I nostri peccati infiniti in numero e gravitàdi Edward Payson Tratto da:
Edward Payson, I nostri peccati visti alla luce del cielo,
Caltanissetta, Alfa & Omega, pp. 15-28.
Tuttavia,
il significato che gli scrittori ispirati attribuiscono a questi termini
è ben diverso. Secondo la Scrittura, "empio" è
colui che non solo è ingiusto, ma che inoltre rifiuta di ravvedersi
e credere nel Vangelo e che, per quanto corretta possa apparire esteriormente
la sua condotta, non ha timore di Dio. Quando la Bibbia parla di peccato
si riferisce ad una violazione della legge divina, la quale comanda
all'uomo di amare Dio con tutto il cuore e il suo prossimo come se
stesso. L'apostolo, infatti, afferma che il peccato è una violazione
della legge (1 Giovanni 3:4). La legge di Dio si esplica secondo vari
precetti che indicano minuziosamente i nostri doveri verso le persone
con cui siamo in relazione, e le disposizioni interiori che dobbiamo
avere in ogni circostanza. La violazione o la negligenza di uno qualsiasi
di questi doveri costituisce un peccato. Anche il Vangelo, come la
legge, implica diversi precetti: il ravvedimento, la fede e l'obbedienza,
ed anche in questo caso la disubbidienza è considerata un peccato.
In altre parole, quando non obbediamo perfettamente a tutti i comandamenti
di Dio circa i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre parole
e le nostre azioni, noi pecchiamo. Cristo paragona il cuore dell'uomo a una fontana dalla quale scaturisce ogni sorta di male (Marco 7:20-23). È quindi opportuno iniziare considerando il peccato dei nostri cuori o, in altre parole, la corruzione delle nostre disposizioni e dei nostri sentimenti. Anche solo i peccati di questo tipo, dei quali è colpevole anche il migliore degli uomini, sono innumerevoli! Possiamo affermare con certezza che essi costituiranno l'accusa più grave che sarà rivolta ai peccatori impenitenti nel giorno del giudizio. Eppure, molti uomini non considerano affatto questi peccati: essi si illudono pensando che, se mantengono un atteggiamento esteriore corretto, i sentimenti e le disposizioni del cuore avranno poca rilevanza. Ma i pensieri di Dio sono ben diversi! Basterà un momento di riflessione per convincerci che un uomo che non commetta alcun peccato visibile può, ugualmente, essere considerato il primo fra i peccatori. Questo, ad esempio, può essere detto degli spiriti maligni: nessuno negherà, infatti, che siano pieni di peccato; eppure, non hanno mani per agire, né lingua per parlare. I loro peccati sono solo quelli interiori: i peccati del cuore. Questo esempio è sufficiente a dimostrare che un individuo può essere il più grande peccatore del mondo, pur non commettendo neanche un solo peccato esteriore. La legge
di Dio e il Vangelo di Cristo richiedono innanzi tutto sentimenti giusti
e disposizioni d'animo rette. Basterà riflettere un po' per
rendersi conto che essi giudicano principalmente gli atteggiamenti
e i sentimenti del cuore. Ad esempio, l'amore è un sentimento,
e la stessa cosa può essere detta del ravvedimento, della fede,
dell'umiltà, della speranza, della pazienza, della confidanza
e dell'allegrezza. Eppure, tutte queste cose ci sono richieste come
dei doveri indispensabili. Anche l'incredulità è un
sentimento, come pure l'egoismo, la durezza di cuore, l'orgoglio,
l'amore per il mondo, la concupiscenza, l'invidia, l'ira, l'odio e
la vendetta. Tutto ciò è proibito perché sono
tra i peccati peggiori e nessuno di coloro che li commette "erediterà
il regno di Dio" (Galati 5:19-21). In secondo
luogo, consideriamo la peccaminosità dei nostri pensieri.
Come i sentimenti sono il frutto del cuore, così i pensieri
sono il frutto della mente. La Scrittura insegna che anche questi
possono essere peccaminosi. Cristo, ad esempio, classifica i cattivi
pensieri con le fornicazioni, i furti e gli omicidi (Marco 7:21).
Il Signore afferma: "Gerusalemme, purifica il tuo cuore dalla
malvagità, affinché tu sia salvata. Fino a quando albergheranno
in te i tuoi pensieri iniqui?" (Geremia 4:14); "Lasci...
l'uomo iniquo i suoi pensieri" (Isaia 55:7); "I pensieri
malvagi sono in abominio al Signore" (Proverbi 15:26); "Ascolta,
terra! Ecco, io faccio venire su questo popolo una calamità,
frutto dei loro pensieri" (Geremia 6:19). Perfino il carattere
degli uomini è determinato dai pensieri e dalle intenzioni:
una persona è ciò che pensa! I passi che abbiamo letto
sono più che sufficienti a dimostrare che è possibile
peccare con i nostri pensieri. Dopo i
peccati della mente, riflettiamo adesso su quelli della lingua.
Anche queste trasgressioni sono infinitamente numerose, perché
"dall'abbondanza del cuore la bocca parla" (Matteo 12:34).
Se, dunque, il peccato prevale nel cuore, esso si manifesterà
mediante la bocca. Ciò che mi propongo non è di insistere
sulla falsità, sulle maldicenze, sulle espressioni empie ed
indecenti che giornalmente sono pronunciate da miriadi di persone.
Che tale linguaggio sia un grave peccato è ovvio e per dimostrarlo
vorrei ricordarvi che "di ogni parola oziosa che avranno detta,
gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio" (Matteo
12:36). Consideriamo
ora le nostre azioni. Ma, miei cari, non parleremo di ciò che
il mondo chiama "peccato"; non menzioneremo affatto i furti,
le frodi, le ingiurie, l'intemperanza e le dissolutezze. Se ci sono
fra voi persone schiave di queste nefandezze, lascio alle loro coscienze
il compito di richiamarle. La nostra attenzione sarà rivolta
principalmente a quei comportamenti che la maggior parte degli uomini
considerano innocenti e per i quali la coscienza li richiama raramente,
o addirittura per niente. Inoltre, è necessario dimostrare che non solo la quantità dei nostri peccati è infinita, ma lo è anche la loro gravità. I nostri peccati sono infinitamente malvagi e meritano una punizione infinita. Eccone i motivi. a) Siccome ogni peccato è commesso contro Dio, è infinito, perché Dio è un essere infinito, onnipotente, onnisciente ed infinitamente santo, giusto e buono. La gravità di un'offesa è proporzionata all'eccellenza e alla grandezza della persona contro cui è commessa. Per esempio, se è sbagliato che un bambino picchi suo fratello, qualora dovesse colpire il padre, la sua azione diventerebbe più grave, e se il padre di questo fanciullo fosse un re buono, l'offesa sarebbe gravissima! Dio è il nostro Padre celeste, il Re dell'universo, Egli è infinitamente elevato al di sopra di qualsiasi padre e di ogni sovrano terreno! La perfezione di ogni Suo attributo è infinita e per questo è degno di essere amato di un amore perfetto! Egli è anche il creatore e il sostenitore della vita e il donatore di quei poteri e di quelle facoltà che noi invece impieghiamo per peccare contro di Lui. Inoltre, Egli ci ha concesso innumerevoli favori e per tutti questi motivi siamo eternamente obbligati ad amarLo e ad ubbidirGli. Perciò, la violazione di quest'obbligo e ogni peccato contro un essere simile è un male infinito! b) In secondo luogo, la gravità di ogni peccato è infinita in quanto costituisce una trasgressione di una legge assolutamente perfetta. È ovvio che la violazione di una legge giusta e buona è un male più grave dell'inadempienza verso una qualsiasi legge la cui giustizia non è così evidente. Sicuramente, saremo anche d'accordo nel riconoscere che se l'onore, il benessere e anche l'esistenza di una nazione dipendesse dall'ubbidienza ad una legge promulgata dal suo governo, colui che la dovesse trasgredire si macchierebbe di un crimine gravissimo. Ora, la legge del Signore è perfettamente santa, giusta e buona (Romani 7:12). Se la osservassimo in modo irreprensibile, otterremmo una beatitudine universale ed eterna. Viceversa, la disobbedienza ai comandamenti di Dio è causa di una miseria universale ed eterna. Se la legge di Dio fosse abolita e la sua autorità venisse meno, l'umanità si troverebbe ad essere sotto la legge del più forte, e violenza, discordia e confusione regnerebbero nell'universo. Ogni trasgressione della legge di Dio tende a produrre questo effetto. c) In terzo
luogo, affermiamo che ogni peccato è infinitamente grave perché
causa un danno infinito. Immaginate un universo che viva in santità
e nella beatitudine. Ad un certo momento, un pensiero o un sentimento
che tende a produrre peccato sorge in una delle creature. In seguito,
tale pensiero o sentimento non è soppresso: anzi, grazie alla
libertà concessa alla creatura, si rafforza. Gradualmente,
a causa dell'indulgenza tale desiderio influenza tutte le facoltà
della mente, schiavizza e incita la creatura alla disubbidienza a
Dio. Ora, anche se non dovesse essere commesso effettivamente un peccato,
tali pensieri e desideri costituiscono già un male di una gravità
infinita, perché hanno depravato un essere immortale, un essere
che, se non fosse stato per il peccato, sarebbe stato eternamente
felice. Invece, a causa del peccato, la creatura è caduta in
uno stato di miseria eterna. In seguito, colui che è corrotto
tenterà i suoi simili cercando di sedurli, e coloro che saranno
sedotti ne sedurranno altri e la corruzione si estenderà a
tutto l'universo, trasformando esseri santi in demoni e il paradiso
in un inferno! A questo punto dobbiamo trarre delle conclusioni. a) Se i nostri
peccati sono infiniti in numero e gravità, allora meritano
una punizione infinita. Questo è il giudizio di cui parla la
Scrittura. Ci sono poche verità che, come questa, gli uomini
cercano di negare. Essi affermano che non è corretto da parte
di Dio punire i peccati commessi nel breve periodo della nostra vita
sulla terra con una miseria che non ha mai fine. Esaminiamo questa
obiezione: non siamo forse tutti d'accordo nell'affermare che un omicida
può, giustamente, essere condannato a morte? Eppure, il suo
delitto si è consumato in un brevissimo arco di tempo! Noi
uomini giudichiamo il male alla luce della sua gravità nell'ambito
della società e delle sue ripercussioni in essa. Per noi un
crimine è grande quando produce conseguenze dannose e concludiamo
subito che esso deve essere punito molto severamente. Ma, come abbiamo
dimostrato, il peccato è un male infinito i cui effetti sono
infinitamente dannosi e per questa ragione merita un castigo infinito. b) Se il peccato merita una punizione infinita, allora Dio è giusto nel condannare i peccatori all'inferno. La perfezione morale del carattere di Dio non viene meno quando Egli esegue i Suoi giudizi. Infatti, la vera giustizia consiste nel rendere a ciascuno secondo le sue opere. Se i peccatori meritano una punizione senza fine, allora è perfettamente giusto e corretto da parte di Dio infliggere loro un tale castigo. c) Se è una cosa giusta infliggere tale condanna ai peccatori che non aprono il cuore all'amore della verità per essere salvati, allora Dio deve agire in questo modo, perché ciò che Egli fa deve essere sempre giusto e perfettamente retto. Quindi, se è una cosa giusta punire i peccatori che non si ravvedono, il non farlo sarebbe ingiusto e risparmiarli vorrebbe dire non trattarli come meritano, mentre la coerenza con la giustizia consiste nel rendere a ciascuno secondo le proprie opere. Possiamo affermare con certezza che se il colpevole fosse risparmiato saremmo di fronte ad un atto estremamente ingiusto, come ingiusto è condannare l'innocente. Dio stesso ce lo insegna nella sua Parola: "Chi assolve il reo e chi condanna il giusto sono entrambi detestati dal Signore" (Proverbi 17:15). Colui che "giudica con giustizia" potrebbe mai contraddire Se stesso? Il "Giudice di tutta la terra" deve fare giustizia. d) Alla luce di tali verità comprendiamo perché il sacrificio espiatorio di Cristo è necessario. Tutti gli uomini hanno peccato, la loro malvagità è grande e le loro trasgressioni sono infinite in numero e gravità. Per questa ragione essi meritano un castigo infinito. Dio, nella Sua giustizia, è obbligato a condannare il peccatore, a meno che i suoi peccati non siano espiati efficacemente. Poiché il peccato e il giudizio che comporta sono infiniti, nessuna espiazione che non sia di valore infinito sarebbe sufficiente. Ma chi potrebbe realizzare una tale espiazione? L'uomo non può assolutamente compierla in quanto ha perduto tutto ciò che possedeva ed è già colpevole e condannato a morte. Tuttavia, l'espiazione deve essere compiuta da lui, ossia da un uomo, perché è l'uomo che deve riceverne i benefici. Questo è il dilemma da risolvere. Di fronte a una simile situazione la Parola eterna, il Figlio di Dio, intervenne. Cristo acconsentì a divenire uomo, a caricarsi dei peccati degli uomini sopportando il castigo che essi meritavano. Accettò di rappresentare i peccatori e subì la maledizione della legge al loro posto (Galati 3:13). Sostituendosi ai peccatori, Cristo ha onorato la legge di Dio. In questo modo egli ha acquistato il perdono e la salvezza per il Suo popolo, ossia di ogni peccatore che confida nella Sua mediazione e nei meriti del Suo sacrificio per essere riconciliato con Dio. Ora, in Cristo, Dio può giustificare il peccatore che ha fede in Gesù senza contraddire la propria giustizia (Romani 3:26). Nessuno, però, confiderà in Cristo per ottenere salvezza se non coloro che vedono e sentono che la loro malvagità è immensa e che le loro iniquità sono infinite. Perciò,
miei cari, penso che adesso possiate comprendere perché ho
voluto attirare la vostra attenzione su questo soggetto. Non è
perché provo piacere nell'accusare e condannare gli altri,
ma perché io sono un peccatore perdonato, un peccatore purificato
dal sangue espiatorio di Gesù Cristo, un peccatore giustificato
delle sue innumerevoli trasgressioni e delle sue infinite iniquità,
e che desidera guidare altri peccatori a quella sorgente preziosa!
Vi ho detto queste cose perché come "ambasciatore"
del Signore mi è stato comandato di far udire la mia voce e
di mostrare alle persone quali siano le loro trasgressioni e i loro
misfatti e anche perché sono stato chiamato a proclamare "le
insondabili ricchezze di Cristo". Se comprendessi
anche tu la condizione in cui ti trovi, quale speranza sorgerebbe
in te sentendo parlare del Salvatore dei peccatori! Come confideresti
nel sangue dell'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Giovanni
1:29)! Non ti senti oppresso dal giudizio che grava su te? Non sei
stato spaventato dalla considerazione dell'infinito numero e dall'infinita
gravità delle tue trasgressioni? Non gridi anche tu come Davide:
"Mali innumerevoli mi circondano; i miei peccati mi pesano e
non posso più guardarli. Sono più numerosi dei capelli
del mio capo e il mio cuore vien meno" (Salmi 40:12) ?
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