Il cammino cristiano




Perdere il primo amore

tratto dal sito Cristiani Evangelici - (condensato)

 

"Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi. So che hai costanza, hai sopportato molte cose per amor del mio nome e non ti sei stancato." (Apocalisse 2:2,3)

Con queste parole Gesù si rivolge alla chiesa di Efeso. Sembra quasi impossibile che una chiesa tanto lodata per il suo lavoro e la sua fatica, tanto lodata per la sua stabilità e la sua costanza, tanto lodata per la sua disciplina e la sua morale, sia da censurare. Cosa ci può essere da deplorare ad una chiesa sana in fatto di dottrina e di vita morale, e che sopporta con costanza le prove? Il male non è di quelli che si vedono. Il corpo è intatto, ma l'anima è ammalata. Le membra funzionano, ma il cuore non batte più come dovrebbe. Efeso ha lasciato affievolire il suo primo amore.

"Ma ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi." (Apocalisse 2:4)

Le parole di Gesù appaiono come un duro rimprovero. Nonostante tutto il loro zelo, i credenti di Efeso presentavano un grave difetto: avevano dimenticato il loro primo amore, cioè Cristo stesso, la salvezza, la vita eterna e tutti i doni di Dio. Efeso somiglia a quella donna che indefessamente lavora dall'alba fino alla tarda sera, che educa i figli, li segue scrupolosamente, pulisce la casa in modo accurato, stira, cuce, prepara con attenzione il pranzo e la cena per tutta la famiglia: in lei apparentemente non vi è nulla da rimproverare, ma il fuoco dell'amore si è spento; non ama più suo marito!
L'apostolo Paolo parla della rinuncia, del sacrificio di se stessi, finanche della propria vita pur di non abbandonare il Signore. Eppure egli dirà che senza amore, tutto ciò "non giova a nulla": "Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente" (1 Corinzi 13:3).

Ecco dunque che lo sguardo del Signore va oltre, scruta e sonda il cuore che non ha più i palpiti di una volta, il fervore e lo zelo di prima, l'amore per Cristo, l'amore per i fratelli. Quando il cuore si fa debole, la vita intera è gravemente minacciata. Gesù non ricorre all'adulazione, non è cieco, anzi sa valutare con obiettività. C'è molta franchezza in queste parole, perché il Signore non lascia correre. Ricorda il bene, ma denuncia il male. Sa che esso è come un cancro maligno che procede inesorabilmente. Egli sa che sebbene gli Efesini esteriormente erano ancora pieni d'amore, i loro cuori intimamente erano freddi. È interessante notare che il termine amore, è "agapen", che insieme a "agapao" e "agape", indicano sempre l'amore di Dio che offre senza chiedere nulla in contraccambio. Questi termini si riferiscono al rapporto tra Dio e l'uomo (Deut. 6:5). Questo amore divino, che è l'essenza stessa di Dio (1 Giovanni 4:8), indica in primo luogo, l'attitudine di tenerezza e di misericordia di Dio verso l'uomo (Giovanni 3:16) e poi l'attitudine di reciproco perdono ed affetto dei credenti tra di loro (Giovanni 13:34).

Gli Efesini si accontentano di possedere una giusta dottrina e di operare ben guidati da un vivo senso del dovere che difettava, però, di comprensione e d'amore cristiano. Forse erano così affaccendati da non poter dedicare neanche una parte del loro tempo ad aprire il loro cuore all'amore e all'adorazione di Cristo Gesù. Il loro zelo era diventato solo una mera ortodossia religiosa o peggio ancora, abitudine. L'espressione usata da Giovanni, si rifà al versetto biblico: "Và e grida alle orecchie di Gerusalemme: Così dice il Signore: Io mi ricordo dell'affetto che avevi per me quand'eri giovane, del tuo amore da fidanzata, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata" (Geremia 2.2). Gesù, nel Suo discorso profetico, aveva avvertito i suoi discepoli di questo tremendo pericolo: "Poiché l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà" (Matteo 24:12).

Quando non si commettono grossi crimini, si è tentati di dire: "Cosa ho fatto di male?" Allora il Signore é costretto a dire: "Hai abbandonato il tuo primo amore. Non sei più quello di prima. Quando mi hai conosciuto e sei stato toccato dalla grazia, hai sperimentato la salvezza. Quale amore, quale gioia. Testimoniavi con entusiasmo. Sentivi il bisogno di studiare la mia Parola, di approfondirla, di pregare, di ricercare la comunione fraterna, partecipavi a tutte le attività, mi davi il primo posto. Ma adesso, nonostante le apparenze, le tradizioni, non sei più così: Hai abbandonato il tuo primo amore".

È importante esaminarci davanti al Signore. Ogni allontanamento, apostasia o deviazione, comincia sempre così. Il Signore per questo motivo è severo e dice: "Ho questo contro di te...". Quello che accadde ad Efeso si ripete ancora ed è il problema di tante chiese. La vita spirituale della chiesa è in pericolo quando si abbandona il primo amore: "Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente" (1 Corinzi 13:3).


Le cause della perdita del primo amore

La Chiesa deve nutrire il primo amore per il Signore, ma molte sono le cause che cercano di allontanarla da questo amore genuino e sincero. Purtroppo molte sono le "volpi" che cercano di guastare l'amore tra Cristo e la sua Chiesa. Basta che alcuni elementi negativi si facciano spazio nella vita del credente e della Chiesa per perdere il "primo amore".

1. La trascuratezza.

Porta inevitabilmente verso l'indifferenza, l'apatia spirituale, l'inattività, la rilassatezza morale ed il legalismo religioso. È sicuramente molto pericoloso quando i credenti iniziano a trascurare gli elementi fondamentali e portanti della vita cristiana:

  • Trascurare la preghiera. La Bibbia esorta ad esseri attivi nella preghiera personale e comunitaria.
  • Trascurare la lettura della Parola di Dio. La Bibbia esorta invece ad essere, come Esdra, "versati" nella Parola perché è l'unico strumento che ci permette di combattere il nemico.
  • Trascurare i culti e la comunione fraterna. La Bibbia esorta coloro che pensano di poter "vivere da soli" senza l'ausilio della comunità, a ricercare la Koinonia (comunione). Quando i credenti cominciano a trascurare la preghiera, la Parola e la vita comunitaria perdono sicuramente quella pienezza necessaria per poter vivere la vita cristiana all'insegna dell'amore e secondo la Parola e la volontà di Dio.

Forse per questa ragione l'apostolo Paolo esorta la chiesa di Efeso a fare molta attenzione, perché la loro condizione di "leggerezza spirituale" - che indica questo stato di mancanza del primo amore – poteva portare a "rattristare" lo Spirito Santo che tiene viva la fiamma dell'amore nella vita del credente. "Non rattristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione." (Efesini 4:30)

2. L'orgoglio.

L'orgoglio è l'emanazione forte dell'ego umano, che cerca di imporsi su tutto e tutti. I termini da cui proviene questa parola indicano la superbia, l'insolenza, e la presunzione.

L'orgoglio è stato la causa prima del peccato nell'universo, quando Lucifero si ribellò contro Dio. L'orgoglio è un pericolo anche per i credenti e sarà una caratteristica degli ultimi tempi (2 Timoteo 3:1-5). Quando il credente comincia a dare forza alla propria giustizia e alla propria persona cade immancabilmente nel peccato di orgoglio. La Bibbia esorta a ricercare una vita di umiltà. L'apostolo Paolo stesso si propone come esempio di umiltà cristiana (Efesini 3:7,8; 4:1,2).

3. La mondanità.

Sembra una parola d'altri tempi ed invece è uno dei pericoli più terribili che minacciano la Chiesa d'oggi. Il termine mondanità deriva da "kosmos" che, nella Bibbia, indica l'universo (Giovanni 17:5), la terra abitata dall'uomo (Matteo 4:8; Colossesi 1:6), l'umanità (Matteo 5:14; Giovanni 3:16) e l'insieme dei desideri e del potere che l'uomo ricerca (Matteo 16:26; Luca 9:25; Giovanni 3:17).

In questo senso, quindi, "mondanità" indica coloro che rifiutano Cristo e l'Evangelo (Giovanni 1:10). Ormai i mass-media "bombardano" le persone e le famiglie, con i loro messaggi che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono contrari alla moralità dell'Evangelo. Come ha affermato qualcuno nel passato, con la TV i credenti "hanno fatto entrare il mondo in casa", laddove per mondo s'intende tutto ciò che è riprovevole dal punto di vista scritturale e biblico. In altre parole indica l'andazzo del mondo con i suoi usi e costumi in contraddizione con i principi cristiani, nonché quell'etica antibiblica che tanta approvazione trova nelle moderne generazioni (rapporti prematrimoniali, omosessualità, convivenza). La Bibbia descrive Satana come il principe di questo mondo, in quanto laddove c'è malvagità, cattiveria, immoralità, là c'è il mondo. L'apostolo Paolo desidera sottolineare agli Efesini quale deve essere invece, il carattere e l'etica del cristiano.

È interessante notare ciò che la Scrittura ci dice:

1. I piaceri del mondo hanno breve durata e non danno la felicità (Ebrei 11:24,25; 1 Giovanni 2:17).

2. Chi ama il mondo non ama Dio (1 Giovanni 2:15,16; Romani 8:7; Giacomo 4:4).

3. Cristo ha vinto il mondo, salvando i peccatori che si ravvedono (Giovanni 12:47; 1 Timoteo 1:15; Giovanni 3:17; 16:33).

4. I credenti devono rinunciare al mondo (1 Pietro 1:14; Romani 12:2; Giacomo 1:27) e possono farlo perché lo hanno vinto (1 Giovanni 4:4; Efesini 2:19).

5. La Chiesa ha una cittadinanza celeste, non terrena (Filippesi 3:20; Giovanni 17:14; 1 Pietro 2:11).

La Sacra Scrittura esorta a non conformarsi all'andazzo del mondo (Galati 5:16-22; 2 Corinzi 6:14-18). La mondanità si vince con una "spiritualità" che coinvolge il cuore ed i pensieri, nonché le azioni della quotidianità. Quando lo Spirito Santo agisce in noi, tiene viva la fiamma dell'amore per il Signore in ogni tempo e circostanza.


L'importanza dell'amore nella vita della Chiesa Cristiana

L'amore è l'essenza del frutto dello Spirito, infatti non a caso è citato per primo: "Il frutto dello Spirito invece è AMORE..." (Galati 5:22).

Infusa nel cuore dei credenti direttamente da Dio la carità è l'elemento essenziale e vivificante per la vita cristiana. Difatti, non sarebbe possibile realizzare la "Koinonia", cioè la comunione fraterna, senza l'elemento aggregante per eccellenza: l'amore. L'apostolo Paolo lo definisce come "legame di perfezione" (Colossesi 3:14) ed esorta la Chiesa a realizzare appieno l'unità dello Spirito nella piena ubbidienza al cristianesimo biblico: "Sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. V'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti" (Efesini 4:3-6).

Nell'Antico Testamento era un dovere del popolo amare l'Eterno (Deut. 30:16; Salmo 31:23; Giosuè 23:11). Nel Nuovo Testamento il Signor Gesù raccoglie "tutta la legge" ed i "comandamenti" in un solo testo: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso".

Come deve essere il nostro amore? La Bibbia risponde in modo chiaro: oltre ad essere sincero (Romani 12:9; 2 Corinzi 6:4-6) ed intenso (1 Pietro 4:8), l'amore deve somigliare: all'amore di Cristo per noi (Giovanni 15:12; 2 Corinzi 8:7-9); all'amore del Padre per noi (Matteo 5:44-48; Luca 6:35,36); all'amore per noi stessi (Levitico 19:18; Romani 13:9,10).

L'amore spontaneo per il Signore è l'apice della vera spiritualità, abbandonarlo è il primo passo verso la caduta. Il declino della chiesa cominciò quando i cuori persero il loro primo amore. Il Signore chiama in causa la nostra vita, vuole istruirci per renderci sempre più conformi all'immagine di Suo Figlio ed alla Sua volontà: "Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio" (Romani 12:2).

"Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile" (Efesini 5:25-27). Come credenti dobbiamo accettare gioiosamente questo rinnovamento giornaliero, finché esso sia portato a compimento.


L'esortazione.

La Chiesa di Efeso viene esortata a tornare ad amare Gesù come prima, anzi più di prima: "Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi" (Apocalisse 2:5).

Gesù consiglia alla chiesa la linea che deve seguire per poter ritornare al primo amore e alla comunione col suo Salvatore. L'invito a cambiare è riassunto in queste parole:

  • "Ricordati dove sei caduto...", cioè rifletti, pensa, sii onesto, non cercare scuse, rientra in te stesso, considera la posizione di prima, quella iniziale, e vedrai la differenza. Del resto come può il credente ritornare a Dio se prima non si rende effettivamente conto della sua condizione? Il figlio prodigo, non si sarebbe mai deciso a ritornare dal padre per confessare i suoi peccati, se prima non si fosse reso conto d'aver peccato! Ciò accadde nel momento in cui rientrò in sé. Dunque l'appello a "ricordarsi la caduta", altro non indica che la sincera riflessione che deve essere fatta davanti a Dio per scoprire se stessi e così confessare, a se stessi e a Dio il proprio peccato. Bisogna dunque riconoscere davanti a Dio il proprio peccato.

  • "Ravvediti...". Alla riflessione sincera, deve seguire una decisione per Cristo. La conversione è un'inversione completa del proprio cammino. Il ravvedimento è l'invito a lasciare quelle cose che erano state abbandonate e successivamente riprese.

    Così come il figlio prodigo "rientrò in sé", la chiesa deve "ricordarsi", ma così come il figlio prodigo decise di intraprendere la strada del ritorno a casa del padre, così la chiesa deve ravvedersi. Dio nel Suo grande ed eterno amore, offre ad Efeso e a tutti quei credenti che hanno perduto il loro "primo amore", la possibilità di rimediare al loro errore ritornando sui propri passi. La grazia di Dio è offerta a tutti coloro che si ravvedono, cioè a quelli che "pentiti sinceramente del peccato commesso, decidono per fede di servire il Signore con tutto il cuore". Il ravvedimento è un "dietro front" al peccato che implica: 1) La convinzione di peccato; 2) La contrizione per il peccato; 3) La confessione del peccato a Dio; 4) La conversione dal peccato.

  • "Compi le opere di prima", in altre parole, "torna ad operare come facevi al principio". C'è un richiamo forte ad operare come prima, non per un mero formalismo religioso, non per filantropia, ma per amore e con amore. Non basta dire che siamo mancanti, bisogna agire e cambiare. Forse l'apparenza di quello che facciamo è simile a quella iniziale, ma la qualità è diversa. Il Signore non vuole abitudini, né tradizioni, Egli vuole "il cuore" (Proverbi 23:26).

    Al figlio prodigo non bastò rendersi conto di aver fame, non bastò sentirsi preso da una gran nostalgia per il padre. Il suo ravvedimento fu completo solo quando si pose in cammino verso casa e continuò, finché non senti l'abbraccio e il bacio del padre. Era questo l'effetto che il ricordo di giorni migliori avrebbe dovuto produrre in quella chiesa.

    Forse anche tu hai perduto un po' dell'ardore di una volta; forse anche il cuore tuo si é un po' raffreddato. Allora, torna a Dio e compi le opere di prima.

  • "Altrimenti verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro...". Sarai cioè "esonerato"! Che desolazione essere cristiani, ma nello stesso tempo essere "messi da parte"! Quanti hanno fatto questa fine.

    Gesù è il Salvatore di colui che si ravvede ed è sicuramente il giusto giudice di chi rifiuta la Sua grazia. La Parola di Dio afferma e ci avverte che il giudizio comincia dalla casa di Dio: "Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio? E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l'empio e il peccatore?" (1 Pietro 4:17,18).

    Rimuovere il "candelabro", implica la perdita della stessa "essenza" della chiesa, cioè la sua identità di essere parte della Chiesa del Signore. Se Dio ritira il Suo Spirito e la Sua presenza dalla chiesa, cosa ne rimane?

    Quando il popolo del Signore o la comunità che Dio ha chiamato, non assolve più il suo compito di testimonianza di fedeltà a tutto l'Evangelo, Dio può "rimuovere il candelabro" e metterlo in un altro posto. La storia lo dimostra. Quanti grandi movimenti di risveglio si sono arenati a motivo della "mondanizzazione" e della caduta dalla posizione e dal ruolo per cui Dio li aveva chiamati?

Il movimento pentecostale è caratterizzato da un ritorno alla semplicità della fede, all'annuncio dell'Evangelo, al battesimo nello Spirito Santo, alle sincere conversioni (e non adesioni), alla santificazione. Perdere queste peculiarità significa cadere nella trappola dei moderni Nicolaiti del nostro tempo e vedere il proprio "candelabro" rimosso.

La Bibbia afferma che, come Giudice, Gesù Cristo premierà i credenti secondo le opere che avranno fatte, perciò è necessario fare molta attenzione. Dopo la morte seguirà il giudizio per coloro che avranno rifiutato l'amore di Dio. Per questi ci sarà la morte eterna, cioè l'eterna separazione da Dio (e non l'annientamento). C'è una grande responsabilità che grava su di noi. Gesù ci chiama a santità. Perciò bisogna fare molta attenzione. Il mondo ha mille metodi per entrare nella Chiesa e seminare il terribile seme dei Nicolaiti. I credenti sono chiamati a "lottare" fino alla fine: "Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre" (Giuda 3).

La chiesa di Efeso è chiamata a prendere posizione e ad "ascoltare la voce di ciò che lo Spirito dice alle Chiese"; ascoltare il consiglio di Cristo per essere credenti vittoriosi e ricevere il premio, oppure rifiutare l'appello del Signore dando ascolto allo spirito di questo mondo ed incorrere nel giusto giudizio di Dio.

Efeso non raccolse la sfida ed è per questa ragione che la sua testimonianza non esiste più. In essa nacque nel 5° secolo il culto idolatra e antibiblico di Maria "Madre di Dio", proprio per contrapporlo al culto della dea Diana degli Efesini. Alla fine la città stessa fu distrutta dagli eserciti Maomettani e oggi il suo luogo è solo un ammasso di rovine, non resta nulla, salvo un sito di capanne del villaggio di Aiosoluk. Efeso non raccolse la sfida. Questo è vero di tante testimonianze un tempo fiorenti, poi finite senza seguito. Lo stesso dicasi di tante persone: "Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini" (Matteo 5:13).

Efeso è un avvertimento solenne sul quale dobbiamo riflettere. Dio non parla invano. Bisogna vivere nell'amore e con zelo: "Soltanto desideriamo che ciascuno di voi dimostri sino alla fine il medesimo zelo per giungere alla pienezza della speranza, affinché non diventiate indolenti ma siate imitatori di quelli che per fede e pazienza ereditano le promesse" (Ebrei 6:11,12).


La promessa.

A conclusione di questa lettera dell'Apocalisse viene rivolto a tutti i credenti un accorato invito ad ascoltare la voce di Dio: "Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. A chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio" (Apocalisse 2:7).
Un invito che troviamo ripetuto in tutte e sette le lettere a conferma della necessità di ascoltare la voce di Dio: "Poi mi disse: Figlio d'uomo, ricevi nel tuo cuore tutte le parole che io ti dirò e ascoltale con le tue orecchie" (Ezechiele 3:10). La parola "a chi vince", evoca una battaglia: "Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti" (Efesini 6:11,12).

Al vincitore è promesso un premio per l'eternità: potrà "mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio". In questo caso il paradiso indica la Nuova Gerusalemme spirituale, in cielo, che Dio ci ha promesso. L'albero della vita simboleggia l'immortalità, la vita eterna. Adamo, il primo uomo, perse a causa della sua disubbidienza il diritto di mangiare dell'albero della vita e, infatti, non ne mangiò. Ma ciò che andò perduto a causa del peccato è dato adesso a chi vince, ed in misura maggiore; poiché egli non mangia di un albero della vita che è sulla terra, come ai giorni di Adamo, ma dell'albero della vita che è "nel paradiso di Dio". Per poter mangiare dall'albero della vita, Adamo avrebbe dovuto rimanere nel suo stato iniziale d'innocenza; ora invece bisogna vincere. Il peccato è nel mondo, l'azione del male si trova ovunque, persino in mezzo alla Chiesa. Soltanto per mezzo della fedeltà, che si traduce in un'obbedienza assoluta alla Parola di Dio, mettendola al di sopra di ogni parola d'uomo, il singolo credente può essere vincitore: "In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l'albero della vita. Esso dà dodici raccolti all'anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni. Non ci sarà più nulla di maledetto. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello; i suoi servi lo serviranno, vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte... Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte della città!" (Apocalisse 22:2-4,14).

È un premio per tutti coloro che vincono!



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