LA
VERA VITA CRISTIANA
"Non
più io... ma Cristo"
di Watchman Nee
(Capitolo
1 dell'omonimo libro)
In che cosa
consiste la vera vita cristiana? Faremmo bene a considerare questa
domanda fin da adesso. Lo scopo di questi studi è di dimostrare
quanto essa sia differente dalla vita della maggior parte dei Cristiani.
Infatti, una meditazione della Parola scritta di Dio - ad esempio,
del Sermone sul Monte - dovrebbe spingerci a chiederci se una tale
vita sia mai stata davvero vissuta sulla terra, fuorché dal
Figlio di Dio stesso. La risposta si trova proprio in quest'ultima
affermazione.
L'apostolo Paolo ci dà la sua definizione della vita cristiana
nella lettera ai Galati, al capitolo 2, verso 20: "Sono stato
crocifisso col Cristo, e non sono più io che vivo, ma è
il Cristo che vive in me". L'apostolo, qui, non espone una maniera
di vivere particolare, un cristianesimo ad alto livello; ma presenta
semplicemente quello che Dio chiede ad ogni cristiano.
Dio ci rivela chiaramente nella sua Parola che Egli ha soltanto una
risposta per ogni necessità umana: il suo Figliuolo Gesù
Cristo. In ogni sua relazione con noi Egli opera mettendoci da parte
e ponendo il Cristo al nostro posto.
Il Figlio di Dio è morto in vece nostra per il nostro perdono,
e vive, in vece nostra, per la nostra liberazione. Possiamo così
parlare di due sostituzioni: un Sostituto sulla Croce che ci procura
il perdono, ed un Sostituto dentro di noi che ci assicura la vittoria.
Saremo grandemente aiutati e protetti da molte confusioni, se ci ricorderemo
sempre di questo fatto: Dio risolverà tutti i nostri problemi
in un modo ed in un modo solo, cioè con la rivelazione sempre
più profonda del suo Figliuolo.
IL NOSTRO
DUPLICE PROBLEMA: I PECCATI ED IL PECCATO
Prenderemo
come punto di partenza per il nostro studio sulla vera vita cristiana
il grande insegnamento che ci è presentato nei primi otto capitoli
dell'epistola ai Romani, ed affronteremo il nostro soggetto da un
punto di vista pratico. Sarà utile, innanzi tutto, far risaltare
la divisione naturale di questo brano biblico in due parti, e considerare
quelle che emergono nei soggetti trattati in ciascuna di esse.
I primi otto capitoli della lettera ai Romani costituiscono un tutto
a sé stante. I primi quattro, coi versetti 1-11 del quinto,
formano la prima parte, e gli altri tre capitoli e mezzo (5:12 - 8:39)
formano la seconda parte di questo insieme. Una lettura attenta ci
mostrerà che l'argomento trattato nella prima metà è
diverso da quello trattato nella seconda. Per esempio, nella prima
metà possiamo rilevare l'uso preponderante della parola "peccati"
al plurale. Nella seconda metà, invece, non è più
così, perché mentre la parola "peccati" appare
soltanto una volta, la parola "peccato" al singolare si
ripete molte volte e costituisce il principale soggetto trattato.
Perché accade questo?
Perché nella prima parte si tratta dei peccati che io ho commesso
davanti a Dio, peccati numerosi e che possono essere contati; mentre
nella seconda il peccato viene preso in esame come il principio che
opera in me. Qualunque sia il numero di peccati che io commetto, quello
che agisce in me è sempre lo stesso principio di peccato. Ho
bisogno di perdono per i miei peccati, ma ho anche bisogno di essere
liberato dalla potenza del peccato. Il perdono concerne la mia coscienza,
la liberazione concerne la mia vita. Posso ricevere il perdono di
tutti i miei peccati, ma, a causa del "mio" peccato non
trovo pace duratura nel mio spirito.
Quando la luce di Dio è penetrata per la prima volta nel mio
cuore, il mio primo desiderio è stato quello di essere perdonato,
perché ho compreso di aver peccato davanti a Lui; ma dopo aver
ricevuto il perdono dei peccati ho fatto una nuova scoperta, quella
del peccato, e mi sono reso conto, non soltanto di aver commesso peccati
davanti a Dio, ma che c'è qualche cosa di ingiusto in me.
Ho scoperto la mia natura di peccatore. Esiste in me una tendenza
naturale al peccato, una potenza interiore che mi trascina al peccato.
Quando questa forza malefica si manifesta, io commetto peccati. Posso
cercare e ricevere il perdono, ma peccherò ancora. La mia vita
continua così in un cerchio vizioso: pecco, sono perdonato,
ma pecco di nuovo. Mi rallegro considerando la benedizione del perdono
di Dio, ma mi occorre qualche cosa di più: mi occorre la liberazione.
Ho bisogno del perdono per quello che ho fatto, ma ho bisogno anche
di essere liberato da quello che sono.
IL DUPLICE
RIMEDIO DI DIO: IL SANGUE E LA CROCE
Dunque gli
otto primi capitoli dell'Epistola ai Romani ci presentano due aspetti
della salvezza: prima il perdono dei nostri peccati, e poi la liberazione
dal peccato. Ma ora, tenendo conto di questo fatto, dobbiamo considerare
un'ulteriore differenza.
Nella prima parte di Romani 1-8 (versi da 1:1 a 5:11, N.d.T.) è
fatta menzione per due volte del sangue del Signore Gesù, e
cioè nel verso 3:25 e nel verso 5:9. Nella seconda parte (versi
da 5:12 a 8:38, N.d.T.) è introdotta, al verso 6:6, un'idea
nuova, quando ci vien detto che noi siamo stati "crocifissi"
con Cristo. Il soggetto trattato nella prima sezione, si concentra
su quell'aspetto dell'opera del Signore Gesù, che è
rappresentato dal "sangue" versato per la nostra giustificazione
attraverso la "remissione dei peccati". Questa terminologia
non è però più adoperata nella seconda sezione,
dove il soggetto si concentra sull'aspetto della sua opera, rappresentato
dalla "Croce", cioè dalla nostra unione col Cristo
nella sua morte, nella sua sepoltura e nella sua resurrezione. Questa
distinzione ha un grande valore. Vedremo così che il sangue
riguarda ciò che abbiamo fatto, mentre la Croce riguarda ciò
che siamo. Il sangue cancella i nostri peccati, mentre la Croce colpisce
all'origine la nostra natura peccaminosa. Quest'ultimo aspetto formerà
la sostanza della nostra meditazione, nei capitoli che seguono.
IL PROBLEMA
DEI NOSTRI PECCATI
Incominciamo,
dunque, a considerare il sangue prezioso del Signore Gesù Cristo
ed il suo valore per noi, in quanto cancella i nostri peccati e ci
giustifica agli occhi di Dio. Questo aspetto ci è presentato
nei seguenti passi: "tutti hanno peccato" (Rom. 3:23).
"Dio dimostra la grandezza del suo amore per noi, in quanto ché,
mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto
più, dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo
per mezzo di lui salvati dall'ira" (Romani 5:8-9).
"Sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante
la redenzione che è in Cristo Gesù; il quale Iddio ha
prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue di lui,
per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso
i peccati commessi nel passato, al tempo della sua divina pazienza.
Per dimostrare, dico, la sua giustizia nel tempo presente, ond'Egli
sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù"
(Rom. 3:24-26).
Più avanti nel corso del nostro studio, avremo modo di soffermarci
sulla vera natura della caduta e sul come esserne risollevati. Qui
ricorderemo semplicemente che il peccato si rivelò come un
atto di disobbedienza a Dio (Rom. 5:19). Dobbiamo ricordarci ora che
la disobbedienza è immediatamente seguita dalla colpa.
Il peccato si manifesta dunque, come una disobbedienza e crea una
separazione fra Dio e l'uomo, in seguito alla quale l'uomo viene respinto
lontano da Dio. Dio non può più avere comunione con
lui, perché è subentrato un ostacolo al quale la Scrittura
dà il nome di "peccato". Così Dio stabilisce,
prima di tutto, che: "Tutti sono sotto il peccato" (Rom.
3:9); quindi che il peccato, che d'ora innanzi costituisce un ostacolo
alla comunione dell'uomo con Dio, dà origine nell'uomo ad un
senso di colpa di allontanamento da Dio. Allora l'uomo, seguendo la
sua coscienza risvegliata, dice: "Ho peccato" (Luca 15:18).
Ma questo non è tutto, perché il peccato fornisce anche
all'avversario una ragione di accusare l'uomo davanti a Dio, mentre
il nostro senso di colpa gli dà ragione di accusarci nel nostro
cuore, e lo rende così finalmente, l' "accusatore dei
fratelli" (Apoc. 12: 10) che dice loro: "Voi avete peccato".
Era necessario, quindi, che il Signore Gesù, per introdurci
nuovamente nel piano di Dio, compisse la sua opera nei riguardi di
questi tre oggetti: il peccato, la colpa e l'accusa di Satana contro
di noi. Bisognava, innanzi tutto, che i nostri peccati fossero cancellati,
e questo fu compiuto dal prezioso sangue del Cristo. Bisognava poi
che la nostra colpa fosse perdonata e che la nostra coscienza fosse
tranquillizzata mediante la rivelazione del valore di quel sangue.
Finalmente occorreva far fronte agli attacchi del nemico e rispondere
alle sue accuse. Ci è mostrato, nelle Scritture, che il sangue
del Cristo agisce efficacemente in queste tre direzioni: verso Dio,
verso l'uomo e verso Satana.
Se vogliamo andare avanti dobbiamo assolutamente render nostre le
virtù di quel sangue. Questa è la prima condizione essenziale.
Dobbiamo avere una conoscenza fondamentale del fatto che il Signore
Gesù è morto sulla Croce al nostro posto, ed una chiara
comprensione dell'efficacia del suo sangue nel cancellare i nostri
peccati.
Se non abbiamo questa conoscenza non possiamo dire di esserci incamminati
sulla nostra via. Esaminiamo questi tre oggetti più da vicino.
PRIMA
DI TUTTO IL SANGUE HA VALORE DINANZI A DIO
Il sangue
è versato per l'espiazione ed è legato alla nostra posizione
davanti a Dio. Per non cadere sotto il giudizio abbiamo bisogno di
perdono per i peccati che abbiamo commessi, ed i nostri peccati ci
sono perdonati, non perché Iddio chiuda gli occhi sul male
che abbiamo commesso, ma perché Egli vede il sangue del suo
Figliuolo. Il sangue non è dunque prima di tutto "per
noi", ma "per Dio". Se io voglio conoscere il valore
del sangue per me, debbo accettare tutto ciò che significa
per Dio; se io non conosco il valore che ha il sangue per Dio, non
conoscerò mai il valore che esso ha per me. Soltanto quando
lo Spirito Santo mi avrà rivelato il prezzo che Dio attribuisce
al sangue del Cristo, entrerà in me il beneficio della sua
virtù ed io comprenderò il suo valore prezioso per me.
Ma il primo aspetto del sangue è per Dio. Nell'Antico e nel
Nuovo Patto, la parola "sangue" usata in connessione con
l'idea di espiazione, è adoperata più di un centinaio
di volte, ed è sempre presentata come avente valore davanti
a Dio.
C'è nel calendario dell'Antico Testamento, un giorno che è
in stretta relazione con l'argomento dei nostri peccati: è
il giorno delle espiazioni. Nulla spiega questo problema dei peccati
così bene quanto la descrizione di questo giorno. Nel capitolo
16 del Levitico leggiamo che, nel giorno delle espiazioni, il sangue
era preso dalle offerte per il peccato e portato nel Luogo Santissimo
per essere sparso sette volte davanti all'Eterno. Bisogna comprendere
ciò molto chiaramente. In quel giorno, il sacrificio per i
peccati era offerto pubblicamente nell'atrio del Tabernacolo. Tutto
era fatto apertamente e poteva essere visto da tutti. Ma il Signore
aveva ordinato severamente che nessuno entrasse nel Tabernacolo ad
eccezione del Sommo Sacerdote. Egli solo prendeva il sangue dopo essere
penetrato nel Luogo Santissimo e faceva l'aspersione davanti al Signore.
Perché? Perché egli era figura del Signore Gesù
nella sua opera redentrice. "Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote
dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande
e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa
creazione, e non mediante il sangue di becchi e di vitelli, ma mediante
il proprio sangue..." (Ebrei 9:11-12). Così, nessun altro
che il Sommo Sacerdote poteva avvicinarsi e penetrare nel Santuario.
Inoltre egli entrava per compiere un unico gesto: presentare a Dio
il sangue come un'offerta accettevole nella quale Iddio poteva trovare
soddisfazione. Era una transazione fra il Sommo Sacerdote e Dio nel
segreto del Luogo Santissimo, lontano dagli sguardi degli uomini che
ne dovevano beneficiare. Il Signore lo richiedeva. Il sangue è,
dunque, in primo luogo non "per noi", ma "per lui".
Già prima abbiamo trovato descritta l'effusione di sangue dell'agnello
pasquale in Egitto per il riscatto d'Israele. "Io sono il Signore.
Il sangue sulle case dove abitate vi servirà da segnale. Io
vedrò il sangue e passerò oltre, e il flagello distruttore
non vi toccherà quando io colpirò il paese d'Egitto"
(Esodo 12:13). Quella è ancora, penso, una delle figure più
chiare della nostra redenzione che si trovi nell'Antico Patto. Il
sangue era messo sull'architrave e sugli stipiti delle porte, mentre
le carni dell'agnello si mangiavano nell'interno della casa. E Dio
disse: "Quando vedrò il sangue passerò oltre".
Abbiamo qui un'altra illustrazione del fatto che il sangue non deve
essere presentato all'uomo, ma a Dio, perché il sangue era
messo all'esterno della casa e quelli che celebravano la festa nell'interno
non potevano vederlo.
DIO È
SODDISFATTO
La santità
di Dio e la giustizia di Dio richiedono che una vita senza peccato
sia data per l'uomo. La vita è nel sangue e quel sangue deve
essere versato per me a causa dei miei peccati. È Dio che lo
domanda, Dio è colui che comanda che il sangue sia offerto,
per soddisfare la sua giustizia; è lui stesso che dichiara:
"Quando vedrò il sangue, passerò oltre". Il
sangue di Cristo soddisfa pienamente Dio.
Vorrei qui indirizzare una parola ai miei più giovani fratelli
nel Signore, perché è a questo punto che noi incontriamo
sovente delle difficoltà. Prima di credere in Cristo, non siamo
forse stati mai turbati nella nostra coscienza, finché la Parola
di Dio non ha incominciato a risvegliarla. La nostra coscienza era
morta e Dio non può fare certamente nulla con coloro la cui
coscienza è morta. Ma più tardi, quando abbiamo creduto,
la nostra coscienza risvegliata è divenuta estremamente sensibile
e questo può costituire un vero problema per noi. Il sentimento
di peccato e di colpa può divenire così grande, così
terribile che può arrivare fino a paralizzarci, facendoci perdere
di vista la vera efficacia del sangue. Ci sembra, allora, che i nostri
peccati siano così reali, e qualche peccato in particolare
può tormentarci così spesso da farci arrivare a credere
che i nostri peccati siano più grandi del sangue di Cristo.
Ora tutte le nostre difficoltà provengono da questo: provare
a sentire il valore del sangue ed a stimare soggettivamente ciò
che il sangue significa per noi. Ma non possiamo fare questo, perché
non è così che si fanno le cose. È Dio che, prima
di tutto, deve vedere il sangue. Poi, noi dobbiamo accettare subito
il valore che Dio gli dà. Allora soltanto comprenderemo il
valore che ha per noi. Se al contrario proviamo a valutarlo secondo
il nostro modo di pensare non otteniamo nulla, restiamo al buio. È
una questione di fede nella Parola di Dio, dobbiamo credere che il
sangue di Cristo è prezioso davanti a Dio, perché Egli
ha detto che lo è. "Non con cose corruttibili, con argento
o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi
dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza
difetto né macchia ben preordinato prima della fondazione del
mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi" (I Pietro 1:18-20).
Se Dio può accettare il sangue di Gesù come un'espiazione
dei nostri peccati e come prezzo della nostra redenzione, possiamo
essere certi che il debito è stato pagato. Se Dio è
soddisfatto col sangue, vuol dire che il sangue è accettevole.
Il valore che noi attribuiamo al sangue deve corrispondere a quello
che gli attribuisce Dio, né più né meno. Non
può essere certamente più alto, ma non deve essere nemmeno
più basso. Ricordiamoci che Dio è santo e giusto, e
che un Dio giusto e santo ha il diritto di dichiarare che il sangue
di Cristo gli è gradito e lo ha soddisfatto pienamente.
LA VIA
PER LA QUALE IL CREDENTE VA A DIO
Il sangue
di Gesù ha soddisfatto Dio, ma deve soddisfare anche noi. Ha,
dunque, un secondo valore, che è per l'uomo, in quanto purifica
la nostra coscienza. Meditando sull'epistola agli Ebrei troviamo quello
che ha fatto il sangue. Ci ha procurato "il cuore asperso e purificato
dalla mala coscienza" (Ebrei 10:22).
Ciò è molto importante. Consideriamo attentamente quello
che è scritto. L'autore non ci dice soltanto che il sangue
del Signore Gesù purifica il nostro cuore; non si ferma a questa
dichiarazione.
È un errore mettere in relazione il cuore con il sangue in
questo modo. Mostriamo di non comprendere la sfera nella quale opera
il sangue, quando preghiamo: "Signore, purifica il mio cuore
dal peccato col tuo sangue" ; il cuore, Iddio dice, è
"insanabilmente maligno" (Geremia 17:9).
Dio deve fare dunque qualcosa di più fondamentale che purificarlo:
Egli deve darci un cuore nuovo.
Noi non penseremo mai di lavare e stirare qualche cosa che sia da
gettar via. Come vedremo un po' più avanti, la "carne"
è troppo corrotta per essere purificata: essa deve essere crocifissa.
L'opera di Dio in noi dev'essere qualcosa di completamente nuovo.
"Io vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di
voi uno spirito nuovo" (Ezechiele 36:26).
No, io non trovo nessun passo in cui si dichiari che il sangue di
Cristo purifica il cuore. La sua opera non è soggettiva in
questo senso, ma interamente oggettiva, davanti a Dio. È vero
che l'opera di purificazione del sangue, secondo Ebrei 10, tocca il
nostro cuore, ma è in relazione con la coscienza. "Avendo
il cuore purificato dalla mala coscienza": che cosa significa?
Significa che un ostacolo si è introdotto fra me e Dio, creando
in me una mala coscienza che avverto ogni qualvolta cerco di accostarmi
a lui. Essa mi ricorda costantemente la barriera che si è creata
fra me e lui. Ma adesso, l'opera del sangue prezioso ha tolto quella
barriera, e Dio mi ha fatto conoscere questo fatto mediante la sua
Parola.
Allorché ho creduto e accettato Cristo, la mia coscienza è
stata purificata ed il mio senso di colpa è sparito; non ho
più una cattiva coscienza davanti a Dio.
Ognuno di noi sa quanto è prezioso avere, nella nostra relazione
con Dio, una coscienza pura da ogni macchia di peccato. Sì,
un cuore pieno di fede e una coscienza affrancata da tutte le accuse
sono due cose essenziali per noi, e l'una accompagna l'altra. Quando
perdiamo la pace della coscienza, la nostra fede fa naufragio, e sentiamo
subito che non ci è possibile avvicinarci a Dio. Ma per poter
continuare a camminare con Dio dobbiamo conoscere sempre il valore
attuale del sangue. Dio tiene una contabilità molto precisa,
ed è per il sangue di Cristo che noi possiamo ogni giorno,
ogni ora ed ogni minuto accostarci a lui. Il sangue non perde mai
la sua efficacia come nostra base d'accesso al trono della grazia,
purché ci affidiamo interamente ad esso. Allorché entriamo
nel Luogo Santissimo, su quale fondamento oltre che su quello del
sangue oseremmo noi appoggiarci?
Io debbo pormi questa domanda: cerco veramente di andare a Dio attraverso
il sangue, o faccio affidamento su qualche altra cosa? Che cosa intendo
quando dico: "attraverso il sangue" ? Voglio dire semplicemente
che io riconosco i miei peccati, che so d'aver bisogno di purificazione
e di espiazione, e che mi accosto a Dio appoggiandomi solo sui suoi
meriti, e mai confidando nelle mie forze; mai, per esempio; fondandomi
sul fatto d'essere stato particolarmente amabile o paziente durante
la giornata, o d'avere fatto qualcosa per il Signore questa mattina.
Devo avvicinarmi a Dio sempre per la via del sangue del suo Figliuolo.
La tentazione, per molti di noi, quando vogliamo accostarci a Dio
è di pensare che, poiché Dio ha agito in noi, ci ha
fatto conoscere qualche cosa di più su di lui e ci ha aperto
gli occhi su lezioni più profonde riguardo alla Croce, ha messo
così davanti a noi nuove norme di vita, e solamente attenendoci
ad esse possiamo avere una coscienza pura davanti a lui.
No! Una coscienza pura non è mai basata su una vittoria che
abbiamo riportato; essa può essere stabilita soltanto sull'opera
che il Signore Gesù ha compiuto versando il suo sangue.
Posso sbagliarmi, ma ho l'impressione molto forte che qualcuno di
noi abbia forse dei sentimenti come questi: "oggi sono stato
più attento; oggi ho agito un po' meglio; questa mattina ho
letto la Parola di Dio in modo più raccolto, in modo che oggi
posso meglio pregare!" o, ancora: "oggi ho avuto certe difficoltà
con la mia famiglia, ho incominciato la giornata essendo di cattivo
umore, sgarbato, ed ora non mi sento tanto a mio agio; sembra che
qualcosa non vada; non posso, perciò, accostarmi a Dio".
Qual è, infine, la base sulla quale vi accostate a Dio? Venite
a lui sul fondamento incerto dei vostri sentimenti, pensando di aver
potuto fare oggi qualche cosa per lui? Oppure vi appoggiate su di
un fondamento molto più sicuro, e cioè sul fatto che
il sangue è stato versato e che, vedendo quel sangue, Dio è
soddisfatto? Naturalmente se fosse stato possibile concepire che la
virtù del sangue potesse essere cambiata, la base sulla quale
ci avviciniamo a Dio sarebbe meno degna di fiducia. Ma la virtù
del sangue non è mai cambiata e non cambierà mai. Possiamo,
dunque, sempre accostarci a Dio con sicurezza e questa sicurezza la
otteniamo attraverso il sangue, e mai per i nostri meriti personali.
Qualunque sia la misura dei nostri meriti oggi, ieri o avant'ieri,
appena ci accostiamo con piena coscienza al luogo tre volte santo,
bisogna che immediatamente ci appoggiamo sul terreno sicuro ed unico
del sangue versato. Che abbiamo una giornata buona o una giornata
cattiva, che abbiamo peccato consapevolmente o no, il fondamento sul
quale ci accostiamo a Dio resta lo stesso: il sangue del Cristo. Il
fatto che questo sangue è gradito a Dio rimane la sola base
sulla quale possiamo entrare in sua presenza; non ne esistono altre.
Come in molte altre tappe della nostra esperienza cristiana, questo
fatto dell'accesso a Dio è composto di due fasi, una iniziale
ed una successiva. La prima ci è presentata in Efesini 2 e
la seconda in Ebrei 10. All'inizio, la nostra posizione davanti a
Dio è assicurata per il sangue, perché noi siamo stati
"avvicinati per il sangue di Cristo" (Efesini 2: 13). Ed
anche in seguito la base del nostro continuo accesso a Dio sussiste
ancora nel sangue; perciò l'apostolo ci esorta così:
"Avendo dunque libertà d'entrare nel Santuario in virtù
del sangue di Gesù... accostiamoci" (Ebrei 10: 19-22).
Per incominciare sono stato riavvicinato per il sangue, e per continuare
in questa nuova relazione con Dio debbo sempre ricorrere al sangue.
Non è che sia stato salvato su una certa base e che mantenga,
dopo, la mia comunione con Dio su un'altra base. Voi direte: "Ciò
è molto semplice; è l'ABC dell'Evangelo". Sì,
ma purtroppo sta di fatto che molti di noi si sono allontanati da
questo ABC. Abbiamo pensato di aver fatto progressi e di averlo così
superato, ma non possiamo mai fare questo. No, io mi sono avvicinato
a Dio la prima volta attraverso il sangue e ogni volta che mi presento
a lui è con lo stesso mezzo. Fino alla fine, sarà così
sempre e unicamente sulla base del sangue di Cristo.
Questo non significa affatto che dobbiamo vivere una vita noncurante;
studieremo infatti più avanti un altro aspetto della morte
del Cristo, che ci mostrerà qualcosa di completamente diverso.
Ma per il momento, contentiamoci del sangue che è con noi ed
è sufficiente. Possiamo essere deboli, ma considerando la nostra
debolezza non diventeremo mai forti. Nemmeno cercando di sentire la
nostra miseria e facendo penitenza saremo resi più santi. Non
troveremo nessun aiuto in questo senso. Abbiamo dunque il coraggio
di accostarci a Dio confidando nel sangue, e diciamo: "Signore,
io non conosco bene il valore del sangue, ma so che il sangue ti ha
soddisfatto, perciò il sangue mi basta, ed è il mio
solo rifugio. Vedo ora che, abbia io fatto dei progressi o no, che
sia pervenuto a qualche cosa o no, non posso mai presentarmi davanti
a te se non sul fondamento del sangue prezioso". Allora la nostra
coscienza sarà realmente libera davanti a Dio. Nessuna coscienza
potrà mai essere purificata al di fuori del sangue. È
il sangue che ci dà la sicurezza davanti a Dio; "non avendo
più gli adoratori, una volta purificati, alcuna coscienza di
peccati" questa è la potente espressione di Ebrei 10:2.
Siamo purificati da ogni peccato; possiamo fare eco con Paolo alle
parole di David: "Beato l'uomo a cui il Signore non imputa il
peccato" (Romani 4:8).
LA VITTORIA
SULL'ACCUSATORE
Dopo tutto
ciò che abbiamo considerato, possiamo ora affrontare il nemico,
perché c'è un altro aspetto della virtù del sangue,
quella che riguarda Satana.
L'attività più viva di Satana in questo tempo consiste
nell'essere egli l'accusatore dei credenti: "È stato gettato
giù l'accusatore dei nostri fratelli che li accusava giorno
e notte dinanzi all'Iddio nostro" (Apocalisse 12: 10).
È in questa sua azione che il nostro Signore lo affronta con
il suo ministero particolare di Sommo Sacerdote, "per mezzo del
suo proprio sangue" (Ebrei 9: 12).
Qual è, dunque, l'opera del sangue contro Satana? Essa consiste
nel porre Dio dalla parte dell'uomo contro di lui. La caduta ha prodotto
nell'uomo una condizione che
ha permesso all'avversario di entrare in contatto con lui, col risultato
di costringere Dio a ritirarsi. L'uomo è ormai fuori del giardino
di Eden, non può più vedere la gloria di Dio :
"tutti hanno peccato, e son privi della gloria di Dio" (Rom.
3 :23), perché, interiormente, l'uomo è divenuto estraneo
a Dio. In conseguenza di ciò che l'uomo ha fatto, c'è
ora qualche cosa in lui che rende impossibile a Dio difenderlo finché
l'ostacolo non sia tolto. Ma il sangue di Cristo ha tolto questa barriera;
restituisce l'uomo a Dio e Dio all'uomo. L'uomo è ora sotto
la protezione divina, e poiché Dio è vicino a lui, egli
può senza timore far fronte a Satana.
Voi ricorderete quel verso della prima epistola di Giovanni e questa
è la traduzione che preferisco: "Il sangue di Gesù,
suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1 Giovanni 1:7). Non
è esattamente "tutti i peccati" nel senso generale,
ma ogni peccato, ognuno dettagliatamente.
Che cosa significa ciò? È una cosa meravigliosa!
Dio è nella luce, e se camminiamo nella luce con lui, tutto
è esposto e scoperto davanti a questa luce, così che
Dio può vedere tutto perfettamente, mentre il sangue di Cristo
può purificarci da ogni peccato. Quale purificazione! Questo
non significa che io non conosca profondamente me stesso, o che Dio
non mi riconosca perfettamente.
Non è che io cerchi di nascondere qualche cosa, né che
io cerchi di non vederlo. No, avviene che Egli è nella luce,
che anche io sono nella luce e che là il sangue prezioso mi
purifica da ogni peccato. Il sangue è in grado di fare questo!
Qualcuno oppresso dalla sua debolezza potrebbe essere tentato di pensare
che ci siano peccati imperdonabili. Ricordiamo allora queste parole:
"Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da
ogni peccato". Grandi peccati, piccoli peccati, peccati che possono
sembrare tanto neri e peccati che non sembrano così gravi,
peccati che io penso possano essere perdonati e peccati che mi sembrano
imperdonabili, sì, tutti i peccati, coscienti o incoscienti,
quelli che mi ricordo come quelli che ho dimenticato, sono contenuti
in queste parole: "ogni peccato". "Il sangue di Gesù,
suo Figlio, ci purifica da ogni peccato". E lo può fare
perché in primo luogo soddisfa il Padre.
Poiché Dio, che vede tutti i nostri peccati alla luce, li può
perdonare a motivo del sangue, quale fondamento d'accusa rimane a
Satana? Satana ci può accusare davanti a Dio, ma "se Dio
è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rom. 8:31).
Iddio gli mostra il sangue del suo Figlio diletto e questa è
la risposta sufficiente alla quale Satana non può replicare
in alcun modo. "Chi accuserà gli eletti di Dio? Iddio
è quello che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni?
Cristo Gesù è quel che è morto; e più
che questo, è risuscitato; ed è alla destra di Dio;
ed anche intercede per noi" (Rom. 8:33-34). Abbiamo dunque ancora
bisogno di riconoscere l'efficacia assoluta del sangue prezioso. "Venuto
Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni... mediante il suo proprio
sangue è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo
acquistato una redenzione eterna" (Ebrei 9:11-12).
Egli è stato Redentore una volta, ed è ora, da quasi
duemila anni, Sommo Sacerdote ed Avvocato. Egli sta alla presenza
di Dio ed è la "propiziazione per i nostri peccati"
(1 Giov. 2:1). Notiamo bene le parole di Ebrei 9:14: "Quanto
più il sangue di Cristo... purificherà la vostra coscienza...".
Queste parole sottolineano l'efficacia perfetta del suo ministero,
che è sufficiente davanti a Dio. Quale dovrà dunque
essere il nostro atteggiamento riguardo a Satana? Questa domanda è
importante perché il nemico ci accusa non soltanto davanti
a Dio, ma anche nella nostra propria coscienza. "Tu hai peccato
e continui a peccare. Tu sei debole, e Dio non può fare più
niente per te". Queste sono le armi di cui si serve Satana.
Allora siamo tentati di guardare dentro di noi, per cercare di trovare
in noi stessi, nei nostri sentimenti o nella nostra condotta, una
ragione di credere che Satana ha torto; oppure siamo tentati di riconoscere
la nostra debolezza e, andando all'altro estremo, di abbandonarci
allo scoraggiamento e alla disperazione. L'accusa diventa così
un'arma di Satana e la più forte ed efficace. Ci fa vedere
i nostri peccati e cerca di accusarci davanti a Dio, e se noi riconosciamo
la fondatezza delle sue accuse cadiamo subito nella disperazione.
Ora, la ragione per la quale accettiamo così facilmente le
accuse di Satana è che speriamo ancora di trovare qualche giustizia
in noi. Ma il fondamento della nostra speranza è falso e così
l'avversario ha raggiunto il suo scopo, che consiste nel farci guardare
nella direzione sbagliata dandogli così modo di renderci inabili
a resistere. Ma se abbiamo imparato a non confidare nella carne, non
saremo stupiti quando saremo caduti in qualche peccato, perché
la natura stessa della carne è peccato. Comprendete ciò
che voglio dire? Perché non siamo ancora arrivati a conoscere
la nostra vera natura, ed a vedere quanto siamo impotenti, abbiamo
ancora qualche fiducia in noi stessi, e siamo allora schiacciati dalle
accuse di Satana. Dio ha la potenza di regolare la questione dei nostri
peccati, ma non può fare niente per un uomo che si trovi sotto
accusa, fino a che quest'uomo non mette la sua fiducia nel sangue
di Cristo. Il sangue parla in suo favore, ma l'uomo invece presta
orecchio a Satana. Il Cristo è il nostro avvocato, ma noi,
gli accusati, sediamo a fianco del nostro accusatore. Non abbiamo
compreso che siamo degni soltanto della morte; che, come vedremo subito,
possiamo solo essere crocifissi in ogni modo. Non abbiamo compreso
che soltanto Dio può rispondere all'accusatore e che lo ha
già fatto col sangue prezioso del suo Figliuolo. La nostra
salvezza consiste nel volgere lo sguardo al Signore Gesù, e
nel vedere che il sangue dell'Agnello ha affrontato tutta la situazione
generata dal nostro peccato e l'ha risolta.
Questo è
il fondamento sicuro sul quale possiamo contare. Non dovremmo mai
cercare di rispondere a Satana con la nostra buona condotta, ma sempre
col sangue di Gesù. Sì, siamo peccatori - ma sia lodato
Iddio! - il sangue ci purifica da ogni peccato. Dio guarda il sangue
per il quale il Figlio suo ha risposto all'accusa, e Satana non ha
più nessuna base per attaccarci. La nostra fede nel prezioso
sangue ed il nostro rifiuto di abbandonare questa sicura posizione,
possono da soli ridurre al silenzio le accuse di Satana e metterlo
in fuga.
"Chi accuserà gli eletti di Dio? Iddio è quel che
li giustifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù
è quel ch'è morto; e più che questo è
risuscitato; ed è alla destra di Dio, ed anche intercede per
noi" (Rom. 8:33-34).
E sarà così sino alla fine: "Ma essi lo hanno vinto
a cagione del sangue dell'Agnello e a cagione della parola della loro
testimonianza; e non hanno amato la loro vita, anzi l'hanno esposta
alla morte" (Apoc. 12:11). Quale liberazione sarebbe per noi
discernere meglio il valore che ha agli occhi di Dio il sangue prezioso
del suo Figliuolo diletto!
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