Il cammino cristiano




Lo scoraggiamento

(testo di riferimento: Numeri 21,4-7)

di Georges André

 

Ricordiamo l'inizio della marcia nel deserto. Geremia dice da parte dell'Eterno: "Io mi ricordo dell'affezione che avevi per me quand'eri giovane, del tuo amore quando eri fidanzata, allorché tu mi seguivi nel deserto in una terra non seminata. Israele era consacrato all'Eterno, le primizie della sua rendita", (Ger. 2: 2-3). Gli anni erano passati, l'attaccamento del principio aveva fatto posto ai mormorii, alle lamentele, alla rivolta: "Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, e Israele non mi ha ubbidito... Oh, se il mio popolo volesse ascoltarmi!... Io li nutrirei del fior di frumento e li sazierei di miele stillante dalla roccia" (Salmo 81: 11-16).
La strada è lunga. Bisogna ancora fare "il giro del paese di Edom". C'è da stupirsi che il cuore del popolo diventi impaziente lungo il cammino? Questo scoraggiamento lo fa parlare contro Dio e contro Mosè; e dice di nuovo: Perché? E aggiunge, parlando della manna: "L'anima nostra è nauseata da questo cibo tanto leggero". Il "cibo tanto leggero" rappresentava pur tuttavia Cristo, il pane vivente disceso dal cielo. Se il cuore non ha più interesse per Lui, si vuota, e Satana si appresta a riempirlo.
L'Eterno sta per castigarli e far loro sentire la malvagità del nemico che agisce per mezzo della carne: dei serpenti ardenti li mordono e li tormentano. Vuole indurli a dire, per la prima volta in tutta sincerità: "Noi abbiamo peccato".

Vi sono forse dei credenti che non si sono mai scoraggiati? Nell'Antico Testamento Caleb ne è un esempio; nel corso di una lunga carriera, egli ha " pienamente seguito l'Eterno ". Si può essere stanchi della strada, il Signore Gesù lo è stato. Si può essere abbattuti; l'apostolo Paolo lo rivela (2 Cor. 4: 9). Ma lo scoraggiamento va più lontano. La causa è soprattutto la mancanza di fede, che è peccato; ciò corrisponde ad uno stato interiore che ha perduto di vista " Colui che è invisibile ". Facciamo presto a venir meno nell'animo, e dire: A che pro fare ciò? di fronte alla contraddizione esteriore, le delusioni, la monotonia del cammino!
Che fare? " Se ti perdi d'animo nel giorno dell'avversità, la tua forza è poca " (Prov. 24: 10). Anche sotto la disciplina del Padre, secondo Ebrei 12: 5, si può perdere coraggio. Sappiamo che la " gioia dell'Eterno è la nostra forza " (Nehemia 8: 10) ma questa l'abbiamo come perduta. Resta un solo grande e meraviglioso rimedio: " Considerate Colui che sostenne una tale opposizione dei peccatori contro a sé, onde non abbiate a stancarvi, perdendovi d'animo " (Ebrei 12: 3). Di Mosè poteva esser detto: " Stette costante, come vedendo colui che è invisibile " (Ebrei 11: 27). "Considerate Colui che sostenne"... non vi è bisogno di commenti, ma di un profondo e intenso sguardo, di una profonda riflessione.

Allora potremo giudicare il peccato di aver mancato di fede e di fiducia, di essersi lasciati abbattere dalle circostanze o dall'opposizione; impareremo a vedere la mano del Padre nell'avversità che ci ha oppressi, e abbandonandoci " nelle braccia eterne " riceveremo la grazia di una fede fortificata. Colui che è passato per tali esperienze può allora "rinfrancare le mani e le ginocchia vacillanti" (Ebrei 12: 12), come faceva Paolo sulla nave in difficoltà (Atti 27), come facevano i fratelli di Roma riguardo a Paolo stesso, quando prigioniero, stanco e affaticato dal cammino, si avvicinava a questa città che aveva tanto desiderato vedere: "I fratelli... ci vennero incontro... e Paolo, quando li ebbe veduti rese grazie a Dio e prese animo" (Atti 28: 15).


Si vedano anche:

  • La preghiera nelle prove
  • Le macchinazioni di Satana


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