Il referendum sulla fecondazione assistitacontributo a cura di Alessia
Da qualche giorno sto riflettendo sul tema di questo referendum e sul fatto che come evangelici, salvo cambiamenti drastici dell'ultima ora non faremo sentire la "nostra opinione" a voce unita. I quattro quesiti del referendum del 12 e 13 giugno riguardano: 1. La
ricerca sugli embrioni umani Per quanto riguarda
me: 2) non credo che sia necessario vietare una diagnosi prenatale. Sarebbe preferibile insegnare il valore della vita, in qualunque "forma" essa si presenti, anche se "diversamente abile". Delle giovani famiglie che conosco hanno portato avanti le gravidanze e cresciuto con amore i propri figli anche quando la diagnosi fetale aveva messo in evidenza gravi malformazioni del nascituro. Ritengo che sia importante difendere la posizione giuridica del feto come persona impendendo che si cominci a considerare la cellula embrionale un "semplice agglomerato chimico". Mi piace tanto ricordare la frase "Tu mi hai intessuto nel grembo di mia madre ..." 3) personalmente non concordo con la donazione "esterna" di ovuli o sperma. Di nuovo credo che Dio non sbagli quando impedisce ad una coppia di avere un bambino sangue del proprio sangue. E se la maternità è "irresistibile", ci sono tanti bambini non voluti che desidererebbero avere una famiglia amorevole in cui crescere. 4) non potremo mai
fermare lo sviluppo della tecnica e della scienza ma io non desidero incoraggiare
ciò che ritengo profondamente errato. Se credo che un feto sia un bambino,
portatore di tutto il potenziale di crescere, se non concordo con il dare la possibilità
alle persone di scegliere ulteriormente il quando far proseguire una vita "lasciata
in sospeso" come se fossimo i secondi creatori, non concordo con l'utilizzo
di cellule staminali per la ricerca. Quanto ci vorrebbe da questa posizione poi
a giustificare la ricerca utilizzando persone "diversamente abili",
"gravemente mancanti" e, anche per questo ancora più indifese? Nel dibattito sul referendum si inserisce la voce di Joni Eareckson-Tada, una donna cristiana evangelica divenuta tetraplegica all’età di 17 anni. Un articolo pubblicato sul Foglio dello scorso 5 ottobre 2004 - in tempi lontani e in un contesto non collegato a quello dei prossimi referendum italiani - riporta la sua posizione: «A differenza di Christopher Reeve, di Luca Coscioni e della ex first lady Nancy Reagan, Joni Eareckson Tada crede che sia necessario concentrarsi sullo sviluppo delle terapie che utilizzano cellule staminali adulte, cioè quelle già esistenti nel proprio corpo. [..] Joni è contraria [all'uso di cellule embrionali] e si batte con tenacia perché nessuno tocchi l'embrione. Intanto, spiega, nessuna cellula staminale derivante da un embrione umano è stata mai sperimentata su un uomo, e anche le prove fatte sugli animali continuano a dare problemi. [..] "È disgustoso disporre della vita umana - ha detto Joni alla Cnn. - Io sono una persona disabile, esposta e vulnerabile in quanto tetraplegica e credo che le persone come me, gli anziani, i deboli, i nascituri siano in pericolo in una società che comincia a smantellare le difese intorno alla vita umana.”»
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