Il cammino cristiano




Una domanda che coinvolge la nostra esistenza eterna

"Come scamperemo se trascuriamo una così grande salvezza?"

da: "Il Cristiano", giugno 2004 - a cura di Lino Regruto

 

Il Signore, attraverso la sua Parola, ci rivela quali sono le benedizioni godute da coloro che accettano il suo meraviglioso dono di salvezza in Cristo Gesù, ma con altrettanta chiarezza ci rivela anche le gravi conseguenze a cui vanno incontro gli uomini che trascurano questo dono non attribuendogli il suo vero valore eterno.
     
     
     “Infatti, se la parola pronunziata per mezzo degli angeli si dimostrò ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, come scamperemo noi se trascuriamo una così grande salvezza? Questa, dopo essere stata annunziata prima dal Signore, ci è stata poi confermata da quelli che lo avevano udito”
     
     
Introduzione
     

      L’argomento della salvezza è diffusamente trattato in tutta la Bibbia e specialmente nella lettera agli Ebrei. Spesso si fa anzi notare che, proprio in questa lettera, la salvezza è definita:
     GRANDE (Eb 2:3)
     ETERNA (Eb 5:9)
     PERFETTA (Eb 7:25).

     Con riferimento al primo di questi caratteri, si può pure notare che essa è ”grande”:
     • perché GRANDE è Colui che l’ha realizzata per noi (Tt 2:13) e che ce la offre gratuitamente;
     • perché è frutto di un GRANDE amore (Ro 5:8, 9);
     • perché GRANDI e gravi sono le conseguenze che subiamo se la trascuriamo.
    
     Il testo, con la inquietante domanda del versetto 3, vuole proprio farci riflettere su quest’ultimo aspetto, e cioè a quali gravi conseguenze si va incontro trascurando questo meraviglioso dono.
     Richiamandosi all’ Antico Testamento, si fa osservare che come non scamparono il giudizio coloro che trasgredirono e disubbidirono alla legge, promulgata con la partecipazione degli angeli, così non lo scamperemo noi se trascuriamo una così grande salvezza.
    
    
Due modi di trascurare la salvezza
    

     Si può trascurare la salvezza fino al rifiuto definitivo, o tenerla in poco conto dopo averla accettata.
    
In genere, meditando il versetto 3, si fa riferimento solo al primo caso, e si fa presente che, chi persiste in un atteggiamento di indifferenza consapevole fino al punto di respingere definitivamente questo grande dono della grazia di Dio che gli viene offerto, va incontro, senza possibilità di scampo, alla punizione eterna.
     • “Badate di non rifiutarvi di ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d’ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo” (Eb 12:25).
     • “Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Gv 3:36).
     Occorre però tenere ben presente che è possibile “trascurare la salvezza” anche dopo averla ricevuta.
    
È certamente un comportamento indegno e vergognoso, ma purtroppo possibile e anche diffuso da parte di credenti. Essi si comportano con indifferenza, tengono in poco conto, si occupano scarsamente della salvezza, che pure un giorno hanno accettato con entusiasmo e con gioia.
     È un atteggiamento che spesso si manifesta in maniera lenta ma progressiva, che ci ricorda molto quello tipico di molti bambini che, col passar del tempo, trascurano il giocattolo preferito, già oggetto di infinite attenzioni nei primi tempi che l’avevano ricevuto.
    
    
Conseguenze inevitabili
    

    Chiunque trascura la salvezza va incontro a gravi conseguenze.
    
Prima di entrare in merito alle ragioni che spiegano, pur senza giustificare, questo deprecabile pericolo, vorrei richiamare di nuovo l’attenzione sulla domanda posta dal nostro testo: “Come scamperemo noi se trascuriamo...?”.
    
Se, coloro che arrivano al vero e proprio rifiuto, non possono scampare il giudizio eterno, da che cosa non possono scampare coloro che, dopo averla accettata, successivamente la tengono in poco conto? Il testo non lo dice. Se, comunque, è scongiurato il pericolo della perdita della vita eterna, tuttavia, per richiamarci all’ordine, ossia al ravvedimento, il Signore, nella sua saggezza e nel Suo amore, userà vari accorgimenti e, probabilmente, ricorrerà anche, se necessario, a mezzi correttivi. Non è neanche escluso che, nei casi più recidivi, vengano compromesse “le retribuzioni e i premi” che ciascuno dovrebbe ricevere davanti al tribunale di Cristo, nel cui cospetto tutti dobbiamo comparire (2Co 5:10).
     La domanda, lasciata volutamente senza risposta, ma presaga di tristi conseguenze per tutti coloro che in varia misura, trascurano una così grande salvezza, vuole scuotere, risvegliare le loro coscienze, affinché, resisi conto della loro drammatica situazione e del loro disgustoso e ingrato atteggiamento verso Dio, si ravvedano sinceramente e apprezzino, o tornino ad apprezzare, l’infinito valore di questo meraviglioso dono della misericordia di Dio.
    
    
Cause che portano a trascurare
    

     Come può succedere che, dopo avere accettato la salvezza, si tenda a trascurarla?
     Vediamo prima come si manifesta questa tendenza, ossia quali sono i sintomi premonitori di questo male. Ne cito alcuni.
    
     a) Una perdita progressiva della gioia: quella gioia “ineffabile e gloriosa”, come la definisce l’apostolo Pietro, che ravviva la nostra fede, fin tanto che questa è protesa verso il traguardo della piena manifestazione della “salvezza delle anime” (1P 1:8,9).
     Quando però la visione del traguardo si annebbia, e questo succede per avere ceduto a qualche peccato, la gioia sparisce. Il salmista Davide, che aveva fatto una simile triste esperienza, ravvedutosi, confessa i suoi peccati e supplica Dio con le accorate parole: “Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga” (Sl 51:12).
    
     b) Un diminuito impegno nell’annunziarla agli altri. Se “le cose grandi che il Signore ci ha fatto” non appaiono più tali ai nostri occhi, come ci sentiremo ancora spinti a “raccontarle agli altri?” (Mr 5:19,20).
    
     c) Scarsità di argomenti validi per alimentare la lode, l’adorazione e il ringraziamento.
    
“Quelli che amano la tua salvezza dicano sempre:«Il Signore è grande!» (Sl 40:16).
    
     d) Diminuita volontà di progredire e crescere spiritualmente.
    
Se la salvezza acquisita non riscuote più il nostro interesse primario, significa che ha subìto cedimenti sia il punto di partenza sia il traguardo del nostro sviluppo cristiano. Infatti si ha uno sviluppo della nostra vita spirituale, se questo prende le mosse da una base di partenza ben solida, cioè dalla fede con cui abbiamo ottenuto la salvezza (2P 1:5-7). Inoltre questa crescita può proseguire solo se non si perde di vista la manifestazione finale e completa della salvezza (1P 2:2).
    
     Vediamo ora quali sono le probabili cause che determinano questa tendenza. Le seguenti mi sembrano degne di nota.
    
     a) Una deprecabile tendenza dell’uomo all’assuefazione e all’abitudine, per cui anche le cose più belle e pregevoli, col passar del tempo appaiono sbiadite e del tutto insignificanti. L’esempio del bambino e del suo giocattolo preferito è rivelatore di questa attitudine,
    
     b) Una sorta di pigrizia e di negligenza spirituale innate, che ci fanno evitare impegni, sforzi, tempo e quant’altro è richiesto per crescere sulla base e in vista della salvezza.
    
     c) La falsa idea che, essendo la salvezza qualcosa di stabilmente acquisito all’atto della conversione, non valga la pena occuparsene ancora, e sia quindi cosa normale occuparsi esclusivamente di altro.
    
     d) Una tendenza ad accontentarsi di una condizione di mediocrità, ritenuta sufficiente, così da evitare i rischi di chi vuole salire a livelli più alti.
     Esempio classico è quello di colui che nascose il talento ricevuto anziché farlo fruttare (Mt 25:18-28).
    
     e) Un diminuito “amore per la verità” (2Te 2:10). Se questo amore, quando c’è, fa aprire il cuore per ricevere la salvezza, la sua assenza, fa perdere l’interesse per essa.
    
    
Chi si adagia non cresce!
    

     Chi si accontenta di una condizione modesta, ritenendola stabile, in pratica scivola inesorabilmente verso livelli sempre più bassi.
    
Mi sembra importante aggiungere qualcosa in più su questa tendenza, alla quale ho fatto appena cenno. Se questa persiste, nella falsa convinzione di poter conservare integro il dono ricevuto, si va incontro a un’amara delusione.
     L’apostolo Pietro, dopo avere caldeggiato, come abbiamo visto, un impegno per un progresso spirituale che raggiunga livelli via via crescenti (2P 1:5-8), avverte poi che, al contrario, “colui che non ha queste cose, è cieco oppure miope, avendo dimenticato di essere stato purificato dei suoi vecchi peccati” (2P 1:9): proprio quella purificazione che gli aveva consentito, un giorno, di entrare in possesso della salvezza.
     L’autore dell’epistola agli Ebrei deve anche lui riprendere alcuni di questi credenti, i quali, non essendosi preoccupati di progredire, erano “diventati lenti a comprendere” (Eb 5:11). Prosegue poi dicendo: “Infatti, dopo tanto tempo dovreste già essere maestri; invece avete di nuovo bisogno che vi siano insegnati i primi elementi degli oracoli di Dio; siete giunti al punto che avete bisogno di latte e non di cibo solido” (Eb 5:12).
     Il passare del tempo, in quanto tale, non gioca a favore della stabilità e tanto meno al progresso spirituale, ma piuttosto al regresso. Occorre dunque contrastare questo effetto negativo ravvivando i doni di Dio.
    
Consapevole di questo pericolo, l’apostolo Pietro, nel brano sopra citato, continua dicendo:
     “Perciò avrò cura di ricordarvi continuamente queste cose, benché le conosciate e siate saldi nella verità che è presso di voi. E ritengo che sia giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni” (2P 1:12,13).
    
    
L’esempio di solerzia dei profeti
    

     Come conclusione vorrei mettere davanti ai nostri occhi l’esempio bellissimo dei profeti antichi. Costoro, chiamati a servire Dio in condizioni ambientali sempre difficili e ostili, non si limitavano a trasmettere pedestremente ai contemporanei il messaggio di Dio, ma, specialmente quando questo riguardava il piano di salvezza in preparazione per l’umanità, la loro attenzione e il loro interesse al riguardo si risvegliavano per l’enorme attrattiva che esso suscitava.
     Invece di trascurare questa grande salvezza, come spesso facciamo noi, essi, al contrario, affascinati dalla manifestazione della grazia di Dio connessa a quest’opera e dalla partecipazione eccezionale e determinante del Cristo, in aggiunta alle rivelazioni originarie ricevute da Dio, svolgevano di propria iniziativa “ricerche” e indagini supplettive per avere più approfondite e dettagliate informazioni sull’argomento (1P 1:10,12).
    
     L’auspicio e la preghiera che dobbiamo innalzare a Dio, è che un po’ di questa intensa e genuina brama per la “verità”, mostrata dai profeti, possa animare e indirizzare i nostri cuori ad una sempre maggiore appropriazione e apprezzamento degli infiniti doni di Dio.


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