Opus Dei
settarismo:
uno sguardo ai movimenti cattolici - serie
(Il seguente
articolo proviene dal giornale "Il Venerdì", ottobre 2002)
ROMA. Il 6 ottobre
la chiesa cattolica avrà un nuovo santo: Josemaria Escrivá de Balaguer,
fondatore dell'Opus Dei, morto nel 1975 e beatificato dieci anni fa. È l'ultimo
segnale di un rapporto strettissimo tra l'istituto e Giovanni Paolo II, lo stesso
papa che, dopo anni di diffidenza vaticana, concesse all'Opus Dei, nel 1982, lo
status di «prelatura personale»: un'organizzazione che non risponde
alla gerarchia, ma solo al papa in persona.
L'istituzione, quanto poche altre, è da sempre circondata da un velo di mistero e da sentimenti
fortissimi: dall'adesione assoluta dei suoi 80 mila fedeli, all'odio
dei moltissimi detrattori.
Come per ogni organizzazione religiosa, è importante capirne il dna. Nasce in Spagna, a Madrid, il 2
ottobre 1928. Balaguer (nato a Barbastrio, 9 gennaio 1902), rispetto agli altri
giovani cattolici, ha studiato in una università statale, che allora corrispondeva
ad un privilegio, e conosce il mondo. Qui, si forma l'idea che solo un'organizzazione
vasta, rigida e specializzata potrà opporsi alle violenze del crescente
ateismo (che allora, spesso, erano reali e terribili). I movimenti non sono
partiti né filosofie: faticano a rinnovarsi, e ogni adeguamento appare
tradimento. Così i più feroci critici dell'Opus Dei, in questi anni,
sono coloro che ne sono usciti: come Maria Del Carmen Tapia, ex adepta, che con
il suo "Oltre la soglia" (1996, Baldini & Castoldi, pp. 380, 16,53)
getta una luce sinistra sull'istituzione: manipolazione, segretezza parossistica,
affari illegali, plagio, violenze. Non è la sola: Balaguer, per strada,
perde alcune delle sue colonne portanti, uomini che avevano creato l'opera, come
il teologo Raimundo Panikkar, suo delfino, divenuto poi fautore dell'incontro
tra diverse religioni e della lettura intertestuale.
L'Opus Dei ha una «guida»,
il Prelato, e una gerarchia di adederenti. Che sono sacerdoti solo per una piccolissima
parte (circa 1500), e laici per il resto. Laici che si dividono in «numerari»,
poche migliaia che fanno voto di castità, ed abitano, normalmente, in case
comuni devolvendo all'Opus Dei tutti i loro guadagni; «soprannumerari»,
che possono sposarsi e vivere in famiglia; e infine «cooperatori»,
che collaborano professionalmente e possono, addirittura, essere non cattolici.
Nelle case, di solito piccole, sparse nel mondo (in Italia l'Opus Dei ha circa
4 mila aderenti), può accadere che un laico sia gerarchicamente superiore
ad un sacerdote.
L'Opus Dei si trasferisce
a Roma negli Anni Quaranta e cresce organizzandosi. Secondo dati fatti filtrare
dall'Opus stesso, la prelatura avrebbe «influenza» in 179 università,
630 quotidiani e riviste, 52 catene televisive. Con ciò surclassando il
potere dei Gesuiti che, infatti, sono tra i più ostili all'istituto.
La svolta dei potere
dell'Opus Dei è proprio nell'avvento del nuovo papa. Si dice che Giovanni
XXIII dell'Opus Dei avesse timore e che Paolo VI li avversasse apertamente. Certo,
Montini non riceveva neppure Escrivá de Balaguer. C'era un buon motivo.
Proprio durante il suo pontificato, il papa aveva espresso l'intenzione di fondare
un partito cattolico in Spagna. L'Opus Dei, in odore di grande vicinanza al regime
di Franco (alcuni ministri del regime venivano dall'opera), fu incaricato di attuare
il proposito. Ma da Escrivá venne un gran rifiuto. Disobbedire al papa
era grave in sé, ma ancor di più per chi era accusato di voler formare
una chiesa cattolica parallela.
Dopo la morte di Paolo
VI, si racconta, l'Opus Dei cerca di influire sul successore. Alla morte improvvisa
di Luciani (comunque gradito all'Opus Dei), inizia uno scontro di
potere che si dipanerà per tutto il pontificato di Wojtyla. Vedendo un
papa mediatore tra più fazioni, ma con il cuore vicino all'Opus Dei, il
paolino Paolo Rocca fa una ricerca, lunga e osteggiatissima, sull'Opus Dei. E
conferma: ci sono norme palesi e norme occulte. La segretezza, sempre negata a
parole, è fondamentale. Due regole lo imporrebbero, anche nei confronti
dei vescovi. E poi ci sono i «cooperatori», che sarebbero sponsor
ricercati tra uomini d'affari, avvocati, medici, notai, docenti universitari,
giornalisti.
Pochi fanno outing, cioè si rivelano espressamente: lo fa, per esempio,
il celebre chirurgo Raffaello Cortesini, allora «numerario» (oggi
sposato), che all'Europeo rivela la sua vita povera e austera, difende le pratiche
di mortificazione, gli orari monacali, e i suoi lauti guadagni devoluti all'opera.
Lo fa il giornalista rai Claudio Angelini. Di moltissimi «si dice»
(e nessuno smentisce): da Ettore Bernabei, ex direttore generale rai, a Ombretta
Fumagalli Carulli, da Marcello Dell'Utri a Roberto Mezzaroma, il costruttore.
Non mancano i simpatizzanti, da Andreotti a Cossiga (che non si perde una cerimonia,
come il presidente di Bankitalia, Fazio).
Dopo lo scandalo P2
e la legge contro le associazioni segrete, la questione Opus Dei arriva in Parlamento
(interpellanza di Franco Bassanini e Stefano Rodotà, febbraio 1986), ma
l'allora ministro dell'Interno Scalfaro replica secco, sollevando il fastidio
dell'aula con lunghe citazioni in latino: che i nomi di chi aderisce all'Opus
Dei non siano pubblici non configura la segretezza.
E poi, è davvero potente l'Opus Dei? Per i primi dieci anni di pontificato
di Wojtyla non c'è dubbio, l'influenza è evidente. Viene dall'Opus
il portavoce Navarro Vals, ed è in stile Opus «il papa viaggiatore»,
esternatore, anticomunista.
L'Opus Dei accetta, a differenza di altri, di fare il «lavoro sporco»
in Sudamerica. Si tratta di smantellare la teologia della liberazione e tornare
all'antico. Ciò avviene senza mediazioni. La chiesa romana deve gestire
la vergogna degli appoggi vaticani ai dittatori sanguinari in Cile e Argentina,
di un nunzio (Pio Laghi) che giocava a tennis con il capo dei torturatori di Pinochet,
il comandante della Marina ammiraglio Massera (lo racconta Italo Moretti nel suo
In Sudamerica, Sperling&Kupfer, 2000, pp. 256, 12,39), dell'amicizia tra il
cardinal Sodano e lo stesso Pinochet. Eppure sembra preoccuparsi di più
dei preti del popolo. Vengono sostituiti, quasi tutti, con uomini dell'Opus Dei.
Il più clamoroso è Femando Sáenz Lacalle, che diventa arcivescovo
di San Salvador, dopo il martire Oscar Romero e il salesiano Arturo Rivera.
La beatificazione di
Balaguer, nel '92, riapre le polemiche. Molta gerarchia si rivolta. Ex dell'Opus
Dei tirano fuori tutto il male possibile. Balaguer si comprò un titolo
nobiliare. È un atto da santi? Balaguer era franchista e antisemita. Nel suo
libro, "Il Cammino", si trova l'immagine di un uomo deciso, autoritario. Newsweek
parla di processo di beatificazione manipolato. L'opera, certo, si occupa
anche di cose molto terrene: attacca i giudici di Palermo che incriminano Andreotti.
Attacca l'Ue che se la prende con Haider. Si sostiene che nella sede centrale
di via Bruno Buozzi, a Roma, passino tutte le informazioni e arrivino tutti i
documenti possibili. Anche un agente della Cia, arrestato, confessa di essere
dell'Opus Dei. Infine, ed è storia recente, si accusa la prelatura di prefigurare
l'elezione del nuovo papa. Il candidato? Sarebbe l'attuale, nuovo, arcivescovo
di Milano, Dionigi Tettamanzi. Ha insegnato, a Roma, all'università dell'Opus
Dei. Un suo libro del '99 ha la prefazione di Antonio Fazio. E sulla Stampa di
Torino ha incensato Escrivá. Il santo è stato ottenuto, e finirà
sugli altari per la devota soddisfazione di uno stuolo di fedeli grati e invaghiti.
Dice un teologo: «Lo sa quanti sono i cardinali controllati dai Focolarini?
Trecentocinquanta. E perché si parla poco dei Focolarini e tanto dell'Opus Dei?».
Da un comunicato Adista
(n. 90, dicembre 2003):
DOC-1456. BARCELLONA-ADISTA.
Oggi in Spagna governa la "Triplice Alleanza", ossia "governo,
Conferenza episcopale e Opus Dei". È l'amaro bilancio tracciato dal
teologo spagnolo Juan José Tamayo nel suo ultimo libro, "Addio alla
Cristianità".
L'unica speranza, secondo Tamayo, vive nei movimenti cristiani di base. Solo da
lì potrà rinascere una concezione evangelica di Chiesa che abiuri
l'etica del mercato e torni all'etica della gratuità.
Di seguito l'intervento del teologo alla presentazione del libro, in una nostra
traduzione dallo spagnolo.
[...] "A mio giudizio, come sostengo nel libro, la chiesa cattolica spagnola
vive oggi in un'ambiguità calcolata, che le assicura lauti benefici da
parte del potere politico, di qualunque segno esso sia. [...]
Il mio bilancio della chiesa cattolica ufficiale in generale, e di quella spagnola
in particolare è molto critico.
La chiesa cattolica spagnola da spazio di libertà, solidarietà
e accoglienza è diventata luogo di esclusione; si è convertita
in una comunità impossibile, con chiare tendenze escludenti e settarie
[...]
Gli investimenti di ingenti somme di denaro in "Gescartera" (una finanziaria
quotata in Borsa che raccoglie soldi da piccoli investitori per farli evadere
verso la Svizzera e altri paradisi fiscali, v. Adista n. 85/01, ndt) e nei paradisi
fiscali da parte di numerose diocesi, congregazioni religiose ed anche organizzazioni
di solidarietà mostrano assai chiaramente il cambiamento che si è
prodotto nei criteri etici della chiesa cattolica spagnola: si è passati
dall'etica dell'incompatibilità evangelica tra Dio e denaro all'etica dell'accumulazione,
che è propria del mercato; dall'etica della gratuità a quella del calcolo e dell'interesse.
Per questo si trova al suo grado più basso di credibilità."