Il cammino cristiano




I Focolarini

settarismo: uno sguardo ai nuovi movimenti cattolici - serie

 

(Il seguente articolo proviene dal giornale "l'Espresso", luglio 1997)


Nel nome ufficiale, Opus Mariae, ricordano l'Opus Dei. Ma sono più noti come focolarini. Li ha fondati e li dirige una donna, Chiara Lubich, 77 anni, nata a Trento. Ha ottenuto da papa Giovanni Paolo II che i focolarini avranno sempre a capo una donna. Privilegio unico, per un movimento che conta tra i suoi aderenti anche migliaia di preti e frati. E centinaia di vescovi.

I focolarini sono grande fenomeno della Chiesa Cattolica odierna. Stando agli ultimi numeri, hanno sorpassato tutti gli altri movimenti cattolici nati in questo secolo. E in più sono riusciti a garantire di sé un'immagine immacolata e radiosa. Fino a oggi. Perché oggi anche per loro l'incanto rischia di rompersi. Un libro di un loro ex dirigente, l'inglese Gordon Urquhart, stampato in Italia da Ponte alle Grazie con il titolo "Le armate del papa", viene per la prima volta a tracciare dei focolarini un ritratto molto meno esaltante. Lui dice molto più veritiero.

Ecco Chiara Lubich a 19 anni, maestrina, padre socialista e fratello comunista. Va in pellegrinaggio a Loreto e sogna sé alla testa di cortei di vergini. Eccola nel 1943, a Trento, uscir di casa per la spesa. E invece lungo la via riceve l'illuminazione divina. Poi la nascita dei primi focolari, nuclei di donne votate alla castità e, a giusta distanza, anche di uomini. E i ritiri estivi sulle Dolomiti, nella valle di Primiero, a Tonadico. È lì che Chiara Lubich ha delle "visioni", nel 1949. Per più giorni, dopo la comunione mattutina, «entra in paradiso».

Quello che Chiara Lubich ha visto nelle sue visioni non è per tutti. Per il volgo solo qualche rado cenno. E poche briciole anche per i focolarini alle prime armi. Alle rivelazioni si accede solo salendo di grado nelle gerarchie interne. «Come nella gnosi, dove i misteri sono riservati agli iniziati», commenta Urquhart. Lui, che negli anni Settanta fu tra i capi dei focolarini d'Inghilterra, seppe che nelle sue visioni Chiara Lubich avrebbe conosciuto il futuro di lei, del movimento e di alcuni suoi singoli esponenti. Ad esempio Pasquale Foresi, figlio d'un altro parlamentare dc, cui fu detto che doveva farsi prete, il primo focolarino prete. Ubbidì. E don Foresi, che non mancava di talento, rapidamente ascese a numero due del movimento. Anzi, a «cofondatore». Per finire invece misteriosamente eclissato già negli anni Sessanta. Oggi il teologo più in vista dei focolarini è don Piero Coda. Che però non è un Foresi bis. Valente come teologo, e forse proprio per questo, don Coda non ha mai contato nelle vere gerarchie del movimento.

C'è ruggine tra i focolarini e gli intellettuali, specie se d'intelletto critico. All'inizio la parola d'ordine fu: «Mettete i libri in soffitta». Poi hanno raddrizzato la rotta. La loro editrice, Città Nuova, s'è messa a stampare pregevoli collezioni di classici cristiani, compresa una monumentale edizione critica delle intere opere di sant'Agostino. Tutto in nome dell'idea: «Siamo i primi cristiani del secolo XX». Ma poi pochissimo di questi tesori di sapienza entra nei programmi di formazione dei seguaci, dove invece spopolano le decine di volumetti di Chiara Lubich.

Tutto ruota attorno al vissuto della fondatrice e alla sua autobiografia. Chi vi si imbatte e ne è «folgorato» (parola di un focolarino insigne, il vescovo di Aquisgrana Klaus Hemmerle).

Per andare a vedere questo «Regno di Dio quaggiù», la meta giusta è Loppiano: «Loppiano è città fatata, goccia di paradiso scivolata tra le nuvole sulla terra», vi garantisce Silvana Veronesi, una delle prime compagne di Chiara Lubich. Ogni domenica di visitatori ne arrivano centinaia. Andrete a spasso per una giornata tra prati pettinati e vigne, casolari e ville, botteghe artigiane e cantine. Più la messa, il pranzo e due sedute di musical, filmati...

Oggi lo spettacolo viaggia via satellite. I grandi meeting dei focolarini, Genfest e Familyfest, devono essere obbligatoriamente planetari. Chiara Lubich predica «mai mettersi in mostra», ma poi in realtà l'auditel ha il posto d'onore nei registri dell'Opus Mariae. Il record provvisorio è del Familyfest tenuto il 5 giugno 1993 al Palaeur di Roma: satelliti 13, stazioni televisive 200, paesi coperti 150, continenti 5, spettatori 686 milioni.

Giovanni Paolo II, che di carisma televisivo s'intende, ne è entusiasta. Le giornate mondiali della gioventù che bandisce ogni due anni, le ultime a Denver e Manila e la prossima a Parigi in agosto, ricalcano pari pari i Genfest dei focolarini, che infatti vi presenziano in massa. Ma è soprattutto il «genio femminile» di Chiara Lubich che piace tanto a questo papa. Perché nella Chiesa Cattolica ci vogliono tutti e due gli elementi: il «petrino» e il «mariano». E i focolarini, di cui la Lubich è la quintessenza, sono di Maria la «presenza sulla terra e quasi una continuazione». Tesi audaci. Ma Giovanni Paolo II gliele ha lasciate scrivere perfino negli statuti.

Anche i gesuiti del Seicento avevano costruito in Paraguay le loro città del sole. E proprio da quelle parti, in Brasile, Chiara Lubich ha avuto nel 1991 un'altra delle sue folgorazioni. Ha lanciato «un nuovo modello economico». L'ha battezzato «economia di comunione»: un terzo dei profitti all'azienda, un terzo ai poveri, un terzo all'Opus Mariae. In tanti tra i suoi seguaci l'hanno presa in parola: 750 piccole aziende di focolarini si sono già votate a questa «economia del dare», in tutto il mondo Italia compresa. Con puntuale tempismo, Chiara Lubich vuol insomma lanciare i suoi devoti anche nei settori emergenti e virtuosi del non profit, dell'investimento ambientale, delle banche etiche, delle charity. Le vie dell'«Ideale» sono infinite.



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