'educa ad una saggia pratica cristiana, dall'altro ci prepara a scenari
futuri; infatti, in primo luogo, è inutile esprimere giudizi definitivi
su chi riteniamo non essere perfettamente d'accordo con noi in materia di fede
su questioni marginali, o più generalmente, su un certo agire cristiano.
Se davvero qualcuno, anche tra noi, riteniamo non si conformi perfettamente alla
Parola, può essere che un giorno si ravveda (la salvezza appartiene all'Eterno
- Le. 9:51-56); oppure, può essere che abbiamo ingiustamente malgiudicato
una persona, magari, ad esempio, solo perché non lo vediamo zelante come
vorremo: Iddio conosce i cuori, sapendo davvero chi fa la Sua volontà (Le.
9:49-50).
In pratica, il credente non ha potestà di condannare alcuno: provvederà
Iddio, quando sarà il momento, al termine della Sua pazienza, ad estirpare
le male piante, non danneggiando il raccolto (per approfondimenti sul giudizio,
si veda questa pagina).
È a questo
punto che ci proiettiamo in un grande evento futuro: si tratterà di raccattare
e distruggere col fuoco le zizzanie e di raccogliere e porre in luogo idoneo il
grano; agli angeli sarà rimesso il compito di effettuare la mietitura.
Così come insegna la Scrittura, questi esseri potenti e meravigliosi suoneranno
le sette trombe del giudizio, versando le sette coppe dell'ira di Dio (Ap 8:6;16:1).
In una incredibile progressione, dopo il rapimento della chiesa (Ap. 4:1-5), terminato
il periodo della grazia (dunque, della pazienza di Dio), si verificheranno una
serie di avvenimenti storici e spirituali, che inizieranno col periodo di terribili
giudizi (la ed. grande tribolazione), via via passando dall'avvento dell'anticristo
(un capo politico con potere mondiale), del falso profeta (un religioso con seguito
mondiale), a guerre, a diversi cataclismi, sino a giungere all'avvento del millenio
(in cui Satana verrà legato per tale periodo), la temporanea liberazione
di Satana, l'ultima battaglia con i servi del male e la totale e perpetua sconfitta
del Nemico.
Ebbene, dopo aver annunziato l'avvento dell'anticristo e del falso profeta, personaggi
diabolici che sembrano vincere l'umanità, Giovanni, scrittore dell'Apocalisse,
ha una visione: la mietitura (Ap. 14:14-20). Questa rappresenta il giudizio generale
del mondo. La persona "simile a un Figliuol d'uomo" di cui si parla
è il Cristo che, ormai come Giudice, agisce nei riguardi della terra e
dei suoi abitanti, affermando il Suo dominio universale. La falce tagliente, è
il simbolo di una competa mietitura, che avverrà perché il raccolto
è maturo. Tutto ciò prefigura l'epilogo: la presentazione di tutti
gli esseri umani (inclusi i morti, che verranno risuscitati) per il Giudizio finale
(Apoc. cap. 20); in proposito vi sarà un gran raccolto (Apoc. 5:9), comparendo
innanzi all'Iddio vivente "genti d'ogni lingua, tribù e nazione".
Sul gran trono bianco siederà l'Eterno e grandi e piccoli staranno innanzi
a Lui. Gli uomini saranno giudicati per le cose scrìtte sui libri che saranno
aperti.
Più precisamente, saranno condannati alla morte seconda e gettati per sempre
nello stagno di fuoco (arsi come zizzanie), coloro che non credendo alla salvezza
per grazia, o vivendo solo
apparentemente come cristiani, non saranno trovati iscritti nel "libro della
vita" dell'Agnello di Dio. Naturalmente, il bello viene per quelli il cui
nome sarà iscritto in quel libro, poiché, per i meriti di Gesù,
in cielo godranno della presenza di Dio per sempre, avendo ciascuno il premio
della suprema vocazione.
Si veda anche:
Non giudicare
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