Il cammino cristiano




La santificazione

di Marc Tapernoux

 

1. Che cos'è la santificazione?

La santificazione è l'azione per la quale Dio mette a parte per Sè coloro che Egli chiama.

a) la santità assoluta

Questo "mettere a parte" ha luogo con la nuova nascita. Il credente è un "santo chiamato", cioè santificato in virtú dell'appello di Dio e dell'opera della croce. "Noi sappiamo cho siamo da Dio" (1 Giov. 5:19). "E a Lui voi dovete d'essere in Cristo Gesú" (1 Cor. 1:30). "Voi siete stati santificati" (1 Cor. 6:11).

Questa santità assoluta è la parte benedetta e inalterabile di ogni anima salvata. Essa è conferita da Dio stesso in Crísto, e il credente la riceve e ne gioisce per mezzo della fede. "Cristo Gesù ci è stato fatto.. santificazione" (1 Cor. 1:30). Noi siamo stati eletti in lui, "prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui nell'amore" (Efesini 1:4). Questa parte riposa sull'opera di Cristo alla croce: "Noi siamo stati santificati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre.. Perché con un'unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che sono santificati" (Ebrei 10:10,14).

Tale è la condizione del riscattato: poichè egli è in Cristo, egli è, agli occhi di Dio, rivestito della santità di Cristo.

Ciascuno di noi può dunque, in piena sicurezza di fede e nella potenza dello Spirito, impadronirsi di tale rivelazione, una delle più gloriose di tutte: Cristo, mia santità. Non cerchiamo nulla al di fuori di lui, ma rallegriamoci di essere in lui, uno con lui e conseguentemente di tutto ciò che egli è in se stesso per noi! Quale glorioso privilegio è per i credenti, possedere la santità stessa di Cristo! Se noi accettiamo questo fatto per fede ne constateremo la realtà.

b) La realizzazione pratica di questa posizione

La stessa grazia e la stessa giustizia che ci assicurano una posizione di messa a parte dinanzi a Dio nel cielo, ce ne conferiscono una sulla terra con la responsabilità che vi si lega (la santità del credente sulla terra ha due caratteri distinti: la santificazione progressiva - soggetto del nostro studio - e la santificazione cosiddetta posizionale, cioè procedente da una certa posizione conferita ai cristiani, Ebrei 13:12).

Dopo aver liberato un'anima dalla morte e dalla potenza di Satana, Dio la lavora per renderla sempre più simile a Cristo. Ci sono molti materiali inutili da staccare dalla "pietra grezza", ma Dio agisce senza posa nella sua grazia, al fine di produrre progressivamente, in ciascuno dei suoi, una santificazione pratica in ogni cosa: affetti, abitudini, cammino, ecc. Perciò la Parola ci esorta a "procacciare la santificazione" (Ebrei 12:14). Non si tratta di procacciarla perché non la possediamo; al contrario, essendo santi, noi dobbiamo manifestare ciò che siamo in virtù della nostra posizione in Cristo. "Voi siete luce nel Signore. Conducetevi come figliuoli di luce" (Efes. 5:8). Il vero credente possiede una nuova natura, santa (1 Giov. 3:9 e 5:18), con degli impulsi nuovi; grazie a questa nuova natura, la santificazione pratica è resa possibile. Ma è graduale, perchè la vecchia natura è ancora là, incorreggibile.

Se realizziamo la santificazione, vi sarà nella nostra vita del frutto alla gloria del Signore, gioiremo della sua comunione ed Egli sarà visibile in noi. Laddove la santità pratica fa difetto, lo Spirito Santo è rattristato, la testimonianza del credente è compromessa, non vi è in lui nè gioia nè pace nè potenza. Un tale cristiano è carnale, perchè in lui agisce la carne e non lo Spirito; al posto d'essere un "uomo fatto", è un "bambino" che non sopporta il cibo solido (Ebrei 5:14; 4:13; 1 Cor. 3:1-3). Egli non "vede" Cristo, in quella visione attuale, privilegio di colui che "procaccia la santificazione".


2. Come si ottiene la santificazione pratica?

a) Per l'opera di Dio in noi

Dio stesso agisce in noi, mediante la sua grazia, per produrre la nostra identificazione progressiva con Cristo, perchè "Cristo sia formato in noi" (Gal. 4:19). Quest'opera si compie quotidianamente e terminerà nel giorno di Cristo: "Avendo fiducia in questo: che Colui che ha cominciato in noi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Fil. 1:8). È Dio che opera in noi il volere e l'operare, per la sua benevolenza (Fil. 2:13). Il credente può dunque porre tutta la sua fiducia in Dio e nella sua promessa di conservarlo irreprensibile - spirito, anima e corpo - fino al ritorno del Signore. "Fedele è Colui che vi chiama, ed Egli farà anche questo" (1 Tess. 5:23-24).

Ma se noi ostacoliamo, per nostra disobbedienza, questa azione della grazia divina in noi, Dio deve ricorrere alla disciplina, per il nostro bene e affinché partecipiamo alla sua santità. Egli agisce allora verso noi come verso dei figli, "perchè qual è il figliuolo che il padre non corregga?". Questa disciplina è la espressione dell'amore di Dio per noi. "Il Signore corregge colui che egli ama e flagella ogni figliuolo che egli gradisce". Allorché essa ha lavorato in noi, "rende un pacifico frutto di giustizia", manifestata mediante la santificazione pratica. È per questo che siamo esortati a non disprezzare la disciplina del Signore e a non scoraggiarci nemmeno quando Egli ci riprende (Ebrei 12:4-11). Al contrario, noi possiamo benedire l'amore che ci educa, e domandare con Davide: "Investigami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. E vedi se v'è in me qualche via iniqua, e guidami per la via eterna" (Salmo 139:23-24).

b) Per l'intercessione di Cristo

Cristo, nostro sommo sacerdote, intercede per i suoi presso il Padre, affinché essi siano guardati dalle cadute. Egli "dimora in eterno... ond'è che può anche salvare appieno [oppure: sino al termine] quelli che per mezzo di Lui si accostano a Dio, vivendo Egli sempre per intercedere per loro" (Ebrei 7:24-25). Egli non permetterà che un solo riscattato si perda durante la traversata del deserto, ma, per la sua potente intercessione, li salverà tutti. Quale conforto per il credente avere il Cristo vivente che prega per lui!

c) Per l'azione dello Spirito Santo

È per lo Spirito Santo che il credente fa morire gli atti del corpo (Rom. 8:13), cioè le manifestazioni della carne che è in lui. Il suo corpo è il tempio dello Spirito Santo e non gli appartiene più, perchè egli è stato riscattato a un gran prezzo: il sangue prezioso di Cristo. Egli deve dunque vegliare a non intralciare l'azione dello Spirito in lui, al fine di glorificare Dio nel suo corpo (1 Cor. 6:19-20).

d) Per l'azione della Parola di Dio

L'anima che si sottomette umilmente all'azione della Parola progredisce nella santificazione. "Perché la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla
divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore" (Ebrei 4:12). Guardiamoci dal sottrarci al taglio di questa spada! Nella sua preghiera sacerdotale, il Signore Gesù chiede a Dio di santificare i suoi per mezzo della verità, e aggiunge: "La tua parola è verità" (Giov. 17:17). "Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona" (2 Tim. 3:16-17).

Ma se vogliamo che la Parola operi questa santificazione dell'intero essere, bisogna conoscerla e obbedirle. Davide poteva dichiarare: "Io ho riposto la tua parola nel mio cuore per non peccare contro di te" (Salmo 119:11). È dunque necessario che noi ce ne nutriamo, che la "divoriamo", come diceva Geremia (Ger. 15:16).

E poi, abbiamo detto, bisogna obbedire alla Parola. Laddove questa obbedienza fa difetto, la Parola non può esercitare la sua azione santificante e il cuore si indurisce; ci si inganna da soli. "Ma siate facitori della Parola e non soltanto uditori, illudendo voi stessi" (Giac. 1:22). Il Signore Gesù ha insistito a più riprese sulla necessità di ubbidire alla sua Parola, i suoi comandamenti (Giov. 14:15,23,24). Su questo soggetto ci sono dati avvertimenti solenni. "Chi dice: 'io I'ho conosciuto' e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui" (1 Giov. 2:3-6; ved. anche 3:24; 5:3-4).

e) Con la contemplazione della gloria di Cristo

La santificazione pratica si collega sempre a Cristo nella gloria. Il Signore Gesù si è "santificato" per i suoi, cioè si è messo a parte come uomo nella gloria "affinchè anch'essi siano santificati in verità" (Giov. 17:19). Nella misura in cui non rattristiamo lo Spirito Santo, egli lega le nostre affezioni al Cristo glorificato, al fine di renderci sempre più simili a lui ogni giorno. L'apostolo Paolo desidera che il Signore raffermi il cuore dei Tessalonicesi "onde siano irreprensibili in santità nel cospetto di Dio nostro Padre quando il Signor nostro Gesù verrà con tutti i suoi santi" (1 Tess. 3:13; ved. anche 1 Giov. 3:2-3). II credente, di cui Cristo è il tesoro, avrà necessariamente il suo cuore nel cielo (Matt. 6:21). Questa contemplazione di Cristo nella gloria produce nel cristiano una conformità progressiva con il suo divino Modello. "E noi tutti contemplando a viso scoperto come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di Lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito" (2 Cor. 3:18). Se noi facciamo della sua persona gloriosa l'oggetto della nostra contemplazione abituale, le sue perfezioni si rifletteranno necessariamente in noi, per la fede che le riprodurrà nell'uomo interiore e nella nostra vita. In effetti, questa conformità con Cristo si manifesfia in tutto il comportamento del credente che diviene così una "lettera di Cristo, conosciuta e letta da tutti gli uomini" (2 Cor. 3:2-3).


3. L'applicazione della santificazione

La santificazione s'applica a tutto ciò che noi siamo e a tutto ciò che facciamo.

a) Al nostro corpo

La Parola di Dio dichiara che il nostro corpo "è per il Signore". Esso è il tempio dello Spirito Santo; è per questo che noi dobbiamo glorificare Dio nel nostro corpo (1 Cor. 6:13,19,20). Il credente è esortato a "possedere il proprio corpo in santità ed onore, non dandosi a passioni di concupiscenza.. poichè Iddio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificaziane" (1 Tess. 4:4-7). Noi abbiamo il prezioso privilegio di "presentare i nostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio", vale a dire di consacrarli interamente al Suo servizio (Rom. 12:1; ved. Rom. 6:13,19).

b) Ai nostri pensieri

Dio esorta alla santificazione dell'uomo interiore: "Custodisci il tuo cuore più d'ogni altra cosa" (cfr. Prov. 4:23-27). Davide proclama: "Ecco, tu ami la sincerità nell'interiore" (Salmo 51:6). L'apostolo Paolo invitava i Corinzi a purificarsi da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la loro santificazione nel timor di Dio (2 Cor. 7:1). La vita di Cristo in noi non saprà trovare la sua gloria laddove Cristo non troverà la sua. Lo Spirito di Cristo in noi, non può essere differente dallo Spirito che era in Cristo. "Chi si unisce al Signore è uno spirito solo con Lui" (1 Cor. 6:17).

c) Alle nostre parole

La santificazione delle nostre parole deriverà dalla santificazione dei nostri pensieri. Noi dobbiamo evitare tre scogli:

- le maldicenze (1 Pietro 2:1);

- le espressioni fuori posto o sconvenienti (Ef. 4:29; 5:4);

- la menzogna.

Quante discordie e divisioni sono state provocate dalle maldicenze! Uno dei nostri conduttori dell'ultimo secolo ha scritto: "Nulla indica uno stato del cuore più deplorevole, e nulla può essere un più grande ostacolo alla benedizione, che uno spirito di censura e di critica". La Parola condanna anche severamente le parole disoneste, le parole folli e le buffonerie. La menzogna, infine, di cui Satana è il padre, è incompatibile con la santità. "Non mentite gli uni agli altri" (Col. 3:9). "Gettando lungi da voi ogni frode" (1 Pietro 2:1). La menzogna è il riflesso di una falsità interiore che Dio ha in orrore, perchè Egli vuole la verità nell'uomo interiore (Salmo 51:6).

d) Al nostro cammino

II credente è chiamato a manifestare la santità in tutto il suo cammino, secondo il modello perfetto che il Signore ci ha lasciato. "Chi dice di dimorare in Lui, deve, nel modo ch'Egli camminò, camminare anch'esso" (1 Giov. 2:6). Tutto ciò che è indegno di Cristo, si è detto, è indegno di un cristiano. Questa santità sarà caratterizzata dalla luce in tutto il nostro comportamento. "Voi siete luce nel Signore. Conducetevi come figliuoli di luce.. esaminando che cosa sia accetto al Signore" (Ef. 5:8-10).

Lo scopo della santificazione è dunque che il credente rassomigli sempre di più a Cristo quaggiù. La perfezione sarà raggiunta nel cielo, perché là noi "saremo simili a Lui". Allora non vi sarà più alcuna differenza fra il Modello e coloro che Egli ha santificato. Lo scopo glorioso di Dio sarà ottenuto in pieno: noi saremo "conformi all'immagine del Suo Figliuolo", che avrà trasformato "il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria" (1 Giov. 3:2; Rom. 8:29; Fil. 3:21). È l'opera di Cristo alla croce che rende possibile il compimento di questo disegno ammirabile di Dio. Noi progrediremo nella santificazione nella misura in cui apprezzeremo il valore di quest'opera. Tale è il desiderio del Signore: che tutti i suoi diletti pervengano "allo stato d'uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo" e che crescano "in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo" (Ef. 4:12 e seguenti).




Il Maligno - noi lo consideriamo ora sotto il carattere di "serpente" e non di "leone ruggente" - usa due armi differenti: le concupiscenze della carne e le mondane concupiscenze.

Le concupiscenze della carne. La carne, natura decaduta ereditata da Adamo (chiamata anche il vecchio uomo o il peccato, cfr. Ef. 4:22, Rom. 7:8), ha delle "concupiscenze". Queste sono i desideri del vecchio uomo. Se queste concupiscenze vengono soddisfatte esse producono le "opere della carne" (cfr. Gal. 5:19-21, Col. 3:5-7) che sono, senza eccezione, dei peccati.

Anche il Signore metteva in guardia i suoi discepolì: "Badate a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano aggravati da crapula, da ubriachezza e dalle ansiose sollecitudini di questa vita" (Luca 21:34).

Le mondane concupiscenze. Il mondo è il dominio di Satana, suo capo (Giov. 14:30). È un vasto sistema organizzato per la soddisfazione delle concupiscenze umane, e che pure in tutte le sue manifestazioni religiose rinnega totalmente Dio. "Tutto quello che è nel mondo.. non è dal Padre" (1 Giov. 2:16). "Tutto quello" include: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita.
Esiste un parallelo tra queste tre cose, da una parte, e i tre elementi della tentazione di Eva, dall'altra parte (Gen. 3:6). Ella vide che il frutto era:

- buono da mangiare (concupiscenza della carne, cioè i cattivi desideri tendenti alla soddisfazione dei sensi, che si tratti di piaceri raffinati o volgari);

- un piacere per gli occhi (concupiscenza degli occhi: l'eccitazione di malvagi desideri attraverso ciò che si vede);

- desiderabile per diventare intelligente (l'orgoglio della vita: il desiderio dell'uomo di "farsi uguale a Dio", di elevarsi al di sopra degli altri, la vanità, lo spirito di dominazione).

Di fronte a certe decisioni, il credente è chiamato a discernere ciò che costituisce una concupiscenza o un desiderio legittimo. Noi siamo stati chiamati a libertà, ma dobbiamo vegliare a non usare della libertà come d'una occasione alla carne (Gal. 5:13). La libertà alla quale siamo stati chiamati è la libertà di servire e di glorificare Dio. D'altra parte, se tutte le cose sono permesse, non tutte sono convenienti ed edificano (1 Cor. 10:23). Durante la sua vita, il credente è dunque chiamato a fare una scelta (Deut. 30:19-20). Se ha del discernimento spirituale e se teme Dio, non avrà difficoltà a conoscere la Sua volontà, perchè "il segreto dell'Eterno è per quelli che lo temono" (Salmo 25:14). L'apostolo Paolo non cessava mai di chiedere a Dio che i Colossesi fossero ripieni della conoscenza della sua volontà, in ogni saggezza e intelligenza spirituale, per marciare in maniera degna del Signore, per essergli graditi sotto ogni aspetto. Questa saggezza e questa intelligenza sono di origine spirituale. Più vivremo presso Dio, meglio conosceremo la Sua volontà. Ma là dove vi è della propria volontà o dell'ignoranza, la luce mancherà.

Quando dobbiamo prendere una decisione, faremo bene a porci le seguenti domande:

1) Cosa dice la Parola di Dio? "Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Giov. 14:15), dice il Signore. Il credente si astenga dunque, senza esitare, da tutto ciò che la Parola vieta espressamente (vedere per esempio Ef. 5:3 e seguenti). E dove non vi è un espresso divieto, deve chiedersi:

2) Questo è alla gloria di Dio? È gradito al Signore? In effetti, la Parola ci dice: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate [vale a dire, anche nelle cose più banali dell'esistenza], sia che facciate alcun'altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio" (1 Cor. 10:31). Essa ci esorta, d'altra parte, in diversi passi, a cercare di piacere al Signore sotto ogni aspetto, a provare (analizzare) ciò che gli è gradito (Col. 1:10; Ef. 5:10; 2 Cor. 5:9). Infine, il Signore vuole restare il nostro Modello in ogni cosa. "Un discepolo non è da più del maestro; ma ogni discepolo perfetto sarà come il suo maestro" (Luca 6:40). E così "la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (2 Cor. 4:10).

3) Questo sarà proficuo all'uomo nuovo o alla carne? È facile rispondere a questa domanda, poiché si discernerà senza difficoltà se la cosa che ci si propone di fare è del "vecchio" o del "nuovo" uomo (Luca 5:39), se essa costituisce un "alimento" per la carne (Rom. 13:14) o per il nuovo uomo.

4) Sono io libero quanto alla coscienza di mio fratello? È un criterio che si trascura troppo facilmente, per egoismo: perché si ha tutta la libertà di fare tale cosa, non ci si preoccupa di urtare la coscienza del proprio fratello e di essere un'occasione di caduta per lui. Eppure, ciascuno di noi è esortato a non essere una occasione di caduta per il proprio fratello (1 Cor. 8:13). "Nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi l'altrui" e rispetti "la coscienza dell'altro" (1 Cor. 10:24 e 29). Non dovremmo mai dimenticare questo principio fondamentale: "Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, a scopo d'edificazione" (Rom. 15:2).

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