Il cammino cristiano




In chi è la salvezza: Gesù Cristo o la chiesa cattolica?

 

Il 5 settembre 2000 il cardinale Ratzinger ha dichiarato apertamente che per la chiesa cattolica romana non esiste salvezza al di fuori di se stessa. Molti Cristiani non cattolici, per anni si sono illusi di trovare un dialogo con essa. L'illusione era cominciata con il Concilio Vaticano II che per molti era stata una svolta storica. La chiesa romana sembrava aprirsi per la prima volta al dialogo ecumenico con quelli che definisce i "fratelli separati". E con il passare degli anni si sono svolti tanti e tanti incontri ecumenici, dialoghi fraterni, tra numerosi pastori e i prelati cattolici.
Ma già leggendo attentamente il suo decreto sull'ecumenismo era evidente che la chiesa cattolica romana non è affatto cambiata nella sostanza: ribadisce infatti, così come ha fatto il cardinale Ratzinger, che la chiesa romana non ammette l'idea che fuori di essa si possa essere salvati.


Come spesso accade in una regione come la nostra a maggioranza cattolica, si ha spesso la tendenza a considerare quasi come sinonimi i termini "cattolico" e "cristiano" nonostante il fatto che, come sappiamo, le denominazioni cristiane sono moltissime (Battisti, Pentecostali, Metodisti, Luterani, Anglicani, Ortodossi, ecc.) e alcune di queste hanno decine di milioni di aderenti e in molti paesi sono Chiese persino più grandi di quella Cattolica: si pensi per esempio alla Chiesa Battista in Russia o negli Stati Uniti.

In secondo luogo quando Cipriano affermò che «fuori dalla Chiesa non c'è salvezza» occorre vedere di quale Chiesa parlava dato che le varie denominazioni cristiane come le abbiamo oggi non esistevano, quindi nemmeno quella Cattolica, a meno di voler pretendere che l'unica Chiesa che discende dalla Chiesa primitiva sia quella Cattolica, cioè che tutte le altre siano «abusive». In seguito, se alla fine del discorso si vuole arrivare a un dunque, sarebbe il caso di avere qualcosa di comune su cui basare la discussione: ora, almeno fra le Chiese Cristiane, questa base comune esiste ed è la Bibbia, riconosciuta (seppur con piccole differenze) da tutte quale infallibile Parola di Dio; parto quindi da essa per formulare il mio pensiero: qualsiasi cosa dica qualsiasi chiesa e qualsiasi articolo di giornale a proposito delle possibilità o probabilità di salvezza di cattolici, buddisti, atei o quant'altro, la Bibbia afferma, parlando di Gesù: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stato stabilito che essi possano essere salvati» (Atti 4:12).

Dunque le chiese non c'entrano nulla se non nella misura in cui esse sono tenute a predicare la Parola di Dio (e non le loro opinioni): «Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura» (Marco 16:15) e «La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione si attua per mezzo della Parola di Cristo» (Romani 10:17).

Vorrei ancora precisare che il merito individuale nella salvezza non c'entra proprio nulla; nessuno si può meritare la salvezza: «Siete stati salvati per grazia, mediante la fede; e ciò non viene da voi ma è dono di Dio; né viene da opere affinché nessuno possa vantarsene» (Efesini 2:9).

Chiunque intraprende la lettura della Bibbia con la sincera intenzione di conoscere la verità cristiana a proposito di salvezza si accorgerà ben presto che molte chiese nel corso dei secoli hanno posto condizioni che la Parola di Dio non contempla affatto (e che talvolta sono addirittura in contrasto con essa): l'unica via di salvezza è la fede nel sacrificio salvifico di Gesù: «Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio non ha la vita. Questo vi ho scritto affinché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio» (1a Lettera di Giovanni 5:11 e 12) e «Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (Romani 8:1). Pretendere poi che si possa leggere e interpretare la Bibbia solo per il tramite della tradizione e del magistero della chiesa cattolica significa pretendere di essere i soli a possedere non solo la verità, ma anche lo Spirito Santo che si è reso garante di tale verità; se fosse necessario un intervento della Chiesa, la Bibbia non tacerebbe su un punto così importante; invece essa contempla proprio dei casi opposti come per esempio quello citato nel libro di Giosuè (1:8) «Questo libro della legge non si allontani mai da te, ma meditalo giorno e notte» o quello dei neodiscepoli di Berea che «accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le scritture per vedere se le cose stavano davvero così» (Atti 17:11): l'invito non solo a leggere la Bibbia per conto proprio, ma anche a usare la propria testa mi sembra molto esplicito; se un lettore cerca sinceramente Dio, Egli non mancherà poi di aiutarlo a capire ciò che legge, magari anche tramite la Chiesa Cristiana, ma certo non esclusivamente.

(E. Pellegrini)




(Segue il commento del presidente di uno dei gruppi evangelici firmatari di un movimento ecumenico di riconciliazione)


Il 2000 non è stato un anno positivo per l'ecumenismo, cioè per il progetto di riavvicinamento e di riconciliazione tra i cristiani delle diverse denominazioni.

Prima, per il "Giubileo" cattolico, e in particolare per la rinnovata enfasi sulle "Indulgenze" che ne hanno costituito un elemento essenziale. Ma non solo: tutto lo spiegamento di forze per attirare l'attenzione dei mass media, l'accesso a ricchissimi fondi pubblici e gli sforzi per coinvolgere anche i non cattolici, rafforzando così la propria posizione di egemonia culturale (almeno in Italia), hanno urtato non poco la sensibilità delle minoranze cristiane ed hanno rafforzato il sospetto che il concetto di ecumenismo di buona parte (in questo momento maggioritaria) della leadership della Chiesa di Roma sia quello di "ricondurre all'ovile (suo) le pecore disperse" delle altre Chiese.

Anche il risalto dato al culto mariano, con la "rivelazione" (per quanto deludente) del "terzo segreto di Fatima" e il "pellegrinaggio" a Roma perfino della statua della "Madonna di Fatima", accolta in piazza S. Pietro con grande onore ed in pompa magna dal Papa in persona; e inoltre la "beatificazione" di Pio IX, autore dei dogmi della "immacolata concezione" e dell'infallibilità papale, e di Padre Pio, il cui "culto" le autorità sembrano incoraggiare anziché frenare, hanno dato l'impressione di un cattolicesimo deciso a "sottolineare le cose che lo dividono" piuttosto che quelle che ha in comune con le altre chiese.

Ma la sorpresa maggiore è arrivata nel mese di Agosto con la pubblicazione della "Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede" (l'ex Santo Uffizio) "circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesú Cristo e della Chiesa", meglio nota con il titolo Dominus Iesus. [...]

La sorpresa dolorosa arriva con la sezione intitolata: "Unicità e unità della Chiesa" (paragrafi 16-17) in cui, evidentemente per contrastare altre posizioni anche esse interne alla stessa Chiesa Cattolica, si ribadisce in maniera chiara ed inequivocabile la pretesa di Roma di rappresentare l'unica vera ed autentica Chiesa di Cristo:

I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica – radicata nella successione apostolica – tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica: "È questa l'unica Chiesa di Cristo... Questa Chiesa, costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste [subsistit in] nella Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui"... la Chiesa di Cristo, malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere pienamente soltanto nella Chiesa Cattolica... Le Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia [cioè, le Chiese Ortodosse – N.d.R.] sono vere Chiese particolari... Invece le comunità ecclesiali che non hanno conservato l'Episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico [cioè, tutte le chiese protestanti ed evangeliche – N.d.R.] non sono Chiese in senso proprio; tuttavia i battezzati in queste comunità... sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa... "Non possono, quindi, i fedeli immaginarsi la Chiesa di Cristo come la somma – differenziata ed in qualche modo unitaria insieme – delle Chiese e Comunità ecclesiali; né hanno facoltà di pensare che la Chiesa di Cristo oggi non esista piú in alcun luogo e che, perciò, debba esser soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e comunità" (para. 16-17 – le sottolineature sono nostre, N.d.R.)

Ora, è vero che, in un certo senso, qui non c'è nulla di nuovo: ci si limita a ripetere e a sottolineare ciò che il Vaticano aveva già ripetutamente affermato in passato. Le frasi citate tra virgolette sono tutte tratte dai documenti del Concilio Vaticano II. Però bisogna ricordare che l'espressione cruciale – "Questa Chiesa... sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro..." – fu a suo tempo una soluzione di compromesso, volutamente ambigua (suscettibile cioè di piú letture e interpretazioni), frutto evidente del dibattito tra tradizionalisti e sostenitori dell'apertura e del rinnovamento.

Infatti una prima stesura (1963) del documento "Sulla Costituzione della Chiesa", in linea con la Mystici Corporis (1943 ) di Pio XII, diceva: "Questa Chiesa... è la Chiesa Cattolica", mentre la stesura finale (1964) recitava: "Questa Chiesa... sussiste nella Chiesa Cattolica". Ora è evidente che quando un testo, come quello in questione, viene – come risultato di una rielaborazione (dunque intenzionalmente) – modificato nel senso di passare da una chiara ed inequivocabile affermazione di identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa Cattolica Romana, ad una piú aperta, sfumata e comunque suscettibile di interpretazione, la cosa avrà pure un significato. Né d'altra parte nel testo in questione del Vaticano II era presente la parola "soltanto" a qualificare la presunta "solitudine", ovvero l'unicità di Roma nel suo rapporto con Cristo. Questa parola compare invece nel documento di Ratzinger, che recita: "La Chiesa di Cristo... continua ad esistere pienamente soltanto nella Chiesa Cattolica".

È anche a partire dalla "rottura" presente in questa formulazione del Vaticano II che si erano potute fare spazio nel dopo-Concilio le letture "aperturiste" di esponenti (vescovi e teologi) anche autorevolissimi della Chiesa di Roma (si comprendono le odierne reazioni di sorpresa), e il dissenso alla Dichiarazione espresso oggi in forma velata (e reticente) in pubblico, piú spesso e in modo esplicito, purtroppo, in privato. Per non parlare del "disagio" manifestato dallo stesso Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. È anche a partire da quel testo che aveva acquistato maggiore credibilità la prospettiva di un ecumenismo non piú "romano-centrico", e maggior vigore la speranza di unità degli altri cristiani.

Ma se negli anni '60 la posizione adottata rappresentava una grande novità rispetto alla chiusura totale dei secoli precedenti, oggi si poteva sperare (confortati oltre che dalle aperture – ammissioni di colpa, richieste di perdono, ecc. – di Giovanni Paolo II, anche da documenti quali le encicliche Tertio Millennio Adveniente e Ut unum sint) in un'ulteriore attenuazione delle tradizionali pretese di Roma ad un monopolio così rigido ed esclusivo di verità e di ecclesialità.

Bisogna invece dolorosamente riconoscere che questo documento rappresenta un deciso passo indietro, segnala un'inversione di tendenza e attesta un tentativo di ritorno verso le posizioni di chiusura preconciliari. Si aggiunga a questo la "Nota sulle Chiese Sorelle" e il contemporaneo tentativo di recupero della figura e del pontificato di Pio IX (il papa del Vaticano I), affiancato – in un gioco di equilibri "religiosi", politici e teologici preoccupante – alla figura e al pontificato di Giovanni XXIII (il papa del Vaticano II), e si avrà la misura del tentativo di "normalizzazione" anti-progressista in atto in Vaticano. Almeno così sembra a noi.

È indubbio che non tutti i cattolici, e neanche tutta la gerarchia, la pensa allo stesso modo (il cardinale Cassidy ad esempio, capo del dicastero vaticano responsabile delle relazioni ecumeniche, ha manifestato chiaramente il suo dissenso quanto meno rispetto ai "tempi e ai modi" di questa mossa). Per cui è probabile che la Dichiarazione faccia parte di una battaglia interna al cattolicesimo, tra tradizionalisti e innovatori, intesa probabilmente a posizionare le forze in vista della successione.

È tuttavia certo che questa lettura "reazionaria" dei documenti conciliari è un documento ufficiale del Vaticano, pubblicato con l'esplicita approvazione e ratifica del Papa (anche se non sembra essere un pronunciamento ex cathedra, ritenuto quindi "infallibile") e non può essere ignorato, né dai cattolici, né dalle altre parti chiamate in causa. Risospinge la posizione ufficiale di Roma nei confronti di coloro che Giovanni Paolo II aveva proposto di chiamare "cristiani di altre confessioni" e "fratelli ritrovati", verso l'isolamento e l'intransigenza: la Chiesa di Roma sarebbe la sola vera Chiesa di Cristo alla quale gli altri cristiani si dovrebbero, in ultima istanza, coordinare o riunire. Il chiaro ritorno ad un "ecumenismo a senso unico". [...]

Noi non crediamo che Roma sia l'unica Chiesa di Cristo, "la pienezza del mistero salvifico di Cristo", né che sia "madre" delle altre Chiese, né che sia superiore per qualità o per dignità alle altre. Non crediamo ad un rapporto unico e privilegiato tra Roma e Cristo. Non crediamo che l'unità per cui ha pregato Gesú sia il "ritorno" alla Chiesa di Roma. [...]

Crediamo invece che il Corpo di Cristo, che è la chiesa, sia formato da tutti quei cristiani e quelle comunità che accettano e proclamano Gesú come Signore e Salvatore. Crediamo che sia necessario pregare e lavorare con essi per il rinnovamento, la riforma e l'unità visibile di questa chiesa, la chiesa di Cristo, senza altri aggettivi.

Ci turba profondamente ogni vertigine di orgoglio e di arroganza, anche se solo teologica, ogni mancanza di umiltà ecclesiale o denominazionale, per cui il mistero del Corpo di Cristo si identifichi con una qualsivoglia chiesa particolare.

(G. Traettino)

 

Si vedano anche:

  • Qual è il messaggio del Vangelo di Cristo?
  • La conversione a Cristo di G.B. Treccani, nipote di papa Paolo VI
  • Confronto tra il cattolicesimo e la Bibbia
  • Risposte ai miei amici cattolici


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