San
Gennaro: vero miracolo?
a cura di G. A. Ricci, ©
C.L.C.
Premessa
Noi crediamo ai miracoli, a quelli veri. Che cosa è il miracolo?
Il miracolo è un fatto straordinario che avviene al di sopra delle leggi
della natura o contro di esse. Dio solo può operare il miracolo. Egli lo
fa per rivelare agli uomini la sua potenza, il suo amore, o la sua giustizia.
Il miracolo in questo caso è quasi sempre accompagnato da tali circostanze
che rispondono alla dignità divina e ne determinano il carattere soprannaturale.
Non tutto ciò che per l'uomo è sorprendente può essere qualificato
come miracoloso. Se, ad esempio, una mano avvicinata al fuoco, invece di riscaldarsi,
come sarebbe naturale, si ghiacciasse, ciò potrebbe impressionare coloro
che ne ignorano le cause, senza peraltro essere definito miracolo, specie se non
è accompagnato da quei segni e quelle premesse che richiamino l'intervento
divino. Chiameremo tali esempi fenomeni straordinari, ma non miracoli.
Quando il pubblico, dopo ore di attese e di preghiere, nella prima decade di maggio
e di settembre di ogni anno, assiste stupefatto alla liquefazione di una certa
sostanza indurita, ritenuta sangue di S. Gennaro, conservata nel Duomo di Napoli
dentro una piccola ampolla, si esalta e freneticamente applaude, come farebbe
dinanzi a un qualsiasi spettacolo, noi ne comprendiamo la ragione, ma rimaniamo
scettici di fronte al carattere miracoloso ad esso attribuito.
Valga il presente studio a far riflettere tutte le persone di buon senso, prima
di credere quello che in questo caso la folla crede.
La nostra affermazione è basata sui fatti. Ed i fatti li desumiamo principalmente
da una cronaca del miracolo di S. Gennaro, scritta e pubblicata tempo addietro
dal Rev. canonico napoletano don Vincenzo Iodice e reperibile nella stessa cattedrale
di Napoli.
Leggenda e storia
Si narra che nell'anno 305 fu tratto in arresto il capo della comunità
religiosa di Benevento, un certo Gennaro. Gli storici che hanno trattato l'argomento,
non sono d'accordo nello stabilire il paese d'origine del santo, e fra di essi,
c'è chi nega del tutto la sua vera esistenza.
Ad ogni modo, la tradizione stabilisce che Gennaro fu condotto a Pozzuoli ed in
quell'Anfiteatro fu decapitato, per essere spettacolo alla gente.
Da Pozzuoli, poco tempo dopo il corpo del martire fu trasferito a Napoli ed in
quella occasione avvenne un fatto straordinario, così raccontato nella
storia del canonico: « Le ampolle, dice la leggenda, erano custodite
da Eusebia, nutrice del santo e solo dieci anni più tardi, quando cioè
il corpo del santo trionfalmente veniva portato in processione a Napoli, passando
per Antignano la vecchietta che abitava in quei pressi, le cacciò fuori
in quella circostanza, per consegnarle nelle mani del Vescovo S. Zosimo o Cosma,
che guidava il corteo. Infatti appena esse furono da lui poste sull'urna, il sangue
coagulato e disseccato, sembrò rivivere liquefacendosi ».
Si tenga presente che prima dell'anno 1600 stando alla tradizione ricordata dallo
scrittore, per il decorso di tredici secoli, non si allude mai al miracolo del
sangue, fuori dalla sopradetta circostanza.
Cosa è avvenuto da allora al 1600? Secondo un'altra cronaca, durante l'assedio
posto a Napoli dal principe di Benevento Sicone nell'anno 817, il corpo di S.
Gennaro fu trafugato e portato a Benevento.
Da questa città nel 1159, avendo Guglielmo il Normanno, espugnato Benevento,
il corpo del martire fu trasferito nel convento di Montevergine in quel di Avellino.
Passati altri tre secoli, e propriamente nell'anno 1480, durante alcune riparazioni
alla chiesa del convento, ordinate dal cardinale d'Aragona, fu rinvenuto sotto
l'altare un sarcofago, che portava questa ìscrizione latina: Corpus
S. Januari Episcopi beneventani et martíris. Naturalmente tutti credettero
di trovarsi dinanzi al corpo del santo di cui parliamo. Il vescovo di Napoli fu
molto impressionato da questa scoperta e pretese il diritto di riavere il corpo
a Napoli; ma la fortuna non gli arrise. Più tardi quando a presule della
diocesi di Napoli si trovò il cardinale Oliviero Carafa, questi brigò
talmente nella corte papale, che ottenne dal papa Alessandro VI, di famosa memoria,
il permesso di togliere ai frati di Montevergine il corpo di S. Gennaro e di poterlo
trasferire a Napoli. Ciò che egli fece in maniera trionfale.
Dovettero passare altri cinquanta anni prima che una simile reliquia fosse messa
in efficienza. L'occasione non mancò. Una terribile peste scoppiò
a Napoli con tragiche e dolorose conseguenze. Le autorità ecclesiastiche
organizzarono una processione per portare in giro per la città il corpo
del santo, seguito da tutto il popolo che chiedeva a gran voce la cessazione del
morbo, con la promessa che, a prodigio avvenuto, avrebbero fatto erigere in suo
onore una cappella. La peste come ogni altra cosa, ebbe fine, non senza aver mietuto
molte vittime, ma la sua fine fu attribuita alla potenza dí S. Gennaro.
Senonché, "passata la festa e gabbatu lu santu" come dice un
proverbio popolare, i napoletani dimenticarono la promessa. Siamo quasi al 1600
e S. Gennaro non ha una chiesa di suo in Napoli.
Ci volle il Vesuvio a risvegliare la memoria per il santo. Infatti la grande eruzione
di quel tempo mise tanta paura nell'animo dei napoletani che subito ricorsero
al santo, perché facesse la grazia di fermare la lava, che stava facendo
danni immensi e di far cessare la pioggia di lapilli. Anche il Vesuvio, come altre
volte, cessò dall'essere cattivo e tornò allo stato norrnale. Ma
per i napoletani S. Gennaro aveva fatto il miracolo e per premio gli fu edificata
una cappella: così il voto degli avi era stato adempiuto.
Dopo 1300 anni finalmente S. Gennaro ebbe un luogo consacrato al suo nome. E pensare
che il popolo napoletano in tutto questo tempo aveva onorato un'altra santa, alla
quale aveva eretto una chiesa sin dal tempo di Costantino, dicono certi storici,
ma più probabilmente nel secolo VII, dice il canonico Iodice, sulla scorta
di altri scrittori. Questa santa si chiama Restituta, una servetta cristiana che
fu martirizzata contemporaneamente a S. Gennaro. È ben curioso dunque che
una servetta trovò subito nel cuore dei napoletani simpatia, devozione
e culto, mentre per S. Gennaro Vescovo dimenticanza e oblio...!
Ad ogni modo la chiesa erettagli risulta di una cappella aggiunta a quella di
Santa Restituta, alla quale era già collegato un antico battistero, per
celebrare il rito per immersione, e tutto l'insieme venne a formare il Duomo di
Napoli. In quest'epoca S. Gennaro cominciò a fare il miracolo del sangue
e così S. Restituta passò in second'ordine e fu dimenticata.
Dopo tredici secoli riapparvero le ampolle di Eusebia. Chissà dove furono
nascoste in tutto questo tempo e da chi erano state custodite!
La cappella
A destra di chi entra nel Duomo di Napoli si trova la cappella destinata all'ufficiatura
del miracolo. Essa può contenere molta gente. È ricca di pitture
di valore e di varie pregevoli statue, che per l'occasione vengono portate in
processione per la città.
La cappella ha tre altari. In quella di mezzo vengono esposte le reliquie durante
la festa del santo. Esse comprendono un Ostensorio d'argento contenente due ampolline
con il sangue ed un busto del santo, anch'esso d'argento, dono di Carlo I d'Angiò,
nel quale dicono sia la testa del martire. Il busto ha la faccia dorata, che perciò
è detta "faccia gialluta".
Il reliquiario
Nella parte centrale e circolare dell'Ostensorio sono racchiuse le ampolle tra
due vetri. La più grande è di cm. 13 e per due terzi contiene una
sostanza rosso-cupa, creduta sangue, al di sopra è posta l'altra più
piccola, ma vuota e recante solo le tracce della sostanza asportata, a quanto
si racconta, da Carlo III di Borbone, che ne fece dono al re Filippo V di Spagna.
Si dice che quando ribolle il sangue a Napoli, lo stesso avvenga a Pozzuoli ed
in Spagna. Però questa diceria viene smentita nella cronaca scritta dal
canonico Iodice.
Durante il tempo che i devoti pregano perché il santo faccia il miracolo,
il prete celebrante prende di tanto in tanto l'Ostensorio e lo piega or a destra
ed or a sinistra, "per vedere", dicono, se il sangue si liquefa. A miracolo
compiuto, il medesimo prende l'Ostensorio, lo passa al bacio dei fedeli, che si
affollano dinanzi all'altare. Durante questo servizio, un altro prete segue il
primo avvicinando una candela accesa alla reliquia, dicono, "perché
il pubblico possa accertarsi della liquefazione avvenuta".
È da notare a questo punto, che il sangue non si scioglie nel giorno della
festa della nascita del santo, che sarebbe il 16 dicembre.
Ad ogni modo è provato che il processo della liquefazione comincia con
il distacco graduale della sostanza indurita dal vetro, per poi estendersi al
centro; ma questo spesso resta allo stato di prima; rimane cioè un piccolo
nucleo della sostanza che non si scioglie.
A nostro parere questo procedimento è sfavorevole all'ammissione del miracolo;
poiché mostra che la liquefazione è prodotta da cause esterne. Di
regola la vita dovrebbe svilupparsi dal centro, e procedere verso la periferia.
Non vi pare che l'ambiente portato ad una temperatura più calda della precedente,
l'agitazione prodotta dal prete, il calore della fiammella molto vicina all'ampolla
contribuiscano a produrre il fenomeno della liquefazione? Per lo meno vi è
un legittimo dubbio.
A questo punto qualcuno dirà: il sangue al calore non si scioglie, anzi
si indurisce! Benissimo. Ma chi ci assicura che il contenuto dell'ampolla sia
sangue? Neppure il signor canonico lo afferma, quando scrive che « il
popolo napoletano, per una secolare e mai interrotta tradizione, ritiene che nelle
ampolle è contenuto iÌ sangue del martire». Chi lo ha
detto al popolo napoletano? Qui si parla di credenza tradizionale e non di prove.
Tante cose crede il popolo, che poi risultano fantastiche! A quale epoca rimonta
questa tradizione? Certamente dal giorno che cominciò il misterioso avvenimento,
e cioè non prima dell'anno 1600.
A questo punto è opportuno che il lettore conosca un episodio piuttosto
recente. Al tempo del cardinale Sanfelice si dovette procedere ad una riparazione
dell'Ostensorio. Il noto prelato volle tenere nelle sue mani la reliquia, mentre
il meccanico eseguiva la saldatura. Ad un certo momento il cardinale cominciò
a sentire che l'Ostensorio si riscaldava per effetto del saldatore rovente. Ecco,
disse il prelato, la prova che il calore non ha nulla da che fare con il miracolo...
ma aveva appena terminato di fare tale osservazione, che il sangue cominciò
a sciogliersi! Ricreduto si prostrò in ginocchio per venerare la reliquia
insieme con tutti gli altri astanti...
Qualcuno dirà: come spiegare allora la schiuma e le bollicine che affiorano
sul liquido? Le bollicine e la schiuma danno luogo a credere che avvenga un ribollimento.
Ma non si tiene conto in questo caso che l'ampolla non è tutta occupata
dal liquido e vi è quindi una parte di aria in essa, e che il tutto poi
viene agitato con i continui movimenti.
Ad ogni modo, se quella sostanza potesse essere esaminata chimicamente i dubbi
verrebbero risolti. Ma questo non sarà mai permesso dalle autorità
ecclesiastiche cattoliche, le quali si trincerano dietro il comodo paravento che
le cose sacre non vanno profanate! Esse temono una clamorosa smentita. Perché
fu lecito a Carlo III rimuovere il sangue da una delle ampolle e non è
lecito al papa di ordinare un esame di accertamento, al servizio della causa della
verità?
Una cinquantina di anni fa, in un convento dei Padri Francescani della Provincia
d'Arezzo (non ricordo la località), secondo quanto mi fu riferito da un
baldo e spregiudicato monaco dello stesso Ordine, mio personale amico, si suoleva
celebrare la festa in onore di un santo giovinetto, del quale si presumeva possedere
le ossa custodite in un'urna, posta sotto un altare della chiesa. I monaci chiesero
un giorno alla Congregazione romana l'estensione di quel culto a tutto l'Ordine.
Come suole avvenire in questi casi, la Congregazione mandò sul posto una
persona competente di sua fiducia a compiere la ricognizione delle reliquie. Ma,
ahi noi! le ossa tanto venerate non erano umane, bensì quelle di un cane!
Con immenso disappunto dei monaci la festa cessò e con giustificati pretesti
la cosa fu messa a tacere. La storia è autentica.
Non si sa mai che cosa potrebbe accadere se anche per il sangue di S. Gennaro
si ordinasse una ricognizione!
A questa difficoltà è stato risposto dalla parte interessata che
un esame fu fatto, non chimico, ma spettroscopico. Un illustre scienziato napoletano
dichiarò, dopo l'esame, che in quella sostanza aveva notato «
tracce di sangue ». Però non ci ha detto a quale natura appartengono
gli ingredienti sui quali sono apparse delle tracce di sangue!
La Pietra, il Busto ed il naso
La Pietra fatale sulla quale si dice sia stato decapitato il martire, si trova
nella chiesa dei padri cappuccini di Pozzuoli. Essa è data a vedere al
pubblico nei giorni della festa del santo. Sono andato anch'io, per rendermene
conto. In una cappella a destra di chi entra in chiesa, nascosta in fondo ad una
buca praticata nel muro, a lato dell'altare, sta diritta una pietra, della grandezza
di circa 25 cm. per 30. L'orificio della buca è chiusa da un vetro. Per
vedere la pietra bisogna fare la fila, sorvegliata dalla forza pubblica. Uno sguardo,
e poi, via. Dicono che su quella pietra ribolla il sangue, ma il pubblico non
ha tempo per vedere e constatare. Forse si tratta di una di quelle pietre venate
che trasudano. Il canonico dice che su quella pietra « rosseggiano più
o meno poche strie di sangue, che si trovano o perché nella pietra si raccolse
il sangue del martire, che su di essa fu decapitato, o perché più
probabilmente, come si vede, Eusebia vi si asciugò le mani, dopo aver raccolto
il sangue del confessore ». Affermazioni incerte, dubbiose e insostenibili.
Sopra una pietra così piccola avvenne la decapitazione, quasi mancassero
a Pozzuoli delle pietre adatte alla bisogna! Eusebia tanto devota sciupava quel
sacro sangue sopra una pietra, quasi non avesse un panno da conservare poi.
Perché ella non portò a casa anche la pietra e non si procurò
l'ascia con la quale i manigoldi avevano staccato il capo al santo vescovo? Chi
custodì quella pietra da farla pervenire molti secoli dopo ai padri cappuccini?
Capisco che sono domande imbarazzanti per un devoto di S. Gennaro, ma per una
fede ragionevole, queste domande vanno fatte.
Ed ora parliamo del Busto del santo.
La sua storia è breve. Esso è di marmo e rappresenta la figura del
martire. Viene venerato nella stessa chiesa. Dicono ché sia miracoloso,
perché liberò la città di Pozzuoli da un morbo pestilenziale,
in una maniera assai originale. La statua presenta una cicatrice sulla guancia
destra. II santo per far cessare il morbo, se lo attrasse a sé. Una piaga
purulenta colpì il suo viso; quando si cicatrizzò il morbo era cessato.
Ed ora è la volta del Naso.
Quel busto di marmo un bel mattino fu trovato dai monaci senza naso.
La leggenda racconta che, dopo vario tempo da questo fatto, un giovane puteolano
pescava con una rete nel mar di Pozzuoli, e nel tirare su la rete, che sembrava
pesante, al posto dei pesci trovò un naso di marmo. Meravigliato ed esultante
corse al convento, dicendo a quei monaci che il naso miracolosamente era riuscito
fuori. I bravi monaci si affaticarono per riappiccicarlo al viso della statua,
senza per altro riuscirci con i mezzi conosciuti. Allora ricorsero ad un loro
confratello ritenuto per un santo servitore di Dio. Questi si assunse egli l'incarico.
Ripulì per bene il naso, l'accostò al viso della statua e con meraviglia
di tutti, quasi attratto da una calamita, il naso si ricongiunse così fortemente
al viso, che ancora oggi si può vederlo con i segni della congiuntura.
Non facciamo commenti a queste ulteriori tradizioni della fantasia popolare, alle
quali neppure i preti prestano fede.
Altri Sangui
In altre chiese della città di Napoli sangui di vari santi sono prodigiosi.
Sangue di Santa Patrizia
Nella chiesa di S. Gregorio Armeno si liquefa ogni 25 agosto sin dal secolo XVII,
miracolosamente. Corre intorno ad esso una storiella. Un devoto della santa, desiderando
possedere una reliquia della medesima, trasse nascostamente un dente dal teschio
del suo santo corpo, che da cento anni era in un'urna. Ne sgorgò del sangue,
che raccolto e custodito divenne oggetto di venerazione e di meraviglia.
Sangue di
S. Giovanni Battista
Fu un dono di Carlo I al monastero di S. Arcangelo a Baiano, ed ogni 29 agosto,
dall'anno 1554 si liquefa, come cosa viva.
Sangue di Santo Stefano Protomartire
Nessuno avrebbe pensato mai di raccogliere il sangue di quel primo martire cristiano,
circa duemila anni fa... ma qualche viaggiatore napoletano avrà approfittato
della confusione tra gli ebrei persecutori per riportare a casa una così
rara merce. Senonché la storia dice che detto sangue solo dall'anno 1561
dapprima si liquefaceva nella chiesa di S. Gaudosio, verso gli ultimi giorni di
settembre, ed in seguito in quella di Santa Chiara il giorno 3 agosto d'ogni anno.
Sangue di S. Luigi Conzaga
È un sangue meno antico ma non per questo meno "prodigioso".
Esso è custodito e si liquefa nella chiesa dell'Ordine al quale apparteneva
il santo, nel giorno 21 giugno, sua ricorrenza festiva.
Si noti la coincidenza dell'epoca e della stagione indicate nella storia di questi
sangui, rispondenti a quelle nelle quali avviene il miracolo del sangue di questo
studio!
Tentativi di spiegazione
Gli appassionati del miracolo di S. Gennaro han dato al medesimo varie spiegazioni.
Alcuni pensano che esso avvenga per la simpatia che si sviluppa nel sangue,
quando l'ampolla si trova presso il busto del santo, dentro cui, come abbiamo
detto, si dice che sia contenuta la testa. Altri suppongono che la forte suggestione
collettiva dei devoti ed in particolare quella di certe donne del Lavinaro,
che pretendono di essere le discendenti del martire, che guardano fissamente per
ore la reliquia, produca lo scioglimento del sangue!
Ma queste spiegazioni urtano contro una difficoltà, e cioè, come
dice l'autore della monografia a pagina 5, « che benché le reliquie
del santo, siano sempre esposte ed a vista della testa, rarissima si ha la liquefazione
nel mese di dicembre ». Le circostanze non cambiano, ma l'effetto non
si raggiunge.
Non resta che la spiegazione pratica fatta in pubblico qui a Napoli un mezzo secolo
fa dall'allora on. Guido Podrecca, il quale nel corso di una conferenza sull'argomento,
aiutato da un suo amico chimico, riprodusse il miracolo di S. Gennaro, con un
preparato analogo a quello dell'ampolla custodita nel Duomo.
Conclusione
Tralasciando qualunque paragone dal punto di vista morale o sociale con altri
popoli, limitiamo la nostra osservazione a quello religioso.
Nelle superstizioni napoletane si riscontrano tutte le tendenze dei popoli primitivi.
La presenza del miracolo non ha avuto nessuna influenza correttiva sopra tutti
i suoi pregiudizi, quali la iettatura, le fatture, il potere degli amulti, dei
talismani, dei cornetti, degli scongiuri, ecc.! A questo basso paganesimo si mescola
uno pseudo-cristianesimo di stampo molto inferiore. Non c'è rione di Napoli
che non abbia un particolare protettore celeste; non c'è santo cui non
si sia consacrata una via o una nicchia e che non sia festeggiato con lo sfarzo
di archi luminosi e di fuochi pirotecnici assordanti e diretti a far loro cosa
grata.
L'apostolo Paolo previde quello che sarebbe successo a riguardo della fede di
certi cristiani, nelle due lettere al discepolo Timoteo: « Nei tempi
a venire alcuni apostateranno la fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine
di demoni, per via della ipocrisia degli uomini, che proferiranno menzogne ».
« E distoglieranno le orecchie alla verità e si volgeranno alle favole
».
La maggioranza dei devoti napoletani sono da sempre refrattari alle voci della
verità religiosa e molto proclive a quelle delle favole, più conformi
alle sue tendenze pietistiche e miracolistiche. In queste deviazioni, delle quali
non poco sono responsabili le autorità cattoliche, conviene ricercare le
ragioni o la vera spiegazione di certi fenomeni sorprendenti, e le origini in
genere dell'esistenza di tanti celebrati santuari, dell'annunzio di tante fantastiche
visioni celesti, del concorso di tanti pellegrini a grotte miracolose, alla ricerca
di guarigione nelle acque di sacre fonti, ecc.
Napoli, la città partenopea, dai molti colori folcloristici, la più
cattolica delle cattoliche, non poteva in certe circostanze restare in seconda
linea a nessun'altra città d'Italia, quando si trattava di salvare il patrimonio
dottrinale della chiesa romana, oppugnato da temibili avversari.
È stato dunque questo popolo giocato nella sua buona fede da persone interessate?
È proprio così. Rifletta ognuno al periodo nel quale cominciò
a verificarsi il miracolo di S. Gennaro. Esso coincide con quello della liquefazione
di altri sangui, di cui ho detto in precedenza. Coincidenza che si ha, guarda
caso, proprio nel periodo della riforma Protestante del sec. XVI. La Curia romana
doveva ricorrere ai ripari e prendere delle misure adeguate, per difendere la
causa della sua chiesa.
Il Luteranesimo ed il Calvinismo trionfante nel Nord non dovevano invadere l'Italia,
sede del romano Pontefice. Segni di un certo risveglio riformistico si avvertivano
anche nella penisola, e Napoli non ne era esente. Quale forza più efficace
di quella del miracolo, per contrastare chi era considerato nemico religioso?
Ed i miracoli erano allora più facili per le autorità ecclesiastiche,
di quanto non lo siano oggi per il tempo delle elezioni politiche! L'empia teoria
del «fine giustifica i mezzi» cadeva molto opportuna e non bisognava
farsi prendere dagli scrupoli.
Amico lettore, io credo di essere stato ben compreso, e del resto il mio giudizio
non va lontano dall'avvertenza che il Rev. Canonico Iodice fa ai suoi lettori
a pag. 54, di prestare a quanto ha scritto intorno al miracolo di S. Gennaro,
"solo fede umana".
Ciò vuol dire che esso non riguarda una questione dogmatica, nella quale
la Suprema Autorità cattolica pronuncia un definitivo giudizio. Il giorno
che, auguriamocelo presto, l'esame chimico coscienzioso facesse giustizia della
verità, il prestigio ufficiale della chiesa sarà salvo e gli uomini
sapranno che, ignorate formule della vecchia Alchimia, riuscivano a compiere sbalorditivi
fenomeni.
RIASSUNTO