DOVE
VA RIVOLTA LA FEDE
di C. H. Spurgeon
Nella
Parola di Dio mi viene detto di credere, ma in cosa devo credere?
Mi viene detto di cercare, ma cosa devo cercare? Qual è l'oggetto
della mia speranza, della mia fiducia e del mio credere? La risposta
è semplice: l'oggetto della fede, per ogni peccatore, è
Gesù Cristo. Tanti commettono l'errore di pensare che devono
credere in Dio Padre, invece questa è la conseguenza della
fede in Cristo. Arriviamo a credere all'amore eterno del Padre soltanto
come risultato della fede nel prezioso sangue di Gesù. Qualcuno
dice: "Mi piacerebbe essere uno di quei fortunati che hanno il
dono della fede in Dio". Questo anelito ha un senso particolare
per quanto riguarda l'accostarsi a Dio nell'Antico Testamento; difatti
il Signore si era scelto un popolo particolare, dei profeti e dei
sacerdoti coi quali aveva stabilito un patto. Nel Nuovo Testamento,
invece, è chiarito che il Padre dona la salvezza, per mezzo
della fede, a tutti coloro che vengono a Lui grazie alla redenzione
di Cristo. Anzi, nessuno può venire al Padre se non per mezzo
di Cristo (cfr. Giovanni 14:6). La fede nel Padre deve necessariamente
esser preceduta dalla fede nel Figlio, che ci dà "il diritto
di diventar figli di Dio" (Giovanni 1:12), e ci permette così,
non soltanto di accedere a Dio, ma anche di chiamarLo "Padre"
(cfr. Efesini 2:18).
Altri ancora cercano di rivolgersi a Dio-Spirito Santo. Si guardano
dentro per vedere se provano determinate sensazioni e, in questo caso,
la loro fede si rafforza; ma se quelle sensazioni non ci sono o svaniscono,
la loro fede s'indebolisce. Perciò ricercano l'intervento interiore
dello Spirito Santo, ma anche questo non è il corretto oggetto
della fede del peccatore. Non è sbagliato confidare nel Padre
e nello Spirito Santo, ma, per la specifica grazia della giustificazione
e del perdono, l'unica soluzione è nel sangue dell'unico Mediatore:
Gesù Cristo.
Il cristiano, dopo la conversione, deve confidare nello Spirito Santo;
ma il peccatore, se vuole essere salvato, deve rivolgersi a Gesù
Cristo e soltanto a Lui. So bene che la salvezza dipende da tutta
la Trinità, ma il primo e immediato "oggetto" della
fede del peccatore che vuol esser giustificato non è Dio-Padre,
né Dio-Spirito Santo, ma Dio-Figlio, fattosi uomo per offrire
il sacrificio espiatorio per i peccatori.
Hai "gli occhi della fede" ben aperti? Allora contempla
Cristo come Dio. Se vuoi essere salvato credi che Egli è Dio,
sovrano su tutto e benedetto in eterno. Prostrati davanti a Lui e
accettaLo come "vero Dio da vero Dio", perché se
non lo fai, non puoi avere parte in Lui. Quando hai creduto questo,
credi in Gesù Cristo come uomo. Credi nella meravigliosa storia
della Sua incarnazione. Fidati della testimonianza degli evangelisti,
che presentano l'Infinito che si fa bambino, l'Eterno che si nasconde
nel mortale, il Re del cielo si fa servo dei servi e Figlio dell'uomo.
Credi e ammira il mistero della Sua incarnazione, perché se
non credi in questo non puoi essere salvato.
E soprattutto, se vuoi essere salvato considera Cristo nella Sua perfetta
giustizia. Guarda come osserva la Legge divina in modo irreprensibile,
come ubbidisce al Padre senza mai sbagliare, come mantiene la Sua
integrità senza mai cadere in difetto. Considera che tutto
questo è stato fatto per te! Tu non potevi osservare la Legge
ed Egli l'ha osservata al posto tuo; tu non potevi ubbidire a Dio
perfettamente e la Sua ubbidienza prende il posto della tua, giustificandoti!
Ma fai particolare attenzione perché la tua fede contempli
soprattutto la morte espiatoria di Gesù Cristo. Guarda l'Agnello
di Dio muto davanti a chi lo tosa; contempla questo uomo di dolore,
familiare col patire; seguiLo nel Getsemani e guarda come versa gocce
di sangue e sudore. La tua fede non deve avere nulla a che fare con
ciò che c'è dentro di te, ma con qualcosa che è
al di fuori dite. Credi in Colui che, inchiodato mani e piedi sul
legno della croce, dona la Sua vita per i peccatori, per te. Lì
c'è "l'oggetto" della tua fede salvifica, non in
te stesso, né in qualcosa che lo Spirito Santo ti ha fatto
sentire o ha promesso di fare per te: devi guardare a Cristo ed unicamente
a Lui!
Poi lascia che la tua fede consideri Cristo risorto dai morti. GuardaLo,
ha portato su di Sé la maledizione ed ora, risuscitando, riceve
la giustificazione. Muore per pagare il debito e risorge per inchiodare
sulla croce il certificato di avvenuto pagamento. GuardaLo ascendere
al cielo e intercedere, anche oggi, presso il trono del Padre. Egli
sta supplicando a favore del Suo popolo e offre la Sua autorevole
intercessione a tutti coloro che vengono a Dio per mezzo di Lui. Gesù
Cristo - come Dio, come uomo, come vivente, come morto, come risorto
e come Re del cielo - e Lui soltanto, deve essere l'oggetto della
nostra fede, per il perdono dei peccati. Non devi confidare in nient'altro,
Egli deve essere l'unico appoggio e l'unico sostegno su cui confidare;
ogni altra cosa che tu volessi aggiungergli sarebbe sbagliato e contro
Cristo, costituirebbe una ribellione alla sovranità del Signore
Gesù.
Gesù, dunque, è il perfetto sostituto, che ha preso
il tuo posto per vivere in osservanza alla legge divina, per pagare
con la morte i tuoi peccati, per risorgere a nuova vita e per ascendere
al Cielo.
La dottrina della sostituzione è talmente essenziale nel piano
della salvezza che ritengo opportuno spiegarla con maggiore dovizia
di particolari. Dio è giusto, perciò deve punire il
peccato; Dio è misericordioso, perciò vuole perdonare
coloro che credono in Gesù. Come può fare entrambe le
cose? Come può essere, nello stesso tempo, un Dio giusto che
infligge la punizione e un Dio misericordioso che accoglie il peccatore?
Ha agito così: ha tolto i peccati del Suo popolo e li ha posti
su Cristo, così ora i credenti appaiono innocenti come se non
avessero mai peccato e Gesù, invece, porta su di Sé
tutti i peccati del mondo. I peccati del Suo popolo sono stati realmente
ed effettivamente tolti (non simbolicamente o metaforicamente) e sono
stati letteralmente posti su Gesù. Poi, Dio è uscito
con la Sua spada a punire il peccatore e ha incontrato Cristo; Egli
non aveva mai peccato, ma gli erano stati imputati tutti i peccati
dell'umanità. La giustizia divina dunque si è riversata
su Cristo come se fosse stato davvero Lui il peccatore e Lo ha punito
per i peccati del Suo popolo. Lo ha punito con assoluta giustizia
ed il massimo rigore, pretendendo da Lui il pagamento di ogni nostra
colpa, senza eccezione.
Chi considera Cristo il suo sostituto, e mette in Lui la sua fiducia,
è pertanto liberato dalla maledizione della Legge. Caro fratello,
quando guardi Cristo che ubbidisce alla Legge divina, la tua fede
dovrebbe esclamare: "La sta osservando al posto mio". Quando
Lo vedi morire, dovresti contare ogni goccia di sangue e dire: "Così
Egli ha tolto via i miei peccati". Quando Lo vedi risorgere dai
morti, devi dichiarare: "Egli risorge per essere il capo e la
primizia di tutti i Suoi eletti".
Infine, quando Lo vedi seduto alla destra del Padre, devi considerare
che sta intercedendo affinché tutti quelli per cui è
morto possano arrivare a sedere anch'essi alla destra del Padre. Impara
a considerare Cristo come se, agli occhi di Dio, fosse Lui il peccatore.
"In Lui non c'era peccato", Egli era "il Giusto",
ma Dio "l'ha fatto esser peccato per noi, affinché noi
diventassimo giustizia di Dio in lui" (2Corinzi 5:21). Tutto
ciò che avrebbero dovuto patire gli ingiusti l'ha patito Cristo,
"una volta per tutte", e ha tolto per sempre i loro peccati
col Suo sacrificio espiatorio.
Questo è il grande "oggetto" della fede. Io ti prego
di non sbagliare mai su questo punto, poiché un errore sarebbe
molto pericoloso, per non dire fatale. Per mezzo della fede, considera
Cristo come sostituto nella vita, nella morte, nella sofferenza e
nella risurrezione, di tutti i credenti e come sacrificio vicario
per i peccati di tutti coloro che confidano in Lui. Visto in questa
prospettiva, Cristo, dunque, è l'unico e perfetto oggetto della
fede salvifica.
Vorrei sottolineare che, sicuramente, vi sarà qualcuno, dopo
aver letto questa dichiarazione, il quale dirà: "Io crederei
e sarei salvato, se...". Se cosa? Se Cristo è quel che
dice d'essere? "No, il mio dubbio non riguarda Cristo".
E allora, dov'è il problema? "Ebbene, crederei se avessi
la forza di farlo, se fossi io ad agire" ma io ti dico che non
potresti credere in Gesù se te la sentissi e se fossi tu ad
agire, perché in tal caso crederesti in te stesso e non in
Cristo. Questo dev'essere ben chiaro. Se tu ragioni così, allora
confidi nelle tue sensazioni e nelle tue opere, il che è l'esatto
contrario della fede in Cristo!
Fede non significa dedurre, sulla base di qualcosa di buono che c'è
dentro di me, che sarò salvato; significa ammettere, tra i
denti e anche a dispetto dei fatti, che sono colpevole agli occhi
di Dio e che merito la Sua condanna. Significa credere che il sangue
del Suo Figliuolo Gesù Cristo mi purifica da ogni peccato,
e anche se la mia stessa coscienza mi condanna, io credo che Egli
salva "perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano
a Dio" (Ebrei 7:25).
Venire a Cristo come santi è facile. Anche confidare nelle
cure del dottore quando stai bene è facile; ma mantenere la
stessa fiducia in Lui quando ti senti morire e senti la malattia avanzare
sotto pelle, nonostante che tu abbia preso le medicine che ti ha prescritto:
questa è fede!
Analogamente, quando il peccato ti domina, quando senti che la legge
divina ti condanna, nel momento m cui ti senti più peccatore,
confidare nel perdono e nella salvezza di Cristo sembra un'impresa
sovrumana. La fede che ha fatto crollare le mura di Gerico, la fede
che ha risuscitato i morti, la fede che ha tappato la bocca dei leoni
non era maggiore della fede necessaria ad un peccatore incallito per
confidare nel sangue e nella giustificazione di Gesù Cristo.
Ma se crederai sarai salvato, chiunque tu sia.
L'oggetto della fede, quindi, è Cristo come perfetto sostituto
per ogni peccatore. Non l'Iddio Creatore o lo Spirito Santo, né
tanto meno quel che sentiamo o meritiamo, ma solo ed unicamente il
sacrificio espiatorio di Gesù Cristo va considerato come il
vero fondamento della fede e della speranza di ogni credente.
PERCHÉ
CREDERE E DOVE NASCE LA FEDE?
La fede viene
dall'udire... la parola di Cristo" (Romani 10:17). Ma come mai
non tutti gli uomini ascoltano e, pur udendo, molti rimangono increduli?
Da dove nasce la fede nell'uomo? Dal punto di vista umano, la fede
nasce come risultato di un senso di necessità. Una persona
avverte l'urgente necessità di un Salvatore, scopre che Cristo
è proprio il Salvatore di cui ha bisogno e perciò, non
potendo farcela da sola, crede in Gesù. L'uomo non trova via
di scampo in sé stesso, sente che se non accetterà Cristo
perirà eternamente, quindi lo fa perché non ha alternativa;
si sente stretto in un angolo a causa del peccato e l'unica via d'uscita
è accettare la giustizia di un Altro. Ha capito che non può
salvarsi con le proprie buone opere o le proprie sofferenze; perciò
si umilia e fa l'unica cosa che gli rimane per non essere condannato:
accogliere la salvezza offertagli da Gesù.
Ma facciamo un passo indietro. Da dove nasce questo senso di necessità
nell'uomo? Come mai alcuni avvertono il bisogno di conoscere Cristo,
mentre tanti altri sembrano non avvertirlo? Di sicuro gli altri ne
hanno altrettanto bisogno, ma come mai solo alcuni si sentono peccatori,
perduti e spinti verso Cristo? La risposta è che questo è
il dono di Dio, come conseguenza della convinzione dello Spirito Santo
che attira gli uomini a Cristo servendosi della Parola di Dio, della
legge divina, la quale mette a nudo ogni peccatore e Io convince di
peccato. L'opera combinata della Parola e dello Spirito Santo produce
la profonda certezza di peccato, di giustizia e di giudizio (cfr.
Giovanni 16:8). A questo punto, il peccatore si sente come una nave
in balia della tempesta e non ci pensa due volte a correre al sicuro
in questo porto celeste. La salvezza in Cristo è così
antitetica alla nostra mente carnale, così opposta all'idea
umana che vorrebbe meritarsela con le proprie opere, che non ci rivolgeremmo
mai a Gesù se lo Spirito Santo e la Parola di Dio non ci convincessero
che noi siamo nulla e che l'unica soluzione è Cristo.
Ma facciamo un altro passo indietro. Come mai, però, alcuni
avvertono la necessità della salvezza ed altri no?
L'adesione alla grazia non sarà, né potrà essere,
una conclusione logica, perché le dottrine che ci vengono dall'alto,
non essendo frutto della sapienza umana, non possono affatto essere
adeguatamente ridotte alla nostra misura terrena. La redenzione, infatti,
è d'ispirazione soprannaturale. Essa non consiste solamente
nel liberare l'uomo da quello che quaggiù l'opprime, nel fargli
superare i suoi limiti personali, o anche nel condurlo ad una certa
elevazione morale o spirituale, pur grande e sublime che sia, ma soprattutto
nel ricondurlo gradito alla presenza di Dio. Grazie ad essa, una nuova
vita inizia per l'uomo.
Per ritrovare la via abbandonata, ogni individuo dovrà entrare
in contatto vitale con Cristo, nel Quale si trova inesauribile la
grazia di Dio, perduta o rifiutata. La restituzione dell'uomo - caduto
nel peccato - al favore di Dio si compie solo "per" e "in"
Cristo Redentore. Il potere di conoscere Dio appartiene all'uomo,
non secondo ciò che egli è in sé stesso, ma secondo
ciò che ha compiuto Gesù Cristo. Soltanto l'uomo che
risponde affermativamente alla chiamata divina, attuata per mezzo
del Suo Unigenito Figliuolo, può conoscere Dio. Solo da Lui
l'uomo può ricevere l'elevazione e l'energia soprannaturale,
senza la quale tutti gli atti personali espiatori e riparatori non
avrebbero alcun valore.
D'altra parte, concludere che l'efficacia della redenzione consista
unicamente nel costituire un dono oggettivo fatto a tutti gli uomini
indipendentemente dalla loro autonoma e libera scelta, significherebbe
svalutare la dignità donataci da Dio stesso. La redenzione
in Cristo, nel momento m cui viene accettata, diventa una realtà
interiore di ciascuno di noi. Essa lavora le anime, illumina le intelligenze,
stimola la volontà; più che un esempio ed una realtà
morale, essa è una realtà divina: è Cristo presente
in noi mediante la Sua grazia salvifica.
È una vita nuova perché l'uomo l'affronta con una nuova
prospettiva. Se prima, essendo nel peccato e perciò separato
da Dio, viveva concependo la vita come la realizzazione dei propri
desideri carnali, ora, avendo realizzato la salvezza in Cristo, comincia
a viverla in funzione del traguardo celeste.
La fede che salva non è un principio scoperto nel corso di
un'analisi descrittiva e nemmeno è individuato in un processo
di astrazione, ma è colto per riflessione: "Ma rientrato
in sé... si alzò" (cfr. la parabola del Figlio
Prodigo in Luca 15:11-32). Noi comprendiamo la necessità di
rispondere alla chiamata divina, quando lo Spirito di Cristo fa brillare
ai nostri occhi le qualità divine, tra le quali splende in
un modo specialissimo l'amore incommensurabile di Dio.
L'opera della redenzione ci scandalizza, ci lascia perplessi, perché
l'uomo naturale conosce il Dio astratto dei filosofi, non il Dio concreto
e vivente dell'Evangelo. I preconcetti della nostra natura umana conducono
soltanto ad una falsa redenzione, spogliando l'atto salvifico della
grazia del suo carattere soprannaturale, del suo valore divino, della
sua vera efficacia. La grazia rivelatrice di Dio, in primo luogo,
si rivolge alla nostra fede, poi e soltanto allora, alla nostra ragione.
Il paradosso è questo: molti uomini non rispondono positivamente
alla chiamata di Dio perché troppo occupati a conoscerLo. Sopprimere
la fede nella redenzione di Cristo, significa annullare la reale efficacia
della grazia divina.
Tuttavia, noi non siamo capaci di penetrarvi con le nostre forze.
Infatti, l'uomo naturale lotta contro la grazia. La sua apparente
apertura alla grazia molto spesso maschera una censura. Uno slancio
ineluttabile porta l'uomo ad affermarsi, a comprendersi, ad auto-giustificarsi
e lo porta ad affermare che può fare a meno della grazia di
Dio.
Tuttavia, Cristo non è soltanto "la Via, la Verità
e la Vita" in quanto è l'uomo perfetto - l'esempio unico
per tutti gli uomini - lo è soprattutto in quanto è
Dio; è la Vita perché è la sorgente vera di una
nuova vita per l'umanità; è la Via da seguire, perché
nel nostro sforzo verso Dio dobbiamo assolutamente passare attraverso
di Lui, affinché l'atto compiuto abbia il suo valore; è
la Verità, perché dobbiamo imparare da Lui quello che
dobbiamo fare nell'ordine soprannaturale. Quindi, se rimangono il
peccato e la possibilità della perdizione per alcuni, non è
già per una carenza dell'opera redentrice compiuta da Cristo
sulla croce, ma dal segreto della responsabilità personale,
della libera determinazione lasciata all'uomo perché decida
egli stesso della sua salvezza.
Dio vuole farci Suoi figli e per questo comunica una nuova natura,
ci rende partecipi della Sua stessa vita. L'opera di Cristo non ha
altro scopo se non quello di recarci questo dono divino, questa vita
nuova. Ma è soltanto con una vita arresa al Maestro divino
che questo dono si custodisce (cfr. Giovanni 15:5). Soltanto dalla
Sua grazia prorompente possono scaturire le necessarie energie per
rimanere perseveranti sino alla fine.
Allora, alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo capitolo,
potremo rispondere così: la conoscenza di Dio per fede indica
una doppia possibilità: da un lato quella della rivelazione
e dell'illuminazione divina, mentre dall'altro quella dell'accettazione
umana della grazia divina. Tuttavia, queste due possibilità
non vengono giustapposte sullo stesso piano; non si afferma che la
seconda supplisce ad un'inefficienza della prima. Il primo atto è
la rivelazione di Dio in Cristo Gesù; il secondo è la
capacità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio,
di dire "sì" all'invito divino.
In altri termini, la conoscenza della rivelazione divina ci permette
di confessare che Dio si è rivelato in Gesù Cristo.
Quella naturale ci permette di affermare che la Parola di Dio, il
Verbo fatto carne, ha un valore personale, proprio per noi. L'uomo
non può credere in Dio se non per mezzo di Dio, ma è
pur sempre l'uomo a credere, e non qualcun altro che decide per lui.
La salvezza implica necessariamente una fede ed una scelta personale
in un Dio che si rivela personalmente nella vita dell'uomo.
È dunque evidente che la redenzione cristiana in ognuno di
noi è un'opera che comprende due aspetti, quella di Dio che
la procura e quella dell'uomo, che la riceve. Quest'ultimo non deve
subire la redenzione, ma accettarla liberamente e farla sua. Tale
redenzione lascia intatta la libertà dell'uomo, che la può
rifiutare, nonostante la sua sovrabbondante ricchezza; quindi, se
qualcuno non raggiungerà il traguardo della vita eterna prefissato
da Dio per tutti gli uomini (cfr. Giovanni 3:16; Atti 2:21; 1 Timoteo
2:4), non sarà per la crudeltà divina, ma per l'infinito
rispetto di Dio verso la libertà dell'uomo.
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(Sermone
tratto dal sito Cristiani
Evangelici, pubblicato con permesso)