Il
papa è successore di Pietro e Capo della Chiesa?
da "Tu
sei Pietro", articolo di Michele Mascitti (Il Cristiano, maggio 2001)
Oggi, nel mondo
religioso e non, si discute molto sul primato del papa: c'è chi ritiene,
anche in ambito non cattolico, la sua figura come utile e necessaria. Noi sappiamo
una cosa sola: che è un ruolo, che Gesù non ha mai voluto né
autorizzato e che Pietro non ha mai ricoperto.
Introduzione
Fra i discepoli di Gesù, Pietro è
certamente quello che emerge sia per le sue molteplici dimostrazioni di fede,
sia per le sue cadute. Il suo nome era Simone, ma Gesù gli
diede il nome di Pietro.
Egli aveva una natura ardente, un temperamento
vivace, impetuoso; era un uomo franco, aperto, schietto, energico, pieno d'entusiasmo,
ma talvolta anche presuntuoso: faceva troppo assegnamento sulla propria forza
morale, mentre, poi, il timore aveva su di lui il sopravvento.
Quando Gesù lo chiamò per farne un
suo discepolo, abbandonò prestamente ogni cosa e lo seguì. Questo
non fu un sacrificio lieve, ma Pietro non se ne pentì mai. Con Gesù
percorse la Galilea, la Giudea, la Samaria. Ovunque andava Gesù, egli era
al suo seguito. Fu scelto da Gesù per seguirlo, sul monte della trasfigurazione.
Egli era anche tra coloro che più da vicino, avrebbero dovuto pregare con
Gesù nell'orto del Getzemane.
A lui Gesù predisse il martirio; infatti,
così ci è tramandata unanimemente la testimonianza di vari scritti
antichi, della morte con la quale avrebbe glorificato il suo Signore.
L'episodio che, senza alcun dubbio, lo ha
reso celebre a tutti i posteri Cristiani, è quello in cui Gesù ebbe
a dirgli:
E anch'io ti dico: tu sei Pietro,
e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte del soggiorno dei
morti non la potranno vincere (Mt 16:18).
In realtà sono molti quelli che conoscono
queste parole, ma sono pochi quelli che conoscono l'intero episodio e sanno
coniugarlo con tutti gli avvenimenti che lo riguardano. Rileggiamo perciò
per intero quello che è scritto in Matteo 16:13,20:
Poi Gesù, giunto nei dintorni di
Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente
che sia il Figlio dell'uomo?» Essi risposero: «Alcuni dicono
Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed
egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose:
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando,
disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne
e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli.
E anch'io ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la
mia chiesa, e le porte del soggiorno dei morti non la potranno vincere. Io ti
darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra
sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà
sciolto nei cieli». Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a
nessuno che egli era il Cristo.
Il magistero della Chiesa Cattolica, in queste
parole rivolte da Gesù a Pietro, vede la sua elevazione a capo della
Chiesa. Capo della Chiesa è il Vescovo di Roma, cioè il Papa,
che secondo lo stesso magistero, è il legittimo successore di Pietro.
In occasione della incoronazione del Vescovo di
Roma, il Cardinale preposto a porre la tiara sul capo del Pontefice neo eletto
pronunzia queste parole:
Ricevi la tiara adorna di tre corone,
e sappi che sei il padre dei Principi e dei Re, il reggitore del mondo, il Vicario
in terra del Salvatore nostro Gesù Cristo, cui è onore e gloria
nei secoli dei secoli (così ha scritto Silvio Romani nella Enciclopedia
del Cristianesimo, alla voce: Incoronazione).
La domanda a cui desidero rispondere mediante il
presente studio è questa: Con le parole pronunziate da Gesù rivolte
a Pietro, come abbiamo letto nel Vangelo di Matteo, è vero che Gesù
ha eletto Pietro a capo della Chiesa? E, se eventualmente, quelle parole non
costituiscono l'elezione di Pietro a capo della Chiesa, che significato
hanno?
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò
la mia Chiesa
Abbiamo già letto l'intero
dialogo fra Gesù e Simon Pietro mentre erano in Cesarea di Filippi. Il
testo che tratteremo in questa prima parte come ho detto nell'introduzione
riguarda Matteo 16:17,18:
Gesù, replicando, disse: «Tu
sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti
hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io
ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e
le porte del soggiorno dei morti non la potranno vincere.
Il magistero della Chiesa Cattolica afferma che
Gesù , con queste parole, ha costituito Pietro, capo di tutta la Chiesa
Cristiana, e che il Vescovo di Roma, il Papa, è il suo legittimo successore.
Nella Costituzione De Ecclesia del concilio Vaticano Secondo,
è stata ribadita questa dottrina fondamentale della Chiesa Cattolica. In
essa leggiamo infatti:
Certamente Pietro fu costituito da Gesù
Pietra Fondamentale della sua Chiesa e Pastore supremo di tutto il gregge, donde
il suo Primato sui fedeli e sugli Apostoli che si perpetua nel Romano Pontefice,
successore di Pietro (Costituzione De Ecclesia: Ed.
Città Nuova, pag. 14).
L'autore cattolico Silvio Romani dice ancora:
Se successore di S. Pietro non è
il Papa, non è nessun altro: così nessuna Chiesa sarebbe la Chiesa
di Cristo, ed il Cattolicesimo, fondato da Cristo, come Cristo l'ha voluto,
sarebbe stato liquidato da Nerone con la morte di Pietro, e Cristo nella sua più
solenne promessa, sarebbe stato smentito dal fatto, appena un trentennio dopo.
Il Papa, dunque, è investito degli stessi poteri e doveri di Pietro e delle
sue stesse prerogative, come la Chiesa da venti secoli confessa. (Silvio
Romani nella Enciclopedia del Cristianesimo alla voce Papa).
Lo stesso Romani, parlando del primato di Pietro,
dice alla voce Primato:
Primato: sommo potere conferito
da Gesù a Pietro, che racchiude non soltanto una preminenza onorifica,
ma anche una vera e propria autorità e giurisdizione su tutti gli
altri Apostoli. Dal Vangelo risulta chiaramente la promessa di questo primato:
(tu sei Pietro etc.) e il conferimento (pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle).
Dagli Atti degli Apostoli risulta poi, che Pietro, consapevole di questa giurisdizione,
la esercitò fortemente nella Chiesa primitiva e nessuno osò negargliela
come un'usurpazione indebita.
Poniamoci allora alcune domande:
È vero che Pietro è
stato costituito da Cristo Capo della Chiesa?
È vero che ha esercitato
il Primato in seno alla Chiesa primitiva?
È vero Che nessuno osò
negarglielo come fosse una usurpazione?
Vi sono varie ragioni per respingere tutte
queste affermazioni.
Ora vedremo le ragioni che escludono il primato
di Pietro.
Una indispensabile premessa
La dichiarazione di Gesù: Tu
sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa è
riportata soltanto dall'evangelista Matteo. Gli altri tre evangelisti
hanno tutti e tre raccontato l'episodio della testimonianza di Pietro e tutti
e tre concludono il loro dire con le parole che Pietro rivolge a Gesù dicendogli:
Tu sei il Cristo , il Figlio dell'Iddio vivente (Mc 8:29;
Lu 9:20; Gv 6:68, 69). Tutti e tre gli Evangelisti omettono il resto dell'episodio.
Quindi apprendiamo solo da Matteo che Gesù ha detto: Tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.
Come mai gli altri tre evangelisti omettono questa
frase rivolta da Gesù a Pietro?
Secondo alcuni, questa risposta di Gesù
sarebbe stata interpolata nel IV secolo per sostenere la tesi che Pietro era stato
costituito da Cristo capo di tutta la Chiesa e che il Vescovo di Roma ne era l'unico
e legittimo successore. Questa opinione, però, non ha alcun fondamento
storico ed è da rigettare: la Parola non può avere mistificazioni
di sorta. Inoltre è da notare che se il passo fosse stato interpolato ad
arte, non avrebbe lasciato la porta aperta alle discussioni, ma sarebbe stato
interpolato in modo diverso, con parole meno equivoche, che non avrebbero lasciato
alcun dubbio. Inoltre l'avrebbero aggiunto anche negli altri Evangeli! È,
quindi, più credibile che il passo sia autentico. Anzi, al momento opportuno,
vedremo come esso ha un grande valore, anche se non ha lo stesso significato che
gli attribuisce la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, in genere e in particolare:
dal Concilio Vaticano II in po. Il passo, quindi, è da ritenersi autentico.
Come spiegare dunque, l'omissione da parte
degli altri tre evangelisti, di quelle parole? È certo che, se Gesù
avesse voluto mettere Pietro a capo della Sua Chiesa, l'omissione di questa
costituzione sarebbe grave. Ma noi sappiamo che gli evangelisti hanno scritto
gli Evangeli sotto la guida e l'ispirazione dello Spirito Santo, questo esclude
che possa esserci stata una tale omissione. Da bravi conoscitori del messaggio
di Gesù, essi sapevano che il Maestro con quelle parole da loro omesse,
non intendeva elevare Pietro a capo della Cristianità, la Sua Chiesa Universale,
quindi l'omissione non è un fatto che mette sott'accusa la Parola
scritta, ma, come vedremo, sott'accusa sono quelli che rivoltano i concetti
fondamentali della Parola di Dio. Molte cose hanno dovuto omettere gli evangelisti
nei loro Evangeli, anche per motivi di spazio; l'evangelista Giovanni lo
ha dichiarato dicendo: (21:25) Or vi sono ancora molte altre cose che
Gesù ha fatte; se si scrivessero a una a una, penso che il mondo stesso
non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero (Gv 21:25). Gli
Evangelisti si sono limitati a riportare i fatti salienti, e per gli altri tre
Evangelisti i fatti salienti, più importanti relativi alla conversazione
di Gesù con i Suoi discepoli in Cesarea di Filippi, erano costituiti dalla
confessione di fede di Pietro: Tu sei il Cristo il Figlio dell'iddio
vivente. Giovanni nel suo Evangelo lo dichiara solennemente, dicendo:
Ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù
è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita
nel suo nome (Gv. 20:31). Per i tre Evangelisti, o sarebbe meglio dire:
per Lo Spirito Santo, le parole che Gesù rivolse a Pietro non erano tanto
importanti quanto quelle della confessione di fede di Pietro a Gesù; del
resto, come vedremo in seguito, le parole di Gesù erano una ripetizione
delle parole di Pietro e ne sottolineavano il valore, ma non costituivano il fatto
nuovo della presunta elevazione di Pietro a Capo dei credenti. Per questo quelle
parole non sono scritte nei vangeli di Marco, Luca e Giovanni.
Un errore da evitare
Nelle parole di Gesù rivolte a Pietro,
che costituiscono l'oggetto del nostro studio, osserviamo che Gesù
disse: Tu sei Pietro ed io su questa pietra edificherò la mia
Chiesa. Il significato greco di questi due vocaboli impiegati nel Sacro
Testo è diverso: Petros significa ciottolo, una
qualunque pietra; Petra, invece, significa roccia, macigno.
Una più precisa traduzione del testo originale sarebbe questa: Tu
sei un ciottolo, ed io su questa roccia (la tua affermazione) edificherò
la mia Chiesa. Questa più precisa traduzione del testo originale
greco eviterebbe l'errore che induce a confondere il significato di petros
con petra. Cristo, infatti, non ha edificato la Sua Chiesa
su un ciottolo qualunque, ma l'ha edificata sulla roccia. Chi
sia questa roccia lo vedremo più avanti; e se a noi è difficile
comprendere il senso delle parole di Gesù, non era difficile per i discepoli,
sapere che la Roccia è Cristo, come dice Paolo in 1 Corinzi 10:4 (bevvero
tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale
che li seguiva; e questa roccia era Cristo), l'affermazione di Pietro: Tu
sei il Figliuolo dell'Iddio vivente, era il riconoscimento della
persona di Gesù, che il Padre aveva mandato nel mondo come Messia e Salvatore
di tutti i credenti. Proprio per questa ragione Gesù ebbe a dirgli: Tu
sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti
hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io
ti dico:Tu sei Pietro, (un ciottolo) e su questa pietra (la roccia,
l'affermazione da te espressa) edificherò la mia Chiesa
(Mt 16:17,18).
È indispensabile evitare l'errore
di confondere la petra, che è la roccia, con il petros che
è il sasso, il semplice ciottolo.
Evitando questo errore, il testo appare più chiaro.
Una disputa molto significativa
Nell'Evangelo di Luca leggiamo quanto segue:
Fra di loro (i discepoli) nacque anche
una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande. Ma egli disse
loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono
al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev'essere così;
anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa
come colui che serve. Perché, chi è più grande, colui che
è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è
a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve (Lu
22:24-27)
Questa contesa avvenne tra i discepoli dopo aver
celebrato l'ultima cena con il loro Signore, quando cominciarono a intuire
che Gesù parlava della Sua morte. Questa avvenne, quindi, molto tempo dopo
che Gesù ebbe a dire a Pietro: Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa. Orbene, se con queste parole Gesù
avesse costituito Pietro capo della Chiesa, questa contesa fra i discepoli
non sarebbe sorta, perché essi avrebbero ben saputo che Gesù
aveva costituito Pietro come loro futuro capo. Ma essi disputavano per sapere
chi di loro fosse reputato maggiore, perché alle parole rivolte da Gesù
a Pietro non avevano dato il significato di una elezione a capo della Chiesa.
Qualcuno può osservare che i discepoli non
avevano compreso le parole di Gesù, come del resto non avevano compreso
molte altre cose, altrettanto importanti. Anche ammettendo questa ipotesi, l'episodio
narrato da Luca, non si ferma alla disputa fra i discepoli, ma ha anche un seguito:
Luca ci dice che Gesù intervenne nella loro disputa. Orbene, se Gesù
avesse costituito Pietro come capo della Chiesa, avrebbe detto loro: Perché
disputate? Non ricordate che in Cesarea di Filippi ho costituito Pietro come vostro
capo e capo della Chiesa?. Al contrario, invece, Gesù intervenne
per dichiarare loro che nessuno doveva ambire al primato per signoreggiare sul
gregge, ma che coloro che avessero voluto essere grandi dinanzi agli occhi dell'Eterno,
avrebbero dovuto comportarsi da servi, come Egli si era comportato, servo. Con
il Suo intervento Gesù elimina l'idea che, con le parole rivolte a
Pietro in Cesarea di Filippi, lo abbia costituito Principe degli Apostoli e capo
di tutta la Chiesa.
Uguaglianza fra i discepoli
L'Evangelista Matteo, lo stesso che ha riportato
nel suo Vangelo le parole di Gesù che noi stiamo esaminando, riporta un
altro discorso che Gesù fece ai suoi discepoli in un'altra circostanza;
infatti, Gesù ebbe a dir loro:
Ma voi non vi fate chiamare «Rabbì»;
perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli.
Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è
il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide,
perché una sola è la vostra Guida, il Cristo.
Anche questo discorso, è stato fatto dopo
aver detto a Pietro: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò
la mia chiesa e anche qui dissipa ogni idea di primato. Con questa Sua
dichiarazione, Gesù stabilisce due principi:
1. La perfetta eguaglianza fra i discepoli;
nessuno di loro avrebbe dovuto farsi chiamare dagli altri: Maestro, Padre, Guida,
dovendosi fra loro considerare tutti fratelli, nessuno maggiore degli altri.
2. Con questa categorica proibizione di farsi chiamare
dagli altri uomini: Maestro, Padre, Guida, ci dice che questi attributi
appartengono a Dio Padre e a Lui solo.
Gesù aveva stabilito l'uguaglianza
di tutti gli apostoli e di tutti i membri della Chiesa, locale e universale nella
quale solo lo Spirito Santo è il suo degno rappresentante, e non un uomo:
Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio
nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che
v'ho detto (Gv 14:26). È Lui il delegato, il Vicario, non
un uomo! Perciò, Egli ha proibito ai discepoli di tutti i tempi, di
assumere le funzioni di capo di tutta la Chiesa. Ne consegue che chi si appropria
di questi attributi, se ne appropria arbitrariamente, usurpando ciò che
appartiene a Dio.
Per questa ragione Gregorio I detto Magno, Vescovo
di Roma, scrisse una lettera al Patriarca metropolitano di Costantinopoli, Giovanni,
il Digiunatore, che aveva assunto il titolo di Vescovo Universale, dicendogli:
Io dichiaro positivamente e liberamente che chiunque si fa chiamare Vescovo
Universale, o vuole che gli si dia un tale titolo, ha l'orgoglio ed il carattere
dell'anticristo, di cui egli è il precursore. (Ep.VI, 80:
citata da E. Meynier: in Storia dei Papi, tipografia Alpina Torre Pellice 1932
pag. 71).
Pietro non ha mai esercitato le funzioni di
Capo della Chiesa. Dopo l'ascensione di Gesù in cielo, non ha
mai esercitato le funzioni di principe degli apostoli e della Chiesa. Vi
furono, infatti, dei provvedimenti presi dalla Chiesa, che se essa avesse avuto
un capo, sarebbero stati presi solo da Pietro. Dalla Parola di Dio risulta invece
che nessuna particolare funzione sia stata mai compiuta da Pietro. Anzi. Esaminiamo
alcuni esempi:
L'elezione del dodicesimo apostolo:
l'apostolo Pietro, in un discorso rivolto alle circa 120 persone radunate,
fece loro rilevare che il tradimento di Giuda e il suo successivo suicidio avevano
fatto scendere il numero dei discepoli da 12 a 11. e qui suggerì di procedere
all'elezione del dodicesimo apostolo scegliendolo fra coloro che erano stati
in compagnia di Gesù a cominciare dal battesimo di Giovanni sino alla Sua
ascensione. Ad eleggere il dodicesimo apostolo, però, non fu Pietro
ma si tirò a sorte tra due discepoli che avevano questi
requisiti, e la sorte cadde su Mattia che fu associato agli undici. (At 1:26).
Se Pietro avesse esercitato la funzione di capo del gruppo, nello stesso modo
come Gesù aveva eletto i 12 discepoli, egli avrebbe eletto il dodicesimo
venuto meno. Ma non fu lui ad eleggerlo, perché non ha mai esercitato la
funzione di Capo.
Elezione dei sette diaconi: moltiplicandosi
il numero dei convertiti, aumentavano anche le esigenze. Gli apostoli non tenevano
dietro a tutti i servizi e necessità. Gli apostoli fecero presente a tutti
i membri della Chiesa che era necessario trovare tra i membri sette uomini, dei
quali si fosse avuta ottima testimonianza e che essi avrebbero costituito come
diaconi. Quando questi sette uomini furono trovati, i membri li presentarono
agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani (At
6:6). Non fu Pietro ad eleggere i diaconi, ma avrebbe dovuto farlo lui
se avesse esercitato la funzione di capo della Chiesa. Fu la Chiesa a scegliere
gli uomini e il collegio degli apostoli a consacrarli come Diaconi.
L'Evangelo in Samaria: in seguito
ad una persecuzione a cui andò incontro la Chiesa di Gerusalemme, tutti
furono dispersi, tranne gli Apostoli. I dispersi uscirono da Gerusalemme e cominciarono
ad annunziare altrove il messaggio della Buona Novella. Con gioia i Samaritani
accettarono il messaggio di salvezza annunziato loro da Filippo che era uno dei
Diaconi. Era indispensabile che l'opera da lui iniziata fosse portata a compimento
dagli Apostoli. Se Pietro fosse stato il Capo della Chiesa, egli stesso, venuto
a conoscenza di questa esigenza, avrebbe inviato in Samaria uno degli Apostoli.
Leggiamo, invece, che gli Apostoli che erano a Gerusalemme, avendo inteso
che la Samaria aveva ricevuto la Parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni
(At 8,14). Pietro, dunque, anziché ordinare ad altri di andare, ha ricevuto
lui l'ordine di andare, perché non era il Capo della Chiesa.
La conferenza di Gerusalemme: l'Evangelo
era stato annunziato anche ai pagani, e molti di loro si erano convertiti al Cristianesimo.
Ma, le Chiese Cristiane, fino ad allora, erano formate, da credenti che provenivano
dal Giudaesimo, i quali erano tutti circoncisi, ma i pagani non lo erano. Perciò
nacque una discussione, perché alcuni fra i Giudei convertiti, affermavano
che i pagani convertiti dovevano anche loro essere circoncisi secondo il rito
di Mosè per essere salvati. Altri Giudei convertiti, invece, erano pienamente
convinti che ai fini della salvezza la circoncisione non aveva alcun valore. Come
si risolse la situazione? Fu stabilito che le parti controverse, rappresentate
dai più ragguardevoli salissero a Gerusalemme agli Apostoli e
Anziani per trattare questa questione. (At 15.2). Ebbene, se Pietro
fosse stato il Capo della Chiesa, egli stesso avrebbe dovuto convocare quei credenti
per risolvere la controversia dando delle direttive secondo i suggerimenti dello
Spirito Santo. Rileviamo invece che non fu Pietro a convocare la Conferenza
di Gerusalemme ma le Chiese nelle quali nacque il dissenso; non fu Pietro
a presiedere la Conferenza e a proclamare quanto era stato stabilito; perciò,
risulta che anche in occasione della Conferenza di Gerusalemme, Pietro non
ha esercitato la funzione di Capo della Chiesa. Infatti leggiamo: Allora
gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la questione. Ed essendone
nata una vivace discussione, Pietro si alzò in piedi e disse: «Fratelli,
voi sapete che dall'inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla mia bocca
gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero. E Dio, che conosce
i cuori, rese testimonianza in loro favore, dando lo Spirito Santo a loro, come
a noi; e non fece alcuna discriminazione fra noi e loro, purificando i loro cuori
mediante la fede. Or dunque perché tentate Dio mettendo sul collo dei discepoli
un giogo che né i padri nostri né noi siamo stati in grado di portare?
Ma noi crediamo per essere salvati mediante la grazia del Signore Gesù
allo stesso modo di loro». È evidente qui, che Pietro
non ha aperto i lavori della Conferenza per ricevere i convenuti e presentare
il dilemma da affrontare. È detto, infatti, che prima che Pietro aprisse
la bocca per parlare, era nata una vivace discussione fra i
convenuti. Inoltre Pietro, nel prendere la parola, reclama l'ascolto non
come Capo della Chiesa, ma come colui che prima era stato eletto da Cristo Gesù
per portare l'evangelo ai Gentili, riferendo che Dio aveva dato lo Spirito
Santo ai Gentili, che non erano circoncisi, deducendone che la circoncisione non
era indispensabile ai fini della salvezza. Pietro non fu neppure l'ultimo
a parlare per concludere i lavori della Conferenza in quanto dopo di lui parlarono
Barnaba, Paolo ed infine per concludere i lavori parlò Giacomo, il fratello
di Gesù, Anziano della Chiesa di Gerusalemme. A concludere i lavori della
Conferenza fu, dunque, Giacomo con una proposta conclusiva approvata dal collegio
degli Apostoli ed inviata tramite lettera alle chiese. Pietro, in tutto questo,
non ha avuto una funzione direttiva. Nel risolvere il problema, si è
uniformato agli ordini impartiti da Dio Padre, da Gesù Cristo e dallo Spirito
Santo. Pietro, dunque, non ha esercitato la funzione di Capo della Chiesa in nessuna
circostanza, come le vicende del libro degli Atti ci ricordano.
Il primato
di Pietro
(il
testo che segue è stato adattato dagli scritti di G. Butindaro e A. Palmieri)
In quanto cristiani, crediamo
che il solo capo della Chiesa è Gesù. L'apostolo Pietro non fu costituito
capo della Chiesa da Gesù e quindi egli non potè trasmettere a nessun
successore questo incarico.
Anche gli apostoli attestano questa verità. Paolo, ad esempio, scrive che
Dio ha risuscitato il suo Figliuolo e "gli ha posta ogni cosa sotto ai
piedi, e l'ha dato per capo supremo alla Chiesa, che è il corpo di lui,
il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti" (Ef.
1:22,23). "Cristo è capo della Chiesa,
egli, che è il Salvatore del corpo" (Ef. 5:23; cfr. Col. 1:17,18,
Ef. 4:15).
Perciò la Chiesa di Dio non ha due capi, di cui uno é in cielo e
l'altro é sulla terra; o uno invisibile e l'altro visibile, ma uno solo
ed Egli è in cielo alla destra di Dio, e mediante la fede è nel
cuore di tutti coloro che lo hanno ricevuto come loro personale Salvatore.
Il primo presunto successore di Pietro che prese questo titolo o comunque la carica
di pastore di tutte le chiese fu Leone I detto Magno (440-461), il quale sosteneva
con forza che Gesù avrebbe concesso a Pietro il primato della dignità
apostolica, che passò poi al vescovo di Roma al quale compete la cura di
tutte le chiese. Questo titolo si rafforzò notevolmente nel settimo secolo
quando l'imperatore Foca, nel 607, per contraccambiare l'amicizia del vescovo
di Roma riconobbe la supremazia della "sede apostolica di Pietro su tutte
le chiese" (caput omnium ecclesiarum) e vietò al patriarca di Costantinopoli
di usare il titolo di "universale" che da quel momento doveva essere
riservato solo al vescovo di Roma (allora era Bonifacio III).
Così facendo, il papa dimenticava ciò che il suo predecessore aveva
dichiarato a tale proposito (papa Gregorio Magno aveva dichiarato che il vescovo
che si arrogava il titolo di "vescovo universale" era precursore dell'anticristo
e che nessuno deve prendere questo nome di bestemmia), e non rifiutò
di farsi chiamare "vescovo universale".
IL PRIMATO DI PIETRO
Pietro non ha mai preteso
di avere un primato.
Nel cap. 16, ver. 23,
di Matteo è scritto che Gesù rivolgendosi a Pietro gli disse: "vattene
via da me, Satana, tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio,
ma delle cose degli uomini".
Gesù dovette
restaurarlo tre volte nella missione dell'apostolato ("pasci le mie pecore"
di cui al cap. 21, vers. 15-17 del Vangelo di Giovanni), dopo il triplice rinnegamento
di Pietro (Matteo cap. 26, ver. 69-79).
Gli "undici apostoli"
e le centinaia di "discepoli" di Gesù, conoscevano bene che Cristo
non aveva dato alcun primato né a Pietro, né a nessun altro. L'Evangelo
di Giovanni, vescovo dell'Asia minore, fu scritto verso l'anno 100 e l'autore
conosceva bene anche la vecchiaia di Pietro costretto a stendere le mani perché
un altro lo cingerà e lo condurrà dove non vorrebbe andare (Giov.
cap. 21, ver. 18). Al tempo degli apostoli:
1) furono i discepoli
che fra due concorrenti "trassero a sorte e la sorte cadde su Mattia che
fu associato agli undici apostoli" al posto di Giuda (atti cap. 1, ver. 26);
2) furono i semplici
fratelli della chiesa di Gerusalemme che "quando Pietro fu salito a Gerusalemme
questionavano con lui" (atti cap. 11, ver. 2);
3) Paolo rimprovera
pubblicamente Pietro, da quanto risulta dal cap. 2, ver. 11 della lettera ai Galati:
"Ma quando Cefa (Pietro) fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia
perchè egli era da condannare";
4) fu San Paolo che
nella sua seconda lettera ai Corinzi (cap. 11, ver. 5) scrive: "Ora io stimo
di non essere stato in nulla da meno dei sommi apostoli";
5) nella "conferenza"
di Gerusalemme fu Giacomo che dice: "io giudico che...", mentre le decisioni
sono prese collegialmente, giusta quanto risulta dal cap. 15 degli Atti, ver.
13, 19, 22, 25: "Allora parve bene agli apostoli ed agli anziani con tutta
la chiesa...";
6) Pietro si qualifica
semplice "servitore ed apostolo di Gesù Cristo" nella sua seconda
lettera al cap. 1, ver. 1;
7) Paolo nella sua
lettera ai Galati (cap. 2, ver. 1) scrive: "Paolo, apostolo (non dagli uomini,
nè per mezzo d'alcun uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo)".
LE CHIAVI DEL REGNO
Le "chiavi"
del regno dei cieli e dell'inferno sono insite nelle predicazioni del Vangelo.
Il sacerdozio pagano,
con i suoi altari ed i suoi sacrifizi, era considerato interprete ed intermediario
del volere divino.
Il sacerdozio cattolico
fu posto in essere dalla curia romana nel 1160 per accoppiarlo con il sacrificio
eucaristico (introdotto solo nel sec. XI) e con la confessione e l'assoluzione
dei peccati. Ai vescovi ed al papa fu attribuita la facoltà di consacrare
altri sacerdoti, mentre la potestà sul tutto e tutti diventò un
monopolio del pontefice romano.
In proposito si ricorda
che nel Vangelo non esiste casta sacerdotale. In particolare Gesù ha detto
a tutti i suoi fedeli (apostoli e discepoli) di predicare il Vangelo e che coloro
i quali crederanno al loro messaggio saranno salvati, mentre quelli che lo rigetteranno
saranno condannati. In sostanza questi ambasciatori di Cristo e notificatori della
Sua Parola tengono simbolicamente "le chiavi" dell'aldilà
in quanto mettono gli ascoltatori nella posizione della più importante
libera responsabile scelta; se la persona accetta la predicazione si convertirà,
sarà assolto dai suoi peccati, diventerà egli stesso un evangelizzatore
ed infine entrerà in paradiso. Se invece la persona rigetta il messaggio
di Cristo, i suoi peccati rimangono a lui legati e le porte del cielo gli saranno
chiuse.
È ovvio che
questa salvezza, gratuita, non è affidata ad una casta sacerdotale o ad
una istituzione chiesastica, ma a tutti i cristiani (che la Scrittura chiama santi)
secondo le capacità ed i talenti di ciascuno. Gesù disse a tutti
coloro che avevano fede in lui:
a) "io vi dico
che tutte le cose che avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo e che
tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo" (Matteo
cap. 18, ver. 18);
b) "come il padre
mi ha mandato anch'io mando voi: ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete
i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti" (Giov. cap.
20, ver. 19-23).
Non prove storiche
ma tradizioni e romanzi riportano che Pietro sia stato a Roma per 25 anni dal
42 al 67.
Nella lettera ai Galati
al cap. 2, ver. 6-9, l'apostolo Paolo scrive: "Ma quelli che godono di particolare
considerazione (quali già siano stati a me non importa; Dio non ha riguardi
personali) quelli, dico, che godono maggiore considerazione non m'imposero nulla
di più; anzi quando videro che a me era stata affidata la evangelizzazione
degli incirconcisi, come a Pietro quella dei circoncisi (ebrei) - (poichè
Colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo della circoncisione aveva
anche operato in me per farmi apostolo dei gentili) - e quando conobbero la grazia
che m'era stata accordata, Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni, che son reputati
colonne, dettero a me ed a Barbara la mano di associazione perchè noi andassimo
ai gentili ed essi ai circoncisi".
Infatti troviamo Paolo
in Grecia, Macedonia (Atti cap. 17, 18 e 20), in Italia, a Roma (Atti cap. 27
e 28), mentre Pietro era a Gerusalemme, Babilonia, ecc. In particolare:
1) Pietro era a Gerusalemme,
dopo la resurrezione di Gesù (Atti cap. 1, ver. 14);
2) Pietro fu inviato
dagli apostoli in Samaria, assieme a Giovanni (Atti cap. 8, ver. 14);
3) nell'anno 42 Pietro
era a Gerusalemme, dove fu visitato da Paolo, tre anni dopo la conversione di
questo, avvenuta nell'anno 39;
4) Pietro andò
a Lidda (Atti cap. 9, ver. 32);
5) Pietro andò
a Ioppe dove dimorò molti giorni (Atti cap. 9, ver. 43);
6) Pietro andò
a Cesarea per alcuni giorni (Atti cap. 10, ver. 48);
7) Pietro ritorna a
Gerusalemme (Atti cap. 11, ver. 2);
8) il re Agrippa, un
anno prima della sua morte (45) fece arrestare Pietro in Gerusalemme (Atti cap.
12, ver.3). Dopo la sua liberazione, Pietro "se ne andò in un altro
luogo" (Atti cap. 12, ver. 17), tanto piccolo da non essere nominato, come
le piccole cittadine di Lidda e Ioppe;
9) nella conferenza
di Gerusalemme "fu deciso che Paolo e Barbara salissero a Gerusalemme agli
apostoli ed anziani" (Atti 15, ver. 2), dove c'era anche Pietro;
10) nell'epistola di
Paolo ai romani, scritta nell'anno 58 da Corinto, l'apostolo si dichiara "pronto
ad annunziare l'evangelo anche a voi che siete in Roma" avendo l'ambizione
di predicare là dove Cristo non fosse stato nominato per non edificare
sul fondamento altrui (cap. 1, ver. 15 e cap. 15, ver. 20). Alla fine dell'ultimo
capitolo egli rivolge i suoi saluti a ben 26 componenti della comunità
cristiana romana, ma fra essi il nome di Pietro non figura;
11) Paolo, arrivato
a Roma nell'anno 61 "convoca i principali fra i giudei" (Atti cap. 28,
ver. 17) i quali gli dicono di volere consocere quello che egli pensa di questa
"setta" (cristianesimo), perchè "è noto che da per
tutto essa incontra opposizione" (Atti cap. 28, ver. 22). Nessuna menzione
di Pietro e del suo apostolato di ben 19 anni!;
12) dopo aver preso
in fitto una casa di Roma per due anni (Atti cap. 28, ver.30), verso l'anno 63,
Paolo scrisse una lettera ai Colossesi. Questa lettera termina con i soliti saluti
di fratelli della chiesa di Roma e di compagni di prigionia. Nessun saluto e notizia
di Pietro!;
13) alla fine della
breve lettera (scritta a Roma nell'anno 67 e diretta a Filemone) Paolo, "vecchio"
(cap. 1, ver.9), invia i soliti saluti dei componenti della comunità cristiana
romana (vers. 23-24): nessuna menzione di Pietro;
14) la tradizione cattolica
dice che Pietro fu martirizzato nell'anno 67 quando anche fu ucciso Paolo, il
quale scrisse da Roma la sua seconda lettera a Timoteo. Al termine di questa lettera,
Paolo, riferisce: "quanto a me io sto per essere offerto in libagione e il
tempo della mia dipartenza è giunto" (cap. 4, ver. 6). "Luca
solo è con me" (ver. 11)! "Tutti mi hanno abbandonato" (ver.
16). Nessuna notizia di Pietro. Infatti Pietro era a Babilonia (I lettera di Pietro
cap. 5, ver. 13) sul campo che il Signore gli aveva affidato per predicare il
Vangelo.